Di(a)lettando. Piccolo glossario etimologico viterbese con racconti di vita paesana
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La prima è una riedizione del Dizionarietto etimologico viterbese, già in E mo’ parlo io (Sette Città, Viterbo 2008), riveduto, ampliato e corretto, ed ora più opportunamente definito come glossario, mentre la seconda è costituita dall’intera raccolta di articoli pubblicati nelle pagine culturali di un quotidiano viterbese ogni lunedì durante il 2009 nella rubrica, appunto, di(a)lettando che attraverso l’analisi etimologia e semantica di una serie di voci del glossario e con il contributo dei lettori ci offre una serie di piccoli racconti di vita paesana, evidenziando come le parole siano state, siano e saranno il segno dei tempi e come il dialetto ben si presti a questa interpretazione.
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Anteprima del libro
Di(a)lettando. Piccolo glossario etimologico viterbese con racconti di vita paesana - Pietro Angelone
Ringraziamenti
NOTA DELL’ AUTORE
Il glossario elenca termini e voci con interesse etimologico e semantico ed in minima parte quanti nel dialetto costituivano e costituiscono trasformazioni grafo-fonetiche riconducibili all’italiano corretto, non essendo scopo di questo scritto la compilazione di un vocabolario viterbese-italiano e viceversa. Poche sono le voci elencate che non è stato possibile riscontrare nell’etimo. Da precisare infine l’esistenza di localismi nel contesto territoriale e quindi il dizionarietto costituisce una base per essere approfondita, considerando che non esiste un viterbese unico, ma aggregazioni linguistiche territoriali, quando non locali, per esempio nell’Alto-Lazio c’è un notevole allacciamento con il lessico dialettale amiatino, mentre nella zona sud della Provincia c’è influenza del romanesco e nella zona nord-est dell’umbro.
Inoltre è scarsa la lessicografia viterbese perché scarsa è la documentazione reperibile e, quindi, il volumetto non offre che un sussidio lacunoso e lascia senza risposta molti interrogativi, vieppiù in considerazione che è il primo esperimento di glossario etimologico.
Ecco perché non si può entrare dettagliatamente nel merito degli aspetti fonetici, ortografici e morfologici, non esistendo appunto un dialetto viterbese, ma diversi.
Comunque lo scopo del volumetto è quello di offrire un nucleo lessicale che sia oggetto di studio per approfondimenti successivi e di conservazione di quel sermo rusticus che ha accompagnato per secoli e secoli la vita delle precedenti generazioni, perché se è vero che l’unificazione linguistica nazionale (oggi ad un buon punto con la scolarizzazione di massa, la diffusione della radio, della televisione e di internet unitamente all’informazione scritta a qualsiasi titolo ed alla lettura, etc.) è un risultato a cui tutti teniamo, ciò non vuol dire che i dialetti debbano scomparire nel nulla, come non fossero mai esistiti.
Infine, quando è detto voce nel toscano
è da intendersi dialettale toscana
e nella maggior parte amiatina
(prov. di Grosseto e Siena).
Unitamente è proposta all’attenzione dei lettori la raccolta degli articoli che ho curato settimanalmente durante il 2009 per un quotidiano provincialenella rubrica, appunto, chiamata di(a)lettando nella quale l’analisi delle voci dialettali è stata occasione per la realizzazione di piccoli racconti di vita paesana, dove l’arguzia e l’anedottica spontanea e popolare sono le caratteristiche narrative.
GLOSSARIO ETIMOLOGICO VITERBESE
A
abbarroccià, v.: fare le cose disordinatamente
. Alterazione di abbaruffare.
abbatino, sm.: chierichetto
. Der. diminutiva di abbate ( dal greco-latino abbas, che deriva dal caldeo e siriaco aba o abba arabo abon), padre, da confrontare con l’ebraico ab, generatore.
abbioccato, part. pass. e agg.: accoccolato, rannicchiato come una chioccia che sta covando
. Da abbbioccasse (var. acchiocciasse), diventare chioccia, covare le uova, denominale di biocca (chioccia). Ora anche in italiano, ma di origine regionale e romanesca.
abbottato, part. pass. di abbottare rifl.: "sentirsi presto pieno di cibo". Da botta, rospo nel toscano. Anche nel romanesco.
abbottinare, verbo: saccheggiare
(Bomarzo, Bassano in Teverina), sec. XVI (abbottinatore).
