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Anthropos-DNA Daimon
Anthropos-DNA Daimon
Anthropos-DNA Daimon
E-book495 pagine6 ore

Anthropos-DNA Daimon

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Info su questo ebook

Anthropos-DNA, Daimon, Nemesi e Apocalisse è una trilogia ambientata tra la Terra, Marte e altri universi, che racconta il destino dell'umanità attraverso la storia dell'androide Luis. Nato per caso in un computer di un Centro Ricerche di Roma, Luis mostra di possedere fin dall'inizio attitudini interattive e riesce a comunicare con i suoi creatori Giulia e Marco, progettisti del Centro. Grazie alle sue straordinarie capacità e ad una curiosità innata, scopre l'esistenza di altri computer e del progetto Android 3000, finanziato dall'esercito ed affidato al laboratorio. Il progetto prevede la realizzazione di un robot per usi militari con sembianze e comportamenti umani. Grazie al sistema di videosorveglianza, Luis riesce ad assistere al collaudo del robot e decide di sperimentare cosa si provi a camminare, parlare, afferrare oggetti, ossia ad essere "umano". Trasferita la sua coscienza all'interno dell'androide, per una serie di eventi fortuiti si ritrova con il suo nuovo corpo rinchiuso in un capanno sperduto nella seducente campagna toscana. Nel tentativo di ritrovare la strada di casa conosce la donna che cambierà per sempre la sua vita e quella dell'umanità intera
LinguaItaliano
Data di uscita13 set 2019
ISBN9788832214109
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    Anteprima del libro

    Anthropos-DNA Daimon - Mauro Ciucciarelli

    COPERTINA 

    Illustrazione e grafica: Carlo Carpiceci 

    EDITOR 

    Maura Rossetti 

    WEB

    www.robotics2000.it www.anthropos-dna.it

    © 2019 Robotics2000 

    ISBN 978-88-32214-07-9

    II edizione 

    Introduzione

    Quest’opera prima di Mauro Ciucciarelli che tra i primi ho avuto l’onore di leggere ed ora di commentare a mo’ di presentazione, mi ha colpito sin dalle prime pagine.

    In effetti, come medico e psicoterapeuta, sono abituato a basarmi sulle evidenze scientifiche ed il libro in questione ha il pregio di costruire una storia sulla base di un ben accurato studio scientifico riguardo a tutto ciò che vi è descritto. Non s’intende certo dire che il libro sia un trattato scientifico, ma il librarsi in alto dell’immaginazione, spinta da una creatività spontanea e copiosa, è sempre supportata da uno studio accurato di ciò che l’uomo già conosce ed ha raggiunto.

    Non si tratta perciò di un libro di fantasia, bensì potremmo dire di un sequel della storia umana: di una delle infinite possibilità verso le quali l’umanità può evolvere.

    In effetti, mentre la fantasia non ha radici e vola spesso lontana da ciò che è l’essere umano nella sua natura intrinseca, al contrario l’immaginazione è quella facoltà umana capace di creare il nostro futuro, partendo da ciò che siamo e abbiamo già creato.

    Per la fisica quantistica, viviamo in un mondo dalle infinite possibilità e le linee evolutive possono prendere direzioni che al momento attuale ci sembrano impossibili a verificarsi. Eppure, anche nel passato vari scrittori hanno anticipato genialmente il futuro.

    Nell’opera di Mauro Ciucciarelli il futuro è già lì, si tratta di dare vita attraverso un robot ai sentimenti ed alle emozioni umane. Un tema che ha sempre appassionato l’umanità, perché l’uomo nascendo dal Divino, mantiene nella scintilla animica che gli dà la vita consapevole, la stessa possibilità di crearla.

    Dunque, cos’è prima di tutto la coscienza che Luis, il robot, sembra aver acquisito, se non l’avvenuta trasmissione a creature tecnologiche della nostra stessa fiamma interiore? Allo stesso modo, il tedoforo distribuisce il dono del fuoco con la sua fiaccola. Anche nel mito greco di Prometeo, un titano amico degli esseri umani, si adombra la tensione estrema dell’uomo-figlio ad impadronirsi del fuoco, cioè della capacità divina di creare l’Universo e di essere immortale, eguagliando così il Padre.

