Solitudo
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Info su questo ebook
L’opera comprende un breve excursus storico artistico sulle rappresentazioni della solitudine nelle arti figurative e un’ampia parte che esamina il pensiero dei grandi filosofi sul tema fino all’età contemporanea in cui, grazie al contributo di alcuni pensatori come Roberto Assagioli e di Eckhart Tolle, la solitudine diventa pratica filosofica diretta alla conquista di uno stile di vita libero, autonomo e personale.
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Anteprima del libro
Solitudo - Nicole Pagliarini
SOLITUDO
Nicole Pagliarini
Copyright© Officine Editoriali 2012
Tutti i diritti riservati.
Il presente file può essere usato esclusivamente per finalità di carattere personale. Tutti i contenuti sono protetti dalla legge sul diritto d’autore. Officine Editoriali declina ogni responsabilità per ogni utilizzo del file non previsto dalla legge. È vietata qualsiasi duplicazione del presente ebook.
ISBN 978-88-98041-02-2
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Foto di copertina tratta dall’archivio di Officine Editoriali
Ebook by: Officine Editoriali
Elaborazione grafica copertina: Officine Editoriali
SOMMARIO
Introduzione
Motivazioni e obiettivi dell’opera
File Rouge dell’opera
1 – Fenomenologia della solitudine
1.1 – La solitudine del giovane
1.1.1 – Solitudine come separazione da sé
1.1.2 – Senso dell’assurdo, dubbi e caos emotivo
1.1.3 – Gli ostacoli al cambiamento
1.1.4 – Il definitivo risveglio dalla solitudine
1.1.5 – L’andamento ciclico del risveglio
1.2 – La solitudine nelle città
1.2.1 – Solitudine come esperienza cinica
1.2.2 – La solitudine creativa
1.2.3 – Solitudine come Krisis
1.3 – La conquista della solitudine
2 – Piccola storia della solitudine nell’arte
2.1 – La solitudine come strumento di ascesi nell’arte cristiana
2.2 – La solitudine come panismo dell’arte romantica
2.3 – La solitudine come alienazione nell’arte contemporanea
3 – La solitudine come rafforzamento di sé
3.1 – Solitudine nella STOA: Seneca e Marco Aurelio
3.1.1 – Seneca: solitudine utile e nociva
3.1.2 – Marco Aurelio: solitudine come introspezione
3.2 – Mantaigne: solitudine e ambizione
3.3 – Schopenhauer: solitudine come misantropia
3.3.1 – Misantropia: propedeutica alla conoscenza di sé
3.4 – Nietsche: le maschere della solitudine
3.4.1 – La filosofia come supremo inganno
3.5 – Rainer Maria Rilke: sradicamento e solitudine
3.5.1 – I molti volti della solitudine
3.5.2 – Solitudine, anonimato e conoscenza
3.6 – Eckart Tolle: solitudine e mente che mente
3.6.1 – Disidentificarsi dalla mente
3.6.2 – Osservare la mente
Conclusioni
Ringraziamenti
Bibliografia
INTRODUZIONE
Motivazioni e obiettivi dell’opera
Ad oggi molto si discute in tema di solitudine, ma ho deciso di scriverne anch’io perché è un argomento che, oltre a essere di stringente attualità in ogni ambito dell’esistenza, mi appassiona molto.
Si tratta inoltre di un tema per me molto sentito e che ho temuto di affrontare per anni. Il saggio che mi appresto a scrivere quindi vuole essere più un percorso personale che non una ricerca didattica pura e semplice.
Un percorso che mi auguro possa avere come obiettivo anche il concretizzarsi di un testo che possa essere utile anche a chi, come me, con la solitudine ha e ha avuto un rapporto assolutamente duale e ambiguo di amore e odio dettato quasi esclusivamente dalla paura.
Inutile dire che in chiave di counseling, quindi in un’accezione definitivamente pratica, la solitudine è fra i temi più frequenti affrontati nel corso della relazione di aiuto. Si tratta infatti di una condizione sempre più diffusa ed avvertita sempre più dolorosamente: il mio interesse è stimolato quindi ancor di più nell’esaminare questo argomento.
Quando presentai il progetto al mio editore scrissi, quasi di getto, queste poche righe:
"Ho necessitato di parecchio tempo e di molta riflessione per capire cosa significa per me solitudine in questo momento della mia vita ed è appunto di questa che desidererei provare a scrivere.
Io desidero parlare della solitudine che un essere umano può provare anche trovandosi in compagnia di persone care che gli vogliono bene e che conosce da tempo.
Di quella sensazione di vuoto interno e smarrimento che fa sentire alienati, quasi diversi, dal resto del mondo e a volte dalle proprie amicizie.
Quasi un sentirsi fuori luogo nei posti dove di solito ci si sente a proprio agio come casa, luogo di lavoro o qualsiasi altro posto che si ha l’abitudine a frequentare.
