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Io, Bonifacio
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E-book132 pagine1 ora

Io, Bonifacio

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Bonifacio VIII, appartenente alla orgogliosa e prepotente famiglia dei Caetani di Anagni, è stato uno dei papi più controversi di sempre. È passato alla Storia per le sue guerre alla famiglia Colonna, per aver istituito nel 1300 il primo Giubileo e per le sue lotte con il re di Francia Filippo il Bello per una questione di tasse. Era un uomo cinico e violento, teatrale e terrestre, di spirituale non aveva nulla; aveva decine di concubine e amanti, per raggiungere i suoi obiettivi usava qualunque mezzo, lecito e illecito. I benefici che concesse alla sua famiglia furono senza ritegno, la sua fame di ricchezze e di potere non aveva limiti. Bonifacio fu un papa terribile, al punto che Dante, suo contemporaneo, lo mise all’Inferno quando era ancora vivo. Una volta diede un pugno al suo cuoco perché il pranzo non era stato di suo gradimento, mentre a un frate che lo rimproverava dei suoi atteggiamenti ruppe il naso con un pugno. 
In questa commedia in quattro atti, con uno stile grottesco e dissacrante, vengono narrate le vicende di papa Bonifacio VIII nel periodo compreso tra il 1292 fino alla sua morte nel 1303. Chi tiene le fila della storia e commenta le varie situazioni è Puccia, una strega un poco filosofa e disincantata che sta al suo servizio come sguattera. Gli altri personaggi non si accorgono di lei, ma niente sfugge alla sua voce tagliente… ne ha di cose da raccontare con la sua parlata dialettale!

Daniele Coppa è nato e vive a Como. Di professione si occupa di tecnologie alimentari. Si diletta anche di Storia e archeologia.
È autore di alcune commedie di teatro. Ha pubblicato: L’antistoria della cucina: aneddoti, leggende e bufale sulla Storia della Cucina; Nel grembo degli dei: quando gli uomini parlavano con le divinità, Il mercante di Prato e il Diavolo: commedia in 4 atti su Francesco Datini, mercante pratese del trecento.

Chiara Civettini, classe 1994, appassionata fin da piccola di disegno e del mondo dell’arte. È laureata in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Verona. Come illustratrice ha collaborato a diversi progetti e realizzato alcuni libri. 
Si occupa principalmente di commissioni private, realizzazione di quadri e opere in digitale.
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2020
ISBN9791220104593
Io, Bonifacio

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    Io, Bonifacio - Daniele Coppa

    Daniele Coppa

    Io, Bonifacio

    Commedia in 4 atti su Benedetto Caetani detto anche Papa Bonifacio VIII

    © 2020 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-0260-5

    I edizione ottobre 2020

    Finito di stampare nel mese di ottobre 2020

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    Io, Bonifacio

    Ed el gridò: "Se’ tu già costì ritto, se’ tu già costì ritto, Bonifazio? Di parecchi anni mi mentì lo scritto. Se’ tu sì tosto di quell’aver sazio per lo qual non temesti tòrre a ’nganno la bella donna

    [la Chiesa], e poi di farne strazio?".

    Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XIX.

    PREFAZIONE

    Se si potessero riunire in un’unica tavolata tutti i papi dal X al XVI secolo, a parte qualche rara eccezione (peraltro durata poco), si avrebbe una siffatta congrega dove, se per caso capitasse lì il diavolo, questi andrebbe a nascondersi sotto il tavolo. Ma tra questi papi ce ne sarebbe anche stato uno capace di far scappare sotto il tavolo assieme al diavolo tutti gli altri papi: questi era Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Caetani.

    Bonifacio fu un papa terribile, al punto che Dante, suo contemporaneo, lo mise all’Inferno quando era ancora vivo. E pure da morto non ebbe sorte migliore: tale era l’odio nei suoi confronti che nel 1308 venne sottoposto a un processo post mortem; da vivo nessuno aveva avuto il coraggio di farglielo e, a dire il vero, aspettarono cinque anni dopo la sua morte a farglielo: non si sa mai… forse volevano esser sicuri che fosse morto del tutto. Le accuse erano: l’essere giunto al trono pontificio con l’inganno e la corruzione, la cupidigia, la simonia, l’apostasia, la blasfemia, la lussuria, la sodomia (e naturalmente anche la pedofilia che rientra in questa voce), il furto, l’eresia e lo spergiuro. Lo accusarono di non credere che Gesù Cristo fosse il figlio di Dio e che fosse risorto, di non credere nella transustanziazione del pane nel corpo di Cristo e nella verginità della Madonna (che per un laico di oggi non ha nulla di strano, ma per un papa e per di più del Trecento è un tantino sconveniente). Insomma, tutto il campionario completo delle bestemmie e delle trasgressioni ai precetti di Santa Romana Chiesa. E non sono andati oltre perché se mai avessero voluto trovare altre accuse, avrebbero dovuto farsele prestare dai precetti dei musulmani. Naturalmente da queste accuse mancavano lo sterminio degli eretici, le torture, le guerre procurate e gli assassinii, non perché Bonifacio queste cose non le faceva, ma semplicemente perché la Chiesa di quel tempo non li considerava peccati quando a perpetrarli era un papa. Manca da tutto questo repertorio lo sterminio delle streghe. Durante il suo pontificato la Caccia alle Streghe subì un rallentamento. Lui non credeva in Dio e nemmeno nel Diavolo e quindi non poteva credere alle Streghe. Bonifacio contraddiceva la Chiesa anche in quello.

