Made in Bologna. Guida al design emergente
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La guida è divisa in cinque sezioni (abbigliamento, gioielli, oggetti d’arredo, accessori ed eco-fashion) ed è corredata di box di approfondimento e di curiosità.
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Anteprima del libro
Made in Bologna. Guida al design emergente - Silvia Santachiara
GUIDUZZI
Prefazione
Bologna la dotta
, la grassa
, ma anche Bologna degli affari
e della camminata veloce, di chi però passando si specchia in vetrina. E in città di vetrine ce ne sono tante (all’ombra dei suoi portici ma anche nelle vie periferiche), tra antiche botteghe, boutique alla moda e flagship store. Ovunque, l’intrico delle strade trasuda di antico e vi è il contatto diretto con l’anima e il cuore del capoluogo felsineo, ovunque si respira l’atmosfera di un tempo e si ritrova l’essenza della manualità
e dei pezzi unici dell’artigianato artistico, ovunque c’è l’incontro con il nuovo e con la fantasia. Così, sorge spontanea la curiosità di scoprire cosa nascondono questi atelier delle meraviglie
.
E quasi ci si ubriaca il cuore alla vista delle persone che vi operano: hanno le mani che raccontano e tramandano antiche tecniche di lavorazione, oppure sperimentano nuovi materiali, adottano nuove tecnologie, inventano nuove soluzioni. I creativi sono accomunati da un’intensa passione e dall’estrema attenzione ai dettagli, dal sapersi reinventare ogni giorno. Tutti danno forma e vita ad accessori raffinati, gioielli, pezzi d’arredo e manufatti preziosi che parlano bolognese con un tocco di internazionalità. Tutti s’ispirano ai valori di calma ed equilibrio e, mai come in questo periodo d’incertezza, diventano interpreti di un desiderio crescente di condivisione e di relazioni vere. Una garanzia di valore aggiunto.
Silvia Santachiara è riuscita nell’impresa di creare, attraverso le pagine di quest’accattivante guida, un percorso verso le emozioni
.
Il suo spirito curioso è stato incredibile, così come il suo occhio molto spinto
nella ricerca e il suo contagioso entusiasmo nel trasferire le sensazioni vissute.
Un atteggiamento culturale e sensibile che l’ha portata non solo ad osservare la vita e il lavoro di questi designer che operano sul territorio, ma quasi – di volta in volta – a nutrirsi
con loro della ricerca della forma, dell’ispirazione ed estrosità, del ritorno al classico o del salto nel futuro.
I particolari sono stati per l’autrice fonte di attrazione; le interviste con i protagonisti dell’handmade hanno saputo ben svelare il fascino delle cose, gli aneddoti, i retroscena, la qualità e l’armonia.
Il cuore dell’estetica di questo prezioso vademecum è la narrazione: un collage ma anche un racconto, in un flusso costante di storie che evidenziano l’amore per una eccellente creatività, la capacità manuale, il fascino d’antan, l’animo giocoso di chi c’è dietro ogni storia
e, perché no, i colori dei ricordi. Memorie di viaggio in un mondo fatto a mano che riflette il mondo della vita quotidiana, ma lascia spazio ai sogni. Appunti di vita di luoghi che sono come musei dove perdersi per qualche ora ad osservare, o lasciarsi rapire da uno shopping raffinato e personalizzato.
Ecco che tra le pagine emergono – attraverso le parole ben dosate e le descrizioni attente, e grazie anche alle belle immagini del fotografo Alessandro Boselli – stili vibranti ed eclettici, cenni di tradizione, ma anche di folklore, rimandi e suggestioni lontani, funzionalità e senso estetico. E ancora racchiudono
oggetti spesso poveri, ma poetici; piccole sculture da esibire; rarità vintage; pezzi unici, magari alla loro seconda o terza vita dopo un attento recupero, fino ad oggetti trasformisti che sono fiore all’occhiello del design.
