Esuli fiumani in Liguria: Storia e Letteratura Atti del Convegno internazionale di studi Genova, 11 ottobre 2022
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Per ricordare e approfondire questa pagina storica e il positivo fenomeno dell’integrazione in Liguria degli esuli FIumani, il Comitato di Genova della “Società Dante Alighieri” - fondata nel 1889 proprio per iniziativa di un irredentista esule, Giacomo Venezian, per difendere la lingua e la cultura dei cittadini italiani dei territori giuliano-dalmati inclusi nell’Impero Austro-Ungarico - in collaborazione con l’Associazione Fiumani Italiani nel mondo, la Comunità degli Italiani di Fiume e la Società di Studi Fiumani, l’11 ottobre 2022 ha organizzato a Genova il convegno internazionale “Esuli Fiumani in Liguria: storia e letteratura”, al quale hanno partecipato qualificati storici, studiosi e testimoni che hanno offerto nuovi e interessanti contributi ora pubblicati in questo volume di Atti.
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Esuli fiumani in Liguria - Francesco De Nicola
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GAMMARÒ edizioni
Oltre S.r.l., via Milano 4 – 16039 Sestri Levante (Ge)
www.librioltre.it
ISBN 9791280649560
isbn_9791280649560.jpgTitolo originale dell’opera:
Esuli fiumani in Liguria
Storia e Letteratura – Atti del Convegno internazionale di studi Genova, 11 ottobre 2022
a cura di Francesco De Nicola
di AA.VV.
Collana *
Atti di Convegno
*
ISBN formato cartaceo: 9791280649317
Presentazione
All’interno del drammatico esodo giuliano dalmata, conseguente al trattato di Parigi (1947) che aveva assegnato i territori dell’alto Adriatico orientale alla Jugoslavia di Tito, furono circa 40.000 i cittadini di nazionalità e lingua italiana che lasciarono la città di Fiume fino al 1955. E fu la Liguria una delle regioni che accolse il maggior numero di esuli fiumani, ai quali offrì occasioni di lavoro sia Genova, con le sue imprese collegate prevalentemente all’attività portuale, sia molte altre cittadine dell’entroterra come Busalla, e delle riviere, soprattutto quella di Levante tra Sestri e Recco.
Per approfondire questa drammatica pagina storica e per ragionare sul fenomeno, purtroppo ancora di attualità, dell’abbandono forzato per ragioni politiche o militari delle proprie terre, il Comitato di Genova della Dante Alighieri
– fondata nel 1889, per iniziativa dell’irredentista esule Giacomo Venezian sostenuto da Giosuè Carducci, proprio per difendere la lingua e la cultura dei cittadini italiani dei territori giuliano-dalmati inclusi nell’Impero Austro-Ungarico – ha organizzato a Genova l’ 11 ottobre 2022, in collaborazione con l’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo, la comunità degli Italiani di Fiume e la Società di Studi Fiumani, un Convegno internazionale. Ad esso sono intervenuti qualificati storici, studiosi e testimoni che, con la loro competenza, hanno offerto al numeroso pubblico presente nella Sala dei Chierici della Biblioteca Berio e a quanti hanno seguito il convegno nella sua trasmissione in diretta streaming, nuovi elementi sia per tornare su quelle drammatiche vicende, sia per portarle a conoscenza delle più giovani generazioni.
Il notevole successo del Convegno induce ora alla pubblicazione in questo volume di Atti dei testi degli interventi che, proprio per le diversità di competenze e di ambiti d’interesse dei relatori, hanno formato un quadro molto assortito di pagine che hanno contribuito nel modo più efficace ad affrontare il tema del Convegno dalle più diverse angolazioni; e ora con la loro pubblicazione sarà possibile ai lettori ritornare sui vari argomenti trattati anche per approfondirli. E dunque grazie a tutti i relatori, molto puntuali pur nelle scadenze anche troppo incalzanti che gli avevo indicato, per i loro contributi di idee e di emozioni che ora possiamo qui rivivere.
Prof. Francesco De Nicola
presidente del Comitato di Genova
della Società Dante Alighieri aps
Il concetto di Esodo
di Franco Papetti
L’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo rappresenta tutti i fiumani che abbandonarono Fiume dopo la seconda guerra mondiale e ha la propria sede a Padova in riviera Ruzante n.4. All’Associazione sono iscritti oltre 1.500 soci e disponiamo di un giornale La Voce di Fiume che, con una uscita bimestrale, viene distribuito in oltre 2000 copie in ogni parte del mondo. La Voce di Fiume
è il giornale con la più ampia tiratura tra i giornali dell’esodo. Se qualcuno volesse sapere qualcosa in più sulle nostre attività volte alla salvaguardia della nostra identità fiumana può cercare il nostro sito in rete www.fiumemondo.it o telefonare in sede alla nostra segreteria.