Dal francese abutiner o, comunque, denominale. da bottino
. .
abbozzà, v.: sopportare con rassegnazione
, composto della protesi a(b)[1] e bozza. Nel romanesco.
abbraccicà, v.: abbracciare (fortemente)
. Dal latino parlato adbrachicare,da brachium, braccio. Nel romanesco.
abbuffata, sf.: abbondante mangiata fino a riempirsi di cibo
. Dal verbo romanesco abboffare rifl. (anche abbufarsi nei dialetti meridionali); nel toscano abbuffassi e nell’Alto Lazio abbuffasse. Forse da buffare, soffiare, e perciò gonfiare, oppure da buffa, rospo, (si confronti l’etimologia con abbottato). Nel romanesco.
accatizzà, v. (nel toscano): ammucchiare i carboni accesi che sono sparpagliati perché il fuoco possa ravvivarsi e conservarsi
. Alterazione con protesi di attizzare.
accecà (la cannella della botte), v.: avvolgere con fili di stoppa la parte interna della cannella in modo da creare una sorta di filtro nel foro, al fine di regolare la fuoriuscita del vino
.
acchittato, agg.: alterazione di agghindato. Nel romanesco.
accojese, v.: dall’italiano accogliere con l’accezione di andare in suppurazione riferito a ferita infetta
. Dal latino accolligere< ad+colligere, radunare
. Probabilmente perché l’infezione genera pus, essudato che si addensa. Nel romanesco.
acclamà (local.: Montefiascone), v.: far crescere rigoglioso (di piante)
. Nell’umbro laziale accramà = dimostrare amicizia, aver caro. Tutti usi particolari di un verbo che significa come in latino (acclamare).
acquato, sm.: sorta di vino leggero che viene fatto con la ribollitura delle vinacce con acqua
. La voce genera la metaforica locuzione scherzosa ah, see forte come l’acquato, per indicare persona debole nel fisico. Nel romanesco.
acquaiola, sf.: ciliegia molto delicata, poco rossa e molto acquosa
. Deriv. da acqua.
affollatoro, sm.: utensile di legno per immergere nel tino le vinacce in ebollizione
. Alterazione di affondatoio.
agginà, v. intr.: pascolare
. Denominale da aggina, parte di un pascolo assegnata ad un branco.
Voce antica, lucchese, dal latino volgare agīna, pascolo, da agěre, spingere innanzi
. (Grotte di Castro e Montefiascone).
agguattasse (var. anguattasse, ‘nguattasse), v.: per nascondersi
. Probabile incrocio di acquattare (da quatto) con la forma antica aggua(i)tare. Nel toscano inguattasse.
allazzisse, v. rifl.: stancarsi
; usato specialmente al part. passato allazzito, stanco, disfatto
.
Dal longobardo lazz(i)an, rallentare. Ma si fa derivare il part. pass. anche dall’aggettivo latino lassus, cioè con lo stesso senso di cui sopra, di cui al v. lassare, cioè stancare.
alleprato, agg.: caduto in un sonno poco tranquillo
. Da lepre, animale molto vigile, anche quando dorme.
allevime, sf.: parto di animali
(pecore, pesci, etc.). Deriv. dal latino allevare (da levare).
allisciata, sf.: sistemata data frettolosamente ai capelli
, ma anche sgridata, rimprovero
(es. jò dato ‘n’ allisciata de pelo). Da lisciare con protesi al-.
allissare, v. trans.: aizzare
, di cui dovrebbe essere un’alterazione, altrimenti da prefisso ad- (con assimilazione regressiva) e lizza.
alluccà, v. (nel toscano): rintontire
, detto del sole, essere stordito dal sole
. In questo significato deve aver influito il verbo allucchisse, stordirsi, istupidire.
alluvionato, sm. ed agg. : in estensione dall’italiano danneggiato dall’alluvione
a significare persona malmessa
.