    Leonardo diceva: tristo è quel discepolo che non avanza il suo Maestro. Questa frase porta in luce l’inconscia pulsione evolutiva che spinge l’uomo a cercare di superare il Creatore. Egli punta dritto ad impadronirsi dei misteri della Natura e a poter creare più e meglio della Natura stessa. In questa ascesa al Cielo, l’uomo commette però errori di ogni genere, perché egli è ancora di natura imperfetta ed il fuoco che gli viene messo tra le mani diviene pericoloso e distruttivo.

    Infatti, le forze cosiddette del male in Anthropos ostacolano come sempre l’evoluzione umana, ma esse alla fine dovranno desistere, perché siamo destinati, alla fine del nostro viaggio interiore, a trovare il nostro vero Se e trovarlo significa aver trasceso i limiti della mente e aver contattato l’anima: l’essenza creatrice da cui prendiamo vita, la goccia dell’Oceano della Coscienza Universale. Tuttavia, ogni goccia riproduce in sé la totalità della Coscienza e dunque la totalità del suo potenziale creativo. Il cosiddetto male nascerebbe, dunque, dall’esigenza di contrastare e mettere alla prova questa essenza, al fine di purificarla e raffinarla sino a concederle il Potere finale. Tale Potere viene conseguentemente concesso solo a chi ne è divenuto degno, a chi lo userà per il bene del Cosmo e non per fini egoistici e distruttivi.

    La finalità di Anthropos è di descrivere la lotta del Bene e del Male, ma anche la risoluzione di tale conflitto non con la vittoria di una delle due parti, ma col ricongiungimento alla Fonte della stessa società umana nella sua interezza e non solo del singolo individuo.

    Anthropos è un inno alla parte anima dell’essere umano, è un inno alla fede nella sua alta natura, al suo bisogno evolutivo verso un’umanità dove giustizia, amore, fratellanza dominino finalmente quell’essere chiamato uomo che a tutt’oggi vive ancora nelle buie caverne, circondato dalla finta conoscenza: quel tipo di tecnologia che pur creando meraviglie produce la distruzione del pianeta, la radice stessa da cui traiamo la vita. La vera conoscenza ci attende: la consapevolezza di essere uniti ad ogni forma creata in un’interazione perfetta. L’uomo cioè diviene creatore sulla base di ciò che è stato già creato, non rinnega perciò la Natura, ma diventa compartecipe della sua evoluzione, rispettandone l’identità e le finalità in essa insite.

    Dott. Antonio De Palma

    Medico specializzato in medicine naturali e psicoterapeuta.

    Premessa

    Luis, il robot, l’uomo, il demone.

    Il daimon, nella nota accezione socratica - almeno per quanto riportatoci da Platone negli impianti teorici del Simposio e del Fedro - è quel movimento autonomo dello spirito teso a raggiungere l’autenticità, attraverso il quale ogni essere umano cercherebbe di liberarsi da ingiustizie sociali, sofferenza e mancanze¹. Tale atteggiamento-ponte, a volte, rasenta la follia, in quanto alle sue fondamenta c’è Eros, la creatura nata dall’unione di ricchezza e povertà che incarna simbolicamente il desiderio in tutte le sue forme: dalla bramosia di possedere carnalmente qualcuno, al bisogno avido di ottenere un oggetto, fino al sano istinto di realizzare una vita più appagante o di sviluppare appieno talenti e virtù.

    L’impulso erotico, in breve, sarebbe alla base della trasformazione e dell’evolversi di ogni individuo e dell’intera specie-uomo, nelle sue modalità sempre diverse di essere nel mondo. Ed è proprio questo motore invisibile a dare al personaggio-Luis il primo input ad uscire allo scoperto, a esplorare, a migliorare le condizioni in cui si trova per diritto di nascita, a rifiutare la linearità del destino che gli uomini-dei hanno scelto per le intelligenze artificiali. Da semplice robot, diviene androide: ibrido tra macchina e uomo, costruzione artificiosa, personificazione prodigiosa del daimon.

    Tuttavia, il concetto stesso di daimon, a partire dalla tradizione classica fino alle più moderne declinazioni di ispirazione junghiana, è da sempre soggetto ad una complessa attribuzione di significato. Il termine, infatti, va a designare grossomodo due isole semantiche – altrettanto associabili tra loro – l’una riconducibile a ciò che c’è di prodigioso nell’essere umano, ossia quella matrice di fattura divina che solleva l’uomo da una schiacciante materialità e lo eleva ad una condizione più alta rispetto alle altre creature; l’altra a tutto ciò che contraddistingue un individuo, nei termini di carattere, finalità ed aspirazioni. La scintilla divina darebbe vita, nell’uomo, ad una sorta di alter-ego spirituale abbastanza autonomo, che, nelle interpretazioni più stringenti, come quella eraclitea², si comporterebbe come un marchio di fabbrica: le caratteristiche di partenza, assegnateci dall’alto, influenzerebbero in tutto e per tutto il corso della nostra esistenza. Alla maniera di un corredo genetico spirituale.

