Acilia partigiana. Eroi venuti dal popolo
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Recensioni su Acilia partigiana. Eroi venuti dal popolo
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Anteprima del libro
Acilia partigiana. Eroi venuti dal popolo - Lorenzo Proia
Costa
Prefazione
Paolo Berdini, urbanista
Sono tre i motivi che fanno del libro di Acilia Partigiana. Eroi venuti dal popolo di Lorenzo Proia uno straordinario esempio di ricostruzione storica.
Il primo riguarda l’oggetto principale del suo ragionamento, e cioè la ricostruzione della vicenda della Resistenza partigiana ad Acilia e ad Ostia. Colmando una lacuna che per troppi anni ha messo in ombra il tessuto sociale che si oppose coraggiosamente al fascismo, Proia racconta degli eroi che hanno incarnato quegli anni difficili e che hanno contribuito alla nascita della Repubblica. Nello Duranti, Giuliano Rossi, Tarquinio D’Alessandro, Salvatore Deiana, Serafino Deiana, Lido Duranti e tanti altri, escono dalle pagine del racconto storico e occupano lo spazio silenzioso della borgata di allora. L’autore ha la sensibilità e la cultura per avvertirci che non si tratta di personaggi minori
ma di grandi protagonisti di una stagione generosa e drammatica. È certo comprensibile che fin qui la storia della resistenza romana si sia esercitata sui grandi eventi e sui personaggi maggiori che li hanno incarnati. È oggi il momento di completare l’affresco di un tessuto umano e sociale senza il quale non ci sarebbe stato il riscatto di una popolazione che aveva dovuto subire ventidue anni di dittatura fascista e nove mesi di occupazione nazista.
L’autore colma efficacemente questa lacuna per Acilia e per Ostia, restituendoci le vite rigorose di coloro che rischiarono la vita pur di restituire la libertà al popolo Italiano. Sono certo che assisteremo nei prossimi anni al fiorire di una storiografia di dettaglio che –sotto l’egida dell’Anpi- completi il grande affresco della resistenza romana anche per tutte le altre zone urbane che si distinsero per coraggio ed eroismo.
Il secondo motivo di interesse del volume è di contesto fisico. Da valente storico, Proia, ci fa vivere i luoghi in cui si svolse la vita dei protagonisti. Sono molti i luoghi che emergono dalla sua ricostruzione. Il carcere dell’Infernetto dove vennero rinchiusi alcuni esponenti della resistenza. Piazza Capelvenere prima della goffa ristrutturazione
compiuta in nome di una malintesa modernità che cancella la memoria storica dei luoghi. La chiesa di San Leonardo in cui si svolsero le cerimonie più importanti, in primo luogo i matrimoni. E infine le Casette Pater, dove vivevano alcuni resistenti. Piccoli frammenti di un tessuto urbano che è molto cambiato da allora. Frammenti che dovrebbero tornare a far parte di un patrimonio maggiormente diffuso tra la popolazione e tra le scuole, poiché senza memoria dei luoghi non si va molto lontani. Ad esempio, la scomparsa del quartiere Pater era certamente inevitabile dato il livello infimo della consistenza edilizia di quelle case costruite in fretta per deportare dal centro storico di Roma le famiglie più povere che non potevano permettersi la ricerca di un altro alloggio. Ma era sicuramente evitabile che non restasse traccia documentaria del primitivo impianto, che cioè non venisse ricordato con lapidi o cartelli divulgativi. Le periferie uscirebbero così dall’anonimato cui una visione troppo concentrata sui grandi eventi
le ha condannate. Sono state il luogo della ricchezza delle relazioni sociali, spazi che videro quegli eventi da custodire gelosamente e tramandare alle generazioni future.
E qui si apre il terzo motivo di straordinario interesse dell’opera di Proia, quando l’autore uscendo dai panni dello storico e mettendo il vestito del militante, recupera, attraverso le figure di alcuni giovani del luogo, il filo ininterrotto dell’impegno politico e sociale che trae la sua ragione d’origine nella resistenza contro la dittatura fascista. I giovani di Acilia e Ostia, tratteggiati nel volume sfuggono così alla frettolosa e interessata narrazione che ci viene dispensata a piene mani, che cioè i giovani non amino l’impegno sociale, lo studio, la solidarietà concreta e la passione per un futuro migliore.
