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La montagna e il sentiero: L'antropologia mistica di san Giovanni della Croce il nuovo umanesimo religioso
La montagna e il sentiero: L'antropologia mistica di san Giovanni della Croce il nuovo umanesimo religioso
La montagna e il sentiero: L'antropologia mistica di san Giovanni della Croce il nuovo umanesimo religioso
E-book240 pagine3 ore

La montagna e il sentiero: L'antropologia mistica di san Giovanni della Croce il nuovo umanesimo religioso

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Info su questo ebook

La montagna è un simbolo molto potente, comune a molte tradizioni mistiche ed esoteriche; essa evoca lo sforzo che l'anima deve intraprendere per salire di livello, per respirare un'aria diversa e giungere laddove dimora l'aquila della libertà e biancheggiano i ghiacciaia eterni, origine dell'acqua di vita.

Giovanni della Croce ha lasciato un segno indelebile nella teologia mistica per il connubio indissolubile ed equilibrato che si riscontra tra l'elemento sperimentale e i principi di teologia e di filosofia.
LinguaItaliano
Data di uscita24 set 2013
ISBN9788898275069
La montagna e il sentiero: L'antropologia mistica di san Giovanni della Croce il nuovo umanesimo religioso

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    Anteprima del libro

    La montagna e il sentiero - Roberto Pierpaoli

    ​Bibliografia

    ​INTRODUZIONE

    Oggi, più che in qualsiasi altro tempo, si vive senza più chiederci chi siamo, da dove veniamo e quale sarà il nostro destino futuro. La scienza fisica ha assunto un dominio assoluto sulla metafisica ed ha oscurato i valori dello spirito. Non è certamente difficile constatare come le attuali conoscenze scientifiche e tecnologiche siano rivolte a soddisfare in modo prevalente i bisogni e le concupiscenze dell'uomo asservito alle devianti potenze del desiderio. La filosofia consumistica dell'usa e getta, la natura violentata e irrimediabilmente inquinata, la mancanza di eticità e di consapevolezza della maggior parte dei governi che ancora spendono cifre astronomiche per armamenti e per fomentare guerre, la riduzione di ogni cosa a mera oggettività, sono il triste bilancio di questa tragica impostazione da cui si levano le urla silenziose di chi soffre di fronte a tanto scempio. La situazione più evidente è che il divario tra coloro che sguazzano nell'abbondanza e nel superfluo e coloro che vivono e muoiono miseramente tra stenti e privazioni di ogni genere è divenuto insostenibile.

    Molti pensano che la soluzione ai problemi mondiali stia nel ridimensionare la spartizione dei beni materiali che il nostro pianeta ci offre, per dar modo ad ogni essere umano di condurre dignitosamente la propria esistenza. Questa sarebbe certamente una cosa molto positiva ma non sufficiente in quanto occorrerebbe anche lavorare per l'acquisizione di un benessere spirituale, tenendo sempre presente che il solo benessere materiale non potrà mai appagare ed arrecare un sollievo duraturo all'anima, poiché essa non ha radici in questo mondo. Contrariamente a quello che i materialisti pensano, è proprio il materialismo che ha provocato questa insana e grottesca situazione. Se si perdono di vista i valori spirituali e il senso del rispetto per la natura e gli esseri che vivono in essa, se si ignora che niente rimane impunito e che si dovranno in ogni caso pagare le conseguenze di ogni azione insensata e contraria all'ordine naturale, viene ovvia la tentazione di comportarsi da furbetti, pensando di farla franca sulle disgrazie altrui.

    La responsabilità di questa innaturale situazione pesa enormemente sulle religioni convenzionali e sulle scuole, in quanto le une hanno impartito cognizioni errate sulla vita spirituale e le altre hanno privilegiato la formazione scientifica, trascurando la formazione umanistica ed etica degli studenti. I governi, dal canto loro, hanno assunto come valore di riferimento il profitto monetario senza badare troppo alla moralità di chi produce ricchezza. L'orientamento filosofico di fine Ottocento e di tutto il Novecento, che segue fondamentalmente le linee di pensiero di Nietzsche, Marx e Freud, i cosiddetti maestri del sospetto, non ha certamente contribuito a risolvere la situazione della cultura umanistica, già fin da allora molto compromessa.

    L'idea di Nietzsche fu quella di concepire l'idealismo filosofico, la metafisica e le religioni come maschere menzognere di cui occorre disfarsi per permettere all'uomo di radicarsi nella volontà di potenza. Per Nietzsche non esistono verità e valori assoluti, l'uomo è pura contingenza e ciò che conta è la sua forza vitale. Ma se le cose stessero veramente così, se l'io umano fosse semplicemente una superficiale molteplicità di intenti e non un'unità coscienziale profonda che giudica in base ad un sicuro valore di riferimento, e se la coscienza fosse veramente un semplice schermo bianco su cui si proiettano stati d'animo sempre diversi, allora veramente non ci sarebbe più distinzione tra bene e male, non si proverebbero più rimorsi per l'assassinio di un proprio simile e si troverebbe una giustificazione per ogni genere di delitto.

