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Emma La Prescelta, il Maligno e l’Umano
Emma La Prescelta, il Maligno e l’Umano
Emma La Prescelta, il Maligno e l’Umano
E-book243 pagine3 ore

Emma La Prescelta, il Maligno e l’Umano

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Info su questo ebook

Questo libro inizia con un uomo disperato, costretto ad ammettere – soprattutto a se stesso – di aver commesso un imperdonabile e tremendo errore: non aver creduto alla propria donna. Axel ha capito, infatti, spera non troppo tardi, che per quanto una storia possa sembrare assurda, il vero amore non mente mai, e avrebbe dovuto solo credere agli splendidi e vivi occhi della sua Emma. Inizia così per lui un viaggio fantastico e difficilissimo alla ricerca del suo amore, lontano, in una terra misteriosa, e completamente priva di memoria e di ricordi. Le loro vite, indissolubilmente unite dal destino, dovranno affrontare prove durissime: in ballo non c’è solo la loro salvezza, ma anche quella del mondo conosciuto. Emma - La Prescelta, il Maligno e l’Umano è un romanzo coinvolgente ed emozionante, alla scoperta dei propri limiti e verso il superamento degli stessi, consapevoli che solo il sacrificio porta alla vera salvezza.
LinguaItaliano
Data di uscita25 giu 2016
ISBN9788856778304
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    Anteprima del libro

    Emma La Prescelta, il Maligno e l’Umano - Desperati Ylenia

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2016 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatrosilfilo.it

    ISBN 978-88-567-7830-4

    I edizione elettronica giugno 2016

    Alla nuova avventura che ci attende

    Capitolo 1

    Un sorriso amaro.

    Fu questa l’ultima cosa che vidi di lei e così partii lasciandola sola al suo destino. L’amavo così tanto che non capii quel sorriso, non lo volli capire e la persi.

    Quando osò raccontarmi del suo dono, non le credetti, pensai che stesse scherzando, ma in quel momento, nel preciso istante in cui vidi quel sorriso, compresi quello che lei sapeva già: non l’avrei più rivista a causa del suo dono.

    Il treno partì e lei se n’era già andata. Entrambi sapevamo che se fosse rimasta avrebbe pianto e non avrebbe mai voluto farsi vedere vulnerabile, non le era mai piaciuto. Ero io quello dei due che mostrava di più le proprie emozioni e a lei piaceva. Molte volte, forse troppe, davo per scontato che sapesse che l’amavo con tutto il mio cuore, che la mia vita senza di lei sarebbe stata vuota. Avesse solo saputo quanto l’amavo e magari non l’avrebbe fatto, non mi avrebbe lasciato da solo, non sarebbe fuggita con un peso così pesante solo sulle sue spalle. Certamente non lo avrebbe fatto. Se le avessi dimostrato più spesso quanto tenevo a lei, di sicuro non se ne sarebbe andata.

    Come venni a sapere più tardi, Emma era convinta che potessi rifarmi una vita senza di lei. Ma si sbagliava.

    Il giorno maledetto in cui suonò il telefono, compresi che era accaduto, che lei se n’era andata, gettando tutti nello sconforto e nella frenesia di trovarla e lasciando me nell’amarezza per non aver fatto nulla, per non essere stato a casa a bloccarla, per non averle dimostrato il mio amore.

    «Sarà più facile per entrambi» mi sussurrò all’orecchio il giorno prima dell’addio ed io non capii, come non compresi il reale motivo di quel gesto, il perché del suo rinunciare a scegliere il meglio per se stessa.

    Non potevo aspettare che le indagini facessero il loro corso: sapevo che non l’avrebbero trovata. Solo io forse avrei potuto avere qualche possibilità e non importava se non fossi un ragazzo avventuroso e che lei non volesse essere trovata, non importava più chi fossi e che cosa dovessi passare per trovarla: l’avrei fatto ad ogni costo. In fin dei conti non avrei dato troppo dispiacere a nessuno se fossi scomparso per qualche mese, nemmeno ai miei zii che in quel momento mi ospitavano per le vacanze estive e i miei amici avrebbero capito. Allora, dicendo che volevo aiutare la polizia a cercarla, partii e tornai a Mentasti, un piccolo paese ai piedi del Campo dei Fiori.

    Durante il viaggio fui inquieto, tentai di dormire più volte, ma i pensieri della sua scomparsa, di dove fosse e se stesse bene, mi affollavano la mente con una prepotenza tale che la sentivo esplodere. Eppure avevo sei ore di viaggio davanti a me e in qualche modo avrei dovuto passarle.