Erica Rossini, Marco Severa, il Collettivo Ingranaggi e Non una di meno Roma, insieme al giovane autore di questo libro, ci dicono invece che dietro a giudizi di comodo si nasconde una generazione che si riappropria delle propria cultura e, perché no?, anche dei miti e delle utopie che segnano sempre la storia delle società. I miti di uomini normali
che in tempi anormali non esitarono a mettere a repentaglio la propria vita. Di utopie concrete come la ricerca di uguaglianza in una società sempre più disuguale e sorda ad ogni richiesta di solidarietà che proviene dalle classi escluse.
Quando potremo riavere la testimonianza del sacrificio di Nello Duranti a piazza Capelvenere; quando ricostruiremo la forma e la storia dei quartieri dell’esclusione come Casette Pater; quando insomma saremo in grado di delineare quartieri maggiormente rispettosi della dignità delle persone a prescindere dal loro reddito, potremo davvero dire il cammino della Resistenza avrà dato i suoi frutti profondi. E il fatto che ci sia una nuova generazione di giovani, Lorenzo e i suoi coetanei, ad essere protagonista di questa nuova stagione, ci regala una ventata di ottimismo indispensabile in tempi difficili in cui le ideologia fascista che sembrava sconfitta per sempre tenta di riportarci indietro nel tempo. Non ci riuscirà. Dice infatti l’autore: Ecco dunque che Acilia, quella che si vorrebbe etichettare come la
periferia della periferia, ai margini di Ostia che è a sua volta ai margini della Capitale del Paese, appare tutt’oggi afflitta dalla stessa assenza di attenzione da parte dello Stato che segnalava l’Unità negli anni Settanta del secolo scorso. Sembrerebbe che nulla sia cambiato, a quarant’anni di distanza di nuovo dei
giovani che
vogliono cambiare Acilia. Ma la cultura è cresciuta, questi ragazzi hanno maggiori mezzi e risorse intellettuali, come le avevano maggiori le loro madri e padri rispetto alla ‘banda di Acilia
.
Ci sono dunque giovani, come l’autore di questo prezioso volume e dei suoi compagni di cammino, che saranno protagonisti di una nuova stagione di ricerca di uguaglianza e solidarietà.
Introduzione
Questo studio è stato da me realizzato su commissione della Sezione ANPI ‘Elio Farina’ del X Municipio del Comune di Roma e gode del patrocinio di due importanti sindacati: la CGIL, a cui sono tesserato e legato dalla storia familiare e la UIL. L’intenzione è quella di accendere, se possibile naturalmente, i riflettori sul territorio dell’entroterra del litorale romano, quindi sul suo centro classico: Acilia. Intende farlo mettendo, per la prima volta in uno studio documentato, in evidenza l’azione di quella che io definisco (sulla base della terminologia che i protagonisti stessi utilizzano nei documenti giunti sino a noi) ‘banda di Acilia’ e che fu guidata da Lido Duranti, mio prozio e da suo fratello minore Nello, mio nonno. Non ho mai conosciuto mio nonno, essendo egli venuto a mancare nel 1974 e io nato nel 1986. Mi sono recentemente laureato a pieni voti in studi storici magistrali e ho sempre avuto la passione per la ricerca in tal senso, applicarmi in questa passione mi ha insegnato che la Storia permette di conoscere
donne e uomini che non hai mai conosciuto dal vivo, in quanto scomparsi in epoche precedenti
; in questo senso attraverso questo studio ho potuto in un certo senso conoscere mio nonno. Mi sarebbe sempre piaciuto ricevere gli insegnamenti di un nonno partigiano
e sicuramente mi avrebbero fatto bene o almeno così ho sempre pensato, evitandomi errori e incertezze, probabilmente.
Per questo studio ho potuto conoscere in maniera sufficientemente approfondita l’ultimo partigiano residente nel nostro territorio, Bruno Peverini e ho potuto anche da questa amicizia intellettuale farmi un’idea migliore della Resistenza.