L’obiettivo che ci siamo posti come Associazione è quello di investire sulla conservazione della nostra fiumanità, nonostante la nostra diaspora in tutti e cinque i continenti. Questo ci ha portato a rivalutare tutti i simboli della nostra tradizione fiumana come il tricolore fiumano con la sua aquila bicipite (con le teste rivolte da una sola parte) oltre naturalmente la valorizzazione di tutto quello che riguarda la nostra storia, cultura, lingua. Tutto questo naturalmente passa attraverso una collaborazione cor unum et anima una con i nostri fratelli fiumani residenti con i quali abbiamo costruito una stretta collaborazione.
L’anno scorso quando eravamo a Fiume per un convegno su Enrico Morovich, grande scrittore fiumano che era vissuto e morto in Liguria, parlando con il professor Francesco De Nicola ed elencando i fiumani che erano arrivati in Liguria e a Genova in particolare, nacque l’idea di fare un convegno, un ponte ideale tra Genova e Fiume. Così è nato questo convegno organizzato dalla Società Dante Alighieri di Genova della quale il professor De Nicola è presidente, dall’Associazione Fiumani Italiani nel Mondo, dalla Comunità degli Italiani nel Mondo e dalla Società di Studi Fiumani.
Voglio dedicare questo convegno a due fiumani esuli qui a Genova, di prima generazione, che avrebbero dovuto essere presenti, ma le precarie condizioni di salute dovute all’età avanzata gli hanno impedito di essere qui con noi, Fulvio Mohoraz e Bruno Tardivelli.
Non posso non citare un’altra persona che purtroppo ci ha lasciato lo scorso anno il 28 gennaio 2021 e mi riferisco alla nostra Licia Pian; per oltre 47 anni ha organizzato a Recco nel tipico ristorante Da Alfredo
rimpatriate di fiumani per il 6 dicembre San Nicolò, come pure pullman dalla Liguria a Fiume per San Vito o per Ognissanti, cercando di salvaguardare la fiumanità degli esuli che si stavano integrando nella realtà ligure.
Ho intitolato il mio intervento Il concetto di Esodo
. Se guardiamo l’enciclopedia Treccani al lemma esodo troviamo: "Emigrazione da una regione da parte di popolazioni, volontaria o più spesso forzosa, determinata da ragioni politiche, economiche, religiose o culturali, o anche da calamità naturali". Ci sovviene anche l’episodio del secondo libro del Pentateuco della Bibbia in cui si narra come tutto il popolo ebraico abbandonò l’Egitto nel quale era tenuto come schiavo per andare verso la terra promessa. E anche il nostro, quello fiumano, viene considerato un esodo nel vero senso della parola in quanto quasi un intero popolo, gli abitanti italiani di Fiume, abbandonarono compattamente la propria città dopo la seconda guerra mondiale.
Il 3 di maggio 1945 le truppe jugoslave della IV armata partigiana entrano a Fiume; come negli altri paesi dell’Europa orientale, liberati dall’armata rossa, si iniziò immediatamente ad instaurare un sistema di democrazia popolare
fondato sul partito unico. Lo strumento, per poter arrivare alla costituzione di una nuova organizzazione statale totalitaria, fu una struttura repressiva che epurava gli oppositori reali o potenziali del nuovo regime; ne fecero le spese per primi gli autonomisti che non avevano accettato di collaborare per il passaggio di Fiume alla Jugoslavia e poi tutti coloro che rappresentavano la struttura statale italiana come carabinieri, finanzieri, guardie di pubblica sicurezza, poi fascisti o presunti tali e poi cittadini fiumani comuni gravati da sospetti, delazioni, vendette personali. Si valuta che non meno di 600 furono i morti nel periodo che va dal maggio 1945 al dicembre 1945.
Ai fiumani fu subito chiaro che il destino di Fiume era segnato ed il passaggio alla Jugoslavia inevitabile. Da subito, quindi, cominciò lo svuotamento della città, anche se il 31 ottobre 1945 il Presidente dello stato federale di Croazia Vladimir Bakaric proclamò di voler garantire il rispetto delle tradizioni e dell’autonomia municipale fiumana e dei diritti etnici e culturali degli italiani di Fiume.
