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La stanza delle anime perdute
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E-book243 pagine2 ore

La stanza delle anime perdute

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ROMANZO (111 pagine) - FANTASCIENZA - Ritorna Boss, il protagonista del ciclo del Diving Universe, con i segreti e i fantasmi della sua famiglia

Boss ricorda la Stanza e le voci, voci melodiose che sussurravano canti melliflui al suo orecchio di bambina. La Stanza la terrorizza e l'affascina. È lì che è morta sua madre, o almeno è lì che è scomparsa, abbandonata anche da suo padre. Ora una cliente facoltosa vuole che Boss la aiuti a svelare il mistero della Stanza delle anime perdute, un mistero ormai noto e temuto in tutto l'universo conosciuto. Un mistero divenuto oggetto di ossessione e superstizione negli ambienti frequentati dagli spaziali, quasi di devozione religiosa. Nessun ricercatore o tuffatore ha mai avuto il coraggio di tentare un'impresa simile, e scoprire il segreto nascosto al suo interno. Quale intelligenza sconosciuta ha costruito questa stanza e la minacciosa stazione spaziale che la circonda? Ma Boss, ancora ossessionata dalla scomparsa della madre e spinta dal rimorso paterno, decide infine di effettuare questo pericolosissimo pellegrinaggio alla ricerca delle anime perdute. Vincitore del premio per il miglior romanzo breve apparso sulla prestigiosa rivista "Asimov' Science fiction Magazine" nel 2008, "La stanza delle anime perdute" è un nuovo gioiello ambientato nel Diving Universe di Kathryn Kristine Rusch.

Nata il 4 giugno del 1960 a Oneonta (New York, USA), Kristine Kathryn Rusch ha raggiunto il successo come editor di "Magazine of Fantasy & Science Fiction", che ha guidato per sei anni, dal 1991 al 1997, vincendo anche un premio Hugo come miglior editor professionale. In seguito ha abbandonato l'editing per concentrarsi sulla produzione narrativa, diventando in breve una delle scrittrici di punta del mercato americano. Dotata di grandi doti narrative, la Rusch si è dimostrata autrice competente e prolifica in numerosi campi, passando con disinvoltura dalla fantascienza hard al romance, fino ai romanzi gialli. Nel campo prettamente fantascientifico si è fatta notare per i suoi magnifici racconti e romanzi brevi, come "Millennium Babies "(premio Hugo 2001 come miglior novelette), "Recovering Apollo 8" ("Il recupero dell'Apollo 8", Delos Odissea), "The Retrieval Artist" (2002, vincitore del premio Endeavour, pubblicato in questa collana), e "Echea", del 1999, finalista a tutti i maggiori premi del settore, dallo Hugo al Nebula, allo Sturgeon e al Locus. È altresì assai celebre il suo ciclo delle Immersioni e della Tecnologia dell'Occultamento ("Stealth"), di cui abbiamo pubblicato "Un tuffo nel relitto" ("Diving into the Wreck"), e "Stealth." Questo "La stanza delle anime perdute" ("The Room of Lost Souls"), è il seguito diretto di" Un tuffo nel relitto", che tanto successo ha avuto in questa collana. 
LinguaItaliano
Data di uscita19 apr 2016
ISBN9788865306819
La stanza delle anime perdute
Autore