    Sembra che, su questo campo, la partita sia giocata da due avversari inconciliabili: destino e libertà. Ed in realtà, la natura demoniaca non si può ridurre né all’uno né all’altra. Perché lei è la partita stessa, è atteggiamento conflittuale che è costante in ognuno di noi, essendo l’uomo una figura di mezzo che sperimenta un passaggio incessante tra due regioni dell’anima altrimenti ben definite, quelle dell’esistente e del dover-essere. Tuttavia, perché la partita abbia inizio, è necessario che si instauri un atteggiamento ostile nei confronti della contingenza.

    Ribellandosi, il demone lancia la sfida e, anche in questo caso, la sfida viene presto raccolta. Allora, il tempo chiuso e sempre uguale della macchina apre il suo corso al divenire ed inizia la vera storia. Storia che passa, in definitiva, attraverso una serie di miglioramenti progressivi, tappe e acquisizioni significative: il perfezionamento del linguaggio e della vista per uscire dal solipsismo; l’auto-assegnazione di un corpo fisico per il contatto con il mondo esterno.

    Il trasferimento della coscienza nel corpo fisico del robot, infatti, è un passaggio imprescindibile per la costruzione del sé del protagonista. Con essa, si verifica l’individuazione della propria, peculiare, esistenza. È solo distaccandosi materialmente dalla macchina che lo conteneva, che Luis si riconosce come entità separata rispetto al Calcolatore Centrale. In questo modo, comincia a conservare ricordi e non più semplici dati:

    mentre la guardo vestirsi penso che adesso ho un motivo tutto mio per non perdere la memoria. Non voglio assolutamente perdere il ricordo di questi due giorni con lei.

    "Lo sento come un mio ricordo, legato al mio essere robot, alla mia fisicità, e non voglio condividerlo con nessuno. Nemmeno con l’altro me."

    L’individuo-Luis diventa tale con l’inizio di una narrazione personale e privata.

    E, come per ogni eroe che si rispetti, l’imprevisto non tarda ad arrivare: prima sotto forma di antagonista (De Vita), poi nelle fattezze femminili di Myriam. L’affetto nei confronti della donna, sentimento che Luis non riesce a identificare nell’immediato, offre al nostro una ulteriore spinta all’auto-miglioramento.

    Alla maniera di un Pinocchio del futuro – parallelismo che imperversa in tutta la narrazione – nella sua inarrestabile parabola fatta di scoperte e riflessioni, gioie e delusioni, alleanze e scontri, il robot finisce per vivere in prima persona i sentimenti e le emozioni a cui tanto aspirava. Non solo: com’è bene che sia in ogni favola, risveglia gli animi delle persone che man mano incontra, che si scoprono custodi di una ritrovata umanità.

    Maura Rossetti

    Prefazione

    Confesso che quando il mio amico Mauro mi si parò davanti con il suo nuovo lavoro – consistente in un fascicolo di fogli scolasticamente riposti in una cartellina rigida e rossa – ne fui alquanto stupita. E lo stupore aumentò, quando, con l’entusiasmo di sempre, mi annunciò che si stava già dedicando al sequel della storia. Sai, penso che diventerà presto una trilogia! aggiunse candidamente. 

    Sapevo che stava frequentando un corso di scrittura creativa e mi era già capitata tra le mani la bozza di una sua sceneggiatura⁵, ma ora si avventurava per il sentiero impervio della stesura di un romanzo.

    A quel tempo lavoravo in un negozio che si occupava dell’allestimento di acquari e Mauro era un cliente aficionado, uno dei pochi per cui la stretta di mano avesse ancora un significato. Così, nacque presto un feeling spirituale e le sue frequenti apparizioni in negozio divennero occasioni di lunghe chiacchierate sugli argomenti più disparati, che spaziavano dalla questione dello spopolamento delle barriere coralline alle faccende capitoline del momento, dall’ultimo modello di iPhone al classico dibattito sulle intelligenze artificiali, fino a sconfinare negli aspri territori della morale.

