Ricordo di un sogno
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Anteprima del libro
Ricordo di un sogno - Azuela Incoronato
Incoronato
CAPITOLO 1
Era una comune giornata di mezza estate sul litorale della riviera di levante. Il sole splendeva alto e la spiaggia era affollata; centinaia di persone erano lì, distese sulla sabbia e si facevano riscaldare da quello splendido sole d’agosto.
Un gruppo di ragazzi si stavano allenando tra il bagnasciuga e il mare attirando con le loro grida, l’attenzione di molti altri bagnanti. Tra i ragazzi ne spiccava uno. Era un bambino di dieci anni, provetto nuotatore; era veramente bravo, ma ciò che lo distingueva dagli altri era soprattutto il suo comportamento. Mentre tutti saltavano e urlavano tra un turno e l’altro, lui stava sulle sue, sembrava calmo e riservato. Dava quasi l’impressione di essere un po’ triste come se non si sentisse completamente parte di quel gruppo.
Andrew era un bambino straniero, veniva dagli USA ma, quel che per lui era peggio, nell’Italia dei primi anni ottanta, era la sua pelle; Andrew, infatti, era mulatto e benché fosse in realtà molto chiaro, lui viveva tutti i giorni con l’angoscia di sentirsi guardato, giudicato e catalogato come un immigrato, come uno da cui stare alla larga. Erano pochi i coetanei che lo accettavano come compagno di giochi e, ancor meno gli adulti che consentivano ai loro figli di parlare e giocare con lui. Troppe volte ormai gli era successo che un bambino gli si avvicinasse e subito arrivasse la madre a riprenderselo dicendo: Vieni via tesoro, non puoi giocare con lui è straniero non parlerà nemmeno l’italiano
. Ma lui l’italiano lo parlava e lo capiva e troppo spesso si sentiva ferito da frasi come questa ma non era mai riuscito a trovare la forza di reagire, di ribellarsi all’ingiustizia del pregiudizio di chi ignora la verità.
Quel giorno però quando improvvisamente lui uscì dall’acqua gli si avvicinò una bambina, poco più piccola di lui, che già da qualche tempo lo stava osservando con ammirazione ed interesse.
Sei molto bravo
gli disse la bimba.
Oh, sì me la cavo, grazie
le rispose gentilmente lui, un po’ intimidito ma, comunque, curioso. Non sapeva bene cosa stesse accadendo, ma qualcosa di magico lo spingeva verso quella bambina sconosciuta. Una forza misteriosa gli aveva fatto capire in meno di un secondo che lei non lo avrebbe giudicato né catalogato e che forse, sarebbero potuti diventare amici.
Tu sai nuotare?
continuò lui.
Sì un po’, mi ha insegnato mio papà
gli rispose lei
Hai voglia di fare una gara con me?
gli chiese allora il ragazzino con quel suo tono così convincente, cui pochi avrebbero saputo resistere.
Si sentiva già attratto da lei, in un modo in cui solo una volta gli era capitato. Lui sempre chiuso e sospettoso, lui che difficilmente parlava con gli sconosciuti, si era ritrovato improvvisamente e senza nessuna particolare ragione, a sfidare una bimba, mai vista prima, in una gara di nuoto. Era una cosa strana che, per la prima volta, dopo diversi anni lo faceva sentire a casa. Gli sembrava di aver ritrovato, in lei, la sua miglior amica Kristen che, quattro anni prima, quando partì da NY, fu costretto a lasciare.
Quella bimba, di cui ancora non conosceva il nome, gli aveva riempito il cuore di un calore nuovo; e lei, la piccola bimba di otto anni che non voleva mai giocare con nessuno, che passava le sue estati a giocare da sola sulla spiaggia, quasi come se temesse che gli altri bambini potessero mangiarla se si fosse loro avvicinata, proprio lei ora, senza che nessuno la spronasse, sentì il desiderio di avvicinarsi a quel bimbo e fargli i complimenti.
Quell’incontro aveva acceso qualcosa anche nel cuore di Sarah ed anche se sapeva di non saper nuotare, sentiva di non voler dire di no ma provò a scoraggiare il suo antagonista facendo la preziosa.
No, non sarebbe leale, tu sei molto più bravo di me.
