44 donne del primo millennio
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Info su questo ebook
Con il tratto delicato di una scrittura per niente sentenziosa e discriminatoria, una piacevole ballata di personaggi da “notizia”, capaci di mostrarsi in una dimensione contemporanea e dirompente, pronti a sfidare l’apatia dei ruoli a beneficio dell’imprevedibile autenticità. Donne di uomini famosi, bellezze e rarità d’epoca.
Desiderio di popolo e di genti, sospirata quanto mai attesa espressione di coraggio in opposto allo scorrere lento del perbenismo di classe.
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Anteprima del libro
44 donne del primo millennio - Domenico Apolloni
bambina"
Prefazione
"Quando si scrive di ‘Donne’,
bisogna intingere la penna nell’arcobaleno".
(Denis Diderot)
Iniziando a scrivere sulle Donne vissute fino al mille ho subito sforato
, aggiungendone alcune del secolo precedente: quelle che influenzarono gli anni successivi. Poi, esaminando i periodi storici che le hanno viste agire sul palcoscenico dell’esistenza, ho voluto legare ognuna all’uomo che, per loro e con loro, ha sofferto e gioito; così, mi è venuto naturale il Prologo all’apertura dei vari capitoli, che vorrei fosse sempre letto e meditato, giacché senza di esso le singole vite raccontate perderebbero di sapore e, come il caffè senza zucchero, verrebbero apprezzate soltanto da chi ha problemi di peso.
Ovviamente, i giudizi sulle mie
Donne, vanno dati considerando gli usi delle diverse epoche e ricordando che il costume e il comportamento in genere di tutti i popoli che abitarono le terre allora conosciute, subirono tante variazioni: dai tempi dell’Impero Romano (che li ereditò dalla Grecia classica e li modificò cammin facendo) a quelli dell’Impero d’Oriente, dei Barbari, del Medioevo.
Un esempio valga per totale chiarimento: in certi periodi dell’antica Roma, soltanto i poveri avevano una sola moglie e le Donne ritenevano normale cambiare il proprio partner e, magari, stracciare pure il proprio contratto di matrimonio quando si presentava l’occasione propizia; all’epoca, come già nella Grecia che ci han fatto studiare a scuola (senza dirci nulla sull’argomento), anche il prostituirsi era un fatto poco riprovevole, direi razionale dato che, al piacere fisico, si univa il vantaggio economico.
I problemi, per i Romani antichi, arrivarono con la conoscenza dei popoli nordici (i germanici preferivano la moglie vergine) e con le prediche del futuro San Paolo, l’Apostolo delle genti, (di queste e dell’influenza che ebbero, ne parlerò più avanti); poi ci fu la grande rivoluzione del Medioevo, che stravolse la vita di tutti.
Per quanto mi riguarda, io ho sognato tutte le 44 Donne che riempiono le pagine seguenti; le ho inseguite mentre scomparivano leggere nel tenue azzurro dell’alba, le ho fotografate col pensiero per conservare l’immagine dei loro corpi, perché non è affatto vero che si è belli soprattutto dentro: la forma esteriore conta, eccome se conta!
Le impressioni che ho avuto per ognuna di esse (scritte in forma sintetica, per non annoiare i lettori poco interessati alla Storia e per dar modo, a quelli curiosi
, di approfondire leggendo altri Autori), le consegno volentieri a chi vorrà leggere questo libro con la mia stessa passione (vocabolo che nella sua radice greca contiene la sofferenza), a chi vorrà essermi complice, a chi piacciono tanto le Donne!
l’Autore
Le Donne durante l’Impero Romano
Premessa
"La Società umana somiglia a una volta di pietre;
questa cadrebbe se le pietre non si sostenessero a vicenda,
sostenendo così l’intera volta".
(Seneca)
E, dopo una irreversibile agonia, anche l’Impero Romano cadde! Era durato quasi cinque secoli, forse troppo! Difatti, le pietre, che l’avevano costruito e sostenuto per tanto tempo, caddero, quasi fossero provate e stanche, una ad una.
Francamente, che sia finito così, a me dispiace; dispiace soprattutto per le sue Donne anche se, fin da piccolo, ho sempre avuto seri problemi a distinguere Messalina da Agrippina, Giulia da Ottavia o nel ricordare chi fosse Livia; spesso mi chiedevo se Poppea fosse il nome sbagliato di Pompea e se Pomponia fosse una sua parente.
La verità è che c’è una gran confusione perché, a quei tempi, era usuale dare lo stesso nome a più persone della stessa famiglia; persone che potevano risultare pure coetanee, perché non era disdicevole sposare una consanguinea ne’ tampoco, per rafforzare la propria posizione sociale, prendere in moglie una fanciulla o una attempata matrona.