    Era nato (forse) nel 1230 da Emilia, una discendente della nobile famiglia dei Giffridi di Guarcino e (forse) da Roffredo Caetani ad Anagni: la città che lo ha generato e nutrito come raccontava lui.

    Era un uomo cinico, dispotico, teatrale e terrestre, di spirituale non aveva nulla. Era anche manesco; maltrattava i suoi sottoposti e reagiva con violenza a chi lo contraddiceva. Una volta, non soddisfatto del pranzo, colpì con un pugno il cuoco, quando questi fu per terra con un calcio in faccia gli ruppe tutti i denti. A un frate che lo rimproverava dei suoi atteggiamenti ruppe il naso con un pugno procurandogli una grave emorragia. Era avido di ricchezze per sé e per la sua famiglia; vestiva abiti trapuntati di gemme e beveva soltanto in coppe d’oro. Di lui si raccontava che a Imola aveva condannato degli eretici a essere inchiodati per la lingua alla porta della loro casa prima di essere arsi vivi. Non sappiamo se questa storia sia vera ma il tipo d’uomo che era la rende verosimile.

    L’atteggiamento della Chiesa Cattolica nei suoi confronti è sempre stato contraddittorio. Se da un lato doveva ammettere la sua impresentabilità come uomo e uomo di fede, d’altro lato doveva puranche ammettere che quest’uomo, salito al governo della Chiesa in un momento di grande crisi, l’aveva poi portata alla sua massima potenza politica ed economica.

    Naturalmente Bonifacio identificava la Chiesa con se stesso finché fu vivo, ma questa potenza la lasciò in eredità ai suoi successori e persiste fino ai giorni nostri. Quindi che piaccia o no, la Chiesa gli devo molto. Noi laici forse gli dobbiamo molto di meno.

    Il testo narra in chiave grottesca le vicende di papa Bonifacio VIII nel periodo compreso tra il 1292 fino alla sua morte nel 1303.

    Bonifacio VIII fu uno dei papi più controversi della storia della Chiesa, fu il massimo esponente della Teocrazia Pontificia: la dottrina secondo la quale il potere della Chiesa era superiore a qualunque altra forma di potere secolare. Era una grandissima canaglia, era un uomo senza scrupoli che per raggiungere i suoi obiettivi usava qualunque mezzo, lecito e illecito. Furono numerosi i fatti storici che lo coinvolsero, per esempio la sua lotta contro le eresie, nella quale fu spietato. Ma questo testo si focalizza solo su quattro aspetti: nel primo atto la sua ascesa al Soglio Pontificio dopo la rinuncia di papa Celestino V e degli intrighi di cui fu protagonista; nel secondo atto la lotta contro la famiglia Colonna, eterna rivale della sua che sfociò nella distruzione totale di Palestrina, roccaforte della famiglia Colonna; nel terzo atto il Giubileo da lui indetto nel 1300, il primo della Storia e che fu la sua prova di forza; nel quarto atto la sua guerra personale contro Filippo il Bello, re di Francia, per una questione di tasse che questi non voleva versare alla Chiesa. Infine verrà riportato il famoso schiaffo che sembra ricevette da Sciarra Colonna ad Anagni, sua città natale. Anche Dario Fo lo cita nella sua opera Mistero Buffo, ma lui si focalizza soprattutto sulla sua lotta alle eresie e sulla sua crudeltà. Questo testo parla di Bonifacio in altre vicende.

    NOTE STORICHE

    ATTO I

    Nel 1292 era morto il papa Niccolò IV. Un frate francescano animato da tante buone intenzioni che ogni tre per due le lasciava da parte per obbedire come un cagnolino alla potente famiglia dei Colonna. Prima di lui un altro papa: Niccolò III era stato altrettanto obbediente a un’altra potente famiglia romana, quella degli Orsini (che peraltro era la sua: si chiamava Giangaetano Orsini). I Caetani, quella appunto di Bonifacio, era invece una famiglia altrettanto ricca ma che dal mercimonio dei due Niccolò era rimasta tagliata fuori e quindi praticamente a bocca asciutta. Ma ora che si apriva il conclave, i Caetani avevano il loro campione da mettere in campo:

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