Un Piccolo Grande Ospedale. La sanità pubblica a Paola dal secolo XII ad oggi
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Ho lavorato sedici anni al San Francesco (due da studente e quattordici da medico) dal 1970 al 1986 e qui ho conosciuto molte persone che mi hanno insegnato tante cose, con molte altre abbiamo discusso di tutto il resto, e non erano solo medici.”
Così inizia il racconto della storia di questo ospedale, dei suoi medici, infermieri, suore, impiegati e altri operatori sanitari (quasi tutti citati nel corso della narrazione), che in 45 anni hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo di questa bella struttura sanitaria, oggi necessaria ancora più di ieri per la conservazione della salute dei cittadini di Paola e di tutto il territorio del Tirreno cosentino.
Nella seconda parte del libro l’Autore, dopo un lungo e paziente lavoro di ricerca in archivi di stato, biblioteche comunali e di privati cittadini, di consultazione di giornali d’epoca, di raccolta di testimonianze e interviste a storici e persone di cultura, racconta la storia “probabile” degli antichi ospedali paolani a partire dal XII secolo (la Badia di Fosse) fino alle soglie della 2^ guerra mondiale (l’ospedale distrettuale del S. Agostino). Si sofferma, poi, su tutte le attuali realtà sanitarie di Paola, dai Donatori di sangue, agli Amici del cuore, dall’Associazione diabetici alla Croce Rossa, dall’Associazione dei medici di Cure primarie alla Clinica S. Chiara, alle Farmacie paolane delle quali si è celebrato nel 2014 il Centesimo anniversario della loro istituzione, e così via.
Non dimentica, infine, nessuno dei circa 200 medici che dall’inizio del Novecento fino ad oggi a Paola sono nati o qui hanno esercitato o tuttora esercitano la loro nobile professione e tutti li cita in un lungo elenco, frutto della collaborazione con l’Ordine dei medici di Cosenza. Il libro termina con le “Storie parallele” in cui sono rappresentati i principali avvenimenti storici, politici, sanitari che si sono succeduti contemporaneamente nel mondo, in Italia e a Paola a partire dagli anni ’50 (epoca di inizio dei lavori del piccolo “grande” ospedale) fino ad oggi.
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Anteprima del libro
Un Piccolo Grande Ospedale. La sanità pubblica a Paola dal secolo XII ad oggi - Giancarlo Mantuano
Giancarlo Mantuano
Un piccolo grande
Ospedale
la sanità pubblica a Paola dal secolo xii ad oggi
Prefazione di
Roberto Losso
Proprietà letteraria riservata
© by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
Edizione eBook 2015
Isbn: 978-88-6822-315-1
Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza
Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672
Sito internet: www.pellegrinieditore.com - www.pellegrinilibri.it
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
A Gabriella, il mio amore di una vita,
a Federica e Andrea,
a Stefano e Agnese e
al piccolo, dolce Cesare.
Felice della mia vecchiaia, in cui ho il tempo
per riflettere, meditare, oziare e osservare;
leggere, scrivere, parlare e ascoltare..
Godo del tempo che ho.
(da Tonino Guerra, adattato)
Narrare è utile. È la creazione della memoria.
È tenere il filo della vita di un uomo,
la sua vita personale,
le vite perdute che se ne vanno nel tempo.
(Melania Mazzucco)
Prefazione
La narrazione nasce e si sviluppa intorno al tema centrale di un «piccolo grande Ospedale». Eppure non è un libro di memorie personali, quello che ci propone Giancarlo Mantuano, medico chirurgo e specialista in cardiologia. Leggendolo, ci rendiamo subito conto che è qualcosa di più. Nel suo insieme, infatti, acquista il fervore di una riflessione a voce alta sulle dinamiche sociali, politiche e culturali che, nel bene e nel male, hanno accompagnato Paola, città che gli è cara perché qui è nato e cresciuto, nel cammino spesso lento e faticoso verso una diversa e migliore qualità della vita. Inizialmente l’idea-guida perseguiva due obiettivi, ugualmente impegnativi: 1) recuperare, organizzandoli in maniera scientifica e documentata, gli atti amministrativi e le testimonianze dirette utili a cogliere i fermenti e le iniziative che resero possibile la costruzione, l’apertura e il potenziamento dell’Ospedale di Paola; 2) rendere i giusti meriti a quanti, ognuno nel proprio ambito, si erano impegnati per far sì che questo «sogno» diventasse «realtà». Strada facendo, però, l’autore si è reso conto che, per cogliere compiutamente il valore di quanto era stato realizzato, bisognava calarlo nel contesto della società di quel tempo. Così, sia pure a grandi linee, spesso sotto forma di «note» e «citazioni», molte delle quali peraltro inedite, sviluppando il suo ragionamento sul tema che si era proposto, ci offre anche una chiave di lettura unitaria dei processi che hanno cambiato la città, i suoi costumi e le sue aspirazioni.
