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Una scrittura nel transfert. Medicina Psichiatria Psicoanalisi
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E-book270 pagine3 ore

Una scrittura nel transfert. Medicina Psichiatria Psicoanalisi

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Info su questo ebook

Il libro, nell’etica della formazione work in progress, rappresenta l’annodamento dove la psicoanalista articola il proprio discorso attraverso quattro decenni d’esperienza nel transfert freudiano-lacaniano, sia della propria analisi sia nella conduzione della cura dei sintomi di casi clinici di nevrosi isterica, nevrosi ossessiva, psicosi e perversione. Qual è la differenza clinica tra una diagnosi di borderline e una di nevrosi o psicosi nelle tre discipline suggerite dal titolo e fondamentali per la cura della salute mentale dell’individuo? È con questa domanda, nella pratica orientata dall’insegnamento di Jacques Lacan, che l’autrice si rivolge a chi conduce, dopo la diagnosi, una cura all’interno delle istituzioni sanitarie (OMS) e dei Centri di Salute Mentale, ma anche ai laureandi in medicina, in psicoterapia e in psichiatria nonché agli insegnanti di sostegno, alle équipe psicopedagogiche delle ASL degli istituti scolastici e delle istituzioni carcerarie. L’analista propone una formazione clinica del soggetto dei sintomi, degli affetti, e una pratica della cura sotto transfert nell’etica della parola per parola e dell’uno per uno. Sotto un transfert di ricerca che va oltre le indicazioni date dai criteri diagnostici del DSM, considerato un nuovo significante padrone. Ed evidenzia nuovi possibili scenari clinici del discorso analitico, arricchendo di spunti di riflessione originali gli studi del campo lacaniano.
LinguaItaliano
Data di uscita18 set 2019
ISBN9788898275922
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    Anteprima del libro

    Una scrittura nel transfert. Medicina Psichiatria Psicoanalisi - Loredana Zani

    Bibliografia

    Ringraziamenti

    Un particolare ringraziamento a Erika e Andrea, ai miei nipoti Sofia e Francesco, i quali con pazienza mi hanno accompagnata in questo work in progress. Un grazie anche a Davide, prezioso supervisore informatico. Inoltre desidero ringraziare la Scuola Una, l'AMP, la SLP del campo freudiano, e le antenne di Ravenna, Bologna e Rimini, luoghi di studio e prezioso confronto tra colleghi. In particolare il mio pensiero è per il dott. Maurizio Mazzotti e per gli amici che sono stati pazienti ascoltatori durante la scrittura di questa mia seconda pubblicazione. Ringrazio infine il direttore dell'Istituto Freudiano, dott. Antonio Di Ciaccia, per il suo lavoro di traduttore ufficiale dei Seminari di Lacan. Infine J.-A. Miller che ha permesso e curato la trasmissione scritta e orale del suo insegnamento.

    Introduzione

    CampofreudianoZadig

    Campo freudiano Anno Zero è il nome che Jacques-Alain Miller ha dato a un nuovo tempo della psicoanalisi lacaniana: un tempo in cui gli psicoanalisti possono, e perciò devono – poiché si tratta di un dovere etico – far sentire la propria voce nel campo della politica, implicarsi nelle impasse della civiltà, apportare al campo sociale il contributo che possono trasmettere e che deriva dalla loro esperienza dell'analisi[1]. In questa pubblicazione, sulla base degli insegnamenti di Freud e Lacan, il pensare il mondo contemporaneo – con un Freud medico neurologo e fondatore della psicoanalisi, e un Lacan medico psichiatra e psicoanalista – significa mettere in evidenza ciò che esige la condizione umana. Vi è inoltre anche un cambiamento: per il primo c'è dell'inconscio, ci sono dei lapsus, degli inciampi di parola e degli atti mancati; il secondo ha fatto invece emergere tutto ciò che caratterizza gli esseri parlanti e cioè che vivere umanamente insieme, per noi è vivere con le leggi del linguaggio.