Kristine Kathryn Rusch

USA Today bestselling author Kristine Kathryn Rusch writes in almost every genre. Generally, she uses her real name (Rusch) for most of her writing. Under that name, she publishes bestselling science fiction and fantasy, award-winning mysteries, acclaimed mainstream fiction, controversial nonfiction, and the occasional romance. Her novels have made bestseller lists around the world and her short fiction has appeared in eighteen best of the year collections. She has won more than twenty-five awards for her fiction, including the Hugo, Le Prix Imaginales, the Asimov’s Readers Choice award, and the Ellery Queen Mystery Magazine Readers Choice Award. Publications from The Chicago Tribune to Booklist have included her Kris Nelscott mystery novels in their top-ten-best mystery novels of the year. The Nelscott books have received nominations for almost every award in the mystery field, including the best novel Edgar Award, and the Shamus Award. She writes goofy romance novels as award-winner Kristine Grayson, romantic suspense as Kristine Dexter, and futuristic sf as Kris DeLake.  She also edits. Beginning with work at the innovative publishing company, Pulphouse, followed by her award-winning tenure at The Magazine of Fantasy & Science Fiction, she took fifteen years off before returning to editing with the original anthology series Fiction River, published by WMG Publishing. She acts as series editor with her husband, writer Dean Wesley Smith, and edits at least two anthologies in the series per year on her own. To keep up with everything she does, go to kriswrites.com and sign up for her newsletter. To track her many pen names and series, see their individual websites (krisnelscott.com, kristinegrayson.com, krisdelake.com, retrievalartist.com, divingintothewreck.com). She lives and occasionally sleeps in Oregon.

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    Anteprima del libro

    La stanza delle anime perdute - Kristine Kathryn Rusch

    a cura di Sandro Pergameno

    Kristine Kathryn Rusch

    La stanza delle anime perdute

    Romanzo

    Traduzione di Ferdinando Wanni Temporin

    Prima edizione aprile 2016

    ISBN 9788865306819

    © 2013 Kristine Kathryn Rusch

    Titolo originale: The Room of Lost Souls

    Traduzione: Ferdinando Wanni Temporin

    Copertina: Tiziano Cremonini

    Edizione ebook © 2016 Delos Digital srl

    Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano

    Versione: 1.0

    Font Exo Sans by Natanael Gama, SIL Open Font Licence 1.1

    TUTTI I DIRITTI RISERVATI

    Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate.

    Informazioni sulla politica di Delos Books contro la pirateria

    Indice

    Il libro

    L'autore

    La stanza delle anime perdute

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    Capitolo 31

    Capitolo 32

    Capitolo 33

    Capitolo 34

    Delos Digital e il DRM

    In questa collana

    Tutti gli ebook Bus Stop

    Il libro

    Ritorna Boss, il protagonista del ciclo del Diving Universe, con i segreti e i fantasmi della sua famiglia

    Boss ricorda la Stanza e le voci, voci melodiose che sussurravano canti melliflui al suo orecchio di bambina. La Stanza la terrorizza e l’affascina. È lì che è morta sua madre, o almeno è lì che è scomparsa, abbandonata anche da suo padre. Ora una cliente facoltosa vuole che Boss la aiuti a svelare il mistero della Stanza delle anime perdute, un mistero ormai noto e temuto in tutto l’universo conosciuto. Un mistero divenuto oggetto di ossessione e superstizione negli ambienti frequentati dagli spaziali, quasi di devozione religiosa. Nessun ricercatore o tuffatore ha mai avuto il coraggio di tentare un’impresa simile, e scoprire il segreto nascosto al suo interno. Quale intelligenza sconosciuta ha costruito questa stanza e la minacciosa stazione spaziale che la circonda? Ma Boss, ancora ossessionata dalla scomparsa della madre e spinta dal rimorso paterno, decide infine di effettuare questo pericolosissimo pellegrinaggio alla ricerca delle anime perdute. Vincitore del premio per il miglior romanzo breve apparso sulla prestigiosa rivista Asimov’ Science fiction Magazine nel 2008, La stanza delle anime perdute è un nuovo gioiello ambientato nel Diving Universe di Kathryn Kristine Rusch.

