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Ispirazione Pura
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E-book255 pagine6 ore

Ispirazione Pura

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Info su questo ebook

Le Passioni di Brully e Il rumore dei libri presentano: Ispirazione pura .....Quando l'ispirazione prende il sopravvento, nulla la può fermare! Scoprite con noi che cosa è uscito dal cuore di questi autori guardando le splendide immagini realizzate da noi e che troverete all'interno del file! Lasciatevi andare a mille emozioni che vi travolgeranno! Perché se è pura, l'ispirazione non delude mai...
LinguaItaliano
Data di uscita16 set 2014
ISBN9788891155559
Ispirazione Pura

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    Anteprima del libro

    Ispirazione Pura - AA.VV.

    Titolo | Ispirazione Pura

    Autore | AA.VV

    ISBN | 9788891155559

    Prima edizione digitale: 2014

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)

    info@youcanprint.it

    www.youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    Ispirazione Pura

    AA.VV

    Ispirazione Pura.

    © Luglio 2014 AA.VV

    Blog: http://lepassionidibrully.blogspot.it/

    Blog: http://ilrumoredeilibri.blogspot.it/

    ©Tutti i diritti riservati agli autori e a chi ha realizzato questa antologia.

    Questa antologia è il prodotto dell’immaginazione dei vari autori. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi. Ogni riferimento a fatti o a persone reali è puramente casuale.

    Per le cover immagini © Fotolia.com e www.reveries.fr

    Ci presentiamo
    …Miriam…
    Ciao a tutti! Molti di voi mi conoscono come la blogger de Le passioni di Brully. E sapete quanto adori gli autori emergenti e mi scervelli per trovare iniziative nuove e appassionanti per farvi conoscere sempre di più!
    Per fortuna conosco persone speciali come Lidia Ottelli, che ha deciso di aggregarsi a me anche questa volta Senza di lei questa antologia non sarebbe stata la stessa! Ho amato alla follia ogni sua creazione e, se avessi avuto più tempo, avrei partecipato anche io!
    Che dire di me per chi non mi conosce? Amo leggere alla follia, sperimentare nuovi generi, adoro perdermi fra le righe dei romanzi, ridere… piangere… arrabbiarmi, insomma essere parte integrante del romanzo! Ho aperto il blog grazie a un’autrice Italiana che mi ha fatta sognare! E ora spero di crescere insieme a tutti voi che ogni giorno mi sostenete! Sono anche mamma di un angelo di 4 anni e mezzo che ovviamente richiede molte mie energie!
    Vi aspetto nel mio blog e, nel frattempo, vi auguro una buonissima lettura!
    Abbandonatevi all’ispirazione… PURA!
    …Lidia…
    Ciao a tutti! Eccomi ancora qui. Il mio blog Il Rumore dei Libri, si dedica principalmente a voi emergenti e sono orgogliosa di appoggiavi in tutto e per tutto. Condivido con Miriam la passione della scrittura e anche stavolta abbiamo organizzato l’antologia con molta semplicità e complicità. Adoro le nostre iniziative e sono felice di avere un appoggio come lei. Ringrazio tutti gli autori/autrici, che si sono prestati con i loro stupendi racconti
    Siete fantastici e siete voi UN’ISPIRAZIONE PURA!
    Cosa dire di me? Amo leggere, scrivere, ogni tanto mi prende la voglia di fare qualche illustrazione come con questa antologia.
    Non mi piace molto parlare di me preferisco parlare di voi, quindi… buona antologia a presto e se volete visitare il mio blog, siete i benvenuti!

    AUTUNNO

    Pioggia sui capelli

    come ore di tristezza.

    L'odore scuro della terra bagnata spegne il mio cuore.

    L'autunno è arrivato malinconico

    e solo dietro di me un bagliore

    nel tempo d'estate e di gioia

    [©Loriana Lucciarini- 1982]

    Senza  fare  rumore  Fabiola  Danese

    Prima di quel giorno d’estate, caldo e afoso, prima di allora, non avevo mai davvero capito cosa significasse amare qualcosa come se fosse l’unica ragione della propria vita.