Così, seguendo il filo dei ricordi, delle emozioni e delle amicizie, Giancarlo Mantuano ci consegna uno spaccato della città, delle sue conquiste sociali e delle sue questioni irrisolte. Affiora dietro al pianeta-sanità un percorso virtuoso che ha visto intere generazioni affrontare e risolvere grandi problemi in virtù di una condivisa e lungimirante volontà di rompere antiche solitudini e antiche povertà. Molto è stato fatto, valorizzando la posizione geografica della città. Paola, infatti, già nel ‘600, era lo sbocco al mare dell’hinterland cosentino al quale era collegato attraverso il valico della Crocetta
. Svolgeva, di conseguenza, un ruolo strategico di collegamento commerciale tra la «Calabria Citeriore» e le altre province costiere del Regno delle Due Sicilie. Pur in assenza di un porto, pertanto, la sua economia era strettamente connessa ai traffici marittimi. Numerose stampe e foto d’epoca tramandano l’immagine dei bastimenti ancorati alla fonda nelle acque della Marina ed un via vai di scialuppe a remi e barconi a vela latina che trasportavano le merci in arrivo e in partenza. Era florida e possente, a quel tempo, la marineria paolana. In particolare, dimostrò il suo valore nel settembre del 1860, quando, nel giro di poche ore, riuscì ad imbarcare due divisioni garibaldine[1] su tre piroscafi scortati dalla corvetta «Governolo». Quelle truppe, giunte a Napoli, si schierarono velocemente sul Volturno, consentendo a Giuseppe Garibaldi di passare al contrattacco e respingere l’ultimo furioso assalto dell’esercito borbonico. Paola scrisse così anche il suo nome nell’albo d’oro dell’Impresa dei Mille.[2]
Il passaggio dal Regno delle Due Sicilie all’Italia unita influì negativamente sull’economia cittadina. Gli anni più difficili furono quelli della lotta al brigantaggio. Nel frattempo, però, proprio a Torino, capitale del Regno d’Italia, stava succedendo qualcosa di importante, che avrebbe disegnato scenari nuovi per la nostra città. Il ministro Ubaldino Peruzzi, infatti, nel 1861, inserì nella «Tabella A - Opere a totale carico dello Stato» il «collegamento ferroviario di grande utilità» per la Calabria e la Sicilia. ll Governo Lanza, dieci anni dopo, ne autorizzò la costruzione, ipotizzando due percorsi: il primo attraverso il Cilento fino a Sapri e Maratea, il secondo attraverso la valle del Noce fino a Castrocucco (1870). Entrambe le progettazioni furono approvate con la Legge Beccarini (1879). La tratta ferroviaria completa Battipaglia - Paola - Reggio Calabria fu inaugurata nel 1895. La linea tirrenica si dimostrò il percorso più celere e più economico. Di fatto, rivoluzionava il sistema tradizionale dei trasporti via mare (i vaporetti
che effettuavano il cabotaggio tra i piccoli approdi calabresi e quelli di Salerno e Napoli) e su strada (le diligenze
per i passeggeri e i carriaggi
a trazione animale per le merci).