    La ricerca dal punto di vista analitico intende attraversare e disegnare le dimensioni piramidali e orizzontali di tre fondamentali discipline umane – medicina, psichiatria, psicoanalisi - in relazione alle loro dinamiche nei legami sociali, ossia quelli politici, familiari e soggettivi dell'individuo. Inoltre questa è una scrittura sotto transfert che intende approfondirne la nascita, l'evoluzione, ciò che le unisce e le divide deontologicamente nella conduzione della cura e nella diagnosi clinica, una clinica del soggetto 'sotto transfert' nell'etica della parola per parola e dell'uno per uno. Un transfert di ricerca che va al di là delle indicazioni date dal DSM, che considero un nuovo significante padrone, per il quale di conseguenza la normalità della follia è il male epistemologicamente[2] coerente del nostro tempo.

    Considerando il disagio sociale soggettivo e collettivo dal punto di vista del Campo Freudiano della/nella civiltà, incontrerò storicamente e contemporaneamente l'economia delle strutture psichiche di nevrosi, psicosi e perversione nella clinica dei metodi proposti dalle tre discipline nel sintomo bifrontale pubblico e privato. Ne consegue una politica nel senso proprio di pratica nel legame sociale in relazione ai sintomi e alla loro cura pubblica e privata. Marx e Freud sono partiti dal sintomo e hanno ancorato la loro teoria nel sintomo: il proletariato, per quanto concerne Marx (sintomo collettivo); il singolo e privato per quanto riguarda Freud (sintomo individuale).

    C'è un sapere inconscio negato dalla politica come pure dalla scienza. Il sapere politico o scientifico è un sapere che si dà come verità, così come l'amore ha, come parimenti alla follia, una funzione politica; è un amore senza oggetto. Freud in primis sa che per l'umano esiste una questione di godimento posto nel das Ding[3] che coincide con il godimento incestuoso per la madre. Cosa colpisce l'umano nel suo intimo? Quello che lo angoscia, lo addolora, lo innamora, lo rende triste, ma anche quello che si bea nella propria ignoranza. La vita dell'essere umano, cioè quello che colpisce l'umano nei suoi affetti. Il primo oggetto è la madre, il secondo oggetto è il simile. Poi ci sono altri oggetti verso cui tende il desiderio, quel desiderio causato dallo sguardo e dalla voce[4]. Elevare un oggetto alla dignità della Cosa significa introdurre una bordatura significante intorno al vortice del Reale. Lacan propone un doppio statuto della Cosa: oggetto perduto, vuoto d'oggetto fondamentale, ma anche condizione dell'esistenza della catena significante. L'oggetto sganciato dalla sua funzione. L'estetica del vuoto per indicare attraverso l'oggetto, ma ben al di là di ogni logica dell'utile, il vuoto centrale della Cosa.

    [1] Rimando il lettore a Attualità Lacaniana, 22 (2017).

    [2] Epistemologia, dal greco epistème, conoscenza certa, ossia 'scienza' e logos 'discorso'.

    [3] Qui inteso come oggetto perduto. In Lacan, essendo irrapresentabile in sé, la Cosa può essere rappresentata solo come Altra Cosa ed è qui che convoca la sublimazione come modalità di differenziazione di e da das Ding. La condizione della sublimazione è infatti una presa di distanza dalla Cosa. Non c'è opera d'arte se siamo troppo vicini alla Cosa, non c'è creazione ma solo distruzione dell'opera e quindi insiste nel pensare la sublimazione nel suo rapporto con la Cosa.

    [4] M. TERMINI, Clinica delle passioni, Roma 2018.

    Una scrittura nel transfert

    Medicina-Psichiatria-Psicoanalisi

    Il 'vivere insieme' riguarda il legame sociale, il soggetto nella sua relazione con l'altro dove il rapporto è impossibile per il fatto che il soggetto è diviso ($) e vi è dunque una relazione in cui l'istituzione (politica, sociale, scientifica, economica, religiosa, sanitaria) è il luogo per eccellenza di questo legame, del quale fa parte anche la guerra tra i popoli.