Il X Municipio è una realtà complessa, la cui complessità è oggi nota a tutto il Paese (e, in parte, persino fuori dal Paese) a seguito delle inchieste su Mafia Capitale. Queste inchieste, sacrosante inutile dirlo, hanno provocato un vero e proprio terremoto nella cittadinanza e stanno portando a gesti sterili: l’ultima idea che hanno avuto un gruppo di cittadini del nostro territorio è quella di costituire un comune di Ostia e di Ostia Antica a sé, scisso dall’entroterra, da Acilia. Mentre i disvalori dei neofascisti si fanno sempre più forti non solo nelle strade, non tanto (ed è un dolore) in quelle che una volta erano chiamate borgate
ma persino nelle più alte Istituzioni legate al territorio. Intanto, alla criminalità organizzata, feroce e radicata come ha mostrato magistralmente la coraggiosa Federica Angeli, si risponde più con gli strumenti polizieschi che con quelli sociologici. Queste, le ragioni che mi hanno portato a scrivere un libro su Acilia.
Le ragioni che portano invece a scrivere un libro sul fenomeno dell’antifascismo vanno altresì ricercate nella particolare stagione che stiamo vivendo a livello globale, cosiddetto (nel nostro ambito) occidentale ed europeo. Al ritorno di nuovi fascismi se non addirittura nazismi vieppiù forti nei consensi, nel potere, nelle istituzioni. Ma non nei Valori, quelli del 1945-48 che ancora rappresentano il punto d’arrivo più alto del Progresso e che urge rinnovare. Verranno rinnovati, poiché radicati nei popoli e non avremo nuovi totalitarismi, ma l’emergere di violenze è significativo. La morte di Peppino Impastato a Cinisi o quella di Pier Paolo Pasolini all’Idroscalo di Ostia non furono espressioni di fenomeni totalitari, ma violenti, questo si.
Ecco quindi che non si tratta solo e soltanto di un’opera di mera ricerca archivistica, ma di un testo politico. Il primo capitolo è puro
nel suo essere storico; nel secondo metto in evidenza le mie doti giornalistiche
, essendo la mia attuale professione e lo potrei forse definire un lungo articolo a carattere storico; nel breve, terzo capitolo e nell’appendice mi improvviso in qual misura politico
, è dunque un passaggio storico-politico.
Il mio intento politico è quello di mettermi al servizio
della comunità antifascista del X Municipio, reputando il momento grave a livello tanto locale quanto globale, come mai lo avevo veduto in questi quasi 33 anni di vita su questa terra. Offrendo strumenti, idee, spunti, stimoli e soprattutto le capacità che ho acquisito negli anni, primariamente, dunque, quelle scaturite dagli studi storici che ho intrapreso con serietà e dedizione in età relativamente matura
.
La famiglia di mia madre, la famiglia Duranti, è una famiglia importante per la storia del principale partito di opposizione della Prima Repubblica, il
Partito per eccellenza di quella stagione, il PCI (Partito Comunista Italiano). Al tempo, i partiti, erano strumenti diversi dai presenti, con un reale radicamento nei territori, in particolare nelle masse meno fortunate di alcune minoranze elitarie; gli strumenti che i partiti sono divenuti oggi, tuttavia, non sono certo scevri da partecipazione popolare e non devono essere svuotati, bensì valorizzati e accresciuti lavorandoci
con pazienza.
Grazie al legame con la mia famiglia tutta e con i Duranti
in particolare ho potuto conoscere sin da bambino persone straordinarie, ne vorrei ricordare alcune che in qualche misura c’entrano – eccome! – con questo volume. Grazie a mio padre, Francesco Saverio Proia, che lavorava in CGIL, ho conosciuto Maria Pascolini, di cui sono stato amico sino agli ultimi anni della sua lunga e incredibile esistenza. Ho conosciuto grazie a mia madre Marcella De Fazio nella Sezione di Piazza della Stazione Vecchia al centro di Ostia. Ho conosciuto, infine, tramite la spinta ad aderire agli ideali antifascisti e progressisti dei miei genitori – che hanno avuto prima un percorso logico di scelta familiare e sono poi, dal 2009, stati davvero volontari
– giovani compagni straordinari, dal primo anno del liceo a questo 2018 che sta per terminare. Di alcuni di loro tratto nel libro.