Nacquero al seguito della messa in esercizio delle Ferrovie dello Stato nuovi posti di lavoro che trasformarono in centri di sviluppo quelle città, come Paola e Sant’Eufemia, che rappresentavano i punti di collegamento delle linee trasversali in progetto per Cosenza e Catanzaro. La stazione cittadina, in pochi anni, divenne un polo strategico. Furono, infatti, progettati e realizzati lo scalo merci, il deposito locomotive e le officine per la manutenzione/riparazione del materiale viaggiante. Tra il 1907 e il 1911 iniziarono i lavori per la costruzione della linea Paola-Cosenza con l’impianto a cremagliera Strub
, che a Castiglione Cosentino poi si diramava per Sibari, collegandosi alla linea jonica per Metaponto e Taranto. Il potenziamento degli impianti, tra cui l’elettrificazione della linea nel 1939, fu accompagnato dalla creazione di servizi per i passeggeri (ristorazione, edicola e sale d’attesa) e per i ferrovieri in transito (mensa, dormitorio e dopolavoro). Inoltre, furono costruite abitazioni per le famiglie dei dipendenti che si stabilivano in città (Piano Torre e Rione Giacontesi). Queste iniziative crearono un considerevole indotto economico e, nel tempo, fecero crescere il numero della popolazione residente.[3]
Vennero, poi, gli anni difficili e tormentati della seconda guerra mondiale. Anche Paola subì violenti bombardamenti nell’estate del ‘43 (complessivamente si contarono 55 morti e centinaia di feriti). L’8 settembre di quello stesso anno, però, con l’arrivo degli alleati, tra le macerie, ripresero le attività. Il peggio era passato. Nel primo dopoguerra erano venute a crearsi le condizioni storiche e politiche, perché la DC diventasse il partito-guida. Fu decisivo il sostegno del clero che, per lunghi anni, ebbe il compito di formare dirigenti attraverso le varie associazioni cattoliche[4]. Negli anni ‘50, il partito di Alcide De Gasperi controllava le istituzioni locali. Questa egemonia durerà fino al 1970, quando presero forma le prime esperienze di centrosinistra. Grazie alla particolare attenzione di Giacomo Mancini e Riccardo Misasi verso la nostra città iniziò una nuova stagione di iniziative e progetti, tra cui l’ammodernamento della rete stradale (superstrada SS18 tirrenica e superstrada Paola-Cosenza). Ciò consentì a Paola di proporsi come città dei servizi
. Un ruolo propulsivo, in ogni caso, continuavano a svolgerlo le ferrovie, che, nel frattempo, avevano completato i lavori di raddoppio dei binari della Battipaglia-Reggio Calabria, potenziato le offerte della stazione di Paola e progettato un nuovo tracciato, interamente in galleria, per la Paola-Cosenza (inaugurato nel 1987).
Così, Paola divenne centro di riferimento per il comprensorio del Tirreno Cosentino nell’offerta dei servizi propri della pubblica amministrazione:
√ Scuole medie secondarie: Istituto Tecnico per Geometri e Ragionieri, Liceo Scientifico, Liceo Classico, Istituti Professionali e Istituto Alberghiero.
√ Uffici Giudiziari e di prevenzione (Tribunale, Compagnia dei Carabinieri, Commissariato di Polizia, Compagnia della Guardia di Finanza, Distaccamento dei Vigili del Fuoco, Corpo Forestale dello Stato, Ufficio Marittimo, Carcere e Polizia Penitenziaria).
√ Uffici Finanziari e di utilità sociale (Ufficio delle Entrate, Dogana, Centro di smistamento delle Poste Italiane, Ufficio del Lavoro, Centro Operativo dell’Inps, Sede distaccata Inail).
Molti addetti al funzionamento di questi uffici (docenti, forze dell’ordine, impiegati), come avvenne per i ferrovieri, scelsero di stabilirsi definitivamente a Paola. La disponibilità di risorse economiche certe (gli stipendi dei dipendenti pubblici) e l’ulteriore crescita della popolazione[5] rappresentarono un vero e proprio «volano di sviluppo» che favorì la costruzione di nuove abitazioni, alberghi e strutture turistiche, l’ammodernamento della rete commerciale, il miglioramento complessivo della qualità della vita.
Negli anni ‘60, però, la situazione era più complicata, perché restavano irrisolte rilevanti questioni di interesse sociale (acquedotto, fognature, edilizia popolare). Particolarmente avvertita era l’assenza sul territorio di una struttura ospedaliera. Fino a quel momento, il diritto alla salute era stato affidato alla competenza, scienza e coscienza dei singoli medici e delle singole autorità sanitarie locali (medici sanitari e medici condotti).[6] Anche loro, in ogni caso, avevano offerto ai cittadini un buon livello di sanità. Erano stati bravi, solerti e coscienziosi, gestendo nel migliore dei modi eventi drammatici, come i bombardamenti del ‘43 e l’epidemia di tifo del ‘62. Anche quei medici illuminati, però, avvertivano l’urgenza di un presidio ospedaliero che, integrandosi con una assistenza di base competente e qualificata, fosse nelle condizioni di offrire prestazioni di qualità sul piano clinico e chirurgico. Questa divenne, per Paola, la grande sfida della modernità e del cambiamento. A quel tempo, infatti, si moriva anche per una appendicite, se non si arrivava in tempo all’ospedale più vicino, quello di Cosenza, distante poco più di 35 chilometri. Di fatto, però, raggiungerlo era un’impresa in relazione ai mezzi di trasporto disponibili (la vecchia «littorina» o gli altrettanto vecchi autobus di linea). All’epoca, le automobili erano ancora un lusso e non c’era neanche il «118». Come spesso succede, pertanto, iniziò proprio da una tragica esperienza la storia del «piccolo grande ospedale» di cui parliamo.