Del resto, Roma (la città che ha il vezzo di farsi chiamare con l’inverso del vocabolo amor
) ne ha viste tante: aveva già cominciato male, con i confini tracciati da due figli di una prostituta e con il suo primo Re che era l’assassino del fratello!
Mise a posto le cose, più di sette secoli dopo, un mantovano non leghista
di nome Virgilio: purificò la donna che aveva messo al mondo i fondatori, chiamandola Divina Rea Silvia
.
Con Virgilio, tutte le donne di Roma divennero Madonne: dalla consorte di Cesare, sulla virtù della quale non era lecito avanzare dubbi, a Plotina che metteva le corna al Traiano soltanto quando lo vedeva sbronzo (e sembra che la cosa capitasse spesso).
Stabilito questo, vedo di far chiarezza sulle vicende di quel tempo, raccontando qualcosa sulle Donne che lo affollarono, nel rispetto dell’ordine cronologico e con riferimenti continui agli uomini che ebbero la ventura d’incontrarle.
Tutte queste Donne io le considero eroine o, almeno, degne di perenne ricordo; soprattutto quelle che, facendo sesso, influirono in maniera determinante sulla Cosa Pubblica.
Se, poi, ebbero un comportamento disinvolto o troppo allegro, io le giustifico sempre e, per loro, chiedo comunque l’applauso della Storia.
Le Donne di Caio Giulio Cesare
Prologo
"Cosa succederà mai se alle donne darete la libertà?
Se conquisteranno la parità, vi sottometteranno".
(Marco Porcio Catone, l’Uticense)
Per raccontare meglio le Donne di Cesare
, ho voluto iniziare riportando una frase che Catone disse in Senato, per scusare la propria situazione e per accusare il suo avversario politico e nemico dichiarato: appunto Caio Giulio Cesare.
Metto le mani avanti: io la penso diversamente; però capisco lo sfogo del Catone (parlo di quello che venne soprannominato, a sua insaputa, l’Uticense per via del suo gesto estremo, compiuto nella città africana di Utica, non del Censore, vissuto un secolo prima): aveva sposato una figlia del popolo e, da lei, si aspettava devozione e fedeltà; non avrebbe mai immaginato che fosse una mignotta latente e che, dopo soli due anni di matrimonio e due figli, cominciasse a mettergli corna a ripetizione; ma comprendo anche Atilia (così si chiamava la Signora, che a chi la dava e a chi la prometteva
): una bella donna che si prende per marito un nobile noioso come Catone, non poteva restare a lungo fedele e pure rinchiusa in casa!
Orbene, Catone odiava Cesare così tanto da suicidarsi perfino, quando gli venne detto che i suoi assassini erano stati sconfitti da Ottaviano (il futuro Augusto); ma lo odiava soprattutto per la fortuna che gli portarono le donne, anche quelle a pagamento
e non si curava del fatto che avesse dimostrato doti di Statista e avesse portato a Roma immense fortune, ma anche un prestigio internazionale di tutto riguardo.
Quando si dice la storia si ripete
! Io che scrivo queste righe nel caldo luglio del 2009, leggo sui giornali cose incredibili: si parla più di puttane (ma anche di preservativi utilizzati o meno) che di problemi risolti o da risolvere, non si rammenta che tutti o quasi i grandi uomini della Storia hanno avuto a disposizione diverse donne, da Cesare a Carlo Magno (di amanti ne ebbe addirittura sei), da Napoleone a Gandhi, da Kennedy a Craxi (qualcuno, invidioso, potrà obiettare sul grande
, dimenticando episodi, ma non potrà dire nulla sul fatto delle donne).
Una cosa oggi, però, non la farà nessun politico vivente: quella di suicidarsi; sarà per mancanza di attributi o per questioni morali?
Meglio non pensarci troppo e passare alla lettura di quello che scrivo sulle Donne di Cesare; tutte hanno dato un significato forte alla sua vita e tutte scomparvero senza eccessivo clamore.
Cornelia, la moglie che lo lasciò vedovo
Riprendendo a scrivere di Donne, ho pensato bene di cominciare da colei che rappresentò il vero e forse unico
amore del grande Dittatore; dalla donna che portava sulle spalle un nome importante e sacro ai Romani dell’età repubblicana, il nome di Cornelia, la fortunata o sfigata matrona che partorì i due fratelli Gracchi.
A differenza di quest’ultima, però, la nostra Cornelia fu una mite fanciulla e mai sognò di dominare la scena: appena ventenne, si prese il suo Cesare per amore, incurante del fatto che lui fosse già divorziato, anche se coetaneo e, soprattutto, che non godeva di buona fama. Come moglie, sostituiva Cossuzia, la ricca plebea che mamma Aurelia aveva selezionato per un primo matrimonio d’interesse del suo nobile e squattrinato figlio Cesare.