    L'autore

    Nata il 4 giugno del 1960 a Oneonta (New York, USA), Kristine Kathryn Rusch ha raggiunto il successo come editor di Magazine of Fantasy & Science Fiction, che ha guidato per sei anni, dal 1991 al 1997, vincendo anche un premio Hugo come miglior editor professionale. In seguito ha abbandonato l’editing per concentrarsi sulla produzione narrativa, diventando in breve una delle scrittrici di punta del mercato americano. Dotata di grandi doti narrative, la Rusch si è dimostrata autrice competente e prolifica in numerosi campi, passando con disinvoltura dalla fantascienza hard al romance, fino ai romanzi gialli. Nel campo prettamente fantascientifico si è fatta notare per i suoi magnifici racconti e romanzi brevi, come Millennium Babies (premio Hugo 2001 come miglior novelette), Recovering Apollo 8 (Il recupero dell’Apollo 8, Delos Odissea), The Retrieval Artist (2002, vincitore del premio Endeavour, pubblicato in questa collana), e Echea, del 1999, finalista a tutti i maggiori premi del settore, dallo Hugo al Nebula, allo Sturgeon e al Locus. È altresì assai celebre il suo ciclo delle Immersioni e della Tecnologia dell’Occultamento (Stealth), di cui abbiamo pubblicato Un tuffo nel relitto (Diving into the Wreck), e Stealth. Questo La stanza delle anime perdute (The Room of Lost Souls), è il seguito diretto di Un tuffo nel relitto, che tanto successo ha avuto in questa collana. 

    Dello stesso autore

    Kristine Kathryn Rusch, Echea Biblioteca di un sole lontano ISBN: 9788867753864 Kristine Kathryn Rusch, Un tuffo nel relitto Biblioteca di un sole lontano ISBN: 9788867754892 Kristine Kathryn Rusch, Stealth Biblioteca di un sole lontano ISBN: 9788867756391 Kristine Kathryn Rusch, L'artista dei recuperi Biblioteca di un sole lontano ISBN: 9788867758593 Kristine Kathryn Rusch, Fast Cars Biblioteca di un sole lontano ISBN: 9788867759323 Kristine Kathryn Rusch, Il cercatore di tesori Biblioteca di un sole lontano ISBN: 9788865306239

    1

    Il vecchio bar degli astronauti alla Stazione Spaziale Longbow è l’unico senza nome. Nessun nome, nessuna insegna sopra la porta o affissa alle pareti; nessun piccolo, piacevole logo sui bicchieri magnetizzati. La porta è incassata in una parete sudicia che sembra far parte di una costruzione mai ultimata.

    Per entrare devi possedere almeno uno dei due speciali microchip. Il primo è inserito in un contenitore che si tiene in mano e ti viene fornito dal direttore della stazione, dopo un attento esame e un’altrettanta cospicua donazione. Il secondo è inserito nella tua carta d’identità. Quello lo puoi avere solo se sei uno spaziale autorizzato, uno che opera in proprio o che lavora per una ditta dove sia richiesta la patente di pilota.

    Mi diedero quello del secondo tipo quando diventai la prima donna che avesse mai fatto parte dell’equipaggio, fino a quel momento solamente maschile, di una nave mercantile. Avevo, allora, soltanto diciotto anni. In questi ultimi anni ho usato molto spesso il microchip, sin da quando ho trovato il relitto dell’astronave Dignity, che avevo sperato potesse diventare la mia miniera d’oro.

    Quella nave, invece, era diventata la mia tomba.

    Ora trasporto turisti verso relitti conosciuti, dislocati in questo settore dello spazio. Coordino il viaggio, raccolgo il denaro e assumo il personale per l’immersione, in modo da far credere, a quei turisti, che lavoreremo veramente al recupero di un relitto.

    I turisti, in realtà, non si immergono mai. È troppo pericoloso. Questo procedimento prese il suo nome a causa dei pericoli implicati: ai vecchi tempi le immersioni sui relitti erano chiamate immersioni spaziali, per distinguerle da quelle che venivano effettuate negli oceani dei pianeti.

    Qui non affrontiamo l’acqua. Non c’è la sua consistenza, e nemmeno le sue insolite proprietà, presenti specialmente alle grandi profondità. Ci sono, però, altre cose che ci preoccupano: nessuna gravità, niente ossigeno, e un freddo estremo.