Ecco la ricostruzione inedita che ci offre l’Autore:
«L’idea di realizzare a Paola un ospedale trovò una maggiore determinazione nella mente dell’autista di un automobile quel giorno del primo dopoguerra, probabilmente nel 1950, in cui si trovò ad accompagnare con la sua auto, una delle poche in circolazione, all’ospedale di Cosenza un bambino affetto da una grave forma di appendicite. Il viaggio si presentava di lunga durata, quasi due ore, da percorrere sulla vecchia strada fra le due città che saliva ripida e tortuosa verso la Palummara
e che, superato il valico della Crocetta
, scendeva in modo precipitoso verso San Fili e Castiglione Cosentino per finalmente raggiungere l’ospedale dell’Annunziata, l’unico allora esistente su tutta quella vasta zona della provincia. Il piccolo paziente non sopportò lo sforzo e cessò di vivere a bordo dell’auto proprio in cima alla Crocetta
, e l’autista lo riportò a casa, morto. Il commendatore Emilio Carnevale, sindaco di Paola dal 1952 al 1956, autista di quello sfortunato viaggio, si convinse in maniera ancora più ferma della necessità di far costruire un ospedale nella sua città».
L’ospedale, in questo contesto, diventava l’aspirazione di una intera comunità. Intorno ad essa la politica cittadina seppe trovare un convincente momento di unità. Fu proprio questa condivisione politica e sociale che diede forza e vigore ad una richiesta che aveva in sé tutte le motivazioni per essere accolta. Infatti, Emilio Carnevale, aggiunge Giancarlo Mantuano,
«già all’inizio del suo incarico, confortato da tutti i principali personaggi politici paolani anche dell’opposizione, e grazie anche alla sua personale amicizia con Salvatore Aldisio, all’epoca Ministro dei Lavori Pubblici del Governo De Gasperi, riuscì ad ottenere il finanziamento economico per la realizzazione del primo lotto del nostro ospedale»
Iniziarono i lavori e, via via, arrivarono i soldi necessari per completare l’opera. L’ospedale «San Francesco di Paola» fu inaugurato nel 1970[7].
Ne scrive compiaciuto, e con contenuta ma evidente commozione, Giancarlo Mantuano, cogliendo l’occasione per far riemergere nella memoria collettiva i nomi e le sembianze di quelle persone che erano lì, quel giorno, per assumersi la responsabilità di mettere in moto quei delicati meccanismi sanitari, tecnici e amministrativi che rendono possibile l’apertura e il funzionamento di «un piccolo grande ospedale». Li ricorda uno per uno. Quasi fossero tutti ancora lì, a lavorare insieme nelle corsie e negli uffici: medici, infermieri, ostetriche, portantini, impiegati, centralinisti, autisti. Un pensiero va anche alle Suore di Carità di Maria Bambina:
«Le prime suore ad arrivare furono suor Innocenza e suor Diomira, alle quali poi seguirono, negli anni, suor Gemma, suor Teodora, suor Andreina, suor Irene[8], suor Tarcisia, suor Maria Grazia, suor Angela, suor Raffaella, suor Fernanda, suor Rosangela, suor Mercedes, suor Vincenzina, suor Piera, suor Stefania»...«Il loro contratto di convenzione con l’ospedale prevedeva un orario di lavoro dalle 7 alle 13 e dalle 16 alle 19 di tutti i giorni della settimana tranne i festivi; ma, come se non bastasse, erano disponibili a qualunque ora, e a volte di notte, quando sentivano che in reparto o al pronto soccorso qualcosa non andava, le vedevi apparire nel loro abito bianco e, in silenzio, dare una mano a chi ne aveva bisogno»...
La scelta di scrivere questo libro, dice l’Autore, è maturata durante un convegno scientifico che si è svolto al Sant’Agostino nel 2013, nel quale era stato chiamato ad illustrare la figura umana e professionale di Ottaviano Caparello ad un anno dalla scomparsa. A leggerlo, però, appare evidente che Giancarlo Mantuano si portava dentro da tempo il bisogno morale di raccontare una pagina bella della storia paolana («con piacere e altrettanta nostalgia»). Non poteva essere diversamente. Ha contribuito a scriverla, quella bella pagina di storia cittadina. È naturale, quindi, che ne conservasse il ricordo e si preoccupasse di trasmetterlo alle giovani generazioni. D’altra parte, proprio nelle corsie di quella struttura «appena nata» è incominciato il suo brillante percorso professionale («Ho lavorato sedici anni in questo ospedale, due da studente e quattordici da medico»). Qui «ho conosciuto persone che mi hanno insegnato tante cose».