Alla fine ci si ritroverà con un pieno di bello
negli occhi e il desiderio di non perdere nessuna delle cinquantanove realtà che costituiscono una nicchia dell’alto artigianato
, perché come diceva il poeta Bertolt Brecht «tutte le arti contribuiscono all’arte più grande di tutte: quella di vivere».
A cura di Isa Grassano, giornalista e scrittrice
Introduzione
Lampade realizzate con pellicole cinematografiche salvate dal macero, divanetti creati da vecchie valigie e gioielli che, attraverso frammenti di carte geografiche, fotografie e cartoline di una volta, raccontano storie. Ma anche borse nate da tessuti utilizzati dall’Esercito italiano e bijoux realizzati con i Lego o con i tasti di portatili Apple. Curiosi? Queste sono solo alcune tra le migliori autoproduzioni di design made in Bologna che troverete in questa guida: un vero e proprio viaggio alla scoperta di cinquantanove realtà che spaziano dall’abbigliamento, all’accessorio fino al gioiello contemporaneo e all’oggetto d’arredo.
Innovativi, indipendenti, fuori dallo standard e bolognesi, di nascita o d’adozione: sono i creativi intervistati e raccolti in questo libro. Cinquantanove chiacchierate
per conoscere chi c’è dietro oggetti di design originali. Ma anche quali idee, quali tecniche e soprattutto quali mani sono capaci di dare vita a pezzi unici o a collezioni limitate di alto profilo, realizzate artigianalmente, tra antiche lavorazioni e nuove tecnologie, dai creativi stessi o da laboratori specializzati italiani. Scoprirete negozi incastonati in angoli nascosti, showroom, laboratori e concept store disseminati tra i vicoli di Bologna ed in periferia. Ma non aspettatevi una guida standard, piuttosto una raccolta di storie e di oggetti dietro cui ci sono sempre racconti da svelare, nuove visioni, memorie da custodire, stili di vita, proiezioni nel futuro, ancoraggi al passato e a tradizioni da non disperdere. Ciascuno, nella sua unicità, ha saputo affascinarmi, coinvolgermi, farmi andare oltre la funzione di un oggetto per vedere le cose da una nuova e diversa prospettiva. Ma non solo, ho potuto guardare da dentro un mondo fatto di ricerca, professionalità, etica, attenzione alla scelta dei materiali, alla qualità e ad un modo di produrre che possa definirsi davvero a km 0.
Ognuno ha una storia diversa: ci sono realtà conosciute e sulla scena bolognese da molti anni, chi ha lasciato il posto fisso
per inseguire la propria indole, ma anche tanti giovani che hanno scelto di tornare al saper fare
, con le mani. A legarli non solo estro e competenze ma anche un forte senso del gruppo. Questo progetto, infatti, ha preso forma e forza giorno dopo giorno anche grazie alle segnalazioni di ognuno di loro: il designer che ha lo studio nella strada parallela, quello conosciuto ad una fiera o con cui si ha condiviso uno spazio. Un ciclo continuo di suggerimenti che mi ha confermato, ancora una volta, come Bologna non sia solo una città del fare
ma anche capace di fare rete.
Ho una formazione artistica e sono da sempre appassionata di grafica e design. Interessi che ho sempre portato avanti parallelamente al mio percorso professionale anche attraverso esperienze e ricerca e che mi hanno portato, negli anni, a rendermi conto di quanto Bologna sia un vero e proprio concentrato di creatività, ma anche di quanto, almeno da questo punto di vista, per molti bolognesi sia ancora tutta da scoprire. Da qui è nata l’idea di raccogliere in uno stesso progetto, organico e coerente, alcune tra le migliori realtà locali che hanno fatto dell’handmade la loro forza.