    Questi rischi esistono, non importa in quale tipo di relitto ci immergiamo. Pertanto devo rendere tutto il meno pericoloso possibile: devo essere certa che i relitti siano conosciuti, mappati e, soprattutto, innocui.

    Non ho mai perso un turista. Ho perso, però, degli amici, durante le vere immersioni nei relitti. E, più di una volta, io stessa sono stata sul punto di rimetterci la vita.

    Non sono più andata a fare vere immersioni nei relitti dai tempi dell’astronave Dignity. Ho rifiutato di lavorare per altri che operavano nel recupero di relitti; avevano saputo che non mi sarei più immersa da sola e mi avevano chiesto di controllare le loro immersioni.

    Quello che loro non sapevano era che avevo perso due dei miei aiutanti, e distrutto tre amicizie, mentre dirigevo le immersioni alla Dignity.

    Non ho lo stomaco per farlo nuovamente.

    Così, per la maggior parte del tempo, sono in pianta stabile alla Stazione Longbow. Qui ho affittato una cabina. Una cosa, avevo giurato, che non avrei mai fatto, ma al suo interno non ci passo molto tempo. Rimango, invece, seduta al vecchio bar degli astronauti ad ascoltare racconti. Qualche volta anch’io racconto qualcuno dei miei.

    Quando ho bisogno di denaro porto qualche turista a un relitto conosciuto. Generalmente queste immersioni rendono tutti contenti: i turisti perché hanno vissuto una vera avventura; quelli che si immergono perché si sono esercitati su quello che sanno fare; io perché ho guadagnato un vergognoso ammontare di denaro in cambio di pochissimo lavoro.

    Ma un vergognoso ammontare di denaro non fa per me. Ho preso la cabina qui solo per non dovermi trascinare sulla mia astronave quando ho bevuto troppo, o per quando mi viene voglia di fare un sonnellino di una mezz’ora. Non ho mai speso il mio denaro per altre cose.

    L’ho usato, però, per finanziare la mia vera passione: trovare relitti. Non sono mai stata molto interessata al recupero, anche se è risaputo che avevo venduto alcuni piccole reliquie.

    Mi interessava, quando trovavo una nave, la sua storia, cercavo di scoprire come aveva fatto a finire dov’era finita, perché era stata abbandonata e cosa era accaduto al suo equipaggio.

    Col passare degli anni avevo risolto alcuni misteri del passato, e ne avevo portati alla luce degli altri. Mi piacevano le cose sconosciute. Adoravo trovare qualcosa. Amavo l’esplorazione per quello che era.

    Amavo il pericolo.

    E mi manca.

    Ma ogni volta che penso di ricominciare, mi ritornano alla mente i volti dell’equipaggio, di quelli che sono morti: non solamente quelli di Jypé e Junior, morto orribilmente nell’ultimo viaggio, ma pure quelli di Ahmed e Moise e Egyed e Dita e Pnina e Ioni. Morti, tutti loro, immergendosi. Morti immergendosi con me.

    Mi addormentavo illudendomi di poter creare un presente diverso, dove I miei amici fossero ancora vivi.

    Non lo faccio più.

    Non faccio più un mucchio di altre cose. All’infuori di starmene seduta in questo vecchio bar, qui, su Longbow; ad aspettare qualche turista che mi contatti per un lavoro. Allora pianifico la visita, vado al relitto, nascondo qualche souvenir, ritorno a caricare i turisti e offrire loro il momento più eccitante della loro vita.

    Senza alcun pericolo, senza alcun rischio.

    Senza alcuna emozione.

    Tutto l’opposto di quello che ero abituata a fare.

    2

    È nata su un pianeta. Non ho bisogno di vedere il suo corpo robusto, con le sue ossa pesanti, per capirlo. Me lo rivela il suo camminare.

