Non superare la soglia: Conversazioni su centocinquant'anni di ecologia
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Anteprima del libro
Non superare la soglia - Giorgio Nebbia
978-88-6579-134-9
Il libro
Le parole ecologia ed ecologico sono entrate nel linguaggio comune per indicare le cose più svariate, in generale cose buone
: la benzina ecologica, le patate ecologiche, la casa ecologica, al punto che molti si sono dimenticati l’origine vera e il significato di ecologia. Le mode e le leggende, peraltro, non bastano. Il discorso deve farsi più rigoroso e prendere le mosse dal fatto che il nostro pianeta è un serbatoio di materia grandissimo ma non infinito. Se non lo si governa con attenzione e intelligenza arriverà il momento in cui il cibo stesso verrà a mancare con rischio di scomparsa di tutte le specie. Eppure la cosa sembra non interessare i potenti della terra. Questo testo, di genuina biologia ed ecologia, può aiutare sociologi e governanti a capire come soddisfare bisogni umani, vitali, senza sfidare le leggi che la natura impone e che non possono essere violate.
Gli autori
Giorgio Nebbia è nato a Bologna nel 1926. Tra i primi e principali promotori della cultura ambientalista in Italia, è stato professore di Merceologia all’Università di Bari dal 1959 al 1995 e parlamentare della Sinistra indipendente alla Camera (1983-1987) e al Senato (1987-1992).
Valter Giuliano, giornalista ambientalista, è stato dirigente di Pro Natura e fondatore dei Verdi. Collaboratore del quotidiano La Stampa, ha scritto numerosi saggi sulla storia del movimento ambientalista, sulla politica delle aree protette e sulla cultura popolare.
Indice
Introduzione
I. L’ecologia tra scienza e suggestioni
II. Gli anni Settanta e la primavera dell’ecologia
III. Merci sbagliate e processi sbagliati (o dei limiti dell’economia)
IV. Ecologia e politiche pubbliche
V. «Il passato è prologo»: per una storia dell’ambientalismo
VI. L’ecologia e la Chiesa
«Più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nelle sua forma definitiva: quella delle spazzature d’ieri che s’ammucchiano sulle spazzature dell’altroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri... Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto da crateri di spazzatura, ognuno con al centro una metropoli in eruzione ininterrotta»
Italo Calvino, Le città invisibili, 1972
Introduzione
In queste pagine è raccolto, in sintesi, il pensiero di un merceologo ecologista sul grande tema della ricerca di un futuro durevole e inclusivo. Per seguire quel percorso di ricerca è indispensabile risalire alle radici di quella presa di coscienza che ha portato l’umanità a rendersi conto della sua piena appartenenza alla vita del pianeta, ai suoi cicli e ai flussi di energia che la attraversano e la rendono vitale.
Quando, all’inizio degli anni Settanta fui affascinato dall’emergere delle tematiche ambientali che incrociavano le giovanili pulsioni al cambiamento tipiche di quel periodo della nostra vita, considerai subito il pensiero ecologico come un possibile strumento di una diversa visione della vita e del mondo. Fare pace con un pianeta bistrattato dall’arroganza dell’Uomo, che lo stava progressivamente inquinando, che riduceva le risorse disponibili e non rinnovabili consumandole in modo sconsiderato fino all’eccesso, e nello stesso tempo mettere a fuoco le responsabilità che apparivano facilmente addebitabili a un Nord del mondo ricco che manteneva un insostenibile modello di sviluppo a scapito dei due terzi della Terra, offriva una ragionevole base di risposte soddisfacenti alla sete di giustizia, di pace, di libertà per costruire un modello di futuro alternativo a quello vigente.