Diciamo che la solitudine fa sentire quasi estranei in casa propria e con i propri affetti, siano essi familiari o di amicizia. Ci si sente soli in mezzo agli altri e soprattutto soli di fronte all’incomprensione bonaria dell’altro nell’affrontare il discorso.
Cosi come mi piacerebbe parlare anche della paura che sta alla base dello stare da soli pur essendo consci del potere della solitudine: essa può essere grande occasione di crescita e scoperta interiore (tema caro anche a Rilke).
Da qui può nascere un senso di smarrimento e confusione nel conoscere come la solitudine possa essere non solo proficua, ma anche piacevole e, nel contempo, constatare come sia fonte di paura, tristezza, senso di abbandono e disorientamento.
Paura di stare da soli in casa propria una volta chiusa dietro di sé la porta d’entrata e trovarsi a confronto con se stessi (quel retrobottega
tanto caro a Montaigne); quella paura di solitudine che porta ad organizzare ogni momento della giornata in modo frenetico per non fermarsi a pensare… per non cedere all’inquietudine. Paura paralizzante.
Come si chiama questo genere di solitudine? Solitudine identitaria? Si tratta di una crisi d’identità piuttosto che di solitudine o di entrambe le cose?
Mi piacerebbe che questo lavoro mi guidasse lungo un percorso di analisi e lavoro personale destinato a sfociare in una conclusione positiva e se possibile propositiva: credo che ci sia molta gente che soffre la solitudine nel senso in cui cerco di intenderla io e mi piace pensare che la mia tesi possa essere per loro, oltre che per me, un piccolo aiuto pratico
, esistenziale o quantomeno una possibilità di condivisione di questo tema."
Ora che mi accingo a scrivere mi chiedo se sia possibile rendere effettivamente l’idea delle emozioni che una persona può vivere quando si trova di fronte il vuoto, la paura, ma anche la possibilità di crescita racchiuse nella solitudine.
In effetti oggi l’atteggiamento nei confronti della solitudine è piuttosto contradditorio. La si cerca, ma allo stesso tempo la si teme per cui ci si tuffa tra la folla. Ci si trova in difficoltà con gli altri, ma ugualmente si soffre se si è soli.
Si resta turbati sia dalla solitudine sia dal suo contrario ambiguamente.
Secondo Sartre, ad esempio, non esiste quasi la relazione; o l’uno divora l’altro oppure è divorato.
L’uomo sartriano sembra essere condannato ad essere solo. La solitudine anziché diventare mezzo di conoscenza e di redenzione diventa quindi un’inutile sofferenza che non offre alcuna possibilità di riscatto. Nasce così l’idea di solitudine come condanna: la causa è una certa fragilità psichica, per cui si è quasi incapaci di fare i conti con se stessi, si è incapaci o si ha paura di entrare in contatto con il proprio mondo interiore.
Questo mancato
equilibrio tra solitudine e vivere sociale dunque, porta l’uomo odierno a sentirsi senza dimora, non sta bene in casa propria e men che meno in quella degli altri.
In entrambi i casi è sfiorato da un vago quanto profondo senso d’inquietudine, d’inquietante smarrimento che lo porta non appena immerso nel silenzio a ritornare in tutta fretta alle relazioni di sempre.
In verità poi bisogna anche dire che il successo di una buona relazione con gli altri poggia sulla capacità di essere soli…. Soltanto chi non vive nell’angoscia la solitudine, che spesso viene associata alla perdita, all’abbandono, all’isolamento, all’emarginazione, non corre il rischio di annullarsi nell’altro o di rivolgersi all’altro in modo fagocitante, strumentalizzante, ricattatorio o vittimistico.
Ma come saggiamente ricorda Montaigne, bisogna anche prepararsi a riceversi per fare un viaggio che a tratti potrebbe apparire come una discesa agli inferi nonostante le rassicurazioni di Freud il quale afferma che non è poi così improbabile la possibilità che si impari a sopportare la solitudine…
Come scritto poc’anzi dunque, ho personalmente sperimentato questa qualità squisitamente bipolare della solitudine, dove a seconda degli eventi o delle situazioni ho potuto collocarla sia su un versante positivo, costruttivo, e quindi di benessere sia su un versante di espressione negativo, distruttivo caratterizzato da accecante disperazione e angoscia.
Per questo desidero affrontarla e scrivere di essa.
Per questo desidero provare a dipanare questo ritrovamento di sé, questa possibilità di ricarica dello spirito da una parte e la mancanza, l’assenza, il rifiuto e l’esclusione degli altri o dagli altri dall’altra.
Questo è l’obiettivo cardine: dipanare, scoprire, fare chiarezza, osservare nel tempo gli sviluppi dell’argomento al fine di concludere positivamente il percorso e dargli un senso utile.
Crescita o stallo, elevazione o depressione, orgoglio e coraggio o paura, azione o inerzia, spinta di vita o eros o pulsione di morte o thanatos, verità o sua negazione: in ogni caso proverò a mettere in evidenza questo dualismo insito nel tema solitudine sperando in una conclusione positiva e di crescita propositiva.
Splendido Pascal quando ne i Pensieri