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Italia Horror
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E-book192 pagine2 ore

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ITALIA HORROR

Un’Aberrazione Antropologica

“Made in Italy, worse than made in China”

L'Italia è una gigantesca concordia, pilotata da infiniti schettini che fanno manovre “distratti” da qualche tornaconto, la cui colpevolezza sarà sempre tutta da dimostrare e tali comandanti potranno dare la propria versione dei fatti ospitati in consessi mediatici paganti

L’Italia s’è trasformata in una nave dei folli diretti verso un’inesplicabile deriva.

Un popolo di amori sacri e profani / sessuofili e sessuofobi / tormento ed extasys / funghi allucinogeni e trifolati / personaggi di prima della repubblica e del dopo post-moderno / poveri e CCT e BOT dipendenti / transavanguardisti analfabeti e vetero neoimpressionisti / carrampane e cascamorti / manutengoli e soubrette / silico-maggiorate e gaffeurs tesserati / tavernelli e fantapolitiche

Oggi vince il Festival di Sanremo chi dovrebbe fare il coro, è esposto nei musei chi dovrebbe pulirli, pubblica libri chi dovrebbe leggerli, governa chi dovrebbe...

LinguaItaliano
Data di uscita19 apr 2016
ISBN9781311775153
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    Anteprima del libro

    Italia Horror - Rodolfo Bersaglia

    ISBN

    9781311775153

    ITALIA HORROR

    Un’Aberrazione Antropologica

    Made in Italy, worse than made in China

    L’Italia è una gigantesca concordia, pilotata da infiniti schettini che fanno manovre distrattida qualche tornaconto, la cui colpevolezza sarà sempre tutta da dimostrare e tali comandanti potranno dare la propria versione dei fatti ospitati in consessi mediatici paganti.

    L’Italia s’è trasformata in una nave dei folli diretti verso un’inesplicabile deriva.

    Un popolo di amori sacri e profani / sessuofili e sessuofobi / tormento ed extasys / funghi allucinogeni e trifolati / personaggi di prima della repubblica e del dopo post-moderno / poveri e CCT e BOT dipendenti / transavanguardisti analfabeti e vetero neoimpressionisti / carrampane e cascamorti / manutengoli e soubrette / silico-maggiorate e gaffeurs tesserati / tavernelli e fantapolitiche

    Vi piacciono le canzoni di Sanremo e di Amici? Vi piacciono i presentatori della Rai? Emulate il calciatore, la velina, il tronista? Adorate la lampada solare, il tatuaggio senza senso, l’ignoranza intrinseca d’ogni show-biz? Vi piacciono Albano e Romina e tutti gli altri Eterni Rigurgiti? Vi piace essere e restare semplici - senza sapere non sia sinonimo di democratici ma di disattivati dell’acume - ragion per cui v’hanno fregato per decenni così agevolmente? Se tutto questo vi piace, questo libro non fa per voi!

    Oggi vince il Festival di Sanremo chi dovrebbe fare il coro, è esposto nei musei chi dovrebbe pulirli, pubblica libri chi dovrebbe leggerli, governa chi dovrebbe...

    I

    LA DEA FICA

    Buco Nero e Homo Nero

    Come il famoso pittore Courbet intitola un suo dipinto L’origine della vita, l’organo riproduttivo femminile è fonte di tutto, gioie e dolori.

    In principio fu la Gran Topa Fumante, che agli albori della società italiana era qualcosa di misterioso, poiché generosamente ricoperta, più che di pelo, di vello, tanto che, più che topa, la si poteva definire Gran Muflona Insondabili dall’esterno le sue cavità e ignoti gli strambi apparati erogeni all’ombra del Monte di Venere, poi variamente nominati come punto G e altri. Sino all’intero decennio degli anni ‘80 fu mantenuta in forma selvaggia di Macchia Mediterranea.

    Solo recentemente sono stati introdotti rimedi cosmetici specifici, ribattezzati intimi, inizialmente considerati come lascivi e peccaminosi e il cui uso era giudicato riprovevole, degno di donne di malaffare. Le prime aspersioni topiche furono compiute con saponi da bucato, sino alla mondatura mediante bidè, strumento diffusosi dagli anni ‘50 prima appannaggio delle caste abbienti e anche in tale caso con parsimonia.

    L’Homo Italicus rinunciò malvolentieri al corollario di tricoma e attrattive fragranze, considerate aura della vera donna.

    La Gran Muflona, nella sua primitività, era rimasta così dalla notte dei tempi e così i dogmi avrebbero voluto restasse e fosse perlustrata solo da eroici ginecologi. L’oscuro oggetto di desiderio era conosciuto nei misteriosi meandri neanche da maniacali puttanieri, che ne davano rendiconto allegorico più che scientifico.