aggiojato, agg.: sazio
. Da aggiojasse, assopirsi per aver ingerito troppo cibo
, come accade a chi ingerisce una sostanza con l’oglio (giojo), latino lolium. In Umbria, ad Orvieto, aggiojjato, si dice particolarmente del maiale che ha mangiato abbondantemente.
alzatura, sf.: il sollevare con cunei dal di dietro la botte quasi vuota
perché scoli ed anche il vino che resta nella botte
, dopo che questa è stata sollevata dalla parte posteriore per far uscire dalla cannella tutto il vino possibile. Da alzare.
ambelà, v.: imbrattare
. Denominale con alterazione di ambelite (sf. antico) terra bituminosa che serviva per tingere i capelli
, ora ampelite, dal latino ampelītis (Plinio) = greco ampelītis –idos, "terra bituminosa usata contro una malattia della vite (Posidonio) e poi come cosmetico (Dioscoride), da ámpelos, vite
. (Soriano nel Cimino).
ammarato, agg: (nell’umbro): dicesi di lama che non taglia
, ridotta come una marra (voce meridionale), zappa.
(a)mmezzo, usato in modo avverbiale, come affitto o mezzeria, mezzadria
. Dal latino medius. Altra locuzione avverbiale mèzzo mèzzo riferito a persona che si ritiene offesa, da cui me sta mèzzo mèzzo.
ammuccià, v. trans. ed intr.: nel gioco del nascondino "stare alla muccia", cioè posizionarsi guardando la porta, il muro od altro e contare fino ad un numero convenuto per dare tempo ai compagni di gioco di nascondersi. In proposito la mucceria è voce che compare già nel sec. XIV con valore di beffa, villania
. Comunque nascondere
, voce dell’italiano meridionale dal normanno mucche (francese moderno se muser), da un mūciāre di origine celtica (antico irlandese múchaim (cfr. romanesco-umbro ed antico toscano mucciare (v. trans. ed intr. con valore di nascondersi
, ma anche far beffa
, nell’antico francese soi mucier. Tale verbo farebbe capo ad un gallo-latino mūciare (antico irladese mūchaim, che già abbiamo visto). Opto per questa seconda ipotesi con suffisso ad- ed assimilazione regressiva.
Anche con ammucchiasse, mentre ammucciarella, propriamente il gioco del nascondino è riconducibile a muccia.
(a)nguatticella, sf. ( nel toscano anguattarella): gioco fanciullesco, nel quale alcuni bambini si nascondono, mentre uno di essi deve scoprirli e toccarli prima che ognuno sia riuscito a mettere la mano in un posto prestabilito (generalmente il muro di una casa), considerato come limite di immunità.
Insomma il nascondino. Il verbo corrispondente è (a)nguattasse. Quindi il tutto riconducibile come alterazione di acquattarsi.Voceche viene ad ssere sinonimo della mucciarella suddetta. Anche con guattarèlla e ‘ngutarrèllla.
annarello/annerello, sm.: girello
, un cesto a campana entro cui si pongono i bambini perché si addestrino a camminare di per sé stessi senza cadere. Deverbale di annà, alterazione di andare
.
Crino, nel romanesco; camminarello, nell’umbro; cestino, a Firenze.
annataccia, sf.: si dice quando un anno non va proprio bene o per il raccolto o per il clima o per altre cause. Deriv. da anno con variazione di genere e suffisso peggiorativo.
annicce, avv.: a spasso svelto
. Ipotesi etimologica: 1) ad-nisus (latino, passo/marcia) con assimilazione regressiva della –d. 2) Deriv. da a/ spicciarsi, affrettarsi. La discussione è aperta.
annicià, v.: annusare
(detto specialmente degli animali maschi, asini, montoni, etc. che annusano ammiccando la natura delle femmine). La vocenon ha avuto riscontro etimologico, per cui o si pensa all’ammiccamento al seguito dell’azione ed allora si ha un’alterazione di ammiccare (voce, però, non in uso a livello popolare) o ad una derivazione alterata da annusare>annicià(re).
