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I nerogatti di Sodw: I Nerogatti di Sodw 1
I nerogatti di Sodw: I Nerogatti di Sodw 1
I nerogatti di Sodw: I Nerogatti di Sodw 1
E-book331 pagine4 ore

I nerogatti di Sodw: I Nerogatti di Sodw 1

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Fantascienza - romanzo (236 pagine) - Il dittatore di una micronazione, una guru, un musicista che vive nella spazzatura: riuscirà questo gruppo eterogeneo a svelare il mistero dell’eruzione del vulcano Wuta? Dal vincitore del Premio Urania 2016


L'eruzione di un vulcano è già un fenomeno straordinario di per sé. Ma quando erutta il vulcano Wuta, nel lago salato di Sodw, è tutto un altro livello di straordinarietà. Perché erutta colori, e causa ogni genere di anomalia, magnetica, gravitazionale, temporale.

C'è di più, perché alcune persone, di estrazione sociale e culturale del tutto diversa tra loro, ne vengono attratti.  Anthony 010 Royal, imprenditore e dittatore di una micronazione di cui è l'unico abitante; Devon 916 Crioson, un raccoglitore di spazzatura con un talento unico per la musica; Shedimathos 008 Marvas, maestra spirituale, con la sua allieva Diana.

E poi naturalmente ci sono i Nerogatti. Dei quali alla fine nessuno sa davvero qualcosa, mentre loro sembrano sapere tutto degli altri.

Dal vincitore del Premio Urania 2016 un romanzo strabiliante, ricco di idee e di personaggi incredibili, che lascerà il segno.


Lukha B. Kremo è autore di romanzi e racconti non solo di fantascienza. Ha diretto la rivista Avatär, vincendo tre Premi Italia. Ha pubblicato racconti su varie antologie tra le quali Supernova Express (2006, Fantanet), Frammenti di una rosa quantica (2008, Kipple) e Avanguardie Futuro Oscuro (2009, Kipple). Un suo racconto è uscito anche su Robot.

Ha pubblicato cd di musica elettronica con lo pseudonimo di Krell e organizzato il progetto Sonora Commedia.

Ha pubblicato i romanzi Il Grande Tritacarne (2005), Gli occhi dell’anti-Dio (2008), Trans-Human Express (2012). Con Pulphagus® - Fango dei cieli  ha vinto il premio Urania 2016.

LinguaItaliano
Data di uscita13 ott 2016
ISBN9788865308844
I nerogatti di Sodw: I Nerogatti di Sodw 1

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    Anteprima del libro

    I nerogatti di Sodw - Lukha B. Kremo

    Immagine

    Parte prima

    Sense Of Dark Wonder

    It’s not the red of the dying sun

    The morning sheets surprising stain

    It’s not the red of which we bleed

    The red of cabernet sauvignon

    A world of ruby all in vain

    It’s not that red

    It’s not as golden as Zeus famous shower

    It doesn’t, not at all, come from above

    It’s in the open but it doesn’t get stolen

    It’s not that gold

    It’s not as golden as memory

    Or the age of the same name

    It’s not that gold

    I wish this would be your colour

    I wish this would be your colour

    I wish this would be your colour

    Your colour, I wish

    It is as black as Malevitch’s square

    The cold furnace in which we stare

    A high pitch on a future scale

    It is a starless winternight’s tale

    It suits you well

    It is that black

    I wish this would be your colour

    I wish this would be your colour

    I wish this would be your colour

    Your colour, I wish

    Einstürzende Neubauten, Sabrina (2000)

    1. Sodw

    Il cielo sopra il lago è catrame.

    L’acqua si muove nervosa. Le onde, come braccia muscolose, si sollevano stanche e poderose verso la costa, infrangendosi in fragori spumeggianti che nebulizzando i riflessi della pomice nera vetrificata.

    La scogliera sembra catalizzare l’energia dell’acqua e del sole, neutralizzandone la lotta. Rocce, insenature, falesie e grotte disegnano forme di erosione estrema, tra spigoli, scogli lisci e pietre isolate.

    Il Sodw è un lago nero. Nero perché ha le coste vulcaniche, nero perché ha i fondali di sabbia lavica, nero perché riflette il cielo scuro. Le sue acque si muovono più lentamente di quelle degli oceani per l’elevata salinità, e le onde migrano sul lago senza riuscire mai a incresparsi troppo, fino all’inevitabile scontro con la scogliera.

