Cooperazione e democrazia dei cristiani: Vita e opere di Monsignor Carlo Mazzotti (1880-1980)
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Anteprima del libro
Cooperazione e democrazia dei cristiani - Alberto Fuschini
Questo volume è pubblicato grazie al contributo di
COOPERAZIONE E DEMOCRAZIA DEI CRISTIANI
Vita e opere di monsignor Carlo Mazzotti (1880-1980)
© Homeless Book, 2016
www.homelessbook.it
ISBN: 978-88-98969-68-5 ebook
Indice
Vita e opere di monsignor Carlo Mazzotti (1880-1980)
INTRODUZIONE
I - La cooperazione agricola tra la fine dell’ 800 e gli inizi del ‘900
II - La nascita del cooperativismo cattolico a Faenza
IV - La cooperazione secondo don Carlo Mazzotti
IV - La Cooperativa Agricola di Reda durante il primo conflitto mondiale
V - La Cooperativa di Reda e i Consorzi agrari
VI - La Cooperativa Agricola e il Consorzio provinciale di approvvigionamento
VII - L’evoluzione della Cooperativa Agricola
VIII - La fine della Cooperativa
APPENDICE
BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
Il giovane studioso faentino Alberto Fuschini è parte attiva del gruppo di ricerca che ormai da oltre un anno (in collaborazione con la Fondazione Giovanni Dalle Fabbriche, l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea in Ravenna e Provincia e la Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza) lavora per riportare interesse e attenzione su di un protagonista del cattolicesimo non solo locale, Don Carlo Mazzotti (1880-1980), ricostruendone la biografia e i tanti interventi nei vari ambiti in cui operò: dal religioso al culturale, dal politico al sociale ecc. Il Canonico Mazzotti ha attraversato il secolo scorso animato da viva e originale passione civile e religiosa (fervente murriano
lo definisce l’amico e discepolo, storico di vaglia, Don Lorenzo Bedeschi in un suo libro romagnolo
), redigendo anche una notevole mole di pregevoli studi di storia locale, ma, soprattutto nei primi decenni del ‘900, nel pieno dell’entusiasmo provocato dall’enciclica Rerum Novarum
di Leone XIII, e animato dalla feconda seminagione, pure in terra di Romagna, del sacerdote marchigiano Don Romolo Murri, andò concretamente al popolo
, come si diceva allora, partecipando con grande attivismo (ma ricavandone anche delusioni e incomprensioni) alle vicende che agitavano il movimento cattolico.
La ricerca di Fuschini ci vuole restituire, facendo largo uso di documenti originali, inediti e basandosi su testi classici
e indagini recenti, le storie della Cooperativa Agricola di Reda (1917-1922) e del Molino Cooperativo (1908-1912) della stessa località, in cui Mazzotti ebbe parte preminente. In queste seppur brevi ma intense esperienze cooperativistiche si può cogliere, a mio parere, lo strenuo impegno e la dedizione disinteressata che molti giovani democratici cristiani di quegli anni, laici o sacerdoti, ponevano nell’agone sociale, nel difficile tentativo di costruire un cattolicesimo popolare svincolato dal clericalismo. Mi sovviene la rete dei molti giovani novatori, anche delle nostre località ravennati (salvata dall’oblio della Storia dalla preziosa opera proprio di Lorenzo Bedeschi e dei suoi allievi) e, all’interno di questa, l’accostamento a Mazzotti, inevitabile per me, dell’amico, fin dal Seminario, Don Giovanni Melandri (1880-1972), che in quegli anni viveva, in vicine località del Faentino, situazioni simili nell’ambito della cooperazione bancaria (le Casse Rurali, della cui Federazione Interegionale Melandri fu Presidente). Entrambi, ardenti seguaci murriani, si ponevano sempre coi lavoratori
, cercando di favorire la loro causa
, senza pregiudiziali ideologiche, ma volendo servire, in autonomia e senza legacci di potere, le reali necessità delle rispettive comunità. Fuschini ha svolto un accurato lavoro di scavo nei documenti d’archivio, preoccupandosi soprattutto, e giustamente secondo me, di far parlare le carte; è quello che ha cercato di fare pure la bella giornata di studio che si è tenuta sabato 24 ottobre u.s., presso la faentina biblioteca Manfrediana, fornendo molti spunti interessanti. Lì si è parlato de I cattolici faentini e l’
inutile strage. Carlo Mazzotti un prete pacifista
, ora, nel prosieguo della ricerca, si vorrebbe spostare l’attenzione, utilizzando documenti e testimonianze orali, sulla seconda parte della lunga esistenza di Don Carlo, occupandosi in particolare del Fascismo, della Seconda guerra mondiale, della Ricostruzione, dei fermenti del Concilio Vaticano secondo ecc. Terminando, quindi, lo studio, proponendo (a stampa?) una prima bozza di biografia cronologica e/o tematica dell’intensa esperienza mazzottiana. Speriamo vivamente che si confermino le condizioni oggettive e soggettive per riuscire nell’intento. Questo primo testo del carissimo e impegnato Alberto, che usando le odierne tecnologie si diffonde nell’etere, sia allora di buon auspicio.