    In breve e senza volerlo mi ritrovai a pensare a tutti i momenti che avevamo passato insieme e che ci avevano permesso di amarci e di farci sentire una persona sola, così una lacrima rigò la guancia destra. Non la asciugai. Era sempre stata lei a farlo e ora stavo aspettando ingenuamente e stupidamente che arrivasse e mi consolasse dicendo che si erano sbagliati: non era lei quella di cui avevano bisogno e così era tornata da me. Lo pensai così intensamente che caddero molte altre lacrime.

    «Stupido!!! Lei non comparirà dal nulla...» mi dissi scuotendo piano la testa.

    Mi asciugai le guance con foga e mi costrinsi a pensare a quale sarebbe stato il mio primo passo una volta arrivato, l’unica certezza che avevo era che dovevo agire in fretta poiché aveva due giorni di vantaggio. Come prima cosa avrei dovuto raggiungere il Campo dei Fiori, che su di lei aveva sempre suscitato un gran fascino, probabilmente a causa della sua natura.

    Quando arrivai, non persi neanche un minuto. Corsi a casa a prendere qualche provvista e la macchina per poi andare verso la mia nuova destinazione. Giunto a un sentiero nascosto ai turisti che portava al bosco, nascosi la macchina tra le foglie, misi a tracolla la sacca con il cibo e m’incamminai verso l’interno. Gli alberi imponenti facevano da guardiani e le loro folte chiome facevano filtrare la luce pomeridiana disegnando linee dorate nell’aria. L’afa estiva era mitigata dal frescore che aleggiava nel bosco. Tutto sembrava così immobile davanti ai miei occhi, ma ancora non riuscivo a vedere nel modo giusto.

    Non avevo la minima idea di cosa sperassi di trovare, forse qualsiasi cosa che potessi collegare a lei.

    Attento a catturare con la vista qualsiasi indizio potesse sembrare utile e immerso nei miei pensieri, sussultai quando sentii una voce flebile e soave chiamarmi per nome. Mi voltai verso quel suono dolce e vidi, qualche passo più in là, una ragazza vestita con un abito molto leggero e di alcune tonalità di verde brillante.

    «Non ti aspettavo così presto» disse «non pensavo che un umano potesse tenere così tanto ad un altro umano».

    Mi avvicinai un pochino, il necessario per notare qualche dettaglio in più di quell’apparizione: i suoi piedi affondavano nudi nella terra, l’intera figura era circondata da un’aura che la mia limitata immaginazione non riusciva a identificare. Il viso era di una perfezione e morbidezza uniche, piccole lentiggini le decoravano le guance, gli occhi erano due smeraldi luccicanti e i capelli castani le cadevano con vaporosi e morbidi boccoli sulle spalle.

    Mi stropicciai bene gli occhi prima di realizzare che lei fosse lì veramente.

    Forse infastidita dal mio sguardo indagatore, continuò a parlare: «Non proseguire il tuo viaggio, si rivelerà vano».

    «Ma che caspita...» furono le prime parole che fui in grado di pronunciare, ma che lasciai in sospeso. «Chi sei?».

    Lei non rispose subito e sorrise.

    «Sai chi sono eppure non vuoi credere che sia la verità. A cosa serve che tu la cerchi se ancora non le credi pienamente? Non riesci a comprendere la sua natura e la grandezza del compito che le è stato affidato, come potresti amarla? Saresti solo d’impiccio per il compimento dei piani superiori. Lei ha scelto la sua via, tu devi fare lo stesso vivendo la tua vita e dimenticandola». Si girò e fece per andarsene.

    «Aspetta!» per sua sfortuna la mia determinazione a trovarla non prevedeva nessun tipo di fallimento, soprattutto non ora che avevo appena iniziato la mia ricerca. «Anche se tu non dici nulla che possa aiutarmi e cerchi di scoraggiarmi, andrò avanti e probabilmente nel tentativo mi perderò e passerò momenti orribili, ma so che la mia vita è al suo fianco e non ho nessuna intenzione di andare avanti senza di lei. Sento che il suo cuore piange perché è sola e dispersa. Ho scelto di essere il compagno della sua vita e senza alcuna riserva ci siamo amati l’un l’altra. È mio compito asciugare quelle lacrime. La tristezza non le è mai appartenuta, ma ora per colpa vostra sta soffrendo. Io la troverò perché so che è destino che io e lei stiamo insieme che tu mi voglia aiutare o no».

    Ci fu un attimo di pausa che parve infinito.

    «Hai ragione... il suo cuore piange» sussurrò senza voltarsi, con molte probabilità quella fu l’unica frase che la colpì.

    «E allora dammi una mano».

    «Ma tu non credi e nemmeno se ti passasse davanti, la riconosceresti».

    «È vero, non credo fino in fondo, ma lo farò con tutto il cuore se sarà questo che mi porterà da lei».