Andrew, che difficilmente si dava per vinto, insistette Dai, se vuoi ti lascio anche un po’ di vantaggio…
Oh no, questo mai! Perché se poi vinco io tu diresti che mi hai fatto partire prima, se vuoi gareggiare partiamo assieme
aveva puntualizzato Sarah.
Andy, vieni, sta di nuovo a te
l’aveva richiamato l’allenatore.
Eccomi! Posso fare una gara con lei?
chiese.
Con lei? Chi è?
chiese curioso l’allenatore.
Una mia amica
rispose Andrew molto diplomatico.
Sono Sarah
Ciao, piacere di conoscerti, sai nuotare bene?
continuò l’allenatore per informarsi prima di concedere la gara.
Più o meno, ho imparato dal mio papà
aveva spiegato Sarah.
Allora, possiamo provare?
fremeva Andrew impaziente di gareggiare.
Ok, come volete ma, mi raccomando…
aveva quindi concesso il mister.
I due ragazzini si portarono, mano nella mano, sulla linea di partenza e si lanciarono in una gara per entrambi senza precedenti.
La loro preparazione atletica era così diversa: Andrew aveva iniziato a fare corsi di nuoto fin da piccolissimo ed erano ormai cinque anni che gareggiava, raggiungendo risultati straordinari. Era il primo della sua squadra ed anche a livello regionale era in testa alla classifica. Sarah, al contrario, faceva da anni danza classica ed era una discreta ballerina ma, non aveva mai avuto molti contatti con l’acqua. Viveva in un paese dell'entroterra padano, dove non esisteva nemmeno la piscina e così, la sua unica esperienza come nuotatrice, erano i bagni al mare in compagnia di suo padre. Ma in questa strana gara successe qualcosa di straordinario: Andy e Sarah trovarono un ritmo unico, sembrava quasi che avessero sempre nuotato insieme, l’uno accanto all’altra. Terminarono la loro gara in perfetta parità, come fratelli siamesi arrivarono al traguardo all’unisono, stupendo non solo se stessi, ma anche l’allenatore che guardava sbigottito quella bambina appena conosciuta.
Sei molto brava
le aveva detto appena Sarah raggiunse la riva, stanca ma enormemente soddisfatta. E con molto orgoglio rispose un timido Grazie…
Fai parte di qualche squadra?
aveva chiesto indagando Giorgio, l’allenatore.
No, non sono mai andata a scuola di nuoto, ho imparato da papà
aveva spiegato Sarah girandosi in direzione dei suoi genitori.
Nuoti molto bene…tuo padre è stato un buon insegnante.
Mi ha solo detto alcune cose e poi ho imparato da sola.
Sarah era emozionata per i complimenti, e quasi non credeva potesse essere vero.
Ti piacerebbe far parte di questa squadra, potresti diventare una campionessa
aveva offerto il mister.
Magari
disse Sarah "ma io non vivo qui, sono in vacanza da mia nonna.
La mamma di Sarah, curiosa delle attenzioni attorno a sua figlia, si avvicinò un po’ preoccupata, che lei potesse dar noia al gruppo.
Cosa succede Sarah
chiese la mamma.
Niente, ho fatto una gara con lui e mi hanno detto tutti che sono stato brava, e che nuoto bene
aveva spiegato la bimba.
Buongiorno, lei è la mamma di Sarah
chiese l’allenatore sa che sua figlia nuota veramente bene, mi ha detto di non aver mai fatto né corsi né allenamenti, mi sarebbe piaciuto averla nella nostra squadra ma mi ha detto che siete solo in vacanza
E’ vero
aveva confermato la mamma di Sarah veniamo solo qualche mese d’estate a trovare mia suocera e per cambiare un po’ aria"
Perché un pomeriggio non l’accompagna in piscina da noi così solo per conoscere l’ambiente, poi magari se le piace, la potrà inserire in una squadra vicino a casa
l’aveva invitata il mister cercando di trasmettere alla mamma di Sarah il suo stesso entusiasmo nei confronti di quella bimba per lui così straordinaria.
Non so, vedremo
tagliò corto la signora non troppo entusiasta di tutte quelle attenzioni per lei troppo esagerate nei confronti di sua figlia.
Non voglio insistere ma ci rifletta, sua figlia ha la stoffa del campione
aveva concluso l’allenatore e tornò dai suoi allievi.
