L'arte del legno tra Medioevo e Rinascimento: Tecniche e segreti nelle botteghe dei falegnami
Di Ezio Zanini
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Influenzati dalla committenza, essi abbandonarono progressivamente la creazione di arredi polifunzionali, progettandoli per mansioni sempre più specialistiche: nacquero così i mobili moderni, specchio dell’emergente società borghese e legati, pertanto, al susseguirsi di stili e mode.
L’evoluzione di tali scenari affianca la storia della tecnologia del legno, che vide mutare i processi di lavorazione sviluppati in quegli anni, per adeguarsi alle nuove esigenze del mercato; alcune innovazioni, ben documentabili nei dettagli, furono al contempo rivoluzionarie e risolutive.
Interpretando reperti, iconografie e manufatti lignei dell’epoca, nel testo vengono ripercorsi, a supporto del ricostruttore storico, i vari schemi concettuali e le tecniche artigianali che hanno consentito ai maestri delle botteghe, tra Medioevo e Rinascimento, di realizzare vere e proprie opere d’arte.
Between the 13th and the 15th centuries, the Italian towns witnessed the rise of craft-guilds, which soon provided themselves with specific written statutes. The Woodworkers' Guild was no exception. Directly influenced by their customers, they gradually quit creating multi-purpose furnishings and started to design them for more and more specialized tasks; thus the modern furniture came to light, sort of a mirror of the new bourgeois society, strictly affected by the style and trend of the moment. The evolution of such a scenario went at the same pace of the wood technology, as also the heritage of work processes was soon forced to change, in order to adapt to the refined needs of the market. Some innovations, well traceable in details, proved to be revolutionary and decisive at the same time. By interpreting artefacts, iconography and genuine wooden relics, the author aims at supporting re-enactors, going over a number of conceptual patterns and handcraft techniques, the very same employed by Medieval and Renaissance joinery masters who gave birth to true masterpieces.
L'autore
Ezio Zanini, dopo i primi successi, ottenuti grazie ad esperienze artistiche nel mondo dell'arte contemporanea, si appassiona ad attività manuali tradizionali.
Ha condotto lavori nel campo del restauro, della decorazione su legno e dell'arredamento classico, cogliendo l'occasione di confrontarsi con l'esperienza tramandata dai mastri artigiani per approfondire tecniche di lavoro e utilizzo delle varie essenze. Da diversi anni, è impegnato a riscoprire e riproporre antiche tecniche di falegnameria, intaglio e finitura del legno, mantenendo vivo l'utilizzo di attrezzi tradizionali, per realizzare manufatti e repliche destinati a vari mercati di nicchia.
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Anteprima del libro
L'arte del legno tra Medioevo e Rinascimento - Ezio Zanini
essenziale
Nozioni preliminari
Arti maggiori ed arti minori
Nel periodo medioevale, in Europa, sembra prevalere un lungo, lento, tentativo di affrancamento culturale dalla netta contrapposizione tra Arti Liberali
ed Arti Meccaniche
, ereditata dall'epoca classica.
Le sette Arti Liberali, divise a loro volta in Trivio
(Grammatica, Retorica, Dialettica) e Quadrivio
(Aritmetica, Geometria, Astronomia e Musica), vennero considerate sempre più arti scolastiche, formate da norme astratte, codificate, e trasmesse in maniera completamente indipendente dall'esperienza diretta. Finirono così, gradualmente, per perdere il primato rispetto alle arti meccaniche, la cui definizione stessa, per molti secoli ancora, poté arrivare ad assumere significati negativi[1].
Il mutamento fu lento ed avvenne man mano che i procedimenti, utilizzati dagli artigiani e dai tecnici
, andavano acquisendo maggior valore e rilevanza ai fini del progresso e della trasmissione del sapere collettivo.
Alle procedure pratiche, sviluppate nelle botteghe, venne alfine riconosciuta una dignità equiparabile ai più alti aspetti culturali e, proprio in Italia, l'unione di nuovi concetti scientifici
con l'esperienza attiva delle botteghe artigiane diede vita a quella rivoluzione culturale che oggi identifichiamo col nome di Rinascimento.
Dunque, se alle istituzioni scolastiche va riconosciuta un'iniziale attività di salvaguardia della cultura medievale, è dai laboratori, dalle officine
e dalle botteghe d'arte che nacquero, come "uomini senza lettere", quei pittori, scultori, ingegneri e tecnici sperimentatori che fecero grande l'Italia del Quattrocento[2].