    Prima di Amanda Coox, non avevo idea di cosa fosse la vita, come la intendeva lei.

    Conobbi Amanda alle selezioni per la Royal Ballet Academy, eravamo paralizzate e  sotto costante pressione per l’audizione. Eccoci lì, tutte a fare riscaldamento, a ripetere ossessivamente passi che conoscevamo a memoria.

    Ci guardavamo a stento, tutte troppo impegnate a rivalerci l’una sull’altra, a sperare che quella prima di noi sbagliasse clamorosamente, eravamo lì per esaudire i nostri sogni.

    Io non avevo mai avuto tutte quelle ambizioni, ero lì solo perché i miei genitori non avrebbero accettato un mio fallimento. Lei si avvicinò a me, come nessuno aveva fatto quella mattina e con fare semplice mi disse:

    «Tranquilla, andrai benissimo.»

    «Ti ringrazio, ma credo che ci siano ragazze molto più brave di me.»

    «Non credo che sia la bravura quello che cercano!»

    E così dicendo, con un sorriso bello e sincero, appena pronunciato sulle sue labbra,  mi diede le spalle e si incamminò verso la sala audizioni.

    Ci presero entrambe e non so come, ma da allora cominciò la nostra amicizia, il nostro legame quasi fraterno, cominciò la nostra scalata al successo.

    Quell’anno l’accademia, metteva in scena Il Lago dei Cigni ed io sarei stata anche felice di essere il fumo sul palcoscenico, sarebbe stato abbastanza, ma Amanda no, era quasi ossessionata dal ruolo principale, dalla fama e il prestigio che avrebbe significato per lei, ma questi pensieri li conoscevo solo io, lei si confidava solo con me e io la veneravo per la sua ambizione, per la sua determinazione, per il suo essere lei.

    Le prove estenuanti avrebbero sfiancato chiunque, ma non lei, lei continuava a ballare, a ripetere i passi nella sua mente, in ogni fibra del suo corpo, come se ce li avesse marchiati a fuoco sulla pelle. Ammiravo Amanda, l’ ammiravo talmente tanto, da non accorgermi di tutto il resto, di tutto il mondo fuori. Avevo il mio idolo, avevo lei.

    Amanda ottenne la parte e quella stessa sera andammo a festeggiare con tutta la nostra compagnia. Il giorno seguente, mentre le prove procedevano, entrò in sala Madame Currie, che convocò Amanda per un colloquio personale. Lei mi rivolse uno sguardo rassicurante e si allontanò con la nostra direttrice.

    Quando tornò da me, era diversa, d’un tratto il suo sguardo aveva preso il colore del ghiaccio e l’ impenetrabilità della notte. Ci fu un minuto di silenzio, evidentemente tutti si aspettavano delle spiegazioni, ma lei si rimise in posizione, pronta a continuare le prove, come se nulla fosse successo e noi tutte la imitammo.

    Una volta in camera parlammo tranquillamente e io non le chiesi nulla riguardo al colloquio, nemmeno una parola, mi disse solo che sarebbe tornata a casa quel weekend e non ci trovai nulla di particolarmente strano.

    «Angie, allora, ci vediamo fra 3 giorni, fai la brava e non aprire agli sconosciuti, chiaro?»

    «Ok mamma!»

    Ridemmo e ci abbracciammo per salutarci. Il saggio sarebbe stato la settimana seguente, ed eravamo tutte davvero eccitate all’idea che, una di noi avrebbe potuto ricevere una proposta di contratto quella sera stessa. Il weekend passò lento e cupo, era tutto un po’ opaco senza Amanda, ma sapevo che al suo ritorno, la sera prima del grande giorno, avremmo festeggiato.

    Quando tornò quel lunedì mattina, notai subito qualcosa di diverso, ma fu una percezione minima, che solo io probabilmente potevo percepire, dato che la conoscevo così bene.