    Marx è stato grandioso nel definire che ciò che regola il mondo sono i rapporti economici, che la struttura portante della collettività e del singolo è quella economica, che tutto il resto è sovrastruttura. Ma se esiste però un solo uomo capace di un gesto non economico, allora il pensiero di Marx cade poiché per quel solo uomo non si potrà più dire che il mondo è retto soltanto dalle leggi dell'economia: non si potrà più ignorare l'amore, l'altruismo, la gratuità, i pensieri di perfezione e di bene.

    A Freud possiamo rispondere che la spiritualità non è una sublimazione della libido ma che è invece questa ad essere un pallido riflesso di quella, come a suo tempo aveva affermato Platone e come indagini più recenti hanno constatato.

    L'eros è un fuoco che partendo dalla terra sale fino al cielo, poiché è lì la sua autentica dimora. Non ci si può fermare all'eros della terra poiché questo, se non usato correttamente, diviene un serpente i cui morsi avvelenano l'anima, riducendola in ceppi e in catene. Bisogna invece procedere oltre ed aspirare all'eros celeste che è un'aquila dalle grandi ali luminose che donano la libertà e il potere di un autentico figlio di Dio.

    Possiamo quindi senza ombra di dubbio rispondere ai maestri del sospetto che gli ideali di bene, di verità e di bellezza, che si situano nel centro della nostra anima, non sono delle maschere ma delle realtà ancora sconosciute da raggiungere e da inverare. Questi valori, salvo rare eccezioni, non sono mai stati compresi e applicati dall'umanità, non perché questi non esistano ma perché gli umani in genere non sono ancora maturi per intenderli e realizzarli.

    Se Platone potesse esprimersi riguardo a ciò che succede attualmente direbbe certamente che il mondo è completamente caduto in mano ai sofisti. Il problema sollevato da Socrate e da Platone contro i sofisti non è infatti limitato alla loro epoca ma è rilevabile in ogni tempo e in ogni luogo e si traduce essenzialmente in due diverse valutazioni della realtà; una materialista e l'altra spiritualista. Il materialista ignora che dietro l'apparenza del mondo materiale, soggetto alle leggi geometriche del divenire, esiste una dimensione a-spaziale e a-temporale caratterizzata da valori etici, universali e assoluti. Il materialista è ipnotizzato dall'immediato potere del concupiscibile, è asservito alle potenze della brama, della sensualità e dell'oro. Per lui la vita umana è come quella di una candela che si accende, brilla per un certo tempo e poi si spegne. Tanto vale dunque sfruttare al massimo questo intervallo tra il nulla del prima e il nulla del dopo, godendo il più possibile di ciò che si riesce ad arraffare.

    Il materialista non si è mai chiesto da dove viene e dove va a finire la fiamma quando la candela si accende e quando si spegne. Una volta acquisita la concezione materialista del mondo non fa più meraviglia vivere come dei rapaci. E così è diventato l'essere umano: un rapace, un lugubre uccello notturno che aspetta il momento propizio per accalappiare e ghermire la preda. Il materialista però, come tutti gli uccelli notturni, ha un grave difetto; ha la vista corta, non vede al di là del proprio naso e si ferma alle apparenze e alle opinioni, ignorando le necessità più profonde della propria anima. Oltre a non aver accesso al regno dello spirito, non conosce a fondo neanche le leggi della materia che crede di possedere, mentre in realtà è lei a possedere lui. Il materialista ignora che la materia è forza e che la forza reifica, rendendo cosa colui che la usa senza discernimento. Ignora che la natura ha una sua propria finalità, un suo telos che non è propriamente quello di soddisfare i capricci umani. Egli è un violento sia nei confronti della materia, che usa impropriamente attraverso la manipolazione forzata, sia nei confronti della propria anima la cui natura non è quella di legarsi alle cose del mondo.

    La condizione dell'anima sulla terra è quella di un viaggiatore itinerante che passa e va senza soffermarsi troppo in quanto la sua destinazione non è il contingente e il temporaneo ma è l'assoluto e l'eterno. L'anima che mette radici nel mondo è un'anima in esilio, imprigionata e sofferente.

    I prepotenti che vogliono possedere e sfruttare le creature e le cose del mondo, non dubitano mai che le conseguenze dei loro atti li faranno a loro volta piangere. Il rigore geometrico di cui è sostanziato il mondo e la struttura psicofisica di ogni essere vivente puniscono automaticamente e inesorabilmente gli ignari violentatori.

