IL PROGETTO PILOTA PER L'ABRUZZO. Storia di un progetto di sviluppo comunitario (anni 1958-1960)
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Anteprima del libro
IL PROGETTO PILOTA PER L'ABRUZZO. Storia di un progetto di sviluppo comunitario (anni 1958-1960) - Andrea Battagia
Copyright 2016
Prima edizione: StreetLib giugno 2016
In copertina: Riunione del gruppo nell’Ufficio del Progetto Pilota in Abruzzo, 1960. La prima a destra è Angela Zucconi, la seconda a sinistra è Florita Botts.
INDICE
4 INTRODUZIONE
7 CAPITOLO PRIMO
I PROTAGONISTI ISTITUZIONALI
1. L’UNRRA-Casas 7; 2. Il distretto di Castel di Sangro 8; 3. Il Cepas 10; 4. L’UNESCO 11; 5. La cassa del Mezzogiorno 12; 6. L’AAI 12; 7. L’American Friends Service Committe 13; 8. Il Save The Children Foundation 14; 9. Il Cif 14; 10. Angela Zucconi 14; 11. Adriano Olivetti 17.
21 CAPITOLO SECONDO
GLI STUDI PRELIMINARI
1. Inquadramento istituzionale 21; 2. Il Progetto Pilota per l’Abruzzo 22; 3. Gli eventi bellici 24; 4. Gli studi preliminari 25; 5. L’ambiente economico 28; 6. Il ruolo dell’assistente sociale 30.
35 CAPITOLO TERZO
IL LAVORO SVOLTO SUL CAMPO
1. Il metodo di lavoro 35; 1.1. Attività per il miglioramento dei servizi e delle iniziative esistenti 35; 1.2. Servizi assistenziali locali 36; 1.3. Servizi assistenziali che dipendono da enti nazionali 37; 1.4. Attività di organizzazione della comunità per l’esecuzione di progetti locali 37; 1.5. Attività di assistenza tecnica agricola 40; 1.6. Attività di assistenza tecnica economica in altri settori 42; 1.7. Attività culturali 43; 1.8. Lettura 44; 1.9. Cinema 45; 1.10. Filmine 46; 2. Rapporti con le iniziative dello stato 47; 3. Attività di studio e di ricerca 49.
52 CAPITOLO QUARTO
COCLUSIONI
1. La fine del Progetto Pilota per l’Abruzzo 52; 2. Il Progetto Pilota e lo sviluppo comunitario 54; 3. Il bilancio finale 59.
62 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
65 SITOGRAFIA
 66 FILMOGRAFIA
Introduzione
 «Fontamara somiglia dunque, per molti lati, ad ogni villaggio meridionale il quale sia un po’ fuori mano, tra il piano e la montagna, fuori delle vie del traffico, quindi un po’ più arretrato e misero e abbandonato degli altri. Ma Fontamara ha pure aspetti particolari. Allo stesso modo, i contadini poveri, gli uomini che fanno fruttificare la terra e soffrono la fame, i fellahin, i coolies, i peones, i mugic, i cafoni, si somigliano in tutti i paesi del mondo; sono, sulla faccia della terra, nazione a sé, razza a sé, chiesa a s黹.
La Marsica, in Silone, diventa paradigma di una situazione che affliggeva non solo una regione o una nazione, ma il mondo. Difficile era vivere lontano dai luoghi dove si faceva la storia, in cui si sopravviveva attraverso un’agricoltura di sussistenza, nei quali le intemperie della natura si manifestavano ciclicamente e le comunità erano vessate e perseguitate dai padroni. Fontamara poteva chiamarsi Pescocostanzo, Roccapia o Palena, la situazione era sempre la stessa fino all’autunno del 1943, quando la storia bussò prepotentemente alle porte del nostro comprensorio. Si tratta di eventi tragici, fatti di morte e disperazione, di rappresaglie e di eroi, frutto dello scontro di due poderosi eserciti che si diedero battaglia fino alla primavera del 1944.
Il prezzo pagato fu alto: bisognava ricostruire non solo materialmente, ma anche socialmente e culturalmente. Fino a metà degli anni Cinquanta la Ricostruzione aveva riguardato i bisogni più immediati e urgenti. Passata questa prima fase, era necessario attuare interventi che riguardassero il benessere materiale della popolazione ed una crescita sia civile che culturale. In questo contesto si inserisce il Progetto Pilota per l’Abruzzo, ambizioso poiché doveva fare da guida attraverso una metodologia ben definita, a iniziative di sviluppo comunitario nel Mezzogiorno.