    Il lago è vasto e ha tanti nomi quante sono le lingue che si parlano lungo le sue coste, che appartengono a tre diversi continenti: l’1, il 3 e il 4. Qui, sulla costa settentrionale del Continente 4, crea una grande insenatura.

    La motopesca di Giljan è vecchia ma solida, incollata alla superficie segue i lenti respiri delle acque, movimenti ascensionali e discensionali. Se non si va al largo il fondale è basso e pescoso. Pesci e granchi se ne trovano ancora in gran quantità. Per la densità le reti della paranza fanno fatica a immergersi. Giunto il momento di tirarle su, Giljan si rende conto che è una giornata fortunata, le cime fanno resistenza, il verricello fa fatica a proseguire la propria corsa e la ruota del salpatremagli gira molto lentamente. La paranza è gonfia di pesci, Giljan non ha mai avuto una pesca così fortunata in vita sua. Quintali di orate, sgombri, naselli, saraghi, ma anche granseole, scampi e gamberetti. In mezzo a loro si dibattono anche pesci di stazza più grande, un pescespada, un’aguglia, dei tonnetti e altri pesci abissali che Giljan non ha mai visto. È il suo giorno!

    La paranza viene caricata sul ponte solo per metà, il pesce è agitato e Giljan è costretto ad abbandonarne buona parte per riuscire a controllarne la massa. I pesci si dibattono troppo, sgusciano via dalla rete, si riversano sul ponte e invadono il peschereccio. Giljan fa in tempo solo a stupirsi prima che il branco lo attacchi senza tregua. Le orate gli saltano addosso, i saraghi gli rosicchiano i vestiti, i naselli lo scorticano mangiandogli gli occhi, gli sgombri gli divorano le carni, lasciando il resto ai gamberetti e agli altri pesci, che finiscono di sbranarlo.

    Lawer e Udeen, che navigano a poche miglia, vedono l’imbarcazione dibattersi in un turbinio inspiegabile per la bonaccia del lago. La loro esperienza suggerisce che Giljan sia in difficoltà, e si avvicinano al suo peschereccio.

    Quando sono nei pressi non possono che assistere alla massa di pesci che divora i legni della motopesca fino a ridurla a uno scafo e a trascinarla con lei negli abissi del Sodw.

    2. Nero

    L’estate a Skatter è la stagione arida, dieci mesi che intercorrono da una pluviostagione all’altra. La spiaggia nera è affollata e al largo delle scogliere più accessibili si moltiplicano i panfili provenienti dal Distretto Skatter. Pochi sono i sub che si avventurano nelle insenature insidiose del Sodw, a caccia di alghe e pesci colorati. Le gente lascia le impronte sugli scogli a causa della bassa consistenza delle rocce, composte di pece rappresa. Poi si stende e si abbronza. La superficie stessa del Distretto Skatter è un susseguirsi di lave, peci, catrami naturali, bitumi, porfidi, ardesie, pomici scure e piccoli laghi di greggio. A dire il vero il distretto è stato costruito nella zona più solida e vivibile e le costruzioni di pietra vetrificata sono sorte su strade già asfaltate dalla natura.

    In spiaggia i bambini costruiscono castelli di sabbia neri, mentre i genitori si abbronzano con oli catramosi e si misurano in sfide di surf alle foci dei rivoli, dove il bitume si unisce alle acque dense del lago.

    Zobu ha costruito un grattacielo di sabbia: è alto e ha gli spigoli precisi, sembra un minaccioso monolito nero. Zobu è orgoglioso della propria opera, ora sta scavando un canale per proteggerlo dalle onde del lago. Sua sorellina gioca con il nerogatto. A Skatter i nerogatti godono di un’elevata considerazione, sono i discendenti dei gatti portati dai primi abitanti secoli prima, probabilmente sono imparentati con i gli ocelot, i caracal o i servali, e ormai condividono con la popolazione cibo e altre liturgie.

    La sorellina osserva il grattacielo del fratello con invidia. Allora decide di costruire un castello. Si mette all’opera, ma ne escono quattro timide torrette tenute insieme da muretti precari. Sente che urge qualcosa di più. Prova a costruire una torre centrale, ma crolla, quindi aggiunge dei bastioni, ma hanno un aspetto innocuo rispetto all’imponenza del grattacielo del fratello, alto e solenne.