    Articolerò alcune considerazioni partendo dalla teoria dei quattro discorsi[1] di Lacan, da ciò che scrive Freud ne L'avvenire di un'illusione, Il disagio della civiltà[2] e dal concetto del governare, educare e psicoanalizzare, ovvero le tre professioni impossibili.

    La prima articolazione si trova nel discorso soggettivo riguardante i legami sociali nei cambiamenti della famiglia, del lavoro, della coppia, dei primi Altri del bambino nella modernità. Il tutto nelle forme contemporanee che manifestano i tratti della nostra epoca, in questo inizio di XXI secolo: il simbolico declino del padre in favore della cifra, delle funzioni e delle procedure standardizzate dove al posto dell'Altro entrano gli Uni-soli che modificano il concetto stesso di folla e di massa in una comunicazione che si svolge istantaneamente attraverso le reti orizzontali[3]. Ciò è una cultura dell'immediato. E il nuovo significante padrone è l'algoritmo, il numero, la media statistica e si può dire che con ciò gli uomini contemporanei si sono dimessi dall'inconscio a favore di identità liquide quanto provvisorie e sempre più esposte a una solitudine assoluta.

    Il secondo punto di articolazione riguarda la struttura psichica della psicosi ordinaria affrontata nell'ultimo congresso dell'AMP (2018) nell'aggiornamento proposto da Miller per orientare i lavori: l'esternalità sociale, quella corporea e quella soggettiva. Nel dialogo di confronto dunque si evince una lesione del sentimento più intimo della vita che richiede di essere riconosciuta e analizzata nel senso di comprendere come si articola il discorso soggettivo cercando annodamenti inediti che possano funzionare come punti, anche loro soggettivi, ed evitare il definitivo scatenamento[4].

    Lo scatenamento di una psicosi, nella clinica strutturale, è l'effetto di un cattivo incontro con Un-padre che si presenta al soggetto in un'opposizione simbolica che provoca un ulteriore scatenamento del significante nel reale.

    La trasmissione dell'umanizzazione sociale nelle generazioni avviene attraverso il linguaggio e la parola tradizionalmente legittimata dalla trasmissione paterna. Nella contemporaneità accade che questo viene delegittimato, e allora cosa succede? Quale trasformazione sta avvenendo? È un momento di attraversata estremamente difficile anche, e di conseguenza, per comprendere come si articolano i primi Altri del bambino nella politica sociale[5].

    Oggi, rispetto al mondo ieri, sta succedendo qualcosa nella verità soggettiva dell'umano, l'unico animale ad avere un buco interiore e a dover imparare ad arrangiarsi nella propria vita per divenire essere di linguaggio. Ogni bambino nasce due volte: una come animale, l'altra con la parola; per essere nel linguaggio bisogna che lui sopporti l'assenza dell'immediato alla quale dovrebbe essere obbligato e non è quello che succede oggi. Per secoli abbiamo trasmesso la presenza e l'assenza nel bambino senza che i genitori facessero un corso di formazione specifico. Con la nascita dell'essere umano, affinché diventi soggetto della propria parola e un essere di linguaggio, c'è un lavoro da fare.

    Occorre chiedersi come oggi la società sostenga i genitori in questa trasmissione. Si parla dei gadget con cui si tacitano spesso i bambini, annullando così sia la loro parola con l'oggetto, sia la possibilità dell'adulto di ascoltare e vedere.