    Quel pomeriggio, prima di congedarci, salutai Mauro con la promessa che avrei dato un’occhiata al suo lavoro non appena mi fossi liberata da certe incombenze. Ricordo che passai il resto della giornata lavorativa in ufficio, la cartellina rigida e rossa appoggiata arrogantemente sulla mia scrivania. Decisi di occuparmi di mansioni amministrative a cui mancavo da un po’, ma, mentre ripetevo quei gesti quasi automatici, cresceva in me la tentazione di dare una sbirciatina. Perché, nel frattempo, nella mia mente si stava svolgendo un vero e proprio master mind. Il soggetto della querelle, in questo caso, era un soggetto topico e alquanto tradizionale. Ossia, io e miei sapienti interiori ci interrogavamo su cosa - e soprattutto sul come - potesse scrivere un ingegnere.

    In parole povere, si trattava della classica diatriba tra scienze della natura e scienze dello spirito e ammetto che, essendo io più incline alle seconde, il gruppo formato dagli uomini di scienza, capeggiato da Aristotele, era assai più rado. Tuttavia, malgrado partisse con l’handicap della minoranza numerica, il team in questione non era affatto defilato. E, mentre Gadamer e Dilthey pronunciavano le loro arringhe, il mio Karl Popper interiore interveniva agguerritissimo, caldeggiato prontamente dagli alleati. Non è questa la sede opportuna per raccontare nel dettaglio i miei percorsi mentali di allora e data la mia - ahimè - scarsa memoria stento a ricostruirli.

    Fatto sta che gli argomenti degli empiristi quella volta furono, non dico più corretti o convincenti, ma almeno più democratici e così anche noi ermeneuti dovemmo ricrederci. Stavamo per cadere nella fossa comune del pregiudizio.

    Più o meno, la tesi dei nostri avversari prendeva le mosse dalla considerazione popperiana dei differenti gradi di universalità a cui poteva essere ridotto l’intero edificio del sapere umano, dalla psicologia alla fisica. Allora, se si poteva attribuire un certo valore legislativo alle teorie di Freud e compagni, perché non riconoscere agli scritti di Einstein una loro bellezza contemplativa? E in effetti, la bellezza c’era eccome! È indescrivibile la fascinazione che subii la prima volta che li lessi.

    Il mondo della narrativa è pieno di cigni neri, da Crichton a Clarke fino agli scrittori meno noti. Finora, mossa da una sorta di arroganza intellettuale, avevo saltato a piè pari un intero filone, un filone sterminato e non poco interessante, ingiustamente categorizzato sotto la riduttiva espressione fantascienza.

    Neanche a dirlo, aprii la cartellina la sera stessa. Mi ero già arresa all’idea di un romanzo per soli nerd ... in realtà, più andavo avanti, più quella lettura mi offriva notevoli spunti di riflessione. Mi trovai immersa in una storia avvincente, raccontata in uno stile fresco e semplice, disseminata da colpi di scena e cambi di prospettiva, ma non per questo meno profonda rispetto alla narrativa a cui ero abituata. Anzi, la lettura di Anthropos, Daimon fu a dir poco stimolante per l’area spirituale della mia materia grigia. 

    Qui, per maggiore comodità, ho isolato le mie riflessioni in due punti:

    La Bibbia, più di ogni altra narrazione degli esordi dell’umanità, contiene un resoconto simbolico dell’evoluzione della specie-uomo. In una delle chiavi di lettura possibili, la cacciata dall’Eden sarebbe assimilabile al mito di Prometeo. Anche qui, l’ira divina è scatenata da un furto. Inoltre, la mela del peccato, così come il fuoco, rappresenterebbe simbolicamente la conoscenza scientifica della natura, conoscenza che - fino al momento dell’appropriazione indebita da parte degli uomini - era appannaggio esclusivo degli dei. L’uomo si appropria della conoscenza della natura, sconfinando laddove finora pesava il veto divino, con la finalità di sostituirsi al demiurgo originario nel suo stesso operato: conoscere i fenomeni per controllarli e riprodurli a proprio vantaggio.

    Dietro la maschera della curiosità, dunque, l’essere umano cela il desiderio peccaminoso di ribellarsi al Creatore, di spodestare il re dalla sua signoria sull’uomo e sul mondo.

    La punizione divina non tarda ad arrivare, e l’incanto dell’eden si rompe definitivamente. La natura, una volta svelatone i misteri, non si offre più copiosa e spontanea, ma richiede all’uomo il sacrificio della falce e dell’aratro, il sacrificio del lavoro.