Andiamo Sarah
esortò la mamma.
Sarah ed Andrew si salutarono promettendosi di incontrarsi di nuovo anche se, entrambi sapevano che non era facile che ciò potesse realmente accadere. Quel pomeriggio però ad entrambi era successo qualcosa di veramente unico, qualcosa di magico aveva cancellatola loro timidezza come per incanto e, ambedue sentivano che tra loro era nata un’amicizia molto particolare, sembrava che si conoscessero da sempre e, come per un sesto senso capirono che si sarebbero rivisti presto.
Qualche giorno più tardi, Sarah insistendo con la mamma riuscì a farsi accompagnare in piscina e fu talmente entusiasta che, da quel giorno per il resto delle vacanze, iniziò a lavorare con la squadra. Tra lei e Andrew ci fu un’intesa eccezionale e si consolidò subito una grande amicizia.
Andrew fu subito attratto dal modo di fare di Sarah. Per la prima volta, da quando venne in Italia con la famiglia, dimenticò il colore della sua pelle che tanto lo aveva sempre fatto sentire diverso, che lo faceva isolare dagli altri, da coloro che sembrano falsi ed ingiusti. Nonostante la giovane età, percepiva come spesso le persone nascondevano il loro disappunto dietro l’ipocrisia di falsi apprezzamenti.
Con Sarah era diverso, non solo si sentiva accettato ma gli sembrava quasi che lei non avesse notato questo suo scomodo particolare oppure, se l’aveva fatto, non le faceva alcuna differenza e di questo lui n’era certo, perché Sarah era sincera con lui. Andrew aveva quasi un sesto senso per queste cose e capiva quando a qualcuno dava fastidio il contatto di pelle con lui ma per Sarah non era sicuramente così; a lei piaceva fare gli esercizi con lui non si ritraeva quando lui la prendeva per mano e spesso, dopo un buon risultato in allenamento, i due ragazzini si abbracciavano con la massima disinvoltura, Sarah accettava di stargli vicino come nessuno mai, al di fuori della sua famiglia, avesse fatto. Non si preoccupava di ciò che pensavano o le dicevano i compagni di squadra che, dal primo istante, si erano lasciati sfuggire commenti non molto positivi e giudizi sulla loro amicizia.
Sarah aveva sempre difeso la sua posizione nei confronti del suo nuovo amico e mai si era pentita di essersi avvicinata a lui solo qualche settimana prima. Quel ragazzo, che molti allontanavano a prima vista, e pochi si fermavano a conoscere, per Sarah era diventato subito una persona speciale, quell’amico, quel fratello con cui parlare di tutto, cui raccontare ogni cosa, da ciò che la preoccupava a ciò che la rendeva felice e, allo stesso tempo voleva conoscere tutto di lui.
Nei giorni che li separavano dalla fine dell’estate per soddisfare la gran curiosità di Sarah, Andrew le raccontò il primo capitolo della storia della sua vita.
CAPITOLO 2
Era il terzo di quattro figli di una coppia mista proveniente da New York. La sua mamma, Laura, era una donna italo-tedesca che andò a studiare negli Stati Uniti e in un’aula del College conobbe Michael, suo padre, un uomo di colore che con la sua gentilezza l’attrasse molto e tra i due nacque subito un feeling unico, travagliato giudicato, spesso messo alla porta.
I genitori di lei e la società di allora, era la metà degli anni sessanta, non accettavano che un uomo di colore potesse innamorarsi di una donna bianca ma, nonostante lo stare insieme era per loro difficile in tutti gli ambienti, e il matrimonio tra coppie miste non fosse ancora legalmente riconosciuto, il loro amore fu così grande che superò ogni difficoltà e presto nacquero i primi tre figli.
Laura e Michael conclusero gli studi e poi Michael s’impiegò presso il Ministero degli esteri ed iniziò la sua carriera come assistente alla sicurezza internazionale. Gli USA stavano cambiando e, almeno per la legge l’integrazione stava avvenendo seppure molto lentamente. In quel momento ciò che più faceva la differenza non era il solo colore della pelle ma l’ammontare del conto in banca: il mondo dei bianchi, di coloro che avevano in mano le redini del potere economico cominciavano ad accettare che un nero sedesse al tavolo del loro famoso ristorante purché potesse pagare il conto. L’America rimase così comunque spaccata in due, non più bianchi e neri, ma ricchi e poveri e i pregiudizi non furono più rivolti alla sola differenza razziale ma piuttosto si cominciarono a catalogare le persone in base alla zona dove potevano permettersi di vivere o a dove, loro malgrado erano cresciute.