    Non le feci domande, le diedi solo il ben tornato e le promisi una grande serata di divertimento e relax prima del grande debutto.

    Quando c’è la prima di un balletto, sei fuori da ogni logica e lei lo era, come me, ma a volte il suo sguardo si smarriva nel vuoto ed io non potevo raggiungerla quando andava via in quel modo.

    Mi aveva confessato di essere preoccupata per la parte del Cigno Nero, non che non le venisse bene, anzi, è solo che non se la sentiva sua, aveva dovuto investirci molte ore di lavoro.

    Pensai che fosse quella preoccupazione ad occupare i suoi pensieri quella sera e quella notte in cui non riuscì a dormire.

    Il giorno dopo, cominciò molto presto per noi, tra i preparativi e le prove c’era un caos pazzesco, ma in Amanda c’era una calma sconcertante, quasi inquietante, ma ripeto, fu una percezione di cui solo io mi resi conto, io che avevo fatto di lei la mia eroina.

    Ci parlammo a stento quel giorno, era sballottata da una parte all’atra, ma sembrava sempre più concentrata su se stessa, come se stesse per buttarsi da un grattacielo di 100 piani e non avesse altra via d’uscita.

    Prima che il sipario si aprisse su di noi, sulle nostre vite, quel giorno d’estate, caldo e afoso, lei mi prese la mano e senza guardarmi mi disse:

    «Angie, sta per finire tutto, ora non sono più preoccupata.»

    Non capii quelle parole lì per lì, le strinsi solo forte la mano e lei si lanciò su quel palco per illuminarlo completamente con la sua luce. Ballò come se fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita e quel Cigno Nero, senza più paura venne fuori, maestoso e memorabile sotto gli occhi di tutti, un’interpretazione spettacolare, senza precedenti.

    Dopo ci furono solo applausi assordanti, urla di eccitazione e complimenti di ogni tipo, ma il suo sguardo glaciale, mi colpì allo stomaco ancora una volta.

    Un gruppo di poliziotti avanzò verso di lei con velocità, facendosi largo tra la folla acclamante e lei, ancora con le punte ai piedi, andò loro incontro, come se l’aspettassero altri applausi, come se fosse ancora su quel palco.

    Fu un attimo, la portarono via ed io non ebbi nemmeno il tempo di uno sguardo, di una carezza, o di un addio.

    Amanda Coox, la mia Amanda, era stata condannata all’ergastolo per aver massacrato il giorno prima, sua madre e il suo patrigno. Si dichiarò colpevole fin dalla prima udienza, sostenendo che aveva fatto solo quello che sua madre non aveva mai avuto il coraggio di fare: uccidere quel mostro del suo compagno per aver ripetutamente abusato di sua sorella minore e averla picchiata fino a mandarla in ospedale.

    Solo quel giorno, seduta sul suo letto nella nostra camera capii cosa aveva dovuto premeditare nella sua testa in tutti quei giorni prima del suo debutto. Capii solo in quel momento di cosa non era più preoccupata Amanda: non era più stata il Cigno Bianco da quel colloquio con Madame Currie, che le aveva detto di sua sorella, da allora era diventata quel bellissimo e letale Cigno Nero.

    Biografia

    Fabiola Danese nata a Taranto il 09/01/1990, diplomata in beni culturali presso il Liceo Statale Archita di Taranto e laureata in Editoria e Giornalismo presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bari. Circa una anno fa usciva la mia prima raccolta di poesie, Tutta colpa di Cenerentola, che conserva gelosamente la parte infantile di ognuno di noi.

    Second    Chance  Giusy  Moscato

    Avevo venticinque anni la prima volta che la morte bussò alla mia porta.

    A dire il vero, mi trovavo per strada. Ero di ritorno da un’altra noiosissima giornata di lavoro giù al negozio di videogames. Come ogni sera, stavo percorrendo le vie deserte e scarsamente illuminate del mio quartiere per ritornare al monolocale in subaffitto dove vivevo, l’unica casa che mi potevo permettere con il mio scarso stipendio.