    Allora la sorellina decide: salta a pie’ pari sull’odiato edificio, che rivela tutta la propria natura effimera polverizzandosi all’istante. Zobu guarda la scena e rimane bloccato dalla sorpresa, prima di rendersi conto che tutto il suo lavoro è andato perduto. Quindi si getta sulla sorellina.

    Ma gli strilli della bambina non si sentono perché coperti dalle urla della folla. Gli esseri che poco prima erano rilassati e intenti a catturare l’energia di un sole cocente, ora sono in piedi che gridano con le mani sui capelli o indicando l’orizzonte. I nerogatti fuggono in cerca di riparo.

    È il Wuta.

    Il Wuta è l’isola vulcanica davanti al Distretto Skatter, nel bel mezzo del golfo del lago Sodw. Periodicamente fa ribollire le acque e sputa fuoco, ogni tanto provoca tsunami che travolgono gli abitanti del distretto; è un dio capriccioso e imprevedibile e non esiste modo per ingraziarselo. Quando il Wuta fa festa, semina morte.

    E oggi fa festa. Ma è una festa diversa dal solito. Il vulcano infatti non sputa fuoco, né emette pennacchi, ma emette colori cangianti che si espandono nell’aria come aurore polari.

    Gli abitanti del Distretto Skatter si rivestono e richiamano parenti e amici ancora in acqua. Qualcuno osserva con il binocolo.

    L’acqua, attorno all’isola, sta già ribollendo, mentre dalla sommità del vulcano scaturiscono queste scie colorate che si espandono nel cielo. Scie gialle che si arrotolano come corde, verdi che si sciorinano come aspersioni magiche, viola che si agitano come serpenti. E poi aloni arancio, piccole esplosioni rosse e luci sferiche. I primi fulmini cominciano ad attraversare il cielo. Uno spettacolo meraviglioso e inquietante.

    In poco tempo gli abitanti, che conoscono il dio vulcano, abbandonano la costa e si portano in zone sicure.

    Con il trascorrere delle ore, il fenomeno aumenta le proporzioni, diventando una forte tempesta spettroscopica, le zone colorate variano di tonalità e intensità, si espandono e vengono riassorbite in pochi secondi, accompagnate da tuoni, bagliori istantanei e fulmini sempre più lunghi che solcano il cielo prima di scaricare l’energia nelle acque sottostanti con forti boati.

    3. Bianco

    Lo schermo è immerso nel candore accecante della neve. Anthony Royal stacca lo snowsurf e adagia la schiena sulla sedia a sdraio del lounge bar. Mentre il monoscì si asciuga e si ripone nella custodia, Anthony si gode un momento di relax, dopo l’ultima impegnativa discesa. Vuole staccare la spina; si toglie gli occhiali rifrangenti e abbassa le palpebre per farsi accarezzare dai raggi Uva. Chiude gli occhi, poi li riapre, modifica l’orientamento della sdraia, quello schermo sfavillante gli dà fastidio. Che ci fa un buco nero che sputa colori in mezzo a un paesaggio bianco?

    Nel momento in cui si pone la domanda, si rende conto di ciò che lo schermo sta trasmettendo. Il Wuta ha eruttato. E non è un’eruzione normale. Sta eruttando un’aurora polare.

    Anthony sorride all’idea, intorno a sé la maggior parte della gente continua a sciare, a prendere il sole, a bere cocktail. Soltanto alcuni stanno curiosando gli schermi, attratti da quella notizia strana e divertente, che riguarda un continente lontano.

    Anthony resta a osservare la scena come quando gioca al suo doom preferito. I cieli viola costellati di globi di luce e fulmini gli si confondono in testa. Poi la stanchezza prevale. E le palpebre fanno il loro dovere.

    Anthony Royal aveva vinto i primi aurei a otto anni, scommettendo sui tempi di morte di una lucertola di Sodw in uno dei piani bassi di Dominium, dove era nato. E da quel momento era stato folgorato dal denaro. La Moneta Unica e l’Aureo erano beni troppo stabili per i suoi gusti. Così aveva trasformato gli aurei in bit, assicurandosi milioni di netcoin, moneta virtuale peer-to-peer. Il valore del netcoin saliva e scendeva esponenzialmente. A lui erano bastate vendite e acquisti strategici in modo da possedere i netcoin soprattutto quando salivano. Era stato bravo, Anthony, e così aveva continuato ad acquistare bit, azioni peer-to-peer, opere d’arte digitali taggate e compartecipazioni. La sua abilità era la velocità, vendite e acquisti anche a distanza di pochi secondi, senza sosta, giorno e notte. Le sue proprietà finanziarie erano disperse in milioni di quote, una polverizzazione che lo aveva aiutato anche a evitare eccessive tasse.

