L’imprenditore accerchiato
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Anteprima del libro
L’imprenditore accerchiato - Romualdo Latini
Albatros
Nuove Voci
Ebook
© 2016 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma
www.gruppoalbatrosilfilo.it
ISBN 978-88-567-7826-7
I edizione elettronica giugno 2016
… migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. E’ la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di denaro. Il gusto, l’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, abbellire le sedi, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie e investono tutti i loro capitali per ritrarre spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente con altri impieghi
.
Luigi Einaudi
Ringrazio i miei figli e mia moglie per avermi sopportato in questo lungo lavoro e tutti coloro che mi hanno incoraggiato e anche dato una mano per portare a termine il libro. In particolare il mio amico da sempre fin dai tempi dell’università, Prof. Michele Catapano, L’avvocato Gianluca Conti, il prof. Terenzio Baldoni, il Circolo ARCI Bagnile
.
PREFAZIONE
Romualdo Latini ha raccontato se stesso, ma non lo ha fatto secondo una trama di ricordi personali o seguendo una vena per lo più di natura endogena. Ha unito la sua vita di uomo a quella di imprenditore con un ruolo pubblico. E ne ha estratto il tratto saliente, cognitivo, perché si capisse cosa significa praticare per cento anni l’attività di commerciante unendo uno spirito etico al senso materiale delle cose. Una realtà viva che testimonia la vicenda del singolo e di una comunità che lo ha seguito di pari passo per decenni, compreso e supportato. Quindi la famiglia e l’ambiente, in cui la saga è intesa come il racconto romanzato della storia di un collettivo con radici comuni, di un arco temporale esteso a più generazioni, tra sentimenti e passioni, sogni e aspirazioni. Non sono mancati i momenti difficili, i tradimenti, ma questo libro ci lascia, soprattutto, con un interrogativo lacerante: nel terzo millennio, l’etica e l’impresa possono ancora convivere? Romualdo Latini non aziona solo il lungometraggio del passato, non si limita a riannodare i fili di ciò che è stato al fianco della sua gente, ma mediante l’uso di un’impronta saggistica, tenta di dare delle risposte sul presente e sul domani. Il volume introduce l’anima del commercio in termini teorici e operativi e si propone di non trascurare affatto il tema, sempre complesso da discernere, della morale, come accennato. Non manca una descrizione delle condizioni della città dove l’autore vive, Fabriano, con la pesante crisi economica che ha attraversato e sta ancora attraversando, cartina di tornasole di una recessione del modello distrettuale che fece la fortuna di più generazioni in un’area metalmeccanica produttiva del reddito pro capite tra i più alti d’Italia. Ma i tempi sono cambiati rapidamente e Romualdo Latini si è sentito accerchiato
, come esprime il titolo del libro. L’avvento sul mercato di nuovi competitor a costi inferiori, primo fra tutti la Cina, ha mandato in tilt centinaia di aziende creando un buco nel sistema produttivo leader. L’uomo che racconta se stesso non è cambiato, e pur avendo lasciato l’attività, ha una sua visione organica di ciò che bisognerebbe fare. E’ un uomo proiettato nel futuro che sa narrare altri uomini e donne, che sa inquadrare competenze, intuizioni, manchevolezze, responsabilità. Un libro necessario, dunque, per capire dove stiamo andando, come in una macchina del tempo che ci proietta di colpo in un altro possibile, auspicabile sistema. Appare inevitabile l’accostamento con l’opera di Edoardo Nesi Storia della mia gente (Bompiani 2010), dove il punto focale era, in quel romanzo, l’illusione perduta del benessere diffuso. Come è potuto accadere che i successi della piccola industria di provincia fossero svaniti e come i personaggi di rilievo del business appaiano oggi poco più che un’immagine sbiadita? Domina l’arroganza intellettuale in un’epoca confusa ed egotica, dove la globalizzazione ha spazzato via una vademecum di buone intenzioni. Buone intenzioni che Romualdo Latini ha invece recuperato offrendole ai lettori. Perché in fondo queste pagine sono impregnate dalla volontà di condividere un’esperienza plausibile, un tessuto
di qualità, come quello che lo scrittore fabrianese ha venduto nei suoi negozi a migliaia e migliaia di clienti che gli sono rimasti affezionati.