    Essere nella parola per Lacan e nella cura del sintomo

    Lacan ci introduce all'essere che parla; c'è essere solo nel linguaggio, nella sua singolarità da quando arriva nel mondo e se ha percorso un tragitto di umanizzazione. Cioè essere nella parola. Nell'esperienza psicoanalitica è evidente che non c'è formazione dell'analista ma ci sono solo formazioni dell'inconscio della propria analisi, dove si incontra il buco interiore in un desiderio inconscio. E a tal proposito riprendo il discorso di chiusura di Lacan delle Journées des Cartels pubblicato ne Il buco e il vortice dove propone una relazione di religione del desiderio:

    Soprattutto perché il desiderio mi sembra essere legato a una nozione di buco. Un buco nel quale molte cose vengono a mulinare al punto da farsi inghiottire […]. Quando volete disegnare un vortice, ricordatevi del mio nodo: ce ne vogliono almeno tre per far sì che si produca un buco a forma di mulinello. Se non ci fosse un buco, non vedrei proprio che cosa ci staremmo a fare, noi analisti. E se questo buco non fosse almeno triplice, non vedrei proprio in che modo potremmo sostenere la nostra tecnica. Tecnica che fa essenzialmente riferimento a qualcosa di triplice e suggerisce un triplice buco. Ad ogni modo, per quanto riguarda il simbolico, è certo che ci sia qualcosa di sensibile che fa buco. Per quanto riguarda l'immaginario, ossia il corporeo, è non solo probabile ma manifesto […]. Tutto il problema è di sapere in che cosa l'incidenza del linguaggio, ossia del simbolico, sia necessaria per pensare quello che, intorno al corpo, è stato pensato, nell'analisi, come legato in qualche modo, a diversi buchi. Non c'è bisogno qui di sottolineare in che modo l'orale, l'anale – senza contare gli altri che ho pensato dovervi aggiungere per rendere conto di ciò che è pulsione – non c'è bisogno di sottolineare che la funzione degli orifizi nel corpo ci indica che non si tratta di un semplice equivoco quando trasportiamo il termine buco dal simbolico all'immaginario[6].

    Successivamente a questo discorso del 1975, Lacan si espone nel Seminario su Joyce e introduce il quarto anello, attraverso cui il sintomo diventa sinthome. Questo termine include da un lato l'esistenza di un nome-del-padre, e dall'altro prende il suo senso dall'essere messo in relazione con la questione del rapporto sessuale come impasse di struttura.

    Il discorso permette un'articolazione clinica importante nell'etica della psicoanalisi per la conduzione della cura e la decifrazione del sintomo nelle differenti strutture psichiche. Oggi, nella cultura del capitalismo, si tende verso il godimento dell'avere tutto e subito o verso l'esercizio del limite e del piacere dell'attesa? Per rispondere a questo interrogativo riprenderò un concetto freudiano relativo ai problemi sociali dell'uomo nella sua ostilità e nel disagio della civiltà partendo dal 1929, dopo la prima guerra mondiale[7].

    Nell'etica della conduzione della cura, il clinico non può ignorare la differenza tra la funzione che il valore-lavoro e le sfumature del tema del lavoro (economia, religione, crisi nei ruoli sociali, cambiamenti, nuova scienza tecnologica, ecc.) possono svolgere nella nevrosi ossessiva e nella psicosi ordinaria, strutture con un'economia psichica differente che coinvolge sia la triangolazione edipica che un all'al di là dell'Edipo nell'umano.

    Trovo indispensabile, per capire l'attualità della cura dei sintomi di oggi, ritornare ai concetti de L'avvenire di un'illusione in cui Freud descriveva così la civiltà umana:

    La civiltà umana – intendo tutto ciò che la vita umana si è elevata al di sopra delle condizioni animali e per cui essa si distingue dalla vita delle bestie (e mi rifiuto di distinguere tra civiltà e civilizzazione) – mostra notoriamente, a chi voglia osservarla, due differenti aspetti. Da un lato essa comprende tutto il sapere e il potere che gli uomini hanno acquisito al fine di padroneggiare le forze della natura e di strapparle i beni per il soddisfacimento dei propri bisogni, dall'altro tutti gli ordinamenti che sono necessari al fine di regolare le relazioni degli uomini tra loro e in particolare la distribuzione dei beni ottenibili. Queste due direzioni della civiltà non sono indipendenti l'una dall'altra, in primo luogo perché le relazioni reciproche degli uomini sono profondamente influenzate dalla misura di soddisfacimento pulsionale che i beni esistenti consentono di ottenere, in secondo luogo perché l'uomo singolo può egli stesso porsi nella relazione di un bene nei confronti di un altro uomo, nella misura in cui quest'ultimo ne utilizza la forza lavoro o lo assume come oggetto sessuale, in terzo luogo infine perché ciascun individuo è virtualmente un nemico della civiltà, cui pure gli uomini, nella loro universalità, dovrebbero essere sommariamente interessati. È da notare che, per quanto riescano pochissimo a vivere isolati, gli uomini avvertono tuttavia come un peso opprimente il sacrificio che viene loro richiesto dalla civiltà al fine di rendere possibile una vita in comune. La civiltà quindi deve esser difesa contro il singolo, e i suoi ordinamenti, istituzioni e imperativi si pongono al servizio di tale compito; questi ultimi mirano non solo ad attuare una certa distribuzione dei beni, ma anche a mantenerla, e devono in effetti proteggere contro i moti ostili degli uomini tutto ciò che serve alla conquista della natura e alla produzione dei beni. Le creazioni umane sono facili da distruggere e la scienza e la tecnica, che le hanno edificate, possono anche venir usate per il loro annientamento. Si ha così l'impressione che la civiltà sia qualcosa che fu imposto a una maggioranza recalcitrante da una minoranza che aveva capito come impossessarsi del potere e dei mezzi di coercizione […]. A mio parere è assolutamente necessario tenere a mente che in tutti gli uomini sono presenti tendenze distruttive, e perciò antisociali e ostili alla civiltà, e che in un gran numero di persone queste tendenze sono abbastanza forti da determinarne il comportamento nella società umana[8].

    E ancora ne Il disagio della civiltà pubblicato dopo la prima guerra mondiale aggiunge:

    Nessun'altra tecnica di condotta nella vita lega il singolo così strettamente alla realtà, come il concentrarsi sul lavoro, poiché questo lo inserisce sicuramente almeno in una parte della realtà, nella comunità umana. La possibilità di spostare una forte quantità di componenti libidiche, narcisistiche ed aggressive, e perfino erotiche sul lavoro professionale e sulle relazioni umane che ne conseguono, conferisce al lavoro un valore in nulla inferiore alla sua indispensabilità per il mantenimento e la giustificazione dell'esistenza del singolo nella società. L'attività professionale procura una soddisfazione particolare se è un'attività liberamente scelta, tale cioè da rendere utilizzabili, per mezzo della sublimazione, inclinazioni preesistenti, moti pulsionali persistenti cui già per costituzione l'individuo è vigorosamente predisposto. Eppure il lavoro come cammino verso la felicità è stimato poco dagli uomini. Non ci si rivolge ad esso come alle altre possibilità di soddisfacimento. La grande maggioranza degli uomini lavora solo se spinta dalla necessità, e da questa naturale avversione degli uomini per il lavoro scaturiscono problemi sociali spinosissimi[9].

    I problemi sociali spinosissimi interessano anche il nostro periodo storico attuale, ma con delle differenze poiché i sintomi di oggi non sono più quelli del periodo freudiano. E lo psicoanalista di oggi? I modi di convivenza e le forme dei sintomi con i quali il disagio si manifesta e l'ordine simbolico non sono più quelli di un tempo, lo si sa. La scienza, le tecnologie, il sistema economico capitalistico e globalizzato li hanno profondamente modificati. Nell'epoca della comunicazione diffusa l'individualismo è un sintomo sociale.