Grazie al duro lavoro, al grande impegno e coraggio ed a un pizzico di fortuna del padre che, aveva acquisito e trasformato una piccola impresa edile di una provincia del sud in una delle più grandi aziende americane e, sfidando le dure leggi del mercato dei bianchi, l’aveva portata a New York, Laura e Michael avevano la fortuna di poter vivere in uno dei quartieri migliori.
Ma la vita a NY era così diversa da quella cui lei era abituata nella piccola provincia italiana; era troppo frenetica. NY era una città sempre in corsa, nella capitale dell’economia mondiale la ricerca del successo era in testa alla classifica dei sogni e da ogni parte del continente e del mondo si avvicinavano alla Grande Mela nella speranza di arrivare in alto e in fretta. Ogni mezzo poteva servire allo scopo e più aumentavano i soldi in circolazione più aumentavano i crimini: maggiori i furti, gli scippi, le rapine…in alcuni quartieri sembrava di combattere tutti i giorni la guerra per la sopravvivenza, troppo spesso le sirene della polizia e delle ambulanze rimbombavano nell’aria sempre più pesante della grande metropoli.
Laura ormai non si sentiva più sicura per strada e aveva nostalgia di casa, della sua piccola Italia dove i bambini potevano ancora giocare da soli nel parco sotto casa. Quella grande città in movimento che tanto l’aveva attratta solo pochi anni prima quando, con gli occhi di una giovane studentessa aveva pensato che là avrebbe trovato aperte le porte del mondo oggi l’aveva quasi delusa, si era accorta che il vecchio detto era vero: non è tutto oro quello luccica, e sempre più spesso non mancava di decantare a Micheal la sua bella, piccola e tranquilla Italia.
Dopo un paio d’anni di lavoro Michael riuscì a farsi trasferire presso l’ambasciata americana di Roma e così decise di partire con tutta la famiglia.
Laura con i figli però si stabilirono nella Riviera ligure, dove lei era cresciuta e dove vivevano ancora i suoi genitori mentre Michael si spostò a Roma.
Non fu facile, Laura e Michael sentirono molto l’uno la mancanza dell’altra e crescere tre figli da sola non fu per niente semplice; le difficoltà iniziali: la lingua diversa ed il colore della pelle, rendevano ai bambini l’inserimento con i coetanei assai complicato ma, con molta pazienza e amore Laura riuscì sempre a stare loro vicino e presto le cose si sistemarono.
E poi è arrivato Mauro
concluse Andrew. Mauro era l’ultimo dei quattro fratelli e, fu una vera sorpresa per tutti; Andrew aveva ormai dieci anni ed i suoi fratelli Robertha e Steven ne avevano rispettivamente dodici e quattordici e nessuno più si aspettava di dover ricominciare a cambiare pannolini, tanto meno mamma e papà che dopo anni di sacrifici erano riusciti a riavere un po’ di tempo per la loro intimità.
Raccontando della sua famiglia Andrew aveva fatto capire a Sarah quanto invece lui fosse ancora legato a NY e quanto gli sarebbe piaciuto tornare a vivere là. Ci tornava spesso per far visita ai nonni e agli zii ed ogni volta non voleva più tornare in Italia.
Là viveva la sua miglior amica con la quale aveva trascorso bellissimi momenti e poi, nemmeno lui sapeva bene il perché, là sentiva meno il peso del suo colore che qui, nella piccola Italia tanto amata da sua madre, lo faceva tanto soffrire dandogli l’impressione di avere tutti gli occhi addosso e pronti a condannarlo.
Erano già quattro anni che viveva in Italia e ormai parlava discretamente bene la lingua e, non fosse stato per quel colore della pelle, nessuno si sarebbe accorto che era straniero. Sarah però si accorse, senza che lui le dicesse niente, che non si sarebbe mai sentito italiano non avrebbe mai rinunciato al suo sogno di tornare a casa.
CAPITOLO 3
Una sera dopo l’allenamento il padre di Andrew lo andò a prendere.
