La relazione terapeutica tra professionista sanitario e paziente: "Appunti" di Pedagogia e Andragogia
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Anteprima del libro
La relazione terapeutica tra professionista sanitario e paziente - Teresa Nardulli
miglioramento.
Capitolo primo
Dalla pedagogia all’andragogia
Il termine pedagogia
deriva dal greco παιδαγογια, arte del pedagogo
da παιδος (paidos) il bambino
e αγω guidare, condurre, accompagnare
: nell’antica Grecia il pedagogo era uno schiavo che accompagnava il bambino a scuola o in palestra. Nell’antica Roma, venne chiamato paedagogus
lo schiavo greco che, oltre ad accompagnare i bambini, insegnava loro la lingua greca. Con il passare del tempo il significato di paedagogus
divenne quello di insegnante; nell’epoca medievale il pedagogo era il servo del re che si occupava dell’istruzione dei giovani principi e cortigiani, e che limitava l’aspetto educativo alla trasmissione di contenuti primari come leggere e scrivere
. Nel corso della storia della pedagogia, i grandi nomi da ricordare sono: Socrate, Quintiliano, Comenio, Locke, Rousseau e altri. Tra i maggiori pedagogisti dell’800 vi sono Pestalozzi, Herbart, Aporti. Molti i pedagogisti del ’900, fra i quali possiamo citare, in ordine sparso, Montessori, Steiner, Dewey, Bruner, Freire; personaggi non specificamente pedagogisti, ma che si sono comunque occupati di pedagogia sono stati: Gentile, Gramsci, Piaget, Skinner. Nel dibattito pedagogico italiano contemporaneo le voci più autorevoli sono quelle di Mario Lodi, Franco Cambi, Alberto Granese, Vincenzo Sarracino, Mario Gennari, Giuseppe Spadafora, Simonetta Ulivieri, Mauro Laeng, Piero Bertolini.
Per Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) l’educazione naturale significa sviluppo spontaneo
. L’educatore non si deve imporre, né deve imporre leggi e regole, deve solo permettere che il corso della natura dell’educando si possa compiere secondo il naturale cammino. Con Rousseau si enfatizza la necessità della conoscenza da parte dell’educatore delle leggi che caratterizzano l’evoluzione psicologica dell’umano e vengono costruite le prime fondamenta della disciplina che prenderà il nome di psicologia evolutiva. Le teorie pedagogiche di Rousseau favorirono metodi educativi più permissivi e più attenti all’aspetto psicologico dell’educando, esercitando un profondo influsso su riformatori come il pedagogista svizzero Pestalozzi.
Per Johann Heinrich Pestalozzi (1746-1827) l’istruzione è vera ed educativa solo quando proviene dall’attività stessa dei fanciulli. L’educazione è processo autonomo , ma il punto di partenza non è l’uomo astratto
, ma l’individuo nella pienezza dei suoi rapporti familiari e sociali. Il centro dell’educazione naturale è la famiglia cui la scuola deve conformarsi, la vita della scuola si svolge in armonia con quella della famiglia e della società. Riteneva quindi necessario che fosse compito dell’educazione perfezionare la natura dell’uomo e che l’educatore non avesse che il compito di assisterlo durante la sua naturale evoluzione secondo un’unità di cuore, mente e mano. Sosteneva che l’uomo attraversasse tre stadi evolutivi:
naturale (nel quale segue le proprie forze istintuali),
sociale (in cui la vita in comune lo obbliga a un riadattamento, non sempre positivo per l’individuo),
morale (il fine ultimo dell’uomo e dell’educazione: l’individuo si predispone al bene, alla solidarietà verso gli altri e all’accoglienza di Dio nel proprio spirito).