    Le associazioni degli psicoanalisti si accordano nel considerare indispensabile il fatto che ogni psicoanalista sia stato egli stesso analizzato. Non si tratta solo di una semplice esperienza puntuale destinata a far riconoscere al professionista la realtà dell'inconscio. Si ritiene piuttosto che, senza un'analisi approfondita, l'analista proietterebbe troppo facilmente le proprie difficoltà sui pazienti e che occorra dunque limitare al massimo le zone d'ombra, non essendo del resto i punti ciechi interamente riducibili tanto nello psicoanalista quanto in chiunque altro. L'Associazione Psicoanalitica Internazionale (IPA) si riconosce in un'analisi didattica: numero e durata delle sedute determinate in anticipo, scelta dell'analista limitata a una breve lista di 'didatti', pianificazione dell'insegnamento teorico che deve accompagnare, in capo a qualche anno, la cura stessa. Al termine del percorso, il soggetto richiedente il titolo di psicoanalista può essere autorizzato a condurre delle analisi sotto controllo. L'intero dispositivo conferisce a questi Istituti la forma di gruppi fortemente gerarchizzati che inducono facilmente un certo conformismo. Per Lacan, il quale si augurava che la sua Scuola funzionasse secondo tutt'altri principi, il soggetto che si imbarca in una psicoanalisi a fini didattici non deve essere in un primo tempo distinto da qualsivoglia analizzante. Come potrebbe rivelarsi il suo desiderio in un modo di procedere codificato, all'interno di strutture burocratiche? Invece, ciò non esime dall'interrogarsi su cosa può far sì che un analizzante diventi analista, tanto più che questo passaggio non è scontato. In effetti, divenire analista significa in particolare accettare di svolgere funzione di oggetto a. Nel transfert, l'analista si trova nel posto dell'oggetto che ha causato il desiderio dell'analizzante, ma poiché il rapporto dell'uomo con il suo oggetto è siffatto, egli stesso è oggetto d'orrore, oggetto d'angoscia, oggetto finalmente rigettato al termine del processo. Lacan immagina dunque una procedura particolare che permetterebbe di darne testimonianza a coloro che la psicoanalisi ha condotto al punto di passaggio all'analista. Secondo Lacan l'analista si autorizza solo da se stesso, nel senso che nessuno può prendere al posto suo le sue responsabilità nel compimento del proprio atto. Ciò non impedisce che un'istituzione possa riconoscere un analista. Nel dispositivo previsto da Lacan, coloro che sono riguardati dal passaggio all'analista (i 'passanti', passants) si rivolgono a dei passeurs (passatori, traghettatori), analizzanti che all'interno della propria analisi sono in grado di ascoltare qualcosa. Sono i passeurs che trasmettono a una giuria ciò che hanno inteso (procedura questa che dovrebbe evitare alcuni effetti immaginari abitualmente legati a ogni tipo di funzionamento di un'istanza che si fa carico di una nominazione). La giuria può designare come analista della Scuola il passante, da quel momento supposto capace di contribuire tramite il proprio lavoro alla risoluzione di problemi cruciali della psicoanalisi. Parallelamente a questo modo assai rivoluzionario di nominazione, Lacan ne mantiene un altro più tradizionale che, sulla base della qualità professionale degli analisti, poteva designarli come analisti membri della scuola.

    Sebbene Lacan abbia ritenuto la passe uno scacco, molti gruppi usciti dalla sua Scuola ne hanno ripreso la procedura. Sapere se sia sempre essenziale riprendere in modo sistematico l'esame di ciò che produce il desiderio dell'analista in quanto elemento operante in una cura (desiderio, il cui oggetto può d'altronde essere molto diverso dall'oggetto del fantasma) o se la procedura della passe ponga più difficoltà di quante non ne risolva, costituisce oggi delle poste in gioco della formazione dell'analista. Per quanto mi riguarda sono in 'analisi terminabile' e 'analisi interminabile', in quanto è solo da quattro decenni che si studia Lacan in Italia e la sua proposta rivoluzionaria mi invita ancora a studiarlo applicando la sua etica alla clinica del soggetto. Nel 1937 Freud dedica alcune pagine alle norme dell'attività professionale, alle regole severe cui devono attenersi l'aspirante analista e l'analista già formato che, al pari del paziente, dovrà trasformare la sua analisi da compito 'terminabile' in 'compito interminabile'[10], l'amore marcato d'ambivalenza che in Lacan ritroveremo nel neologismo odioinnamoramento.

    In Lacan vi è un passaggio in cui abbiamo il lavoro

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