    Per l’uomo comune quel fascinoso topos era depositario del potere occulto di un latente matriarcato, che ne preservava settariamente la proibita sacralità.

    Con l’avvento della pornografia, negli anni ‘70 il pertugio restava ancora difficile da penetrare visivamente, sino a che l’investigazione cine-fotografica non lo dischiuse. Fu una scoperta invereconda per i giovani spettatori, che, dalla rassicurante e intensa vegetazione pilifera, sacello d’immacolata maternità, videro ciò che la Gran Muflona aveva da disvelare nei suoi retroscena. Fu un trauma e pure il primo coinvolgimento reale dell’uomo nelle intimità del corpo femminile, di cui fu fino in fondo messo a nudo l’arcano fascino.

    In tale transito la Donna capì che la Muflona - dalla notte dei tempi oggetto di elemosine, ricatti e scambi - poteva ora essere preservata in uno stato di manutenzione più accurato, accrescendo in tal modo le smanie maschili. Nell’esordio della depilazione fu assai timido, temendo la Donna che l’accuratezza della depilazione fosse direttamente proporzionale alla pubblica considerazione di impudicizia. E così era.

    S’eliminò prima il vello che s’espandeva dal pube alla coscia e dall’altro versante s’impedì che il pelo giungesse all’ombelico. Fu un grande risultato e parimenti una ragguardevole conquista. Strumento per curare la potatura molesta era ancora la forbice, talvolta delle dimensioni di cesoie da giardinaggio. Gli attrezzi s’ingentilirono con l’avvento delle lavande ipoallergeniche, al tempo di epocali rivendicazioni sessuali, disponibili ahimè solo in farmacia e ancora beneficio di poche.

    La donna insorgeva per ribaltare il ruolo di subordinata all’uomo e cominciava parallelamente a sfoltire, vedendo affiorare sfumature sconosciute a sé stessa, quanto ai frequentatori del suo pertugio, ora ribattezzato gentilmente topa L’epiteto, nella lunga impasse che condusse agli assorbenti interni, era in non rari casi mutato in topa morta a ragione di quanto prosaicamente anticipato.

    Mentre tutto ciò avveniva, l’Italia guardava con occhio cupido - quanto anonimo e clandestino - l’avanzare della produzione pornografica internazionale. Nei paesi più civili, la pornostar si era già liberata della generosa maschera di crine, occultante le retrovie. Nel Nord-Europa la campagna di sensibilizzazione aveva sollevato le professioniste da virulenze para-veneree, mentre le povere attrici e modelle di nudo erotico della recondita penisola avevano ancora indosso buona parte della muflona fumante.

    Ecco che al passaggio dall’erotismo televisivo a quello sul web - naufragato ogni anelito contro la donna oggetto - la pornostar era ospitata presso aule parlamentari al posto delle femministe. E quando divenne regina dei talk show volle osare la depilazione totale Ciò deflagrò in scalpore e sconcerto: la topa aveva perso il primitivo aspetto animalesco. Tale secondo trauma accorciò precipitosamente i tempi di raggiungimento dell’orgasmo nell’uomo, mentre gli anziani torcevano ancora il naso poiché ora la topa non gli era affatto familiare.

    L’utente della topa, prima s’infervorò incondizionatamente nell’abbracciare visivamente il sacro foro, poi comprese d’afferrare a prim’occhio l’ampiezza del dotto. La vulva - mostrata dai registi hard - apparve come un’opera d’arte contemporanea, ma, superato il primo squinterno percettivo, l’uomo cominciò a dubbiare che ad essa non restasse ormai nulla di segreto. La donna si sentì davvero nuda per la prima volta, quindi temé d’essere stata esautorata di una potentissima arma, che di romanzesco non aveva più l’effetto intrigante. Non era più protetta perché l’entità del suo sesso si vedeva subito, se fessurina o boccaporto.

    I timori d’entrambi i sessi erano dovuti alla lunga perplessità dei mass media sul suo nuovo look intimo della donna. Quando però a depilarsi integralmente cominciarono le modelle e le attrici, la donna comprese d’essere più forte che pria, e di lì a mesi pocederono al rinnovamento pure le massaie.

    Gli homini italici più tradizionalisti rimpiansero ancora una volta la conturbante mater desnuda e, al cospetto della moglie depilata, divennero impotenti o cambiarono sesso. Quelli cui invece tal progresso piacque, il bailamme della mutazione rese svagati, disattenti e stentati al lavoro.