    Soffiava un leggero venticello, perciò mi tirai il cappuccio della felpa sulla testa per ripararmi. Cacciai fuori le cuffie del mio lettore mp3 – modello vecchio di almeno cinque anni e che per funzionare aveva bisogno di qualche colpo qua e là – e selezionai la prima canzone dell’elenco.

    La musica cominciò a scorrermi nelle vene ed io mi persi tra le sue note. Ero talmente immerso nel ritmo martellante di Until it’s gone da non accorgermi quasi dell’uomo che usciva di corsa dal negozio in fondo all’isolato. Ero così concentrato sulla voce di Chester che urlava gli ultimi versi dopo l’eccezionale bridge finale, caricandomi di adrenalina, che solo all’ultimo secondo notai qualcosa nella mano di quell’uomo… una pistola…

    No you don’t know what you got until it’s gone!

    E il suo braccio rivolto all’indietro che la puntava verso di me.

    Until it’s gone!!!

    Ero a terra.

    Un dolore lancinante si propagava dal centro del mio petto lungo tutte le diramazioni nervose del mio corpo, pietrificandomi. Il sangue scorreva a fiumi, inzuppando i miei vestiti e bagnando le mie membra. In un conato, ne vomitai una quantità sufficiente a ostruirmi le vie respiratorie.

    Solo una delle cuffiette era rimasta al suo posto, mentre l’altra era stata sbalzata qualche centimetro più in là del mio orecchio destro. Sentivo ancora la musica. Ironia della sorte, il mio lettore aveva deciso proprio in quel momento di riprodurre Leave out all the rest.

    I dreamed I was missing…

    Ho sognato di essere morto…

    Peccato che quello non era un sogno e io stavo morendo realmente.

    Dovevo chiedere aiuto! Ma come? Le mie labbra tinte di rosso non riuscivano a emettere più di un sordo rantolo. In quella via non c’era nessuno. Il cellulare, pensai, improvvisamente. Dovevo chiamare il 911, dovevo… Era lì, nella mia tasca, ma le mie dita non si muovevano.

    Lacrime di rabbia rotolarono sulle mie guance. Sbattere le ciglia per scacciarle era l’unica azione che mi era consentita… ancora per poco.

    Era finita.

    Che modo stupido e deprimente per terminare la mia vita: colpito da un proiettile vagante, mi ritrovavo agonizzante su un marciapiede sporco e freddo, solo.

    Avevo venticinque anni… Non avevo mai avuto una ragazza, neanche qualche breve flirt nelle estati da liceale, come accadeva a tutti i miei compagni. Che fine avevano fatto i sogni che non avevo mai avuto? Gli obbiettivi che non avevo mai desiderato raggiungere? Le mete a cui non avevo mai ambito arrivare? Ero un contenitore vuoto che stava perdendo l’unica cosa che aveva mai posseduto: la sua vita, la sua piatta e inutile vita.

    Ad un tratto, non sentii più nulla.

    Provai quasi un senso di sollievo, tuttavia mi resi subito conto che quell’indicibile sofferenza non era l’unica cosa a essere scomparsa: la vista… la vista mi si era offuscata e anche i miei adorati Linkin Park, unici compagni della mia vuota esistenza, avevano smesso di cantare per me.

    Avevo visto abbastanza film da sapere esattamente cosa ciò volesse dire: tra non molto un tunnel di luce sarebbe apparso davanti ai miei occhi e io avrei abbandonato il mio corpo, dicendo per sempre addio al mondo dei viventi.

    Stavo per rassegnarmi a quella patetica morte, quando avvertii la presenza di qualcuno accanto a me. Due persone erano in piedi alla mia destra. Potevo scorgere le loro figure sfocate, immerse in un bagliore innaturale – che fossero i fari di una macchina o la sirena dell’ambulanza?

    Mi sforzai di acuire i miei sensi per capire cosa stessero facendo e mi sorpresi nello scoprire che diventava tutto sempre più chiaro. Stavano discutendo tra loro, in maniera pacata.

