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Diari fraseschi: Aforismi, massime, sentenze, adagi o motti
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Diari fraseschi: Aforismi, massime, sentenze, adagi o motti
E-book93 pagine59 minuti

Diari fraseschi: Aforismi, massime, sentenze, adagi o motti

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Info su questo ebook

Charles Du Bos toccava il suo perielio, il punto più prossimo al Sole, quel giorno radioso quando scrisse la sentenza stratosferica: «la Letteratura è la Vita che si rende consapevole di se stessa, quando nell’anima di un uomo di genio essa raggiunge la sua plenitudine di espressione».
Puntualmente accade per Simone Bocchetta in questo suo libro. Un libro popolato da sperimenti alchemici, la cui ricetta rimarrà segreta. Il piombo si trasforma in oro. È questo mistero che ora guida la danza. Ogni scrittore degno del nome pratica le sue furfanterie, rimestolando nel quasi infinito paiolo della lingua. Ma senza avanguardia, in pretta solitudine, col favor della notte, quando tutte le parole sono buie. Il pescatore di perle nere trova etimologie rimaste segrete, strappa il pensiero al “principium firmissimum” di non contraddizione e lo assegna alle ombre della caverna del Principio.
(dalla Prefazione di Andrea Gareffi)
LinguaItaliano
Data di uscita23 mar 2022
ISBN9788865128619
Diari fraseschi: Aforismi, massime, sentenze, adagi o motti

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    Anteprima del libro

    Diari fraseschi - Simone Bocchetta

    PREFAZIONE

    Charles Du Bos toccava il suo perielio, il punto più prossimo al Sole, quel giorno radioso quando scrisse la sentenza stratosferica: «la Letteratura è la Vita che si rende consapevole di se stessa, quando nell’anima di un uomo di genio essa raggiunge la sua plenitudine di espressione».

    Puntualmente accade per Simone Bocchetta in questo suo libro. Un libro popolato da sperimenti alchemici, la cui ricetta rimarrà segreta. Il piombo si trasforma in oro. È questo mistero che ora guida la danza.

    Ogni scrittore degno del nome pratica le sue furfanterie, rimestolando nel quasi infinito paiolo della lingua. Ma senza avanguardia, in pretta solitudine, col favor della notte, quando tutte le parole sono buie. Il pescatore di perle nere trova etimologie rimaste segrete, strappa il pensiero al principium firmissimum di non contraddizione e lo assegna alle ombre della caverna del Principio.

    Urge un esempio: «accettare una richiesta di chiarimento solo per far aumentare eventuali equivoci». Si scorge a giusta distanza la formula rabbinica, «ad una domanda si risponde con una domanda».

    Ma anche, «ansimare in un candido azzurro, senza differenze evidenti dall’ansimare in un lugubre nero». Era quello che la poltiglia delle parole tanto attende, il parlare per parlare di Novalis, le associazioni libere: libere dalle convenzioni ossificate, per riandare agli antichi valori rimasti sepolti.

    Walter Benjamin aveva accarezzato l’idea di un libro di sole citazioni. Era nella regola del destino che quel libro dovesse cadere in frantumi. Lo aveva pensato come qualcosa di labirintico, sotterraneo, oscuro. Gli parve che potesse essere il contrario dei passages di Parigi, che il barone Haussmann disegnava per innalzare Parigi a capitale d’Europa. Strade incoperchiate, diventate gallerie fastose dalle luci sfavillanti ognora accese. Das Passagenwerk, il trionfo del fasto europeo, che nasceva al suo tramonto, quale non per divinazione, ma già perfettamente in opera, nella solida sensibilità di Spengler.

    Tuttavia a Parigi continuavano a predominare formicolanti straducole buie e sudice, maleodoranti e malvissute, sconce e pericolose, come suggerisce la loro forma tortuosa, quella del verme: l’altra Parigi, quella maledetta. Una Casbah, un reticolo dove si disperdono i nemici dopo gli assalti.

    I passaggi anche sono i tibicines dell’ Eneide, quelle parti del cristallo che Virgilio non aveva ancora ricorretto, polito e perfezionato. Sentieri interrotti, insomma.

    Simone Bocchetta, poeta che si spinge nei cunicoli dell’anima, che l’anima strina; già Fabio Pierangeli, esatto interprete nella sua illuminata Prefazione al libro L’emmesimo libro di poesie d’amore (Marcianum Press, Venezia 2019, p. 6), scrive: «Bocchetta predilige agire per contrasto e per antitesi». Un altro suo libro poetico, Pronomi personali, raccoglie composizioni dal 1999 al 2017: ancora qui una peregrinazione tra le maglie del linguaggio, in cerca del destino prefissato, che ordisce tranelli pur cercandoci: il miglior dono. È del 2018, poi, Il paese dei re, una magistrale favola che si mangia ogni favola.

    Bocchetta, filosofo d’oro fino, attinge a Gabriel Marcel, Viktor Frankl, Emmanuel Mounier, a Bergson, Schelling, Coleridge, Auden, Camus. Diversivo, desultorio, inventore, che innesta i culmini del pensiero nei fulmini dell’immagine, rimpastando il coacervo del linguaggio, inseguendo all’indietro le Origines, come chiamava le etimologie l’ispirato Isidoro.

    Appostando trappole nel labirinto, scatta l’antinomia, la ierogamia, la nascita del ‘mostro’ nella sua accezione di eccesso glorioso. Non dunque l’ossimoro, figura stilistica, ma una figura di pensiero, quella del varco. L’antinomia ribalta i rapporti della legge, si divincola dalla catena logica, si innalza oltre le nubi. Il massimo esempio concepibile di antinomia è il totaliter aliter, la vetta immacolata, l’Uomo-Dio. Formidinosi pensieri, quando ci accosta per benedizione il Mysterium tremendum et fascinans del quale dà partita significazione Rudolf Otto.

    I Frantumi, una delle sezioni del libro, derivando nel nome da una eco di Giovanni Boine (di cui sempre Bocchetta ha in animo una nuova edizione, parallela a questo libro), sollevano una polvere pregiata, da opacizzare i pensieri; trascendendo pur immanendo. Altre sezioni di filatesse: Negazioni, Infinizioni, Determinazioni, Indeterminazioni, Variazioni.

    Non dunque il paranoico panopticon di Foucault, ma il caleidoscopio di un bambino: ironia mai gelosa, sibbene amorevole.

    Rovistare nel linguaggio è qui un rovistare nell’anima. L’anima danza nella morte, giacché non la teme; anzi, se ne esalta, la ama questa fine, perché sa di non morire; e tramanda nei secoli le opere, e viene dai secoli nei secoli. L’anima non muore. Il morire si fa vendemmia.

    L’innamorato lettore avrà agio di circumambulare nelle ispirate pericopi di Bocchetta. Bocchetta ha tirato gli astragali, pone enigmi, offre aforismi, la miglior forma di arte poetica e arte filosofica. Esempio preclaro lo lasciava Schopenhauer, il migliore tra i filosofi nel pensare per analogie. Pensatore ispirato egli ancora.

    Queste accennate indicazioni obbligano a risoluzioni rivoluzionarie: dal pensiero della morte nasce la carne della vita in figura di pietra angolare, il lapis philosophorum, la pietra che si nasconde lungo il cammino, uguale a tutte le altre pietre, eppure è solo essa a trasformare il piombo in oro, l’oscuro nel brillio. Occorre la preparazione nell’attesa. Solo aspettando si impara: noluntas contro voluntas secondo il rango.

    Porsi da lato lo chiedono tutti i responsi, sceverare fior da fiore, interrogare

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