Alessandro Moscè
Scrittore e critico letterario
Introduzione
Com’è nata l’idea del libro
Corso della Repubblica è la via principale del centro di Fabriano, quella consueta del passeggio, dei negozi che hanno tanto a lungo rallegrato e illuminato la vita di una città di circa 30.000 abitanti, piena di storia, immersa nella tranquillità della provincia e nel benessere costruito nei decenni. Un benessere che ora appare lontano, inesorabilmente minato dalla crisi la cui aggressività si acuisce proprio nei piccoli centri.
Quel corso, incastonato nell’architettura del Medioevo e del Rinascimento, impreziosito dalla piazza in cui troneggia la Fontana Sturinalto, pullulava di vetrine e di persone di ogni età, tra l’allegro struscio
quotidiano e le compere della settimana, in un contesto in cui l’attività commerciale è stata sempre di primaria importanza, portando la fama dei prodotti fabrianesi non solo al di fuori del territorio, ma anche oltre gli stessi confini nazionali.
Che fine ha fatto la strada che noi imprenditori abbiamo intrapreso e percorso con entusiasmo, contribuendo all’età dell’Oro del nostro Paese?
Ora il corso è desolato, i negozi storici non esistono più, in molti dei locali che li ospitavano si aprono e chiudono nuove attività, che forse si chiuderanno a loro volta per aprirne altre estemporanee, in mezzo a vetrine sprangate, a ricordarci che oggi è tutto precario, a farci rimpiangere gli anni precedenti l’avvento dell’Euro e della globalizzazione selvaggia.
Ero immerso in queste riflessioni, mentre passeggiavo lungo il corso deserto, quando davanti ai vecchi Magazzini Latini, uno dei simboli del gruppo imprenditoriale della mia famiglia, incontrai l’amica Anna che mi chiese: Come mai siamo arrivati a questo punto? E questo negozio, che è stato la storia del commercio fabrianese?
Mi sentii di risponderle che, come ogni persona, anche le aziende hanno un ciclo di vita e quelle commerciali arrivano difficilmente alla terza generazione, in quanto ci vogliono doti particolari, quali modestia, spirito di sacrificio, predisposizione e amore per la propria attività, nonché molto pelo sullo stomaco. Ecco, se hai molte di queste caratteristiche e lavori in un momento economico normale ti puoi anche divertire, ma se ti trovi in una situazione come quella attuale, di profondo cambiamento, diventa decisamente più complicato.
Sicuramente tu le avevi quelle caratteristiche
ribatté lei.
In effetti, anni fa, nel settore dell’abbigliamento, la nostra era la più grande impresa della regione, come asserito da una ricerca condotta dalla Fondazione Merloni, tanto che nel 1996 avevamo raggiunto un ragguardevole fatturato e un elevato numero di dipendenti. Successivamente, però, sono accadute determinate cose che mi hanno indotto a non influenzare i miei figli sul proseguimento di tale attività. Quali cose?
.
Cara Anna, se hai del tempo a disposizione posso raccontarti dall’inizio…
.
E perché non a tutti ? Perché non scrivi le memorie della tua famiglia, della vostra storia commerciale, che è anche un po’ la storia di questa città e dell’Italia intera per quanto riguarda il mondo dell’imprenditoria In effetti, sto scrivendo proprio in questi giorni delle riflessioni con particolare riferimento ai tristi avvenimenti che riguardano il mondo dell’impresa
Il suggerimento di Anna mi portò a pensare che potesse essere utile mettere per iscritto, in un libro, le vicende mie e della mia famiglia , una memoria storica di cento anni di commercio ;una testimonianza di vita imprenditoriale, in cui ho cercato nei limiti del possibile, al di sopra del risultato economico, di non venir meno ai miei ideali, alla mia dignità, al rispetto per la famiglia, per i dipendenti, per gli amici...
Da qui è nato l’intento del presente libro, che rappresenta la mia angolazione della verità: lo faccio per i miei concittadini, per gli italiani che nel proprio territorio hanno assistito alla decadenza di quanto avevano costruito, per gli osservatori della storia, per gli imprenditori della mia generazione, ma soprattutto per quelli più giovani, perché non si diano mai per vinti. Nonostante tutto.
Romualdo Latini
Capitolo 1
La Molla
Appena chiusa la mia attività, facevo delle riflessioni per cercare di capire cosa non avesse quadrato e prendevo degli appunti, appunti che quando inizi a scrivere affiorano, insieme ai ricordi che avevi cancellato, mostrandoti il passato con più obiettività, permettendoti persino di capire comportamenti e situazioni che ti sembravano incomprensibili.