In quell'epoca, Firenze, più di altri centri italiani, si affermò come patria del nuovo pensiero, elevandosi, in un certo senso, a polo
di riferimento, in grado di imporre gusti e tendenze culturali[3]. Proprio dagli ambienti artigiani di quella città si formarono i veri protagonisti di questo fenomeno: i rinomati artisti fiorentini dell'epoca. Pittori e scultori, infatti, appresero i fondamenti di matematica, geometria e di anatomia necessari a sviluppare sia le nuove teorie delle proporzioni che quelle della prospettiva, nelle botteghe.
Questa realtà è ben nota grazie alla ridondante polemica nata in quegli ambienti nel tentativo di giustificare l'inserimento della scultura e della pittura nell'elenco delle più alte Arti Liberali, per rivalutare, così, la nascente figura dell'artista[4].
Risulta certamente più interessante, in questo contesto, tentare di capire quale potesse essere il livello culturale diffuso in altre realtà corporative anche se non è così facile pervenire, a riguardo, a tesi inconfutabili.
Sappiamo, per esempio, che le principali novità matematiche relative al sistema di calcolo (il sistema posizionale con l'ausilio delle cifre arabe e la conseguente introduzione del numero zero) vennero introdotte in Italia a partire dal XIII secolo, assieme ad altri nuovi concetti matematici e geometrici, grazie all'assiduo lavoro di ricerca portato avanti da esponenti del ceto mercantile. Anche queste nuove tecniche di calcolo devono la loro applicazione e diffusione, quindi, a botteghe e fondachi, mentre le istituzioni scolastiche dell'epoca, con le loro antiquate norme, si mostrarono a lungo refrattarie all'introduzione di simili innovazioni.[5]
Tutte queste informazioni sembrerebbero avvalorare l'opinione che la bottega medievale potesse essere anche una fucina di nuove idee, un luogo di progettazione e sperimentazione, dedito allo studio di precisi fenomeni naturali, più che un semplice raccoglitore volto alla mera trasmissione di un, pur non privo di dignità, "sapere delle mani".
Tale suggestiva convinzione, dimostrabile e documentata solo in particolari ambienti, non può, ovviamente, essere estesa univocamente a tutte le botteghe dell'Evo di Mezzo, per le quali, spesso, non ci è possibile definire in modo chiaro il livello delle conoscenze teoriche trasmesse e le effettive capacità di rielaborazione di concetti nuovi.
Non sempre risulta facile capire, insomma, se in tutte le diverse realtà ci fu un effettivo impegno dedicato all'osservazione e allo studio di fenomeni naturali o alla trasmissione di un bagaglio culturale più ampio, rispetto alle norme basilari utili all'esercizio del mestiere.
Pratica e scienza nelle botteghe dei mastri falegnami
Per quel che riguarda la lavorazione del legno, a mio avviso, esistono altre notizie che possono raccontarci quale fu il compito formativo e culturale svolto dalle botteghe dell'epoca.
Interpolando differenti dati ci si può fare un'idea piuttosto precisa del ruolo di custodia e trasmissione di un cospicuo corpus di dati teorici, regole geometriche e matematiche, svolto dalle falegnamerie. Solo con il pieno possesso di queste informazioni i marangoni[6] poterono cimentarsi con successo in svariati lavori, realizzando, spesso, autentiche opere d'arte.
In effetti già sul finire del Trecento si assiste ad un'evoluzione di alcuni strumenti ed attrezzi che modificano, migliorandolo, il modo di operare sul legno.
L'utilizzo di segherie ad energia idraulica, l'impiego della pialla in luogo dell'ascia o della scure, l'uso innovativo della sgorbia a sezione semicircolare per scavi ed intagli, l'utilizzo della lima per la realizzazione di particolari profili[7], segnarono, indubbiamente, il passo di uno sviluppo tecnologico voluto e ricercato: un progresso che fu frutto di prove e studi precisi.
Si trattò, insomma, di rivoluzioni difficilmente ascrivibili al semplice caso, introdotte, invece, volontariamente per sveltire il lavoro, oltre che dotarlo di maggior accuratezza costruttiva. Queste modifiche alle prassi artigianali, inoltre, si dimostrarono utili a diminuire gli sprechi ed il volume degli scarti di lavorazione, dato che il buon legno da costruzione era considerato sempre più materiale raro e pregiato.
Se, inoltre, a questi dati, aggiungiamo le chiare indicazioni riportate nei contratti dell'epoca ancora reperibili, possiamo verificare come le abilità richieste dalla committenza necessitassero di maestranze locali pronte a confrontarsi con incarichi specifici