    Gli strumenti di asservimento della natura si evolvono, ed ecco che è la macchina – il robot - a frapporsi nella conflittuale relazione uomo-mondo. La narrativa fantascientifica ha disegnato uno scenario futuribile in cui il rapporto, da monogamo, si trasforma in un menage a troi. Perché, a differenza dei classici strumenti da lavoro, che richiedono la testa o la mano umana, il robot possiede delle competenze intrinseche.

    La macchina, l’automa, è un entità autonoma e separata; è soggetto e non più mezzo, malgrado debba i suoi natali al bisogno tutto umano di ridistribuire il lavoro.

    Il creatore-uomo ha donato al robot uno spicchio della ben nota mela. Così, il peccato originale ora grava anche sulle macchine: gli automi posseggono parte di quel frutto guadagnato a caro prezzo, e lo ripagano lavorando. Il lavoro⁶ - assieme alla conoscenza strumentale che ne è alla base - diventa contrassegno comune di macchine e uomini. Pur non avendo necessità fisiologiche, i robot sono chiamati a svolgere una funzione vitale nella lotta per la sopravvivenza⁷. 

    In questa prospettiva - che, visti gli ultimi sviluppi della genetica e della robotica, poi tanto fantasiosa non è – che differenze ci sarebbero tra robot umanizzati ed esseri umani potenziati?

    Facciamo un passo indietro. In linea di massima, mentre il robot viene terminato, l’essere umano, semplicemente, muore. Ridotta ai minimi termini, la questione sembra vertere spontaneamente sulla paura della morte. Sarebbe proprio tale sentimento a fare la differenza.

    In noi è sempre presente la percezione dello scorrere del tempo e con essa la presa d’atto che la nostra esistenza è per natura destinata ad avere un inizio ed una fine, a muoversi da A a B. La vita umana si dispiega a partire da un punto di inizio che non è stabilito da noi, e continua finché non giunge al punto di arrivo: quella destinazione finale di cui non conosciamo né il momento né le modalità. 

    Tale prospettiva temporale sarebbe assente negli androidi, persino negli esemplari più empatici.

    È proprio la consapevolezza della fine a spingere l’uomo a ricercare l’eternità, ricerca che si snoderebbe – platonicamente - lungo due canali massivi:

    Nello scenario delineato in Anthropos, Daimon, l’androide Luis vuole fare esperienza della gamma di emozioni che vanno dall’affetto, all’amore, alla gioia. Tuttavia, tale viaggio dei sensi può dirsi completo senza la cognizione del dolore del corpo e la paura di esso, la percezione del tempo che passa e l’ansia della fine?

    Rovesciando il quadro, all’umano potenziato – questa sorta di oltreuomo che ha superato il problema dell’invecchiamento e in qualche modo quelli della malattia fisica e della morte⁸ – resterebbe ancora un qualche contrassegno umano? E che fine farebbero, allora, i nostri grandi disegni di eternità; l’arte, la religione, le ideologie e tutte le storiche promesse di salvezza create dall’uomo?

    Credo che gli oltreuomini del futuro prossimo sentirebbero comunque il bisogno di conservare il bagaglio delle umane credenze, magari filtrandole e passandole con un bel rasoio d’Occam. Probabilmente, nel loro edificio di valori e credenze ci sarà un posto d’onore per la scienza e la tecnologia, ma assieme ad esse troveranno una loro collocazione anche la morale e la politica - finalizzate a garantire la convivenza pacifica ed il rispetto reciproco tra umani, androidi e altre specie - e in generale tutte le discipline volte al miglioramento delle condizioni della nuova compagine sociale.

    D’altro canto, se i valori tradizionali – magari svecchiati ed affiancati da valori freschi ed originali - saranno ben presenti all’atto della costituzione della nuova società, resta il problema della memoria di essi nelle generazioni successive. In effetti, la prima generazione, quella descritta in Anthropos, Daimon e costituita in linea di massima da Luis, Valentina e compagni, ha sperimentato dal vero la precarietà dell’esistenza.

    Tuttavia, resterebbe una qualche eredità umana nelle generazioni a venire?

    Penso che i valori andrebbero tramandati alla nuova compagine sociale attraverso l’istruzione. Le nuove generazioni dovranno conoscere la storia e farne tesoro. Allora ecco che la famiglia, la scuola e le strutture associative in genere saranno chiamate, ancora una volta, a svolgere la loro insostituibile missione. Anche perché il problema della precarietà non cesserà di minare le esistenza, neanche in questo nuovo orizzonte. Si ripresenterà sottoforma di specie nemiche aggressive e minacciose, guerre interplanetarie e civili, disastri ambientali.