Quella convivenza praticamente bianca
, era durata soltanto due anni e non aveva lasciato ricordi; Cornelia, invece, il Cesare se lo tenne per una decina d’anni, dandogli pure la figlia Giulia; poi morì in silenzio e lo lasciò libero.
Lui, obbedendo alla mammina quando ancora era un Signor Nessuno, se l’era presa per convenienza: Cornelia avrebbe dovuto favorire il suo ingresso in politica; peraltro, essendo lei la figlia di Cinna, il Capo del Partito Popolare dopo la morte di Mario, la porta che trovò subito aperta era quella sbagliata: quella dei poveri Cristi che, alloggiati in uno schieramento di sinistra, contavano poco o niente (sembra di rivedere, tale e quale, la situazione politica dell’Italia d’oggigiorno).
Comunque, ce la mise tutta e riuscì ben presto a conquistare il cuore di quel freddo arrampicatore sociale; per lei, Cesare disubbidì perfino a Silla che gli aveva ordinato di piantare alla svelta quella donna, figlia del suo maggiore nemico politico.
Un rifiuto che al giovanotto costò abbastanza caro: si ritrovò costretto a scappare da Roma, inseguito dai sicari; in maremma si prese pure la malaria e, per finire, dovette pagare un cacciatore di taglie perché non lo uccidesse.
Cornelia lo riebbe in casa a bufera passata, ma lo trovò cambiato: Cesare vestiva in modo ricercato, aveva un comportamento frivolo e spendeva tutti i soldi che riusciva a guadagnare, con gli amici.
Allora, si adattò al ruolo di moglie remissiva e con lui condivise anni difficili: silenziosa, vedeva il marito andare e venire, sentiva parlare del suo rapporto extra coniugale con Servilia (la madre di quel Bruto che poi l’avrebbe pugnalato) e, cosa ancora più sconveniente, delle sue frequentazioni omosessuali.
Abitò sempre, senza mai lamentarsi, alla Suburra, un quartiere di secondo piano, perché suo marito non faceva altro che indebitarsi e non aveva ancora ottenuto quella carica di Pontefice Massimo che gli permetterà, in futuro, di traslocare nella dignitosa villa della esclusiva Via Sacra.
Pompea, la moglie che lo tradiva
Giovanissima, bellissima e ricchissima, Pompea fu la terza moglie di Cesare; lo sposò quando lui, vedovo di Cornelia, si dava sempre più da fare per la carriera pur restando bloccato nell’Urbe.
In quel periodo, Cesare non poteva più considerarsi una promessa
, giacché veleggiava già verso i quaranta; però, mentre Pompeo (il grande
) e Crasso (il ricco
) furoreggiavano nelle battaglie e raccoglievano allori, lui si manteneva calmo in attesa della sua ora.
Passo dopo passo, si guadagnava i gradi di Questore, di Commissario della Via Appia (una specie di Ministro delle Infrastrutture di allora, dato che disponeva di enormi poteri, gestendo la regina viarum) e, infine, di Pontefice Massimo.
Quest’ultima carica gli permise di cambiar casa e di trasferirsi nel quartiere in
di Roma: quello della Via Sacra; soprattutto gli dette la possibilità di prendersi la donna più bella di Roma che, per giunta, apparteneva allo schieramento politico opposto a quello della defunta Cornelia, era nipote di Silla e parente di quel suo diretto concorrente che rispondeva al nome di Pompeo Magno.
Pompea, però, era cosciente di essere bella e desiderata: sensibile al fascino maschile, continuò ad amoreggiare con tutti mentre suo marito era occupato in ufficio
; a Roma si diceva che andasse a letto col nobilissimo Clodio, detto il Bello
, lo spregiudicato play-boy ch’era il fratello della Clodia amata e cantata da Catullo (per questo, conosciuta anche come la quasi vergine Lesbia
).
Le scappatelle di Pompea si fecero sempre più frequenti e, un bel giorno, i due amanti vennero colti in flagrante (o, meglio, ancora attaccati
).
La cosa non poteva essere sottaciuta, anche se non c’erano ancora i giornalisti del gossip e Roma era abbastanza permissiva: ci fu la denuncia e il processo che dette modo a Cicerone di farsi conoscere come puntiglioso, ma poco furbo, Pubblico Ministero e permise al futuro Dittatore di pronunciare una delle sue prime frasi ad effetto:
La moglie di Cesare è sempre al di sopra di ogni sospetto
.
Pompea, in quello strano e lungo processo, venne praticamente difesa dal suo stesso marito (che, in contemporanea, era anche la parte lesa
) e che, poco dopo, si sarebbe addirittura alleato col rivale Clodio per