L'agire formativo: Stili di apprendimento e strategie didattiche
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Ogni professionista della formazione ha, tra i molti, anche l’obiettivo di personalizzare l’apprendimento dei diversi soggetti in formazione che si trova a gestire nelle diverse situazioni date. Sappiamo anche come questo sia uno degli obiettivi più difficili da perseguire: seguire ognuno avendo di vista il gruppo; non tralasciare nessuno e avere la capacità di guidare il gruppo intero verso traguardi condivisi. Per raggiungere questo risultato è importante comprendere il modo personale con il quale ognuno di noi apprende sapendo che le modalità percettive sono diverse e costituiscono una canale preferenziale personale di ognuno.
La riflessione che ha dato l’avvio al volume è stata la seguente: quali strategie didattiche sono da mettere in campo se vogliamo personalizzare l’apprendimento valorizzando gli stili di percezione individuali?
Da qui si è sviluppata una ricerca che ha portato ad individuare nella Programmazione Neurolinguistica lo strumento per migliorare la capacità di comunicare e di entrare in rapporto empatico con l’interlocutore, per facilitare la comprensione degli stili di apprendimento individuali.
La PNL, infatti, è lo studio di come ogni individuo percepisce e interpreta se stesso, gli altri e il mondo che lo circonda. Permette quindi di analizzare ogni comportamento componendolo in sequenze di elementi osservabili, riproducibili e modificabili. Può quindi rappresentare un’opportunità per migliorare la comunicazione interpersonale, la costruzione di unità di apprendimento coerenti con gli stili di apprendimento dei soggetti in formazione, l’individuazione di modalità efficaci con le quali modificare la mappa delle nostre convinzioni per trovare soluzioni appropriate ai diversi problemi, relazionali e apprenditivi, riscontrabili nelle azioni formative.
Utilizzare alcuni riferimenti essenziali della PNL può aiutare a raggiungere un importante obiettivo: la personalizzazione dei percorsi di apprendimento, contribuendo al miglioramento della motivazione, partecipazione, coinvolgimento e, in conclusione, all’assimilazione di nuovi apprendimenti.
Le energie e gli studi che hanno permesso di perfezionare i messaggi più comunicativi vengono quindi impiegati per migliorare la consapevolezza delle migliori condizioni di apprendimento sia da parte dei docenti che, soprattutto, dei soggetti in formazione. Dagli studi di PNL si possono ricavare le indicazioni che possono migliorare la didattica formativa, senza avere la preoccupazione che ci possa essere condizionamento alcuno nella spontaneità dei soggetti in formazione e soprattutto, elemento critico e per questo fondamentale, senza introdurre strumenti manipolatori ad uso discrezionale dei formatori.
Il volume si completa con una serie di casi che descrivono bene, e pragmaticamente, come sia possibile introdurre la PNL nelle metodologie formative e come sia vantaggioso poter disporre di uno strumento in grado di dare un contributo sostanziale alla progettazione e alla gestione di percorsi formativi che vogliono essere utili alla crescita dei soggetti.
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Anteprima del libro
L'agire formativo - Andrea Ceriani
Introduzione
Questo volume raccoglie una sfida che è sempre viva tra chi si occupa, a vario titolo, di processi di apprendimento: individuare delle forme innovative che consentano alla didattica di essere più in sintonia con gli stili di apprendimento dei singoli soggetti in formazione.
Un obiettivo che si pone in linea con una ricerca pedagogica e didattica che ha radici lontane nel tempo, sicuramente sfidante per chi professionalmente usa la formazione come forma di relazione umana, in grado di mobilitare entusiasmo ed energia.
Appare subito chiaro un riferimento ad un autore che possiamo ritenere un master nel settore, Howard Gardner. Infatti, seguendo alcune sue indicazioni possiamo trovare un fondamento, contemporaneo e solido, a quanto andremo a discutere più avanti: «gli studenti apprendono in modi che sono identificabilmente distinti; e riuscire a presentare le discipline in una molteplicità di modi diversi e a valutarne l’apprendimento con una varietà di mezzi altrettanto diversi vorrebbe dire servire meglio tutta la vasta e variegata gamma di studenti che popolano le scuole e, forse, contribuire alla crescita della società intera…Come suggeriscono vari studi, ci sono molti modi diversi di acquisire e di rappresentare le conoscenze; e di queste differenze individuali devono tener conto sia la nostra pedagogia che le nostre valutazioni. A volte studenti incapaci di superare con successo prove di competenza del tutto comuni, quando queste vengono ripresentate loro in modo diverso e più appropriato, rivelano invece una significativa capacità di padroneggiare e comprendere le cose» (Gardner H., Educare al comprendere, tr. it., Feltrinelli, Milano, 1993,pp.22-23).
Questo riferimento ha dato il via ad una serie di riflessioni per trovare il modo migliore per rispondere all’obiettivo del volume. La scelta compiuta è stata di affidarsi agli strumenti della Programmazione Neurolinguistica (PNL) per essere in grado di trovare modalità con i quali identificare lo stile di apprendimento prevalente di ogni soggetto in formazione e, in seguito, identificare una serie di tecniche che promuovessero una didattica in sintonia con quanto rilevato.
La PNL è lo studio di come ogni individuo percepisce e interpreta se stesso, gli altri e il mondo che lo circonda. Permette quindi di analizzare ogni comportamento componendolo in sequenze di elementi osservabili, riproducibili e modificabili. Può quindi rappresentare un’opportunità per migliorare la comunicazione interpersonale, la costruzione di unità di apprendimento coerenti con gli stili di apprendimento dei soggetti in formazione, l’individuazione di modalità efficaci con le quali modificare la mappa delle nostre convinzioni per trovare soluzioni appropriate ai diversi problemi, relazionali e apprenditivi, riscontrabili in un'aula formativa.