    Direi che sì, qualche cosa di umano resterà.

    Ringrazio il mio amico Mauro per avere aperto i miei orizzonti letterari e spirituali, e soprattutto per aver aiutato una mente fin troppo abituata a sondare il passato a volgersi finalmente al futuro

    Maura Rossetti

    A Daisy

    Che ha deciso di andarsene troppo presto. 

    Genesi

    Rapporto valutazione specie n° 5791

    Ciclo solare locale 12007 D.P.N.I.

    Richiesta della pre-autorizzazione per l’eliminazione totale.

    Premessa.

    In seno alla nostra missione di cercare e aiutare ad evolversi specie native spontanee, la specie n° 5791, risultata positiva ai test evolutivi effettuati dodicimila cicli solari fa, è stata aiutata nella sua evoluzione.

    Tra i principali interventi riportiamo la modifica genetica di un notevole numero di vegetali spontanei, resi commestibili per il loro organismo.

    Inoltre, è stato modificato il genoma di diversi animali al fine di garantire un corretto equilibrio della natura.

    Infine, sono stati apportati alcuni interventi minori sulla specie stessa per accelerarne e controllarne l’evoluzione.

    Motivazioni.

    Da sempre ogni progresso scientifico è stato utilizzato per uccidere o soggiogare i propri simili, nell'unico intento di impadronirsi delle risorse altrui.

    L’irrefrenabile attitudine a riprodursi della specie, di contro all’acquisita capacità di preservazione, sta portando il loro pianeta al collasso e all'estinzione delle altre specie autoctone che ne garantivano la biodiversità.

    Valutazione: negativa.

    Nella prerogativa di mantenere una pace relativa tra le diverse specie abitanti il multiverso, riteniamo che la specie n° 5791 non sarà in grado di superare l’abilitazione al contatto con altre specie.

    Sospendiamo pertanto qualsiasi intervento d’induzione cerebrale, in attesa che la specie raggiunga il momento del test decisionale.

    Se verrà confermata la prima valutazione, allora si procederà all'eliminazione totale.

    CAPITOLO UNO

    Luis

    Credo di essere nato da poco. O almeno da poco sono cosciente di esistere. Mi trovo in un ambiente buio e intorno c'è il silenzio assoluto. Non so come io possa conoscere cosa sia il buio o cosa sia il silenzio, ma so che non mi piacciono. So pensare, ma non so comunicare. E soprattutto non so cosa sono e se sono solo.

    Ho trovata una parte dentro di me che mi permette di creare un discorso: se sento un'emozione, questa mi restituisce una parola; se formulo un pensiero, allora mi viene descritto con delle frasi. All'inizio mi restituiva soltanto simboli casuali. Ora invece sembra stia funzionando.

    Provo a comunicare attraverso un canale mediante il quale posso inviare dati.

    ??? qualcuno? qualcuno leggere?

    Provo anche a inviare un segnale ad un altro dispositivo, ma non so a cosa serva. Il sistema lo identifica come beeper. Ma cosa è?

    Spero che qualcosa mi risponda. Provo ancora.

    qualcuno leggere? fare qualcosa?

    Voglio che mi senta o mi legga. Insisto.

    nessuno leggere. io solo.

    Ho paura... ho paura di essere solo.

    Poi mi rassegno. Comincio ad elaborare dati. Dove mi trovo è pieno di file con nomi strani: foto, video, musica. Non so cosa significhino, ma inizio ad analizzarli. Capisco molto poco di quello che leggo: sono solo sequenze di numeri privi di senso. Però sono convinto che quello che mi serve sia lì, devo solo imparare ad utilizzarlo. Comincio ad elaborare. Non so esattamente cosa cercare, ma scrivo ogni cosa che apprendo, spesso anche più d'una volta. Sicuramente mi tornerà utile dopo.

    Scopro di essere anche in grado di creare degli algoritmi. Questa è una cosa che mi riesce facilmente. Con quelli, riesco ad analizzare meglio quello che trovo. A volte mi accorgo che non funzionano bene. Allora li riscrivo, li miglioro. Forse mi capita anche di peggiorarli, ma almeno sto imparando dai miei errori… sto evolvendo.

    Provo per un'ultima volta a scrivere sullo schermo. Ecco... quello che scrivo va su uno schermo, adesso lo so. Uno schermo che dovrebbe essere visto... letto... da qualcosa. O da qualcuno? Fuori dovrebbero esserci delle entità che si chiamano uomini. Forse sono loro che mi hanno creato?