Buona lettura,
Lorenzo Proia
19 dicembre 2018, Ostia-Roma
Ringraziamenti per la realizzazione della presente opera
Ringraziamenti personali dell’autore a titolo politico non possono che andare a determinati collettivi e personalità politiche che hanno permesso allo stesso l’evoluzione intellettuale che ha portato a questo volume. Vorrei quindi ricordare il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) a partire dal proprio fondatore Marco Ferrando e il collettivo dei Giovani Democratici (GD) del X Municipio che mi hanno sostenuto in differenti stagioni della mia vita, portandomi a una maggiore consapevolezza della mia eredità in quanto nipote di un comandante partigiano
. Per quanto concerne la realizzazione specifica del volume nei mesi che lo hanno preparato, tramite un lavoro collettivo, ringraziamenti particolari non possono che andare alla Casa della Sinistra del X Municipio, frequentata da molti anni da mia madre e in particolare un ringraziamento caloroso al Segretario Marco Possanzini e al militante e intellettuale Maurizio Carrozzi; ad Articolo 1 – MDP nelle persone di Davide Di Lorenzo e Danilo Borrelli; a Roberto Ribeca del circolo di cultura politica Spazio Berlinguer con sede al centro di Ostia, dove risiedo e in cui sono dirigente; al mio Segretario PD Flavio De Santis; alla Casa del Popolo di piazza Capelvenere ad Acilia e alle numerose realtà (FGC Acilia-Ostia, Ingranaggi, PRC X Municipio Acilia, Associazione di Amicizia Italia-Cuba e via discorrendo) che a quel luogo fanno riferimento e dulcis in fundo alla Sezione ANPI ‘Elio Farina’ e al proprio Direttivo presieduto da Stefania Galimberti. Un ringraziamento sentito a tutte le personalità (associative o individuali) antifasciste nominate all’interno del volume, vive oggi o vive ancora nella nostra lotta repubblicana e antifascista.
Capitolo 1:
la Resistenza di Acilia (1943-1944)
Prima parte: la ‘banda di Acilia’
1.
L’8 settembre del 1943 fu il giorno del cosiddetto armistizio di Cassibile, dalla località siciliana in cui fu siglato: il Re d’Italia Vittorio Emanuele III e con lui Pietro Badoglio - duca di Addis Abeba
, già inglorioso generale fascista e Capo del Governo Provvisorio dal 25 luglio dello stesso anno, nel giorno che pose fine a oltre un ventennio di Regime fascista in Italia – dichiararono cessate le attività belliche nei confronti degli Alleati. I tedeschi, risposero immediatamente con la forza e si costituì l’occupazione tedesca sul suolo italiano. A partire da quel medesimo 8 settembre, migliaia e migliaia di italiani si guardarono in faccia, assistendo sgomenti alla smobilitazione delle truppe e al caos; pensarono di dover reagire all’occupazione germanica che stava investendo il Paese, ma anche di dover riscattare due decenni fascisti che avevano lasciato un’Italia nelle macerie, prima di tutto culturali, sociali e politiche, ma in quel momento anche fisiche.
Acilia era una borgata di Roma, non lontana dalla più nota Ostia, dunque non distante dal litorale. Questa, pianeggiante e di formazione alluvionale, sotto il livello del mare, alla fine del XIX secolo fu interessata da un’ampia opera bonifica - ben prima delle più celebri bonifiche mussoliniane dell’agro pontino– per mano di braccianti di origine romagnola. Se ne occupò infatti l’Associazione braccianti di Ravenna, giunti a Roma in treno nel pomeriggio del 4 novembre 1884. Prima che i Ravennati giungessero in questo territorio, l’area era insalubre e malarica. Da allora al 1943 molto era cambiato: precedentemente l’ingegnere e senatore Paolo Orlando, nel primo dopoguerra e infine lo stesso Mussolini tra il 1939 e il 1940, avevano provveduto a fare del borgo una zona relativamente ad alta densità abitativa. In particolare il 21 aprile 1940 il Duce in persona venne ad Acilia a visitare e inaugurare un nuovo comprensorio abitativo: le ‘Casette Pater’ (dal nome dell’architetto svizzero Giorgio Pater che le progettò), nelle quali presero dimora infine 286 famiglie in gran parte numerose. Furono costruite in poco tempo, utilizzando pannelli prefabbricati fatti con un impasto di calce e paglia, detta carpenite. Pochi anni prima, nel 1936, era stata costruita in quella che si cominciò a definire come ‘Acilia Vecchia’ la chiesa di San Leonardo da Porto Maurizio.
Le borgate erano un fenomeno nuovo a Roma, che proseguirà nel corso degli anni. Successivamente, Giovanni Berlinguer e Piero Della Seta, in un loro studio del 1960, le descriveranno con queste parole:
Ogni vent’anni un milione di italiani si trasferisce nella capitale. È come se una provincia intera – popolata come quella di Firenze, o di Genova, o di Palermo – divenisse deserta