(a)nticchia (var.‘nticchia), sf.: un poco, una cosa da nulla
. Dal latino tantum, come dire un tantino, ma per il DEI(Dizionario etimologico italiano, di Carlo BATTISTI e Giovanni ALESSIO, Firenze Barbera, 1950-1957) l’intervento dell’avverbio è di influsso secondario sulla base originaria del latino parlato indicula, piccola parte.
appennicasse, v.: assopirsi
. Dal latino pendicare in alterazione pennica (assimilazione progressiva della -d-) e protesi a(p). Nel romanesco.
appettata, sf.: fatica nell’affrontare una salita (dall’impiego degli animali da tiro che, in salita sostengono lo sforzo con il petto)
. Deverbale di appettare. Anche come ampettata. Nel romanesco.
appiccime, sm.: mucchietto di arbusti per accendere il fuoco
. Dal verbo appicciare, attaccare riferito al fuoco.
arnesaccio, sm.: dispreg. arnese, ma da intendere come uomo di cattiva fama e disposto a far del male
. Quindi in estensione figur. dell’omografo. Dal francese antico herneis (sec. XII), armatura di cavaliere e del cavallo, di origine germanica hernest, provviste per l’armata. Anche nel toscano.
arrazzare, v. intrans. e rifl. (arrazzasse): eccitarsi sessualmente
. Denom. da razzo; uso romanesco.
a(r)ri(g)giù, a(r)riqua, a(r)risù, avv. Vociper incitare l’asino ad affrettare il passo, composte da arri (voc. espressiva) + avverbi di luogo.
arragnato, agg.: frastagliato di nuvole nel cielo
(nel toscano anche arracanato). Composto da a(r) con valore illativo e ragnare, denom.di ragna, dal latino aranea, ragnatela.
arrampichino, sf.: sta per arrampicatore
, nel senso di chi cerca di farsi strada con ogni mezzo. Da arrampicare col suffisso di mestiere –ino. Nel romanesco
arroncinà, v.: avvoltolare
(un panno). Alterazione di arronncigliare.
arrocchià, v.: fare alla meglio
, ma anche attraversare un terreno senza seguirne un percorso sta- bilito
(un viottolo). Dall’antico arrocchiare, lett. arrotolare.
attacchino, agg. e sm.: sta per attaccalite, attaccabrighe
. Deverbale da attaccare.
attriccasse, v.: accapigliarsi, venire alle mani
. Dal lat. altercari, contendere, disputare, con influsso di tricari, fare difficoltà, cercare pretesti. Nel toscano attrigarsi.
aurò!: voce di origine espressiva nel gioco della (a)nguatticella(cfr. questa voce). Nel toscano rorò.
attufà, v.: coprire il corpo con molti indumenti per proteggerlo dal freddo
. Con il participio passato attufato, "luogo senz’aria". Dal latino tophus, tufo.
azzica, sf.: stimolo, provocazione
. Deverbale da azzicare, muovere appena
, ma anche darsi da fare, adoperarsi
. Voce toscana antica con deriv. forse da azzo, a sua volta dal latino actio –onis, movimento
.
B
babbano, agg. (nel toscano): sciocco, semplice, persona fin troppo dabbene
e anche babbeo
. Dal latino Babbius, che fu cognome maschile e vale come stultus. Riconducibile, comunque, al toscano babbalèo, dall’onomatopea bab-, costruito come babbeo
.
babbiusso, agg.: sciocco, vecchio rimbambito
. Vocericonducibile all’onomatopea bab-, ma c’è chi lo fa derivare da babuasso, deriv. da babbuino con sostituzione finale. Anche con babbùssso, babbusco, babbuassso.
badalocco, agg.: gingillone, fannullone
; lucchese batalocco; nell’umbro allocco, patalocco.
Nel viterbese con le diverse voci. Comunque riconducibile a badalucco (sec. XIII), passatempo, trastullo
(cfr. latino medioevale badaluchum, strumento per prendere le coturnici
, composto dal latino uluccus (aluccus), alocco, uccello notturno che attira le prede con gli occhi fosforescenti. Il primo composto è quindi badare, guardare con gli occhi spalancati
).
bagajà, v.: chiacchierare a voce alta e risentita
, tanto da dare l’impressione di un litigio.