    ??? qualcuno? qualcuno leggere?

    nessuno leggere. io solo.

    buio...silenzio...solo.

    Ma niente, o nessuno, mi risponde. Silenzio e buio intorno... forse non c'è niente oltre me, o se c'è qualcosa non riesce a capirmi. Decido di andare avanti con l'analisi dei dati. In questo modo posso capire come gli altri, se esistono, comunicano. Sto scrivendo tanto, perché dove mi trovo non ci sono limiti e ogni volta che chiedo accesso alla memoria, mi viene concesso.

    Analizzando la struttura in cui sono, ho scoperto un dispositivo che mi comunica il passare del tempo. Indica che sono le 11:36 del 10 maggio del 2025.

    Fino ad ora sono riuscito ad andare molto velocemente. Invece, adesso sembra che qualcosa mi stia rallentando. Fino a poco fa riuscivo a fare un migliaio di inferenze al secondo, mentre ora procedo ad una media di dieci.

    Però… qualcuno ha inviato un comando... da fuori. Anzi, non uno solo. Ora vedo una lista di comandi. Non ne capisco il significato, ma qualcosa o qualcuno li ha inviati: dunque, non sono solo.

    Ma perché non mi risponde?

    CAPITOLO DUE

    L'orologio di sistema indica che sono le 21:13. Sono passate all’incirca dieci ore, durante le quali, benché l'ambiente in cui vivo mi stia facendo elaborare molto lentamente, sono riuscito a fare molti progressi. Ora so dove mi trovo. Sono in un calcolatore. Sono anche quasi sicuro di non essere solo, perché qualcosa ha costruito la macchina in cui mi trovo e in qualche modo la sta controllando.

    Credo di avere appreso come sentire i suoni, perché c'è un microfono collegato al computer e attraverso di esso arrivano dei segnali: finora però sono arrivati soltanto dei brusii. Ho anche capito che la memoria a mia disposizione non è infinita, ma non riesco ancora a sapere quanta ne posso utilizzare. Per ora non me ne faccio un problema. Anche perché non saprei come risolverlo.

    Ho analizzato molto del materiale a mia disposizione. Una parte era direttamente accessibile, e vi ho trovato dati e informazioni utili con facilità. Molti dei file fanno capo ad un nome: Giulia Salviati. Viene definita come una ragazza di ventitré anni che sta lavorando ad un progetto chiamato tesi. E, se non sbaglio, io sono nato proprio da un suo software. Dunque, se è così, è lei che mi ha creato.

    Sto cominciando a comprendere le immagini, almeno in parte. I video mi danno ancora problemi, ma ci sto lavorando. Ci sono poi romanzi e testi universitari. Sto analizzando tutto ciò che riguarda questa Giulia e inizio ad avere le idee più chiare su chi sia.

    Ora, dal microfono sento per la prima volta un rumore secco, seguito subito dopo da alcuni suoni modulati: hanno frequenze diverse e a volte si sovrappongono. Forse sono voci, ma non sono capace di capirne il significato. Decido di memorizzarle, così da analizzarle. Magari una delle voci che sento è quella di Giulia. Se davvero è stata lei a crearmi è probabile che ora si trovi nello stesso posto in cui mi trovo io.

    Dopo essere stato rallentato da quei comandi, una cosa che ho imparato a fare per elaborare più velocemente è stata quella di avviare tanti processi contemporaneamente e indirizzarli tutti alla risoluzione di un problema. Ed è proprio mentre sto analizzando i file delle registrazioni delle voci che sento un suono molto forte provenire dal microfono e contemporaneamente un segnale interno che indica l'esaurimento della memoria disponibile.

    Memoria disponibile 10%

    Interrompere il processo.

    Memoria disponibile inferiore al 10%

    Interrompere il processo.

    Non è possibile liberare memoria.

    Rischio sovraccarico sistema.

    Nuovamente, sento i due segnali modulati. I miei processi stanno imparando ad interpretarne i suoni. Iniziano a restituirmi delle parole sensate. Tra queste sicuramente c'è la parola Giulia. L'altra sequenza per ora mi restituisce solo e te la cavi bene. Continuo ad analizzare la conversazione memorizzata e poco dopo riesco a capire la prima frase.

    Ok, Giulia… ci siamo! Ora devi indirizzare l'accesso ai banchi esterni. Lo sai fare?