L’abbandono della città, causato da un pesante clima di sospetti, soprusi, persecuzione e snazionalizzazione causati dal sistema totalitario comunista jugoslavo, continuò ulteriormente dopo il 10 febbraio 1947, firma del trattato di pace, che aprì il periodo delle opzioni. All’inizio degli anni Cinquanta lo svuotamento della città era completato.
Nel censimento di Fiume del 1942 su una popolazione totale di 60.892 abitanti, coloro che si dichiaravano di lingua italiana erano 41.314 (67,8%). Se prendiamo il censimento jugoslavo del 1961, quando l’esodo si era concluso, coloro che si dichiararono di nazionalità italiana ammontavano a 3.247. La differenza tra questi numeri e considerando anche coloro che giunsero a Fiume per ragioni ideologiche dopo il 1945, i cosìddetti monfalconesi, arriviamo ad un numero di 38.000 (oltre al 90%) di coloro che abbandonarono la propria città in meno di un decennio.
Il Professor Raoul Pupo, profondo conoscitore della nostra storia, ha definito questo esodo e lo stravolgimento del secolare predominio linguistico e culturale italiano avvenuto con l’abbandono quasi totale di Fiume da parte della componente italiana con la parola urbicidio: cambiavano i nomi delle vie della città, veniva cambiata la bandiera della città, cancellati i simboli plurisecolari, l’ aquila bicipite collocata sulla Torre civica, già decapitata di una testa dai legionari dannunziani, veniva tolta nel 1949 perché considerata simbolo dell’Impero austro-ungarico e poi del regime fascista italiano, abolite le insegne in italiano dei negozi, abolito il bilinguismo, chiuse la maggior parte delle scuole in italiano.
La città stava perdendo completamente il suo animus loci.
La seconda guerra mondiale stava portando, come diceva lo storico Ernesto Sestan, allo sradicamento della quercia della cultura romana e poi veneziana dalla sponda orientale adriatica
; un intero mondo era scomparso. Con i fiumani se n’era andata l’anima stessa della città fatta di storia accumulata nei secoli, di tradizione e di cultura. La Jugoslavia imponeva la sua storia della città che diveniva croatissima da sempre, modificando o cancellando duemila anni di passato. Una città storicamente cosmopolita si trasformava in Rijeka, una città omogeneamente croata di 120.000 abitanti con una piccola minoranza italiana che faticava a farsi riconoscere la sua autoctonia.
I motivi perché i fiumani di lingua italiana se ne andarono sono diversi, elenchiamone alcuni: il primo va ricercato nel clima di repressione, insicurezza e paura instaurato dal regime totalitario comunista jugoslavo che si esprimeva anche con un forte connotato nazionalista, il secondo va ricercato nella politica di snazionalizzazione e il terzo per ragioni economiche come:
Eliminazione della proprietà privata
Nazionalizzazione delle fabbriche
Livellamento degli stipendi
Abolizione delle feste religiose
Piccole proprietà fatte confluire in cooperative
Nuova moneta
Nuova lingua ufficiale nell’amministrazione pubblica.
I fiumani se ne andarono esercitando l’opzione ufficiale o fuggendo senza documenti o assicurazioni, senza certezze su come avrebbero affrontato la profuganza. E si dispersero, come un fiume, in mille rivoli in Italia e in ogni parte del mondo portando dentro di sé il dolore ed il rimpianto di aver perso la propria identità ed unicità di piccolo popolo sulle rive del Quarnaro.
La Liguria e Genova furono tra le principali destinazioni; primi ad arrivare furono i marittimi delle nostre Compagnie Adria, Adriatica, Fiumana e Levante che erano state inglobate dal 1937 nelle Società della Finmare, quelli della raffineria Romsa per sistemarsi nella Shell Italiana e nell’Agip, dipendenti statali in attesa di sistemazione. Poi seguirono gli altri, cioè gente di tutti i mestieri e di ogni ceto sociale, a dimostrazione che quasi tutta la popolazione fiumana aveva rifiutato l’annessione di Fiume alla Jugoslavia ed aveva preferito ricostruirsi una nuova vita altrove.
