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I Valdesi e l'Inquisizione: Nuova ricerca storica
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E-book57 pagine44 minuti

I Valdesi e l'Inquisizione: Nuova ricerca storica

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VINCENZO NAPOLILLO, nato a Nusco e residente a Cosenza, ha conseguito due lauree presso l’Università degli Studi di Salerno: la prima in Pedagogia e l’altra in Sociologia. Ha insegnato Materie letterarie negli Istituti superiori di Amantea e di Cosenza. Ha superato a Roma il concorso di abilitazione all’insegnamento di Scienze umane e Storia.
È Premio nazionale “Guido Dorso” di cultura politica. Socio dell’Accademia Cosentina, Membro della Deputazione di Storia patria per la Calabria, fa parte della Commissione per il processo di beatificazione di Gioacchino da Fiore. Presidente onorario dell’Ucai di Cosenza, è stato riconosciuto “Eccellenza di Calabria”.
Ha pubblicato importanti opere di storia, di critica letteraria, di poesie e numerosi profili di artisti viventi.






Lo studio di Vincenzo Napolillo sui Calabro-Valdesi, che dimoravano in Calabria Citra, si fonda su criteri interpretativi privi di preconcetti e su una ricerca storica, che rende comprensibile a tutti l’entità del massacro del 1561, respingendo gli schieramenti ideologici contrastanti che ampliano o minimizzano il numero degli eretici sacrificati dall’inquisizione d’accordo con il braccio secolare, e ricostruendo dietro i numeri una storia impietosa, di efferatezza e d’intolleranza.
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2016
ISBN9788889013830
I Valdesi e l'Inquisizione: Nuova ricerca storica

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    I Valdesi e l'Inquisizione - Vincenzo Napolillo

    vincenzonapolillo@yahoo.it

    Valdesi in Calabria

    La presenza dei valdesi in Calabria, precisamente a Guardia Lombarda (che è denominata impropriamente Piemontese),[1] è accertata da due ordinanze del 1269 emesse da re Carlo I D’Angiò; fra i nomi di quelli che erano incorsi «nell'eretica pravità» compaiono Angelo Urso di Guardia Lombardorum e di sua moglie Maria Vitale.[2] Del resto, Gabriele Barrio, che Pietro Burmanni definì eccellente scrittore (praestantissimum, celeberrimae Provinciae Calabriae chirographum), Girolamo Marafioti e P. Giovanni Fiore sono categorici nell’affermare che furono i Lombardi a insediarsi a Guardia, Baccarizzo e S. Sisto.

    Enzo Stancati, tenace studioso degli Ultramontani, ravvisava che nello «scorcio» del 1200 ci furono delle vere e proprie crociate contro le minoranze «etnico-religiose»[3] e concedeva che la denominazione di Guardia Lombardorum poteva dirsi «dei Lombardi» oppure «per omaggio al feudatario milanese Del Poggio.[4] In verità, Boemondo del Poggio entrò, nel 1223, in possesso del feudo di Fuscaldo, di cui Guardia faceva parte, per successione al padre Gentili del Podio, che era vissuto al tempo dell’imperatore Federico II di Svevia.[5] Enzo Stancati, pur professando diversa religione da quella di Padre Francesco Russo, perveniva alla stessa conclusione, che cioè Guardia si riallacciava «all’occupazione» della valle del Crati e della costa tirrenica da parte dei Longobardi». La mia tesi contrastante è che i Longobardi, al contrario di altri barbari, non adottarono la regola dell’ospitalità mentre Guardia di Calabria accolse i Poveri Lombardi. Chi erano costoro?

    I Poveri Lombardi,staccatisi dai Poveri di Lione (Pauperes Lugdonenses), costituirono un gruppo autonomo da Pietro Valdo di Lione nel 1205. Ponendo a fondamento della loro condotta i precetti di Cristo nel discorso della Montagna (Matteo, 10, 5-42), peregrinavano da luogo a luogo, accettando l’ospitalità di chi ascoltava la loro parola. Erano laici che predicavano l’umiltà e la vita errante degli apostoli. Furono ritenuti eretici perché usurpatori «di un compito che loro non spettava».[6] In Calabria, i Signori dei luoghi non li molestarono, li accolsero e assegnarono loro delle terre concordate e in seguito «fissarono censi, decime, pedaggi e multe nel caso s’incorresse in liti o altre colpe».[7] I nuovi arrivati si misero a lavorare la terra, a pascolare il gregge, e le donne a coltivare canape per fare tele nelle «terricciuole» di Guardia e di Sansisto.[8]

    Secondo la storia di Montalto, un altro gruppo di famiglie valdesi s’incamminò, nel 1315, verso il Regno di Napoli. Giunto a Montalto, dopo circa 25 giorni, costruì il borgo degli Oltremontani.[9] Nel corso del 1370, i valdesi di Pragelato, nel Delfinato, lasciarono la valle per «eccessivo popolamento». Una nuova emigrazione di valdesi, ribellatisi contro Filippo II di Savoia, si ebbe verso la Calabria nel 1497, «sotto il governo di Federico II d’Aragona, figlio di Ferdinando I°».

    In quell’anno, Federico II, principe di Altamura, fu investito da Alessandro VI Borgia e coronato in Capua dal Legato pontificio a causa della peste che flagellava Napoli.[10] La presenza valdese nel meridione d’Italia e in particolare in Calabria è suffragata nel 1497 da due atti notarili.[11] Scrive Vincenzo Padula: «Occuparono Guardia (Valdo), e parte ripopolarono i villaggi di Vaccarizzo, S. Vincenzo, S. Maria della Castagna e S. Sisto».[12]

    In seguito alla Riforma di Lutero e all’accordo di Chanforan (1532), con il quale i valdesi aderirono al calvinismo, la religione valdese dovette ben presto far fronte «alle prime ondate della Controriforma».[13] Il Concilio di Trento, convocato per discutere la questione protestante luterana, si chiuderà nel 1563 con la condanna di Martin Lutero e darà l’avvio alla cosiddetta Controriforma cattolica.[14]

    Filippo II divenne re di Spagna all’abdicazione del padre Carlo V (1556), che si licenziò dai suoi sudditi lasciando al figlio primogenito una vasta eredità e queste decisioni: «Vi domando che diate alla cura degli affari ciò

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