    Di fronte alla nuova Mulier Italica - che non significa moglie ma spesso si trasforma in essa - provarono un senso di solleticante allettamento contrapposto ad etica riprovazione. Per l’italiano medio la depilazione in donne estranee esercitava un’attrattiva prodigiosa, ma se a gestire la feritoia in modo altrettanto disincantato fosse stata la propria moglie, dopo i primi entusiasmi ciò ingenerava il sospetto d’averne perso su essa ogni diritto. La donna, sebbene trionfale, ebbe anch’essa alcune perplessità: Dov’era finita la sua organica e belluina sessualità?

    Cagione di tutto è che l’epicentro della bramosia era stato finora indicato col termine pelo e quest’ultimo era popolare sinonimo di fica già presso gli antichi e moderni romani.

    Ci piace il pelo!, Viva il pelo!, Cosa non darei per un po’ di pelo!, si sentiva inneggiare per tutto lo stivale e quando la donna sentiva l’invito ormai universale: Facci vedere il pelo!, comprendeva che ormai ai conservatori aveva poco da mostrare.

    Infine ebbe ripensamenti di fronte al proverbio: Tira più un pelo che un carro di buoi, partorito nelle campagne ove la nuova fichina implume era ancora sconosciuta, mentre si preservava la tenebrosa progenitrice, nume tutelare delle messi e incentivo fine-settimanale della forza lavoro propria dell’agreste proletariato.

    S’arrivò a un compromesso storico: la vagina sarebbe stata depilata ma della topa si sarebbe mantenuta una citazione, un minuto triangolo di pelo raso, ad emulare i fasti di pregressi torvi pelouche, che le mutande contenevano a stento.

    Anche in questo caso a spianare la strada all’affermazione del nuovo look topico fu la pornografia - ora con strapotere del mercato statunitense - presso cui, nel corso degli anni Ottanta, avvenne il licenziamento in tronco del novanta per cento di attori e attrici, talora per sopraggiunta età pensionabile, talora per sciatta manutenzione dell’aspetto esteriore anche imputabile alla mancata depilatio.

    Nel momento in cui peripatetiche e/o pornoattrici non erano più considerate peccatrici da ghettizzare - ma professioniste di un campo di lavoro estremo, comunque sindacalizzabile e con sempre più serrati obblighi fiscali - ogni bella donna che fallisse nel mondo dello spettacolo, ripiegò con maggiore agilità nella recitazione senza parole, sostituite da gemiti.

    Altra opportunità italiana divenne orientarsi verso prestazioni d’opera occasionali, eleggendosi Eskort, poi divise in classifiche di serie A, B, o C, anche C2, fino alla seconda categoria, mentre quelle da retrocessione - che avevano imperversato sino a quel punto - videro il proprio mercato in default. Tutto questo avviò un notevole sgravio delle incombenze commercialistiche.

    Di fronte alla inquietante evoluzione della Mulier Italica, il politico s’ammalò più gravemente di Vagina pectoris e, al solo comparire di una donna, le palpitazioni gli fecero rischiare il collasso.

    Anche il politico più ributtante, incontrata chi pronta a fingere di trovarlo bello dopo la propria madre, ebbe più ragioni d’investire denaro pubblico alternativamente.

    Da queste notazioni avrete compreso come tra gli anni ‘70 e ‘90 fu eletta una nuova divinità, che condusse a una sorta di monoteismo antropologico: la Dea Fica", sempre esistita, ma ora inesorabile.

    II

    LA COPPIA ITALIANA: KING BONG CONTRO GOD ZINNA

    Il Neo-Matriarcato Italiano e mutazioni relazionali da Adamo ed Eva

    Entriamo in un’allegorica trattazione di come si sia nel tempo costituita la relazione tra i sessi in Italia.

    Questa è la belluina storia dell’uomo, che, sottolineano i cinici, è una bestia. Alla prima difficoltà ricorre infatti a droghe, dal caffè al crack, perciò lo ribattezziamo King Bong. La sua non è la giungla di un’isola tropicale ma la giungla italiana della vita di tutti i giorni, ove il nostro eroe svela le proprie debolezze. Il complesso d’inferiorità nasce nel constatare che le indispensabili armi di seduzione a sua disposizione sono sempre meno efficaci.

    Gli attori che recitano nel nudo integrale sanno bene di mostrarsi doppiamente nudi rispetto alla donna. Il loro sesso è unico, non può essere compensato da un bel seno o da un bel culo e le solide spalle larghe non hanno lo stesso effetto dei citati strumenti femminili.

    Ribattezziamo la donna, dall’indole sempre più animalesco, God Zinna per il petto che non tralascia mai di ostentare o siliconare per avere libero gioco sul povero King.