Interessante l’integrazione che i fiumani ebbero a Busalla, cittadina vicino a Genova, dove l’amministrazione social-comunista di allora (Sindaco Cervetto del PCI) fece tappezzare la cittadina di manifesti murali che invitavano i busallesi ad aprire le case, le ville, le villette chiuse per darle agli sventurati fratelli che arrivavano dalla Venezia Giulia. Nel 1950 figuravano nei registri del Comune circa 600 profughi provenienti per lo più da Fiume e da Lussino e oggi esiste una strada Via Fiumani
per ricordare quei profughi quarnerini così ben accolti. Anche a Recco moltissimi fiumani trovarono accoglienza e comprensione e oggi guardando l’elenco telefonico troviamo nomi come Stefan, Pian, Celedin, Silenzi, Mohoratz, Tyrolt, Justich, Conrad, Grossich, Descovich, Borri, Lussi, Morella, Lust, Luksich, Reievich, Iancovich, Africh, Mandich, Pagnoni, Vhernetich, Chinchella, etc. che ci ricordano come i fiumani nel golfo Paradiso abbiano potuto ritrovare accoglienza per ricominciare una nuova vita dopo l’esodo dalla propria terra natia. Accanto a questi due importanti episodi di accoglienza ci sono state anche incomprensioni o aperta ostilità, comunque i fiumani grazie alla loro educazione e serietà hanno saputo sempre farsi accogliere ed inserirsi nella società ligure e genovese in particolare.
Per noi fiumani che abbiamo sempre vissuto il mare, il mare ligure è stato come balsamo lenitivo delle nostre terribili ferite causate dal dover abbandonare la nostra città, attanagliati sempre dalla nostalgia del nostro mondo fiumano perduto: anche se il mare ligure non avrà mai la bellezza del nostro Quarnaro forse ha lo stesso colore……
La Comunità degli Italiani di Fiume e il suo ruolo
nella diffusione della tradizione fiumana
di Melita Sciucca
La Comunità degli Italiani di Fiume non è una comunità numerosa: analizzando i numeri dell’ultimo censimento (maggio 2022) la situazione non è per niente positiva. Dai circa 2700 italiani dichiarati nel 2011, oggi siamo risultati essere 1500. Sono iscritte alla Comunità, quali soci effettivi e sostenitori, circa 4200 persone, di cui attive circa 200. A far pesare ulteriormente il tutto sono stati la pandemia del Covid e l’ultimo nubifragio (settembre 2022) che ha reso inagibile la sede storica della Comunità degli Italiani, a Palazzo Modello, per più di due mesi. A leggere queste righe di introduzione uno si chiede sicuramente: Ma perché non chiudete? Chi ve lo fa fare?
. Ebbene, sinceramente, io ogni tanto me lo chiedo. E la mia risposta la trovo sempre nel ricordo dei miei nonni, dei miei genitori, dei miei professori a scuola che, anche in periodi molto difficili hanno continuato a mandare i propri figli nelle scuole italiane, a leggere la Voce del Popolo
(il quotidiano della Comunità Nazionale Italiana, pubblicato dalla casa giornalistico-editoriale EDIT), a godere degli spettacoli della compagnia di prosa del Teatro nazionale ex Giuseppe Verdi
, oggi Ivan Zajc-il Dramma Italiano
(del quale andiamo tanto orgogliosi perché di qualche anno più vecchio del Piccolo Teatro di Milano); ad ascoltare regolarmente i programmi in lingua italiana di Radio Fiume.
E qui è chiaro che i numeri vengono dimenticati: a Fiume i Fiumani di lingua italiana ci sono, e sono coscienti e orgogliosi della propria cultura, usano la loro lingua, che sono presenti in città da sempre, sin dalle sue origini. I Fiumani son diventati minoranza dopo la seconda guerra mondiale, dopo che l’esodo ha cancellato secoli di storia, di tradizioni, mutando drasticamente l’immagine della città, imponendo ai pochi rimasti una lingua e una cultura radicalmente diversi. Siamo grati a questi pochi rimasti che per anni hanno mantenuto vive le proprie origini, mettendo a repentaglio molto spesso la vita. Ci sono docenti che, quando le scuole italiane rischiavano di chiudere, hanno bussato alle porte di ogni singolo fiumano che aveva iscritto – per paura, probabilmente – i loro figli alle scuole croate, per pregarli e convincerli a trasferirli nelle classi italiane. Grazie a queste persone, le scuole funzionano ancora – dagli asili nido, alle quattro scuole elementari, alla Scuola superiore