La matita di Dio. Conversazioni con Madre Teresa di Calcutta
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Info su questo ebook
Romanzo. Dichiarazioni e testimonianze rilasciate da Madre Teresa di Calcutta alla stampa internazionale e nel suo convento in India a chi l'ha intervistata. Le sue riflessioni sull'amore, la preghiera, il prossimo, la religione e la vita in generale.
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Recensioni su La matita di Dio. Conversazioni con Madre Teresa di Calcutta
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Anteprima del libro
La matita di Dio. Conversazioni con Madre Teresa di Calcutta - Borja Loma Barrie
La matita di Dio
Conversazioni con Madre Teresa di Calcutta
A volte sentiamo che quello che facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno
.
Madre Teresa di Calcutta.
CAPITOLO I
C'era il sole, ma non faceva molto caldo ad Asunción, quel giorno di luglio in cui Ramon Basualdo decise di recarsi in India per incontrare Madre Teresa di Calcutta.
Era una domenica mattina. Ramon era andato a letto molto tardi, ubriaco, quasi come sempre. Tuttavia, all'età di quarant'anni il suo corpo non digeriva la birra con la stessa facilità di vent'anni prima. Mentre stava dormendo, non si sentì bene e finì per svegliarsi appena tre ore dopo essersi coricato.
L'alcol gli impediva di riaddormentarsi e, dopo circa quarantacinque minuti passati a rigirarsi nel letto tentando di riprendere sonno, desistette, maledicendo i quasi dieci litri di birra che aveva bevuto la notte precedente, il sabato.
Oltre a un generale dolore fisico aveva una forte emicrania. Le tempie, la fronte e la nuca sembravano esplodergli; una specie di spillo lo tormentava, procurandogli un dolore acuto.
Aveva molta sete. Era ebbro e prima di andare a letto non riuscì a prendere una bottiglia di acqua fredda dal frigorifero. Tornava dalla discoteca, dalla quale era sicuro di essere stato cacciato. Nonostante non sentisse la necessità di rinfrescarsi nelle poche ore di sonno, sentiva anche in sogno la mancanza di un sorso di acqua fresca che gli scorresse lungo la gola per idratarlo.
Tra il bisogno di bere acqua, il dolore alla testa e l’irritazione per non riuscire a dormire, decise di alzarsi. Era di pessimo umore.
Andò in bagno incespicando, con gli occhi chiusi e la gola secca, grattandosi grossolanamente la pancia. Non poté evitare di guardarsi allo specchio. Uno specchio fuori dal comune, con bordature in gesso decorato, che occupava quasi tutta una delle pareti della stanza. Trovò l’immagine deplorevole, non si vedeva affatto bene. Aveva un evidente eccesso di peso causa del costante consumo di alcol, che continuava ininterrottamente da cinque anni.
Non lo aiutavano a sentirsi meglio con il suo aspetto riflesso in quello specchio sottile le occhiaie nere marcate, che si estendevano dagli occhi fino quasi alle cavità nasali. Era pur vero che aveva trascorso una notte dura, che aveva dormito male e che, come se non bastasse, aveva una sbornia spaventosa, rendendo difficile, in una simile circostanza, vedersi bene o per lo meno accettabile in quello specchio o in qualunque altro al mondo. Tuttavia Ramon notò chiaramente che, al di là di quelle specifiche circostanze, vibrava dentro la sua figura, il suo corpo, la sua anima, la sua psiche, un gran degrado fisico de emotivo. Non faceva esercizio, mangiava eccessivamente e male, beveva birra in quantità industriali ed era triste e inappetente. Non diventerò mai vecchio
, disse tra sé, tra il depresso e l’arrabbiato.
Alzò la tavoletta, la pipì era densa e scura, segno dell’elevato livello di tossine che in quel momento, magari, era quello che manteneva in vita gli organi vitali, quelli fondamentali per le più elementari funzioni biologiche. Dopo aver tirato lo sciacquone disse tra sé che non si sarebbe guardato di nuovo allo specchio, per lo meno quel giorno, per non sentirsi ancora peggio. Tornò a coricarsi nel letto disfatto, con lenzuola a quadri nei toni del grigio e del rosso, molto antiestetici. Notò sulle lenzuola macchie scure, come di umidità. Rimase estraniato e si avvicinò per osservarle inizialmente con attenzione, poi per odorarle piegò il busto e la testa. Non avevano alcun odore. E non si riusciva assolutamente a capirne la provenienza; preferì non continuare a indagare il motivo per cui simili aloni si trovavano in un ambiente così intimo. Non voleva alcuna rivelazione sgradevole.
Decise di scendere in cucina a prendere dell'acqua e magari mangiare qualcosa, magari la cena dei suoi genitori, sempre che fosse rimasto qualcosa.
Si mise le ciabatte, afferrò la vestaglia blu, se l’appoggiò goffamente sulle spalle mentre camminava e iniziò a scendere al piano inferiore per la scala tappezzata che, nonostante la densa moquet, scricchiolava a volte eccessivamente a causa, paradossalmente, dell'alta qualità del legno utilizzato nella costruzione, probabilmente di quebracho, pensò Ramon senza troppo interesse.
In quel momento comparve sua madre. Uscita dalla sua camera, pallida, composta e severa negli abiti che indossava in casa. Si fermò sulla soglia, con la mano sulla maniglia della porta. Ramon maledisse lo scricchiolio della scala signorile della gran casa dei genitori.
-Cosa stai facendo?– chiese all'improvviso l’autrice dei suoi giorni con sguardo interrogativo e un tono di voce profondo. A Ramon sembrò che la domanda avesse risuonato con la violenza di una sferzata.
-Ciao mamma. Scusami se ti ho svegliato.
-Ero già sveglia. Non sono una poltrona come te.
-Oh mamma. Non cominciare.
-Non cominciare a fare cosa?
-A lamentarti per tutto quello che faccio.
-Ma niente di quello che fai va bene e quasi sempre mi fa venire mal di testa.
-E ora cosa ho fatto?
-Rumore, fastidio e tutto il resto.
-Come sei esagerata, mamma.
-Sarà. Ma anche tu... Dove vai ora?
-In cucina. Ho voglia di mangiare qualcosa.
-E credi di pagare quello che prenderai?
-Sai che non ho un soldo.
-Lo so. Ma io mi segno tutto quello che consumi per poi prepararti il conto.
-Fai bene- affermò Ramón con tono irritato-. Ora segnati che prendo dell'acqua.