Il Progetto Pilota per l’Abruzzo non fu né il primo e neanche l’ultimo di progetti di sviluppo comunitario in Italia, ma sicuramente fu quello dove si riscontrarono le maggiori sinergie tra i vari enti istituzionali, figure intellettuali e popolazione. Tutto questo grazie a due figure fondamentali, Adriano Olivetti e Angela Zucconi. Prese il via il primo ottobre del 1958, dopo aver ottenuto l’approvazione ufficiale dell’UNESCO. La durata doveva essere di quattro anni, ma il Progetto nel 1960 si può considerare terminato. La causa principale della fine del Progetto, che segnò profondamente non solo Angela Zucconi, ma tutta la cultura e con essa il settore economico italiano, è da imputare ad una morte, quella di Adriano Olivetti. Una figura che diede vita al primo progetto di sviluppo comunitario con il Movimento Comunità e che fu il collante fondamentale tra l’UNRRA-Casas e il Cepas. Venne meno il collante tra l’UNRRA-Casas e il Cepas e antichi dissapori, fino ad allora sopiti, riaffiorarono. Lo scontro conseguente fu impari, il peso politico dell’UNRRA-Casas ebbe la meglio sul Cepas.
Nel 1960, in anticipo rispetto alla data prevista per la conclusione dei lavori, che era il 1962, aveva termine il più brillante progetto di sviluppo comunitario della storia italiana, che era nato sotto i migliori auspici e con molte speranze di rinnovamento non solo per l’Abruzzo, ma per l’intero Mezzogiorno. Si concluse nel silenzio più assoluto per motivi che nulla avevano a che vedere con le finalità di sviluppo sociale, economico e di crescita culturale che lo avevano animato.
Nel primo capitolo vengono presentati i protagonisti istituzionali, dagli enti promotori, alle organizzazioni, fino alle associazioni che vi presero parte, per giungere alle due figure che più di tutte animarono in modo innovativo il Progetto Pilota per l’Abruzzo, Angela Zucconi e Adriano Olivetti. Nel secondo capitolo vengono ricostruiti gli studi preliminari che seguirono una precisa ed innovativa metodologia della ricerca sociale e della pratica evolutiva. Viene presentato, inoltre, il comprensorio nel quale l’intervento venne effettuato, cinque comuni nella provincia dell’Aquila (Ateleta, Pescocotanzo, Rivisondoli, Roccapia e Roccaraso) e nove nella provincia di Chieti (Colledimacine, Gamberale, Lama dei Peligni, Lettopalena, Montenerodomo, Palena, Pizzoferrato, Taranta Peligna e Torricella Peligna) definiti dalla Zucconi come: «zona più depressa di una delle regioni più depresse d’ Italia»² . Nel terzo capitolo si entra nel vivo del lavoro svolto nel biennio 1958-1960, una descrizione dettagliata delle attività praticate nel campo delle tecniche agricole ed economiche, nelle iniziative culturali, ma anche nel miglioramento dei servizi e delle azioni esistenti. Il capitolo si chiude con le continue attività di studio e ricerca che accompagnarono il Progetto Pilota per l’Abruzzo, che tanta fama gli procurarono non solo a livello nazionale, ma anche a livello internazionale. L’ultimo capitolo ricostruisce la fine del Progetto Pilota per l’Abruzzo e indaga le motivazioni che condussero a quell’esito. Viene effettuato anche un rapporto tra il Progetto Pilota e altri progetti di sviluppo comunitario sia antecedenti che susseguenti e, infine, viene tracciato un bilancio finale.
Ricostruire le vicende del Progetto Pilota per l’ Abruzzo è servito anche per descrivere una temperie culturale, un clima intellettuale imperante in Italia negli anni Cinquanta, che permise l’ingresso e l’affermazione delle scienze sociali, non solo da un punto di visto teorico ma anche pratico. Fondamentale fu riscontrare nella pratica quotidiana le validità delle teorizzazioni, confermando un valore scientifico e pedagogico che bisogna sottolineare. Nel