    «Devi amarla molto e forse sarà questo tuo amore cieco e sincero a guidarti verso la prescelta». Fece una pausa quasi infinita durante la quale ciò che mi aveva detto filtrava lento nella mia testa e poi sentenziò: «Va’ verso nord e quando troverai un portale nascosto in una parete rocciosa, quella sarà la tua prova di fede, non avrai altre possibilità per raggiungerla: solo quel passaggio ti porterà dalla tua amata. Ma ricorda: devi credere veramente nel profondo del tuo cuore per poter passare».

    Solo a quel punto qualcosa si accese... prescelta per cosa? Perché lei? Cosa, in lei, era cambiato per non poterla più riconoscere? Un portale? Per cosa? Per dove?

    Allora la mia bocca parlò mossa dal dolore che avevo nel cuore: «Dimmi altro, continua...».

    «Non posso. Addio».

    «No aspetta! Spiegami, voglio sapere!!».

    Ma ormai si era dissolta nel nulla come foglie al vento.

    Rimasi qualche istante a fissare il paesaggio davanti a me incapace di capire. Quella ragazza era scomparsa esattamente davanti ai miei occhi. Me li strofinai forte, ma non accadde nulla.

    Chi era quella persona?

    La domanda rimase sospesa e la risposta era nascosta da qualche parte nella mia testa, era solo molto difficile da accettare.

    Mi strofinai di nuovo gli occhi e scossi la testa per ritornare in me: stavo perdendo tempo prezioso! Dovevo iniziare a credere davvero, altrimenti non sarei riuscito a passare il portale. Mi sembrava così pazzesco che dovetti darmi un pizzicotto per scuotermi del tutto.

    «Verso nord» ripetei a bassa voce. Guardai in alto per identificare la traiettoria del sole, ma gli alberi non lasciavano penetrare che qualche raggio.

    Non ero finito molto lontano dell’entrata del bosco, così decisi di uscire per localizzare la posizione del sole. E poi iniziare la mia folle ricerca d’amore.

    «Non ho potuto resistere, i suoi sentimenti erano così forti» si giustificò Thesna.

    «Solo che se la trova sai cosa potrebbe succedere: potrebbe riuscire a convincerla a non proseguire il suo compito e per noi e per gli umani sarebbe una condanna a una vita di fuga continua e di morte» disse la guardiana del fuoco.

    «E se potesse salvarla dal suo ultimo destino?» intervenne Lympis, la guardiana dell’acqua.

    «Nessuno potrà salvarla da ciò che le accadrà, tanto meno un umano senza poteri» sentenziò la quarta e ultima guardiana, Hariette, guardiana dell’aria.

    «Voi parlate perché non avete sentito la forza che emanava il suo amore... e la sua determinazione non è da molti» disse Thesna con un filo di voce, quasi sperando non la sentissero.

    «È per questo che non avresti dovuto aiutarlo!» imprecò Fleys furibonda «Adesso dovremo pensare noi a bloccarlo. Gli hai detto di andare verso nord e poi passare il portale nascosto di Trymphis, così facendo si ritroverà alla fine della foresta di Hartem e proseguendo verso nord dovrà per forza passare per ogni nostro terreno. La prima ad incontrarlo sarai tu Hariette, cerca di non farti abbindolare!». Così dicendo, sparì. Fu seguita subito da Hariette e poi con qualche timore anche da Lympis.

    Thesna rimase ancora un attimo a pensare. «Lui ce la farà» si disse e poi svanì.

    Capitolo 2

    Camminai fino a che la luce del giorno scomparve e dovetti iniziare a pensare a dove avrei potuto passare la notte.

    Di esperienza non ne avevo quasi per niente: qualche anno di campeggio, ma lì il riparo c’era sempre con una bella e solida tenda.

    Valutai le varie possibilità: arrampicarmi su un albero non sarebbe stata una cattiva idea se non fossi stato così alto da pesare troppo e rischiare di schiantarmi al suolo; rintanarmi in una caverna era fuori discussione, in tutti i film horror ambientati nei boschi, dalle caverne uscivano sempre bestie feroci. Stare senza un riparo e dormire in mezzo al fogliame sarebbe stato molto rischioso, ma a quanto pare non mi rimaneva altra scelta... mentre cercavo un posto appartato mi accorsi che poco più in là c’era qualcosa di strano sospeso a mezz’aria. Mi avvicinai piano e scoprii che era una specie di costruzione sospesa tra gli alberi. Feci luce con la torcia, che prontamente mi ero portato dietro, e vidi un cubo fatto di foglie e liane sostenuto in aria da delle funi che partivano da ogni angolo e che andavano ad ancorarsi su degli alberi. Forse un rifugio costruito a poi abbandonato, chissà... stava di fatto che era perfetto. Mi avvicinai di più e mi accorsi che la parte più raggiungibile era la cima delle corde attaccate agli alberi. Quindi avrei dovuto raggiungere la corda, aggrappato a quella a penzoloni raggiungere il cubo e in fine mi sarei dovuto issare dentro.