Non ha dubbi, quel giovane medico diventato primario in quel di Genova, parafrasando il titolo di un libro di Mario Capanna, nel definire «formidabili, quegli anni»
«Furono anni di formazione, di conoscenza, anni decisivi per il nostro lavoro, anni fondamentali per la crescita del nostro reparto e dell’ospedale tutto, che, man mano, si ingrandiva e acquisiva nuovi reparti e specialità. Fu letteralmente creata dal nulla l’ Unità Coronarica, che non era prevista dalla programmazione sanitaria regionale (a dirigerla, dopo una breve permanenza di Franco Lanfrè, fu chiamato Pompeo Bencardino) e venne realizzato il reparto di Nefrologia e Emodialisi (primario Marcello Rovito). Nel 1980 fu attuato l’ampliamento con la costruzione di un nuovo padiglione».
Lo ha visto, quindi, crescere quel «piccolo grande ospedale». Ne ha seguito con passione i momenti più delicati, ben sapendo che, a volte, specialmente quando è in gioco una prospettiva condivisa, anche le difficoltà possono sprigionare le energie necessarie per superarle. Così fu. Almeno in quella circostanza. Grazie al senso di responsabilità di tutti e di ciascuno, infatti, in pochi anni quella «creatura» diventò un riferimento affidabile al servizio del territorio. Oggi, purtroppo, quel «piccolo grande ospedale» non trova la giusta collocazione nei progetti di riorganizzazione della sanità calabrese. È abbandonato a se stesso. Perché si sono affievolite la passione civile e la solidarietà politica che ne hanno reso possibile l’istituzione e lo sviluppo. Ma questa è un’altra storia. È una storia dei nostri giorni. Nel frattempo, assaporiamo il gusto antico di quei valori morali e di quelle passioni civili che Giancarlo Mantuano ci fa rivivere con tutto l’amore che si porta, nel cuore e nella mente, per la «sua» città e per il «suo» piccolo grande ospedale.
Roberto Losso
Giornalista
[1] La XVII^ e XVIII^ divisione rispettivamente al comando del generale Giacomo Medici e di Nino Bixio. Tra le camice rosse che si imbarcarono a Paola c’era il figlio dell’eroe dei due mondi, Menotti Garibaldi.
[2]Nella piazzetta della Marina, nel 1961, il sindaco Antonio Logatto, su iniziativa di Ciccio Valitutti, inaugurò una stele in travertino alta e solenne a memoria degli uomini e delle donne che parteciparono ai moti risorgimentali.
[3]Nel 1931 l’anagrafe del Comune di Paola registrava 14.190 residenti: +54,3% rispetto a quelli conteggiati dal censimento del 1901 (9.425 residenti).
[4]Alle politiche del 18 aprile 1948 un ruolo importante lo svolse don Salvatore Stillo promotore dei Comitati Civici.
[5]Nel 1991, la città contava 17.093 residenti: +20,5% rispetto al 1931 (14.190 residenti). Di fatto, la popolazione era quasi raddoppiata (+ 98,2%) se confrontata a quella del censimento del 1861 (8.627 residenti).
[6]Le Mutue
, nate negli anni ‘30, assicuravano ai lavoratori l’assistenza e l’indennità economica in caso di malattia, mentre i disoccupati, se iscritti nell’elenco dei poveri, venivano curati gratuitamente dal medico condotto.
[7]Successivamente aprirono gli ospedali di Cetraro (1974) e di Praia a Mare (1976). Allora gli ospedali di prossimità erano considerati una conquista di civiltà, mentre, oggi, vengono classificati alla voce «errore di programmazione».
[8]A questa giovane dolce suora Giancarlo Mantuano rivolge un particolare affettuoso ringraziamento, perché gli «insegnò carità e amore verso chi soffre», educandolo ad essere «un medico buono prima che bravo».
Dr Pasquale Nicolini*
«Ma per chi venga oggi a Paola è motivo di profondo stupore e di non celabile ammirazione la imponente mole dell’edificio, già in fase di avanzata costruzione, a ridosso dello sperone di Promintesta
. Si