    Manipolare impropriamente la materia e la sua forza significa cadere nelle mani della nemesi che, in altre parole, è l'infallibile legge del destino o del fato, della legge di azione-reazione o di causa-effetto, chiamata anche legge del contrappasso da Dante, legge del taglione dai testi biblici, "legge del karma" dalle dottrine orientali. Sotto il nome di nemesi, questa legge, a cui sottostà la materia con cui sono sostanziati gli esseri viventi e il mondo, è stata la molla dei poemi omerici e delle tragedie di Eschilo. I Pitagorici, Socrate e Platone ne fecero il loro punto di forza per pensare l'universo in termini razionali.

    La virtù da loro indicata non è altro che la saggia gestione di se stessi e della natura onde ovviare agli inevitabili inconvenienti della nemesi. Il materialismo, ignorando tale legge, ha l'insano obiettivo di subordinare il soggetto all'oggetto, l'uomo alle cose del mondo. La conseguenza di questa grave ignoranza è la perdita della libertà e l'instaurazione di una viziosa schiavitù ove l'essere umano si ribella e soffre, lottando contro un nemico invisibile che dimora nella sua cattiva volontà.

    Viene con sé che l'unica ribellione valida è quella contro la propria ignoranza. Conquistare la libertà significa creare una società ove le azioni umane procedono da un giudizio e da una valutazione obiettiva e razionale sui fini che ci si propone e sui mezzi per realizzarli; mezzi che devono sempre essere in armonia e nel rispetto delle leggi che regolano la vita. Dall'oppressione si esce tramite la redenzione, che passa attraverso il rispetto della vita e delle sue leggi, e attraverso la trascendenza, nella quale tutte le contraddizioni si placano e il bene assoluto trionfa.

    Nel mondo ogni bene è un bene relativo; è bene in quanto non è male, e anche Dio, il Sommo Bene, vi è presente come assenza. Ma dove sono allora la Verità e il Bene? Sono nel punto di intersezione tra i due mondi, tra quello naturale e quello soprannaturale che si situa nella parte coscienziale più alta della nostra interiorità. Ciò che è temporale è solo una porta di accesso per iniziare il sentiero verso Dio. Questo mondo è solo l'inizio del sentiero che può condurre o verso la salvezza o verso la perdizione e sta a noi scegliere una delle due direzioni. Quella che porta in alto si snoda attraverso un sentiero stretto e difficile; solo pochi vi si dirigono e questi pochi sono i mistici e i maestri di saggezza di ogni tempo. È proprio per questo suo carattere di porta di accesso al divino che questo mondo e questo universo sensibile va rispettato e non manipolato.

    Amare significa avere un grande rispetto per l'oggetto del proprio amore, accettarlo per ciò che è nella sua intima realtà; non è trasformarlo e possederlo, in quanto si può trasformare e possedere solo se stessi. Non dobbiamo amare la bellezza dell'universo come un fine ma soltanto come un mezzo, in quanto questa è un ponte, una porta di accesso che conduce a Dio, che è l'unico bene e l'unica finalità.

    L'amore autentico non è uno stato d'animo ma un orientamento rispettoso e vigile, una volontà finalizzata. Se ignoriamo questo, allora, non appena ci colpisce l'infelicità, rimaniamo scoperti e indifesi e precipitiamo nella disperazione.

    Dio creando l'uomo lo ha posto alla massima distanza da Sé e l'uomo, per ricongiungersi con Dio, deve fare il cammino inverso; deve operare in se stesso una de-creazione e una de-storificazione, rendere trasparenti le sue stratificazioni interne che costituiscono il suo io.

    L'io umano, così come si presenta ad una diagnosi di medicina spirituale, è una struttura obesa e ipertrofica, gonfia di orgoglio e di presunzione. L'io deve dunque dimagrire, perdere peso e consistenza attraverso una dieta misurata e controllata, per divenire alfine una struttura eterea ed evanescente in grado di lasciarsi penetrare dalla luce dello spirito, che è il suo alter ego, il suo altro da sé, il suo vero e autentico Sé.

    Questa disciplina che conduce l'io alla trasparenza e alla conoscenza di se stesso deve però essere voluta dallo stesso individuo. Niente è peggiore della sventura che condiziona l'io dal di fuori poiché allora non potrà più autodisciplinarsi.