Gian Luigi Melandri
Villanova di Bagnavacavallo (RA), dicembre 2015
I - La cooperazione agricola
tra la fine dell’ 800 e gli inizi del ‘900
Le principali difficoltà che incontrarono le cooperative agricole, all’inizio degli anni 80 del secolo diciannovesimo, alla loro nascita erano fondamentalmente di natura tecnica, psicologica e politica. Non bastava infatti la volontà di mettersi insieme
: occorreva trovare un minimo di mezzi per avviare un lavoro produttivo caratterizzato da una certa continuità, tale da dare una prospettiva a chi vi si impegnava; la fiducia e la credibilità personale dei fondatori erano fondamentali per convincere gli altri ad impegnarsi, nonostante l’esiguità delle risorse disponibili; su queste premesse si fondavano i principi ideali e politici, cioè una nuova consapevolezza della necessità di un’organizzazione collettiva per superare le difficoltà nel lungo periodo.
Tra il proletariato agricolo della Valle Padana si diffusero le prime forme di cooperazione, alla quale i socialisti diedero il segno di un’organizzazione produttiva e di lavoro.
Organizzare un gruppo di campagnoli
, cioè di contadini non proprietari, implicava la disponibilità di strumenti da usare nella terra da coltivare e ciò richiedeva l’esistenza di mezzi finanziari o di credito per acquistare macchine, materie prime, sementi e concimi. E per chi non disponeva di beni mobili o immobili che potevano offrire garanzia sufficienti alle banche, l’accesso al credito era impossibile.
Per superare questa situazione vennero creati organismi popolari di credito, con matrici liberali o cattoliche: esse furono le Banche Popolari e le Casse Rurali. Esse erogavano credito a coloro che, senza essere in grado di dare in garanzia beni immobili, avevano bisogno di prestiti; appena create, svolsero subito un’intensa attività e ben presto furono in grado di collegarsi fra loro. È logico che fra i loro primi clienti vi fossero le cooperative di agricoltori e braccianti. Queste iniziative trovarono terreno soprattutto nell’ambito cattolico, nel quale non vi erano pregiudiziali contro la crescita di nuove, piccole unità produttive o distributive: lo sviluppo di una diffusa rete cooperativa si inquadrava perfettamente nel disegno di costruzione di una società che aiutasse a superare la condizione di salariato, evitando gli errori e i pesi della grande impresa capitalistica.
L’attività di queste banche si dimostrò ben presto quale strumento in grado di svolgere sia una funzione tecnica, di fronte a una società organizzata in maniera che il credito venisse dato con maggiore facilità a chi offriva garanzie solide, fornendo invece possibilità di conti correnti utilizzabili ancor prima della copertura per accedere all’acquisto di materiale necessario alla produzione, sia un compito di sollecitazione, attraverso l’esperienza della formazione di un piccolo peculio, alla gestione del risparmio personale e familiare. La nascita della Federazione nazionale delle cooperative risale al 1886.
Nel 1889 il Parlamento, con la legge n° 6124, votò la concessione di appalti dei lavori pubblici ad associazioni cooperative di produzione e lavoro aventi alcune caratteristiche. Ma una delle novità più significative era costituita dal fatto che i contratti di appalto con le cooperative rispondenti a tali requisiti potevano essere stipulati a licitazione ed a trattative private, cioè con una procedura di favore che attirò su di sé critiche opposte, da parte degli avversari delle cooperative per il privilegio concesso, da parte di coloro che vedevano nella cooperazione uno strumento di contrapposizione alla società borghese come forma indiretta di mercanteggiamento tra lo stato borghese e il mondo del lavoro. L’esistenza di questa legge fu fondamentale perché in tutti i settori di attività consentì l’estensione delle associazioni e soprattutto il loro rafforzamento grazie alla possibilità di ottenere e dare lavoro: così si spiega come negli anni immediatamente successivi vi fu un progressivo aumento di cooperative agricole.
All’inizio degli anni Novanta vi erano in Italia oltre otto milioni di operai agricoli¹. Nel nord, oltre ai salariati fissi, legati con un rapporto ai proprietari terrieri della terra vi erano i braccianti avventizi che, privi di ogni sicurezza, erano disposti a fare proprie le rivendicazioni di una proprietà collettiva.
I contadini, consideratati da una certa pubblicistica come ispirati da visioni grette, egoistiche e privatistiche, rivelarono invece in Italia alla fine del secolo diciannovesimo e all’inizio del ventesimo una disponibilità ad impegnarsi in sforzi di solidarietà collettiva. Si può comprendere quindi come in quelle condizioni la speranza di una nuova forma associativa, quella appunto della cooperazione, potesse apparire la più idonea a risolvere i problemi degli operai braccianti.
Alle cooperative si aggiunsero, nello stesso periodo, le affittanze collettive, legate anch’esse all’esigenza di salariati e braccianti di gestire la terra in comune. Le affittanze collettive avevano il vantaggio di poter utilizzare, oltre un elevato numero di braccianti, un insieme di strumenti e di servizi, dalle macchine agli acquisti. In Emilia, in Romagna e nel Mantovano l’affittanza poteva far ricorso al lavoro collettivo, quindi a gestione indivisa, o in certi casi ad una forma mista con una parte gestita collettivamente ed una parte divisa. In molte zone della valle Padana anche l’ambiente cattolico, inizialmente refrattario accedeva a queste nuove organizzazioni, ne promosse di proprie e le utilizzò per dare spazio ad una propria iniziativa².
I comizi agrari, istituiti dal Regio Decreto 3452 del 23 dicembre 1866, con il contributo di soci privati e delle Istituzioni Pubbliche, furono la forma con cui il Governo intervenne in agricoltura. Essi