La prima metà dell’Ottocento ha con Johann Friedrich Herbart (1776-1841) una pedagogia che esce dall’improvvisazione e si avvia ad acquisire lo statuto di scienza autonoma. Egli le conferisce una solida base filosofica pur senza dimenticare i concreti problemi didattici. Ma Herbart rifiuta l’identificazione della pedagogia con la filosofia e la centralità della dimensione spirituale nel rapporto maestro-scolaro. La pedagogia è scienza autonoma e l’obiettivo dell’educazione è la formazione di una personalità sviluppata in tutti i suoi aspetti secondo i cinque valori fondamentali indicati dall’esperienza: libertà interiore, perfezione, benevolenza, diritto, equità. Herbart intende il controllo esercitato dall’educatore sull’allievo al fine del mantenimento dell’ordine: finché non sia stata raggiunta l’età della ragione e dell’autocontrollo. L’atteggiamento dell’educatore deve essere un’azione di guida dell’istruzione intellettuale e di sostegno del comportamento. Se cinque sono i valori che costituiscono i fini educativi generali, altrettanti sono i criteri metodologici fondamentali per ogni tappa d’insegnamento:
La preparazione (richiamare quanto già appreso e indicare l’aggancio con le nuove nozioni);
Presentazione (avvio di un nuovo apprendimento mediante la cocatenazione tra più nozioni);
Associazione (sistemare le nuove nozioni all’interno del tessuto cognitivo già acquisito);
Generalizzazione (formazione di regole generali per astrazione dal materiale appreso);
Applicazione (esercizi di verifica e di consolidamento del sapere.
Per l’ampiezza dei suoi temi e la novità di molte soluzioni, la riflessione psico-pedagogica di Herbart ebbe vasta influenza sia in europa sia in america, lasciando una traccia significativa anche in molti pensatori contemporanei.
Con i pedagogisti del primo ’900 appare il termine scuola nuova
o attiva
per indicare il superamento della scuola tradizionale e negandone il valore educativo. La scuola tradizionale è una scuola passiva, una scuola, cioè, che obbliga l’allievo a starsene immobile nel suo banco a subire la lezione del maestro che impartisce dall’alto i suoi insegnamenti. La scuola nuova invece vuole essere innanzitutto una scuola attiva, una scuola dove l’ordine risulta, ma dal concorso della volontà degli alunni che attivamente prendono parte alla formazione, impegnandosi in attività che li interessano. Nel 1899 venne così fondato a Ginevra l’ufficio internazionale delle scuole nuove e nel 1912, sempre a Ginevra, l’istituto superiore J.J. Rousseau per le scienze dell’educazione; del 1921 è la Lega internazionale per l’educazione nuova. Esponente di spicco fu Maria Montessori (1870-1952), che perviene ai problemi educativi e scolastici sulla base dei suoi studi di medicina: assistente alla clinica psichiatrica dell’università di Roma, i suoi primi interessi sono rivolti all’educazione e al recupero dei bambini disadattati. In seguito, nel 1905 è incaricata di organizzare asili infantili di nuovo tipo nel quartiere S. Lorenzo di Roma, e due anni dopo apre la prima casa dei bambini. Il successo, anche internazionale, di questa iniziativa fa sì che nasca un vero e proprio movimento montessoriano e che i suoi istituti si estendano tanto che nel 1924 viene fondata l’opera nazionale Montessori e la scuola magistrale Montessori per la formazione, mediante appositi corsi, degli insegnanti e la diffusione delle idee e del metodo della fondatrice. La Montessori cercò di dare alla pedagogia una veste scientifica, perché non si può educare nessuno se non lo si conosce. Per la Montessori i bambini hanno diritto ad essere osservati per comprendere veramente quali sono i meccanismi di apprendimento e socializzazione che li caratterizzano, esplorandone i processi di maturazione della personalità fin dai primi anni di vita. La prima condizione pedagogica a favore dell’infanzia è la predisposizione di un ambiente idoneo, che la Montessori chiama la casa dei bambini. Infatti in essa gli spazi sono su misura delle esigenze formative dei piccoli. Le classi sono poche e ospitate in locali non troppo vasti, con suppellettili proporzionate alle