Come ci ricorda Vittorino Andreoli: la «classe non richiede una sorta di omogeneizzazione e una sorta di anonimato che azzera talenti, propensioni e impegno» (Lettera a un insegnante, Rizzoli, 2006, p. 41), gli strumenti della PNL ci consentono di poter contare su una mappa della distribuzione personale degli stili di apprendimento
che può portare i docenti a trovare innovazioni nel loro stile didattico in grado di bilanciare le aspettative del singolo e le esigenze del gruppo, così come documentato anche dalla presentazione di alcuni casi formativi presenti nella terza parte del volume.
Una buona lettura a tutti.
1. IL NOSTRO MODO DI CONOSCERE
1.1. La PNL come cornice teorica e pragmatica
Prima di addentrarci nel tema dei sistemi rappresentazionali *, risulta doveroso contestualizzare tale proficua intuizione all’interno del modello di comunicazione (Programmazione Neurolinguistica) che ha fatto di tale tema uno dei principali elementi del proprio successo in numerosi sistemi formativi, formali, informali o altro ancora.
La Programmazione Neurolinguistica (PNL) è lo studio della struttura dell’esperienza soggettiva, ossia di come ogni individuo percepisce ed interpreta se stesso, gli altri ed il mondo che lo circonda. L’esperienza ha un tratto distintivo preciso: varia da persona a persona, ed ognuno, di fronte alla medesima situazione, può rispondere con una gamma infinita di comportamenti. Soggettivo non significa casuale: la PNL individua precisi percorsi in base ai quali le persone affrontano determinate esperienze, ovvero scopre che c’è un legame tra certi stimoli esterni e certe reazioni e stati emotivi interni.
La PNL è inoltre un modello della comunicazione umana che permette di analizzare molti comportamenti scomponendoli in sequenze di elementi osservabili, riproducibili e modificabili. Tale approccio può rappresentare un’opportunità per migliorare la comunicazione interpersonale e per controllare alcuni processi del nostro cervello che, nonostante siano automatici
, possono essere riportati alla coscienza per essere modificati in accordo con i propri obiettivi.
Riassumendo, è necessario spiegare ciascuno dei tre termini, apparentemente strani, che compongono la sigla PNL.
Programmazione: i comportamenti di ogni individuo sono riconducibili a dei programmi di funzionamento analizzabili, scomponibili e riproducibili. La programmazione è connessa alle sequenze in cui organizziamo ciò che vediamo, udiamo e percepiamo, e in che modo adattiamo e filtriamo il mondo esterno attraverso i nostri sensi. Programmare è l’abilità di organizzare la comunicazione ed i processi mentali in modo da raggiungere obiettivi e risultati desiderati in maniera efficace ed efficiente.
Neuro: ogni comportamento è il risultato di processi mentali che hanno basi neurologiche. Abbiamo esperienza del mondo attraverso i segnali che il nostro sistema nervoso riceve ed elabora attraverso i sistemi sensoriali, ed emettiamo segnali percepibili all’esterno (comportamenti) in relazione ai nostri processi di pensiero.
Linguistica: il linguaggio è una modalità convenzionale, analogica o digitale, di tradurre i propri pensieri, per rappresentarli internamente o per comunicarli agli altri. Il linguaggio struttura e riflette il modo in cui pensiamo ed è ricco di informazioni sul modo in cui costruiamo la nostra esperienza.
La PNL è dunque un modello della comunicazione e del comportamento nato verso la metà degli anni ’70 dagli studi condotti da Richard Bandler, John Grinder, Leslie Cameron, Judith DeLozier, Robert Dilts, David Gordon, e altri.
L’inizio della PNL si attribuisce a John Grinder, docente di linguistica presso la University of California, e Richard Bandler, studente di matematica e allievo di Grinder, i quali decisero di studiare il lavoro di famosi terapeuti, tra cui Fritz Perls, Virginia Satir e Milton Erickson. Tutti questi professionisti avevano dimostrato di ottenere risultati strabilianti nel trattamento dei pazienti, tanto da essere considerati dei maghi
nel loro lavoro terapeutico. Nello stesso periodo l’antropologo Gregory Bateson consigliò a Bandler, suo amico, di analizzare il lavoro di Milton Erickson, un professionista noto come uno dei maggiori e più efficaci esperti in ipnosi clinica.
I modelli teorici a cui si ispiravano Perls, Satir ed Erickson erano tuttavia molto diversi e spesso incompatibili fra loro: Bandler e Grinder, osservando questi terapeuti al lavoro, intuirono che esisteva una struttura costante nei comportamenti con i quali i terapeuti producevano il cambiamento e che questa struttura poteva essere descritta e utilizzata.
Tali studiosi non erano interessati a creare una nuova teoria, bensì ad individuare i modelli comuni a queste terapie. L’idea di Bandler e Grinder è stata semplice ed intuitiva: se le modalità comunicative utilizzate dai terapeuti studiati sono efficaci con i loro pazienti, lo possono essere anche con altre persone, basta estrapolare le tecniche che stanno alla base dei comportamenti adottati. L’apparente magia terapeutica ha in realtà dietro di sé una struttura chiara e replicabile.
Il risultato di tale lavoro di ricerca su tali maestri della psicoterapia fu la descrizione della struttura degli interventi stessi, ossia di alcuni schemi comunicativi e comportamenti