    Il solo pensiero mi faceva sudare freddo: concretamente sarebbe stato davvero complicato. Ma era la mia unica possibilità per passare la notte lontano da animali affamati e quant’altro.

    Mi misi subito all’opera.

    Per raggiungere la corda scelta iniziai a saltare e come previsto appoggiai male un piede scivolando rovinosamente a terra. Per fortuna non sentii nessun dolore particolare, quindi tutto sembrava a posto. Dovevo raggiungere quel maledetto rifugio e con questa convinzione mi rialzai in piedi. Tentai e ritentai fino a che una mano afferrò la corda e prontamente la presi anche con l’altra. Al tatto capii che non era una corda normale, ma erano radici, liane e foglie strette per formare un materiale che resistesse anche al peso di un elefante. Iniziai a procedere di lato.

    La stanchezza iniziava a farsi sentire e le spalle a dolere. Sapevo che non potevo mollare, ormai non mancava molto, l’unica cosa che potesse farmi andare avanti era l’idea di un sonno ristoratore al riparo da bestie feroci.

    E così arrivai a toccare con la mano l’angolo di quel cubo. Ora si poneva il problema di come potessi tirarmi su, ma dovevo pensare in fretta perché il mio fisico non avrebbe resistito a lungo. Iniziai a dondolare lateralmente e appena vidi che l’altezza era buona lanciai una gamba all’interno dell’apertura. Il fianco andò a sbattere con violenza contro il bordo duro di quel cubo, facendo traballare tutto. Il dolore mi fece imprecare e la nausea fece capolino a causa del dondolio. Mi costrinsi a non guardare in basso. Chiusi gli occhi e con calma infilai l’altra gamba, il petto e infine le braccia.

    Mi massaggiai il fianco: mi sarebbe venuto un bel livido. Mi guardai le mani. Molte ferite si erano aperte e bruciavano.

    Data la mia mole quel rifugio era un po’ piccolino come spazio vitale, ma per una notte non potevo fare altrimenti che adattarmi e ringraziare il mio predecessore che lo aveva costruito e poi abbandonato senza distruggerlo.

    Era notte fonda e, non appena mi stesi, il sonno arrivò come chiamato a gran voce e insieme arrivarono gli incubi.

    Strani incubi di persone uccise da mostri mai visti, animali con occhi del colore del fuoco, tenebre che inghiottivano la terra e poi, come un flash, la vidi. Vidi i suoi occhi, veri e vivi davanti a me. Erano così diversi, duri e imperturbabili... ma il colore, come sempre, mi scaldava il cuore: quel castano con mille sfumature chiare e dorate, e rare e dolci sfumature sul rosso. Quegli occhi m’incantavano ogni volta ed erano inconfondibili. Sembrava proprio lì davanti a me e con quello sguardo cercava di dirmi qualcosa. Qualcosa che non riuscivo o non volevo afferrare. Provai un momento di pace interiore. D’un tratto scomparve e fu tutto buio, il terrore mi attanagliò il cuore. Dov’era scomparsa? Una bestia in agguato era nascosta nelle tenebre, poi due occhi rossi comparvero nel buio all’improvviso. Urlai più forte che potei.

    Quando mi svegliai di soprassalto, urlavo ancora. La fronte era imperlata di sudore. Ero frastornato e completamente spaesato. Dov’ero? Che cos’erano quei sogni?

    Cercai di calmarmi e di fare mente locale.

    Ripercorsi nella mente gli incubi: che cosa significavano? Rinchiusi quella domanda in me per non farla uscire, la risposta sentivo che faceva paura e non la volevo sentire. Nonostante gli incubi, i suoi occhi mi avevano scaldato il cuore ed ero pronto ad affrontare il secondo giorno di viaggio.

    Notai che era giorno e, nonostante i deboli raggi del sole appena sorto, s’intuiva che sarebbe stata una bella giornata estiva.

    Non appena fui pronto, m’incamminai.

    Vagai così per cinque giorni, che sembrarono i più lunghi della mia vita. Mi fermavo solamente per dormire quando ero stremato. Iniziai a perdere la cognizione del tempo e l’unica cosa che scandiva i giorni passare era la diminuzione delle mie scorte di cibo e acqua. Non sarei resistito ancora a lungo con quel poco che mi era rimasto.

    I piedi e le gambe dolevano, ma non riuscivo a smettere di camminare,

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