    Aiutatemi, vi prego!

    «Non puoi più fare nulla per lui. Lascia che me ne occupi io,» proferì quello più lontano da me, un uomo vestito di scuro.

    Non ero mai stato il tipo da gay o roba simile, ma i suoi toni caldi sembravano quasi… attrarmi. Una strana sensazione dentro di me mi disse che avrei fatto qualsiasi cosa se lui me l’avesse chiesta, perfino alzarmi in quell’esatto momento.

    La sua compagna, una donna avvolta in un candido abito di seta, si chinò su di me. Il suo volto era in parte coperto da una pioggia di capelli finissimi. Non capivo il perché, ma se qualcuno mi avesse chiesto di descriverne il colore, li avrei immediatamente collegati a un amore puro e incondizionato.

    «Non questa volta,» sussurrò lei, in risposta all’affermazione dell’altro individuo.

    Che voce soave! Mi avvolgeva completamente, penetrando nella mia pelle e completando la mia anima quasi come se essa stessa ne facesse parte.

    L’uomo fece qualche passo in avanti. «Che intenzioni hai, Angie?» la chiamò, allarmato. «No! Fermati!»

    Prima che lui potesse intervenire in qualche modo, la donna mi prese il viso tra le mani e mi baciò.

    E tutto si dissolse nella luce.

    La sveglia suonò con il suo fastidioso bip.

    Mi tirai su a sedere, di scatto. Che cosa era successo? Totalmente sconvolto, mi guardai intorno: ero nel mio appartamento.

    I ricordi tornarono poco alla volta: l’uomo… la pistola… il sangue…

    Mi precipitai dinanzi allo specchio, controllando il petto in lungo e in largo: niente, neppure una cicatrice. Che avessi solamente sognato? No, il dolore era reale.

    Una figura comparve nella mia mente. La donna!

    Avvertivo ancora chiaramente il sapore delle sue labbra sulle mie, quell’infinita morbidezza dei suoi petali che mi aveva dato un assaggio di Paradiso. Possibile che non fosse mai accaduto? Oppure, era proprio quel bacio, in qualche modo, la chiave di tutto?

    Che cosa mi aveva fatto? Come era riuscita a salvarmi? Perché io – questo lo ricordavo bene – io stavo morendo!

    La testa mi stava scoppiando e, malgrado i miei sforzi, non capivo ancora cosa mi era accaduto. Avevo chiuso il negozio, avevo acceso la musica… e poi? Ero andato dritto a casa ed ero crollato a letto senza neppure rendermene conto oppure ero… morto? Come trovare una risposta alle mie domande se non sapevo neanche in quale dimensione mi trovavo? Ero ancora nel mondo dei vivi o ero stato spedito nell’aldilà?

    Non l’avrei mai capito finché fossi rimasto rinchiuso nel mio monolocale. Mi precipitai, perciò, sotto la doccia, dopodiché mi vestii in fretta e scesi per strada. Se fossi stato vivo, se il mio corpo non fosse stato solo un’illusione effimera, allora avevo un lavoro a cui tornare o questa volta sarei morto sul serio… di fame!

    La gente affollava i marciapiedi e le macchine sfrecciavano indisturbate sulle due corsie. Le persone sembravano vedermi, il che tutto sommato era un buon segno: non ero un fantasma.

    M’immersi nel flusso della folla in direzione del game-store. Stavo per tirare fuori il mio lettore mp3 come facevo abitualmente, ma il ricordo di quanto era – o non era – successo la sera prima mi aveva fatto desistere dal mio intento.

    Stavo valutando attentamente l’idea di prendere un taxi al termine del mio turno, così da evitare altri spiacevoli incontri, quando mi sentii trascinare per un braccio. Allarmato, provai a divincolarmi. Fu tutto inutile: la ragazza che mi aveva afferrato il polso sembrava piuttosto forte, benché di corporatura esile.

    «Non avere paura. Vieni con me,» sussurrò, guardandomi a malapena.

    Qualcosa in lei

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