L’occasione per utilizzare le mie riflessioni non tardò ad arrivare. Per i miei settant’anni, i familiari avevano organizzato una festa a sorpresa: entrato in casa, all’ora di cena, si sono accese improvvisamente le luci e mi sono trovato circondato da un nugolo di amici, parenti ed ex dipendenti. Il regalo fu un personal computer, attrezzo per me fino a quel momento aborrito, perché usarlo sembrava che mi facesse perdere tempo e non me lo potevo permettere, visti i tanti impegni lavorativi. Mi identificavo in tutti coloro che non avevano ancora provato la sua l’utilità. Da allora, invece, ho iniziato ad usarlo per trascrivere quegli appunti confusi in quel computer dove potevo cancellare, rimodellare, spostare pensieri e concetti, riscontrando un’utilità che non avrei mai immaginato.
Dopo qualche giorno, un amico che aveva partecipato alla festa mi chiese: Lo usi il computer?
Sì, e vi ringrazio moltissimo, con il vostro aiuto i miei appunti diventeranno un libro
risposi.
Nell’analizzare le opere dei grandi scrittori famosi si percepisce quasi sempre un pensiero dominante: per sanare le ingiustizie, nel caso del Foscolo, per arrivare a evidenziare la mancanza di comportamenti etici dei suoi concittadini, nel caso di Dante, per esternare la distanza fra gli ideali e la realtà nel caso di Leopardi, ma i semplici mortali, come nel mio caso, da cosa possono essere spinti? Semplice: da qualcosa che ti rode dentro e che vuoi esternare; dalla chiusura di un’attività simbolo di una lunga storia di famiglia; dal desiderio che una certa memoria (usi e costumi di altri tempi) non vada persa e dall’insofferenza verso i processi sommari e ingiusti contro la totalità degli imprenditori, avendone conosciuto anche qualcuno che si è tolto la vita.
Anche io, come molti altri, ho sofferto le pene tipiche dell’imprenditore, sebbene partissi da una posizione di estremo vantaggio avendo un patrimonio cospicuo, un enorme avviamento commerciale ereditato dall’impegno e dal lavoro dei miei, alcuni consulenti straordinari, e un certo background culturale. Tutte cose non del tutto scontate per chi inizia a fare impresa. Per cui, sollecitato da una forza interiore mi sono sentito in obbligo di raccontare le innumerevoli vicissitudini che hanno caratterizzato la vita imprenditoriale della mia famiglia in cento anni di attività e in cui forse molti imprenditori potrebbero riconoscersi. Non mi considero uno scrittore, e anzi per trovare un po’ di incoraggiamento, devo ricorrere al ricordo di quando, studente del secondo anno presso il collegio San Giuseppe di Roma, venni scelto dall’ispettore frate Martino, per preparare il consueto saluto da indirizzare al direttore per l’inizio dell’anno scolastico. Una decisione, la sua, alquanto inusuale, perché il compito di norma veniva affidato ad alunni del quinto anno. Certo, non fu come scrivere un libro, ma ora cercherò di mettermi in quei miei vecchi panni sforzandomi di fare del mio meglio.
Capitolo 2
Storie di famiglia
Torello Latini è il secondo di quattro figli nati da Romualdo Latini, fabbro ferraio di Albacina, ed Ermelinda Cassiani. La famiglia Latini era al tempo della nascita di Torello una nota e benestante famiglia di artigiani del ferro dell’allora popolosa frazione di Fabriano.
Una tradizione per i Latini quella della lavorazione del ferro che può essere fatta sicuramente risalire al 1700: nel 1801 infatti il bisnonno di Torello, Pietro Latini, fabbro di Sassoferrato, si era trasferito ad Albacina, allora appodiato di Fabriano esercitando la sua attività in una propria officina.
L’attività di fabbro nei primi anni dell’ottocento in un contesto quasi esclusivamente rurale garantiva un certo benessere economico; Pietro Latini era cosi divenuto proprietario di appezzamenti di terreno coltivati a grano e di alcuni boschi per il taglio della legna.
L’attività di Pietro venne proseguita dal figlio maggiore, Alessio; a quel tempo infatti solamente il primo figlio poteva proseguire l’attività del padre ed ereditare la casa paterna.
Il giovane fabbro doveva essere una persona dotata di grande intuizione oltre che di professionalità.
Infatti nel 1859 trasferì la propria attività e la propria abitazione da Albacina in un area posta proprio sul bivio tra la strada che da Ancona conduceva a Fabriano e Roma e la