Sarah era ansiosa di conoscerlo; ne aveva sentito parlare così bene che non vedeva l’ora di fare la sua conoscenza.
Michael era un uomo davvero straordinario. Era ovviamente di pelle nera, questo Sarah lo sapeva e non fu sorpresa quando lo vide, ma che potesse essere tanto bello ai suoi occhi, proprio non se lo aspettava. Aveva uno sguardo così intenso e profondo ed un sorriso così smagliante che, nonostante lei fosse solo una bambina, rimase subito affascinata.
Andy d’altra parte era meno ansioso di fare quelle presentazioni, e il suo cuore cominciò a battere forte. Non si aspettava di vederlo lì, gli aveva fatto una sorpresa.
Voleva molto bene a suo padre, si vedevano poco, vivevano lontani ma i loro cuori erano da sempre stati molto vicini.
Nonostante questo grande affetto però, lui spesso si era sentito in difficoltà quando qualche compagno li incontrava per strada, lungo le vie del centro, oppure chiedeva se poteva andare a casa sua. Si era accorto di come molti di loro quasi si spaventavano all’incontro con quello che forse, nei loro incubi di bambini, rappresentava il terribile uomo nero.
Conosceva Sarah già da diversi giorni, ed anche se gli era sembrato da subito che lei fosse diversa, aveva sempre temuto questo momento, il giorno della verità, l’istante in cui lei e suo padre fossero stati ad un passo l’uno dall’altra.
Avrebbe voluto rimandare questo momento per sempre, ma ormai era troppo tardi, doveva succedere, in quel preciso momento, lui avrebbe rischiato tutto, li doveva presentare, non era ammessa la fuga e se lei si fosse rivelata una come tante, beh, tanto valeva che scappasse subito, prima che lui potesse affezionarsi a lei.
Hi papà, I want to introduce you my new friend Sarah
(ciao papà ti presento la mia amica Sarah) aveva ripetuto Andrew rivolgendosi a Sarah.
Hi, I’m Michael, please to meet you.
disse lui allungando una mano. (ciao sono Michael, piacere di conoscerti) le tradusse Andy.
Sarah si affrettò a porgere la sua mano in una stretta piena di calore.
Ciao…
si limitò a rispondere esprimendo con un enorme sorriso la sua gioia per averlo incontrato. Avrebbe voluto dire di più ma si era accorta che tra loro avevano parlato inglese e lei non lo conosceva.
Andrew osservò quel momento quasi terrorizzato da ciò che potesse accadere, e invece, a quella stretta di mano così spontanea, quel sorriso tranquillo sulle labbra della sua nuova dolcissima amica, l’aveva veramente colpito. Nessuno dei suoi amici italiani l’aveva mai fatto, tutti si limitavano a salutare suo padre con un piccolo cenno di saluto.
Il tanto temuto incontro era avvenuto e si era concluso col migliore dei risultati.
Michael invitò i ragazzi a prendere un gelato assieme e Sarah accettò senza preoccupazioni. Era d’accordo con i suoi genitori che si sarebbe fermata un po’ da Andrew dopo la piscina, perciò era tranquilla, sapeva di non essere aspettata e di avere un po’ di tempo a disposizione.
Per i due già grandi amici fu un momento indimenticabile, fu il gelato più buono e gustoso che avessero mai mangiato in tutta la loro vita.
Sarah era davvero entusiasta di quell’incontro.
Il padre di Andy era una persona straordinaria, gentile, generoso, cordiale e Sarah si accorse subito del grande affetto e della magica complicità che legava il padre al figlio. Non avevano potuto avere una vera conversazione; Michael parlava solo qualche parola di Italiano e lei, non conosceva alcuna parola d’inglese, in quanto a Andrew, lui non aveva mai gradito fare da traduttore simultaneo.
Qualche ora più tardi Micheal e Andrew accompagnarono Sarah a casa dalla nonna e i due ragazzi si diedero appuntamento per incontrarsi l’indomani in spiaggia.
Fu una giornata meravigliosa e Sarah non riuscì a tenere a freno l’entusiasmo. Appena entrata raccontò subito a tutta la famiglia del suo incontro.
Era quasi impensabile che una bimba tanto piccola potesse avere parole così grandi per descrivere una