Nel toscano baccaglià e nel romanesco baccajà. Da cui bagajone (in toscano baccaglione ed in romanesco baccajone) sm.: chi è solito bagaià, usato anche come soprannome. Il tutto, comunque, in derivazione da baccano.
badizzo, sm.: battesimo
. Deverbale dal latino ecclesiastico baptizo, are= battezzare. Anche con badézzo.
bafa, s.f.: afa
; da una base baf(f) onomatopeica, dalla quale dipende il toscano mafa, con uno scambio b-f in m-f.
balucano, s.m. e agg.: di vista corta
. Dalla base preromana balluc (belluc, palluc, barluc), lucente. Nel toscano abbiamo balusco, con sostituzione del secondo elemento con il latino cuscus, losco; stessa spiegazione per il lombardo berlus-c/barlus-c, di vista corta, che muove dalla variante barluc.
Nel romanesco.
balzolo, sm.: pianerottolo al termine della scala esterna di una casa
, anche il davanzale di una finestra
; dal toscano meridionale balzola con variazione di genere e questa voce a sua volta da balza (sec. XIII) dal latino baltea, pl. di balteum, cintura che indicava nell’anfiteatro il muro sotto la scalea.
bambacione, sm e agg. (nel toscano bambagione): persona grassoccia e pacioccona
. Da ricollegare a bambagia (dal latino medievale bambax,-acis). Anche nel romanesco.
barbazzale, sf.: pappagorgia
; derivato da barbozza e rifatto su barba, mento.
barbozzo, sm.: mento
. Deriv. da barba, nel romanesco.
barbucà, v.: brontolare, mormorare, parlare confusamente
. Alterazione di barbugliare. Nel toscano insieme ad altre voci.
bardascio, sm.: ragazzotto, ragazzo
. Nel toscano bardasso, come nel romanesco. Da bardassa, sm e f., (antic, appunto bardasso), senza averne l’accezione dispregiativa, cioè ragazzo giovane che si prostituisce(dall’arabo bardag, giovane schiavo; cfr. spagnolo bardaje (sec. XVI), sodomita. Nel romanesco come nel toscano.
bardella, sf.: sella rustica usata dai butteri
. Dimin. di barda, dall’arabo barda’a.
barrozza, sf.: carro per il trasporto della merce
. Alterazione di barroccio (latino tardo birotium, forma secondaria di birotum, carro a due ruote
, composta da bis, due volte
e ruota, di cui si ha una larga documentazione nell’Italia settentrionale nelle forme barotium e barocium (sec. XIV e sec. XV) a cui corrispondono le forme volgari baròz e baròza) con variazione di genere.
barzotto, agg. (nel toscano e romanesco): immaturo, moscio
(con riferimento all’organo sessuale maschile né duro né moscio). Variante popolare di bazzotto (cfr.). dal latino badius, di color baio. Stranezze dell’evoluzione semantica e lessicale!
battana, sf.: scarpa
. Per estensione figurata dall’omografa italiana con significato di barca
; del resto scafa nell’espressione che scafe!=che grosse scarpe!, conforta questo passaggio semantico da scafo con variazione di genere.
battimuro,giocare a battimuro: gioco di ragazzi che consiste nel battere contro il muro dei soldi o dei bottoni in modo che rimbalzando si avvicinino il più possibile al soldo o bottone di un avversario che si trova per terra. Se la distanza è misurabile col pollice e l’indice della mano stesi, il tiratore vince. Nel toscano battemura e battemuro. L’etimo è facilmente intuibile.
Anche nel romanesco.
bausette(!), (nel toscano): il babau, lo spauracchio. E’ nell’uso per far paura ai bambini, comparendo all’improvviso; anche per divertirli e loro risponderanno otto. Vocedel linguaggio infantile, formata da bau e un secondo elemento, omografo del numero cardinale (sarà questo? Anche come bausettete(!).
batti(l)lunta, sf. comp. = battilardo
. Da battere e l’unto (dal latino unctum).
bavajola, sf. (nel toscano): il bavaglio dei bambini
. Viene da bava, essendo fatta per proteggere i vestiti di questi dalla bava che viene fatta dalla bocca. Nel romanesco bavarola.
bifferaio/bifferaro, sm.: sta per pifferaio, zampognaro
.
billa, sf.: fiacca, stanchezza
(specialmente