    I nati nello spazio hanno, in tutto quello che fanno, una particolare grazia, una leggerezza innata. Non tutti hanno le ossa leggere e fragili. I genitori di alcuni di loro si sono preoccupati anticipatamente, li hanno fatti crescere per metà tempo su un pianeta, a gravità normale, e per l’altra metà a gravità zero. Le loro ossa si sono sviluppate, ma si sono sviluppate pure quella grazia e quella leggerezza che altrimenti non ci sarebbero.

    Questa donna mostra la sua pesantezza da come posa un piede davanti all’altro, come aspettandosi che il pavimento l’attragga verso il basso. Camminavo anch’io come lei. Ho trascorso la maggior parte dei miei primi quindici anni sui pianeti, con una vera gravità.

    Abbiamo la medesima costituzione, io e lei, quello spessore che deriva da ossa forti, un corpo femminile pieno, dovuto alla buona nutrizione che si trova solitamente sui pianeti.

    Avevo cercato di contrastare entrambi gli aspetti, finché non avevo compreso che possedevo un vantaggio, generalmente negato agli spaziali.

    Non mi rompevo le ossa.

    Prova a strattonare malamente uno spaziale: gli romperai il braccio.

    Se lo fai con me, il peggio che mi possa capitare è di ritrovarmi con un livido.

    Si siede e pronuncia il mio nome, come se mi conoscesse, sollevando poi le sopracciglia, come se, facendolo, fossero loro a porre la domanda, e non il tono della sua voce.

    – Come hai fatto a entrare? – Trascino la mia bibita sulla plastica segnata del tavolo e inclino la mia sedia contro il muro. Il momento in cui la sedia rimane in bilico ti fa assaporare la sensazione che si prova quando la gravità scompare, senza, però, essere del tutto svanita; una sensazione a metà tra l’avere peso e il non averne.

    – Ho il permesso, – dice. E mi mostra la scadente medaglia di San Cristoforo che contiene il microchip, quella per gli ospiti di questa settimana. Il direttore della stazione cambia il tipo di contenitore del microchip ogni settimana, al massimo ogni due, così che non possa essere venduto, o falsificato. Dopo che ne vengono distribuiti cinque dello stesso tipo, il direttore lo cambia. Non esiste un determinato orario né un tipo di contenitore prevedibile.

    – Non ti ho invitata, – dico, prendendo il bicchiere e posandolo sul mio stomaco piatto, cercando di tenerlo in equilibrio, cosa che non riesco a fare. Riesco, però, a riprenderlo prima che una sola goccia trabocchi.

    – Lo so, – replica lei. – Ma sono venuta fin qui per vederti.

    – Se vuoi noleggiare la mia nave, per fare qualche immersione, devi farlo correttamente. Spedisci un messaggio, il mio computer controllerà le tue referenze e, se saranno accettate, potrai vedere uno qualsiasi della dozzina di relitti ai quali è permesso l’ingresso degli appassionati.

    – Non sono interessata alle immersioni, – ribatte la donna.

    – Allora non hai motivo per parlare con me. – Riprendo la bibita. Il liquido, che è prodotto artificialmente ma ha il sapore del miele e del burro fermentato, è ormai diventato caldo, durante il lungo pomeriggio. Il calore fa esaltare il gusto della fermentazione, è per questo che lo sorseggio, o almeno è quello che dico quando mi viene chiesto perché ci metto tanto a ultimare la bibita. Non mi piace ubriacarmi, odio perdere il controllo, ma mi piace bere e adoro starmene seduta in questo bar, buio, piccolo e riservato, a guardare le persone che so che non mi importuneranno con delle stupidaggini.

    – Ma ho davvero un motivo valido per parlarti. – Si sporge verso di me. Ha gli occhi di un verde pallido, sormontati da ciglia scure. Gli occhi la fanno sembrare più esotica del suo camminare di nativa terrestre. – Vedi, ho sentito dire che tu sei la migliore…

    Il mio sbuffare la interrompe. – Non c’è nessun migliore. C’è una mezza dozzina di compagnie che ti

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