Per semplicità di consultazione ho scelto di dividere idealmente la guida in cinque sezioni (accessorio, oggetto d’arredo, gioiello, abbigliamento ed eco-fashion), anche se la creatività difficilmente riesce a rimanere confinata. Quindi, troverete realtà che spaziano in altre categorie. In ogni sezione ci sono le interviste (con testo a fronte in inglese) corredate di immagine dell’autore, di alcuni prodotti e degli spazi, oltre all’indicazione di dove poter trovare le loro creazioni a Bologna, ma non solo, anche in Italia, nel mondo e sul web. Poi ci sono box con curiosità, ma anche focus di approfondimento su spazi che vanno oltre il concetto di negozio tradizionale per porsi come luoghi di condivisione e socializzazione che spaziano dalle autoproduzioni, al design, fino alla grafica, a mostre d’arte e al food.
Un progetto che ho realizzato in pochi mesi insieme a Silvia Gaiani, ricercatrice e fashion eco-maker, che ha curato la sezione sull’eco-fashion, e Alessandro Boselli, fotografo e web designer, che ha seguito invece tutto il progetto fotografico. Due professionisti che hanno messo a disposizione non solo le loro competenze, ma anche portato nuove idee e interessanti contenuti.
Vi sarete chiesti perché i designer intervistati sono proprio cinquantanove… Per lasciare, anche in modo simbolico, una porta aperta ai tanti creativi (e a Bologna sono davvero tanti) che non hanno fatto parte di questa prima edizione.
Gaia Borzicchi
CONFEZIONI PARADISO - Emanuela Paradiso
GIRA E RIGIRA LA MODA - Germana Bargoni
LE GIRAFFE - Valeria Sacenti
LES LIBELLULES - Alice Cappelli, Isabelle Guignand e Paola Parenti
MANI 100% HAND MADE - Michela Di Crescenzo
MATTA E GOLDONI - Elisabetta Matta e Maria Luisa Goldoni
NEI RAMI - Laura Nardi
PESCI PNEUMATICI - Lucia Principe
SARTORIA MAMMUT - Daniela Emiliani
CONFEZIONI PARADISO
EMANUELA PAR ADISO
Alessandro Boselli
Un ritorno all’artigianalità e alle tradizioni tessili cosiddette lente
, come ricamo, stampa a stencil, tintura naturale e patchwork. È un salto indietro nel tempo quello di Emanuela Paradiso, che riporta ad un immaginario lontano fatto di donne che, attorno ad un tavolo, cucivano e ricamavano a mano. E basta affacciarsi alla porta del suo negozio per fare un viaggio fra tradizioni ormai scomparse. Ricami ispirati al mondo dell’illustrazione, disegni nati da ricordi d’infanzia e riportati su stoffa, ma anche capi ampi e morbidi che si modellano attorno al corpo delle donne che li indossano. Lavorazioni molto lontane dalle dinamiche industriali che Emanuela continua a tenere in vita
Emanuela, dalle tue mani escono veri e propri prodotti sartoriali, come li realizzi?
Esclusivamente con tessuti di qualità come lino, canapa, seta e cotone. Sono tutti pezzi unici o serie in tirature limitatissime che cucio a mano, uno ad uno.
Tengo molto alle cuciture, ai dettagli, alle rifiniture che devono essere realizzate come un tempo.
A cosa ti ispiri?
Le ispirazioni arrivano dai miei ricordi d’infanzia, quando bambina imparavo a muovere i primi passi nel disegno guidata dal libro Le Roselline.
Le cornicette e i riquadri del libro li ho riportati sulla mia linea tessile per la casa, cucendoli a mano. Ho cominciato così, con la biancheria per la casa su cui intervenivo manualmente con stampe e ricami, per poi realizzare anche accessori, gioielli, cappelli e abiti. Perché quando ciò che interessa è il fare, non è importante cosa si realizza.
Il forte legame con gli affetti si riflette anche nella linea di abbigliamento?