Dalla conoscenza scientifica – coltivata su testi come Basi di ecologia di Eugene Odum, La natura e l’uomo di Alessandro Ghigi, Perché l’ecologia di Valerio Giacomini – alla consapevolezza dei principali argomenti in agenda assorbiti dagli scritti di Barry Commoner, André Gorz, Rachel Carson, Aurelio Peccei, Jean Dorst, si passava inevitabilmente alla presa di coscienza politica, con i riferimenti di Ivan Illich, Ernst Friedrich Schumacher, Erich Fromm... Ed è lì che, insieme ai vari Laura Conti e Virginio Bettini, avvenne il mio primo incontro con Giorgio Nebbia, un incontro tutto intellettuale, attraverso la lettura delle pagine di presentazione di due saggi: La morte ecologica di Edward Goldsmith e Robert Allen (tradotto dalla moglie Gabriella Menozzi) e L’utopia o la morte di René Dumont.
Dagli esercizi di lettura alla militanza il passo fu spontaneo e compiuto con naturalezza, scegliendo anziché già il più noto, ma fondamentalmente conservazionista, Wwf, la Pro Natura, animata a livello piemontese dalla figura di Bruno Peyronel, botanico ecologista, e a livello nazionale da Valerio Giacomini e Dario Paccino. Dalla testata dell’associazione, Natura Società, seguii la Conferenza di Stoccolma leggendone i resoconti del presidente Giacomini che, tra le altre cose, annotava: «Certo era invidiabile la concordia, la coerenza dei giovani, degli indipendenti che si univano nelle Conferenze alternative. Non erano i portatori obbligati di interessi economici, politici, di questa o quella nazione; erano meravigliosamente liberi, e direi proprio che erano liberi nella verità e nella giustizia. I loro discorsi, le loro stesse invettive non appartenevano al piccolo discorso politico di questa o di quella parte
, appartenevano veramente al discorso politico più grande e universale, quello che in fin dei conti la Conferenza ha dovuto iscrivere nel primo articolo dei Princìpi. Ma i dissidenti alternativi di Stoccolma potevano permettersi di essere coerenti fino in fondo, il che non poteva fare nessun delegato, dico nessun delegato governativo. [...] Il primo e più grave problema è la divisione del mondo in Paesi ricchi e Paesi poveri, da cui deriva la necessaria insopprimibile interdipendenza dei problemi dello sviluppo e dei problemi dell’ambiente in un quadro radicalmente rinnovato di giustizia sociale ed ecologica»¹.
Da quelle parole usciva rafforzato l’impegno ecologista che avrebbe attraversato la mia vita, con la partecipazione militante alle più importanti fasi della storia ambientale del nostro Paese, compresa la fondazione dei Verdi di cui sono stato amministratore locale prima che la breve stagione si concludesse malamente togliendo rappresentanza politica a idee, ragioni e valori che dovrebbero, invece, appartenere all’agenda politica di ogni comunità.
Il pensiero di Giorgio Nebbia, che ebbi la fortuna di incontrare qualche anno dopo, è rimasto per me una costante e ad esso ho attinto per la profondità delle tematiche affrontate e per la chiarezza nel renderle accessibili a tutti. Una sintonia che si è manifestata anche nel comune interesse per non consegnare alla dispersione e all’oblio la storia dei movimenti che si sono impegnati, sin dal secondo dopoguerra, in politiche attive di tutela ambientale. Seppero andare oltre il conservazionismo scientifico e culturale per farsi sempre più attivismo locale, pronto a difendere ogni brandello d’Italia preso di mira dalla speculazione e dall’ignoranza.
Quando, nel 1989 diedi alle stampe la ricerca sulle radici storiche della Pro Natura, Giorgio Nebbia mi onorò della sua generosa prefazione in cui scrisse: «Il libro è, per quanto ne so, il primo del genere in Italia e si pone sulla scia dei libri americani di storia dei movimenti popolari [...]. Il lavoro va perciò salutato come un importante contributo alla conservazione della memoria storica di una delle pagine più interessanti delle lotte civili e democratiche in Italia».
A lui devo la disponibilità alla collaborazione che si è manifestata in svariate occasioni, questa inclusa.
Una maniera per festeggiare i suoi novant’anni pubblicando questo vero e proprio «compendio di ecologia» che penso possa offrire a ognuno le basi su cui costruire una consapevolezza di quali sono i problemi irrisolti che abbiamo di fronte e che si manifestano