    La liberazione è un atto individuale che fa leva sulla propria volontà. Nella tradizione cristiana questo processo catartico è rappresentato dall'esperienza del Golgota ove l'io umano accetta il dolore che il mondo gli infligge, viene crocifisso e distrutto per poter poi risorgere come corpo glorioso nella luminosa realtà della vita eterna. In questa tragica e sublime esperienza la distruzione non è intesa come morte reale ma come liberazione dalle ostruzioni, dalle pesantezze e dagli attaccamenti dell'io all'intera sfera biopsichica. Tutto ciò serve ad annullare la distanza tra Dio e l'io, fino al punto che questo si annulla in Lui come un fiume nell'oceano. Tale concetto è ribadito magistralmente da Meister Eckart quando dice:

    Per raggiungere il nucleo divino bisogna prima raggiungere il nucleo di se stessi, in quanto nessuno può conoscere Dio, se prima non conosce se stesso. Avventuratevi nelle profondità dell'anima, il luogo segreto dell'Altissimo, arrivate fino alle radici, fino alle vette, perché solo lì potrete trovare ciò che concerne Dio.

    È Dio che per amore delle creature prende le distanze dal mondo affinché queste possano cercarlo e desiderarlo gradualmente. Se noi fossimo esposti ai raggi diretti della sua potenza senza la protezione dello spazio, del tempo e della materia, evaporeremmo come nebbia al sole. Il regno della necessità è lo schermo naturale che Dio ha posto tra Lui e noi affinché noi possiamo essere. Spetta a noi desiderare il sublime incontro penetrando al di là di questo schermo. La trasparenza e l'annullamento dell'io che diviene Dio per partecipazione è l'evento che pone in intima relazione il creatore con la creatura, il trascendente con l'immanente, l'infinito col finito.

    Il misticismo non deve essere inteso come egoistico ritiro dal mondo ma come il progetto per una società nuova ove l'individuo umano possa esprimersi nella sua doppia dimensione naturale e spirituale. Il mistico moderno non deve rifiutare il mondo ma solo l'attaccamento ad esso; egli deve cercare di restituirgli lo splendore originario, divenendo guardiano e pastore della natura e degli enti che in essa vivono. La moltitudine di problemi che assillano l'uomo contemporaneo potrà scomparire gradualmente man mano che questa visione andrà realizzandosi.

    Nell'intraprendere questo arduo cammino dovremo per forza di cose fronteggiare e sperimentare in prima persona il dolore fisico e psichico e saper distinguere il bene dal male. Se il dolore fisico deriva da una lesione alla nostra struttura organica, il dolore psichico è il sintomo che una parte di noi è stata offesa da pensieri, parole ed azioni nocive. Il dolore deve tuttavia essere accettato poiché è tramite esso che le scorie dell'errore e dell'ignoranza vengono bruciate. Il dolore non deve essere però accettato passivamente ma attivamente. Non ci si può soffermare alla semplice sintomatologia ma occorre guardare oltre e pervenire alla conoscenza della causa che lo ha generato, in modo da poterla estirpare e poter guarire il nostro corpo e la nostra personalità malata. Se il dolore non viene accettato con questa finalità esso diventa negativo e la vita assume le caratteristiche di un autentico inferno. II bene e il male sono condizioni sia oggettive che soggettive e per comprendere il senso di questa affermazione è opportuno comprendere la loro reciprocità e relatività in quanto ciò che in un dato momento viene interpretato come male può diventare successivamente un bene. Come molti grandi maestri hanno affermato, il bene è una condizione di equilibrio e di armonia e quindi di aderenza più o meno perfetta alle leggi che regolano e governano i molteplici livelli della vita. Il male, viceversa, è squilibrio e disarmonia ed è provocato dall'egoismo e dall'ignoranza, dalla mancanza di conoscenza delle leggi che regolano la nostra esistenza e quella del mondo in generale. Tale ignoranza conduce alla nota legge della ripercussione karmica o del principio di azione-reazione che a sua volta genera il male o il dolore come espiazione catartica del male commesso.

    Questo circolo vizioso può essere interrotto e distrutto soltanto con la pratica del perdono e dell'accettazione attiva che conduce alla conoscenza ed alla restaurazione di un giusto rapporto con la vita. Il male e il bene non sono soltanto dei dati oggettivi esterni ed interni alla nostra persona ma sono essenzialmente soggettivi perché la nostra reazione ad essi è in larga misura personale.

    Un altro grande strumento che occorre possedere è la fede, da intendersi come un aprirsi alla ricerca e alla comprensione di verità che ancora ci sfuggono ma che sono state codificate in sistemi di pensiero da coloro che ci hanno preceduto in questo arduo cammino. La fede, in altre parole, è rendere la propria persona disponibile ad accettare come ipotesi ciò che poi dovrà essere verificato dall'esperienza diretta, è una situazione di partenza che occorre poi completare tramite la conoscenza che è uno sperimentare in prima persona.

    Fede e conoscenza sono l'alfa e l'omega, il principio e la fine di ogni fenomeno culturale. L'una ha bisogno dell'altra per poter esistere. Senza la fede non vi sarebbe infatti la conoscenza poiché il sentiero che conduce ad essa non verrebbe mai intrapreso. In tal senso la fede può anche essere definita come il presentimento di verità non ancora svelate.

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