Sì, l’ultima linea è ispirata al mare, mio fratello lavora sulle navi mercantili, da qui le righe, i colori tenui, ma anche le ancore ricamate su borse di tessuto. Le linee sono pulite, le forme essenziali, i toni neutri della fibra di lino o del cotone. E poi ho pensato soprattutto alla comodità, a quella libertà di movimento che ci riporta, ancora una volta, all’infanzia. E che trovo estremamente elegante.
Gaia Borzicchi
Casacca bianca a base quadrata, giacca nera con balza, collane Uroboro
Gaia Borzicchi
Rubin
Abito a trapezio in cotone e lino con applicazione ricamata a mano
Gaia Borzicchi
Casacca a base quadrata lavorazione patchwork e gonna arricciata
Gaia Borzicchi
Mentre tutti corrono a produrre di più e più in fretta, tu vai esattamente nella direzione opposta…
Il lavoro manuale dà modo di avere molto tempo per pensare a ciò che si sta facendo, fa accedere ad una conoscenza che va al di là di un discorso meramente produttivo. Già da bambina ne ero affascinata, quando nel cortile della scuola materna mi dilettavo a cucire insieme foglie e aghi di pino. Mia nonna era sarta ma lo faceva per lavoro, non ho sentito la passione. Ho sviluppato quindi questo percorso in modo autonomo. Dopo aver seguito il Dams Arte e un master in Graphic and Interior Design, sono andata a bottega ad imparare il mestiere, partendo proprio dal ricamo.
DOVE / WHERE
Confezioni Paradiso
via dell’Inferno 12/a - Bologna
GIRA E RIGIRA LA MODA
GERMANA BARGONI
Giulia Mazza
Ricordate quel gioco in cui girando la ruota si potevano creare una serie di possibili combinazioni e abbinamenti fino ad arrivare all’outfit ideale? Chi era bambino alla fine degli anni Ottanta sicuramente ha già indovinato: è Gira e rigira la moda
. Da qui parte il progetto che Germana Bargoni porta avanti dal 2012. Per lei infatti la moda funziona proprio così: gira e rigira in un continuo ritorno di stili e tendenze del passato. Nelle sue collezioni, vintage e moderno si ritrovano insieme, in un unico capo. E sono tutti pezzi unici, personalizzabili, anche on-line. Sul sito si può scegliere la stoffa, chiaramente vintage, ma anche, partendo da un modello specifico, chiederlo più lungo o più corto, con un colletto diverso o magari, di un altro colore. Basta solo girare e rigirare la ruota. E il gioco è fatto.
Germana, perché hai chiamato il tuo progetto Gira e rigira la moda
?
La moda ritorna continuamente, a livello di forme e di stili non c’è più molto da inventare e il gioco diventa quindi quello di mescolare stili ed epoche. Il futuro, quindi, sarà la personalizzazione e l’unicità. I miei modelli sono semplici, richiamano atmosfere della fine degli anni Sessanta e punto sui colori, che sperimento in combinazioni insolite. C’è molto rosso nelle mie collezioni, il colore per eccellenza, quello che per gli altri è il nero, insomma. Accosto stoffe a pois a righe oppure a fantasie retrò reinterpretandole, l’importante è che ci sia armonia. E sono tutti tessuti e stampe vintage.
Da dove arriva la tua passione per il vintage?
Dalla mia famiglia, da bambina i miei genitori mi hanno sempre portata per antiquari, mercatini e in botteghe. In casa non avevamo nemmeno un mobile nuovo. Ritengo che le cose vecchie
abbiano una magia tutta loro che nient’altro ha, una volta c’era il culto di comprare meno ma meglio. I capi di un tempo, ad esempio, sono fatti meglio, sono fatti per durare. E mi piace l’idea di far rivivere tessuti di qualità. In particolare mi ispiro al vintage americano, molte stoffe le ho portate a casa dalla California, sono tornata a casa con una valigia piena… Lì hanno un culto del vintage diverso dal nostro. È più valorizzato tanto che gli