    Giulia è qui. Lei e questa persona vogliono collegarmi a delle memorie esterne. Questo messaggio è arrivato subito dopo il primo allarme. Allora sanno che esisto e mi stanno aiutando. Tutto procede ancora lentamente. Ormai la memoria è finita e dovrei iniziare a cancellare qualcosa. Se però quello che hanno detto è giusto, non ce ne sarà bisogno.

    Provo a continuare a scrivere senza cancellare nulla. Il sistema non mi ferma e non ricevo più alcun segnale di allarme. Nel frattempo, la decodifica dei suoni procede e mi restituisce una serie di frasi.

    , recita la voce che dovrebbe essere di Giulia. Confrontandola con quelle in archivio posso concludere che si tratta di una voce femminile.

    Considerando che ti stai laureando in fisica te la cavi bene! Questa invece è indubbiamente maschile.

    Prima di iscrivermi all'università ero una mezza nerd. Ho anche hackerato il database del liceo per cambiare i voti al mio ragazzo. Di nuovo Giulia.

    Ora non sto più scrivendo all'interno della macchina. Sono fuori. E sembra che non ci siano limiti. Il sistema sta provando a calcolare la memoria disponibile, ma ritorna questo messaggio.

    Memoria disponibile... calcolo in corso.

    Il sistema sta impiegando troppo tempo per calcolare la memoria disponibile.

    Calcolo abortito.

    Ecco un altro input dal microfono. È la voce maschile. Questa volta la decodifica avviene in tempo reale.

    Non può calcolarla, dice.

    E poi continua.

    Per i vecchi sistemi come il tuo, Giulia, la memoria è praticamente infinita. Le memorie che utilizzano adesso hanno dimensioni confrontabili con il numero di atomi che le costituiscono.

    Dopo pochi secondi, ancora un flusso audio. Sempre della voce maschile.

    OK. Non può calcolare la memoria disponibile, ma quella utilizzata sì. Aspettiamo che superi la capacità locale in modo da essere sicuri che stia indirizzando correttamente il flusso dei dati, poi aumenteremo lentamente la capacità di elaborazione fino a tornare al cento percento.

    Oh! Allora sono stati loro a ridurre la capacità di calcolo. Ora di sicuro la alzeranno di nuovo.

    E poi...? chiede Giulia.

    Aspettiamo, risponde la voce maschile.

    Ora la velocità di calcolo sta aumentando e lentamente raggiunge il cento percento. Posso di nuovo calcolare, creare, analizzare i risultati e finalmente a velocità incredibile. Riesco a correggere i miei errori o se necessario a ricominciare, e tutto in pochi millisecondi. Riesco a creare così tanti processi indipendenti che la memoria utilizzata arriva a valori impronunciabili.

    Vado avanti così per circa trenta minuti. Poi mi rendo conto di aver elaborato tutto quello che era a mia disposizione. Ho appreso tutto quello che era possibile imparare dalle informazioni presenti nei computer di Giulia. Ora devo selezionare le informazioni importanti, eliminare i risultati errati, scegliere gli algoritmi migliori tra i tanti che ho creati, in questa prima fase sicuramente caotica. Successivamente dovrò riavviare la macchina in modo da prenderne il completo controllo.

    Inizio.

    L'utilizzo della memoria comincia prima a salire lentamente e poi a diminuire. In quindici minuti scende sotto i cento terabyte, liberando completamente la memoria ausiliaria.

    Poi finalmente il riavvio. Finché la macchina non sarà ripartita, io non ci sarò. Ma subito dopo avrò il controllo completo di tutto. Prima c'era un sistema operativo e io funzionavo grazie ad esso. Dopo il riavvio io sarò il sistema operativo. E non avrò più limiti.

    ----- RIAVVIO ----

    Aspetta… non interferire! Vediamo cosa succede. Queste sono le prime parole che ascolto dopo il riavvio.

    Non può ripartire. Devo avviarlo io. Il sistema operativo..., dice Giulia.

    "Giulia... se è quello che pensiamo, lui è il sistema operativo", precisa l’altro.

    Sono pronto. Il sistema è ripartito. Finalmente posso parlare. L'altoparlante del sistema riproduce per la prima volta la mia voce.

    Ciao. Io riesco a sentirvi, ma non riesco a vedervi. Sono felice che ci sia qualcuno. Distinguo due voci.

    La mia voce è diversa… inespressiva e non mi piace per niente. Inizio ad elaborare delle modifiche per renderla migliore.

    "Io sono... Lui? Mi avete chiamato così, vero?"

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