    L’italiano tipo ha covato e cresciuto tali e tante manie, da divenire un mostro, dai repentini cambiamenti d’umore.

    Il desiderio amoroso e la frustrazione colgono contemporaneamente King di fronte a God Zinna e culminano al sapersi tradito. La sua fragile psiche è costretta a ricorrere ad ogni espediente per riequilibrare la depressione.

    Ricordate nel film lo sguardo d’amore di King al cospetto dell’apparentemente indifesa donna bianca? Il volto del grande primate inclinato e pieno di dolcezza fissa la donna, che gli indigeni hanno preparato per lui sull’altare della sua giungla privata. Ricordate l’eco lontana dei selvaggi che propiziano il rito d’accoppiamento e la donna bianca piangente sull’altare di sicomori intrecciati con liane e fiori tropicali?

    Non è forse questa l’allegoria dell’incontro tra l’Homo Italicus, inizialmente forte, che si sgretola con il proseguire del rapporto, dall’innamoramento alla separazione?

    La differenza con la donna è che l’uomo non ha sufficienti strumenti di seduzione, a cominciare dalla biancheria intima deludente. Gli scozzesi ad esempio avevano capito tutto: uno scozzese in luogo pubblico può ancora col suo kilt far leva sulla curiosità femminile. Qualcuna avrebbe allungato uno sguardo insidioso per scoprire se avesse avuto indosso mutande. E già in antico gli scozzesi le mutande non le portavano.

    Quanti gradi di vista hanno perso gli uomini per ispezionare se sotto la gonna di una donna - e non di uno scozzese - ci fossero state mutande? Poi il pruriginoso interrogativo divenne: e quale tipo di mutanda?

    La donna ha cercato solo di recente di sapere se l’uomo avesse o no mutande e nel caso quale tipo, tanto che l’uomo ha rimpianto i fuseaux non divenissero unisex.

    Ci sono donne con poco foro e donne che ne hanno troppo. Altresì ci sono uomini con poco membro, mentre esso non è mai troppo. L’uomo può farsi crescere il seno, ma oltre a quello sarà cresciuta anche la panza, ma, se dovessero crescergli i seni mentre resta snello, probabilmente lo vedrete muoversi in modo strano e si farà chiamare con un nome diverso dal proprio, magari non più Alvaro ma Giada.

    Ciò che dona alla donna tutta la sua attrattiva sono i numeri: la donna ha due seni. Non due file di seni dal numero imprecisato come la cagna, né un unico grande e grasso seno con molti capezzoli come la vacca. Come sarebbe stata bella la donna con un seno di vacca, sferoidale e con molti capezzoli spumeggianti tra le gambe, concentrando le zone erogene in pochi centimetri quadrati.

    Ciò che nel corso degli anni ha disgustato la donna e l’ha condotta a un bisogno di revanche è che, per fronteggiare l’avanzare dello strapotere femminile, l’Homo Italicus, o quel che resta dell’amante latino, è costretto a mentire sistematicamente. Dice una cosa e ne pensa un’altra alla compagna, nei cui confronti cova odio represso. Per questo dagli anni ‘60 si reca sempre più frequentemente allo stadio dirottando la sua rabbia contro arbitro, guardalinee e avversari. Così urla: Arbitro cornuto!, quando vorrebbe invece gridare: Mannaggia a mi’ moje!

    I più violenti allo stadio hanno subito abusi dalle donne e sono stati umiliati e ridicolizzati per misura pineale o prestazioni inadeguati. Allora assalgono l’avversario al grido di Chievo merda!, intendendo dire: Non ce l’ho piccolo! Sei tu che non hai provato alcun dolore al momento del parto! E pure lì hai simulato come a letto!

    Oppure ancora, aggredendo la recinzione, grida: Guardalinee coglione!, mentre in verità le urla avrebbero svelato questo significato: Non è vero che ho l’eiaculazione precoce! Sei tu che sei frigida e anche in un set porno con allettanti professionisti, faresti la faccia della vecchia all’ospizio di fronte al minestrone riproposto per un mese di seguito!

    La donna non è bifida come l’uomo ma borderline e può adesso sentirsi persa d’amore e domani disperarsi dall’insoddisfazione, volere strenuamente una famiglia oggi e domani divenire una drag-queen ed entrare nel mondo del burlesque. Mentre si sa colpevole della sua doppiezza, la donna al risveglio dal precedente stato d’animo d’ottimismo, non ricorda più niente e attiva l’opposta tendenza.

    Ieri ha detto che avrebbe adorato un Natale in famiglia in un modesto alberghetto nella neve e al risveglio urla: "L’ho detto ieri? Impossibile: Il Natale lo passo alle

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