    Nei primi tempi era stato aiutato da un team di collaboratori, poi aveva acquistato l’appartamento a un piano esclusivo di Dominium, a poca distanza dai piani turistici e da quelli del tempo libero, in cui aveva cominciato a servirsi della collaborazione della casa stessa.

    Quando Anthony riapre gli occhi, le piste di sci sono sgombre e la gente al bar è diminuita, lo schermo trasmette pubblicità di pastiglie energetiche. Il cellulare lo sta avvisando che è sera. In effetti le lampade Uva sono spente e al loro posto ci sono le luci lunari.

    Anthony sbadiglia, si stiracchia e si alza. Una giornata davvero gratificante. Afferra la custodia dello snowbord ed entra nell’igloo. Quindi compone il codice del proprio ascensore, che lo viene a prendere e lo porta centoquarantatré piani più in basso, al proprio appartamento, dove estrae il corpo dalla tuta da sci ed entra nella doccia. Il soffione emette goccioline diffuse miste a schiuma, mentre la spazzola della ruota passa sui lati del suo corpo. La doccia lo sciacqua, gli versa shampoo e balsamo in testa e comincia a massaggiare.

    Quando Anthony chiude gli occhi, rivede il vulcano che fa il suo concerto di colori.

    – Mara.

    – Dimmi, caro. – La voce è calda, suadente, decisa.

    – Mi fai vedere un po’ cos’è successo al Wuta?

    – Certo, ti preparo una rassegna.

    La vita a Dominium è invidiabile, ci sono campi da sci e maneggi, grandi piscine e spa per ogni esigenza, safari e campi di avventura. Eppure è da un po’ di tempo che Anthony è incuriosito dall’esterno.

    L’esterno, che qui coincide con l’estero, è percepito dai cittadini come un concentrato di rischi; un viaggio è un’inutile perdita di tempo e denaro. Infatti, tutto ciò che si trova all’estero si trova anche a Dominium. È così comprensibile che sia una mezza follia andare all’estero, visto che a Dominium si può fare rafting sulle cascate del Diavolo, viaggiare in orbita privi di gravità, fare parapendio sulle scogliere del Sodw. Si ha a disposizione la mappatura completa del pianeta. E il tutto con gli stessi rischi del reale, con la differenza che gli eventuali danni, morte compresa, sono convertiti in debiti, senza conseguenze fisiche. Viaggiare all’estero, invece, comporta rischi reali, e le agenzie fanno pagare cara l’assicurazione per la salute e la vita.

    Anthony non sa spiegare se è il rischio per la vita ad affascinarlo. Spesso il rischio che ha corso in Borsa in delicati frangenti è stato talmente alto che economicamente superava il risarcimento per una morte durante un’avventura simulata. I milioni di netcoin che vince o perde nell’arco di un anno valgono molte vite, e questo pensiero lo assilla fino a pensare che in fondo la morte, quella vera, non sia poi così spaventosa.

    Anthony viene asciugato ed esce dalla doccia.

    Lo schermo si accende appena si siede sul divano. Il Wuta espande i propri colori anche nella sala di Anthony. Il reportage non sa definire il fenomeno. Dice che non si sono verificati tsunami, ma che i nerogatti del Distretto Skatter sono improvvisamente fuggiti dalla spiaggia per poi accorrervi nuovamente.

    L’immagine sgranata del vulcano, inquadrata a forte ingrandimento, lascia il posto a una strana figura chiara che si staglia sul nero. Sembra una mano a otto dita spiaccicata su un pavimento di ardesia. Una mano bianca, morta, gibbosa. Una mano gigante. Perché intorno si scorgono le migliaia di nerogatti che si accalcano a divorare le carni di quello che ora appare come un informe mostro spiaggiato.

    L’immagine ingrandita mostra un occhio. I nerogatti più arditi lo hanno raggiunto e ne stanno strappando la polpa trasparente. Il mostro, per quanto scomposto, è un calamaro.

    – È orribile, Mara.

    – I fondali del Sodw si devono essere surriscaldati.

    – Già, Mara. Non vorrei essere nei panni degli Skatter – dice Anthony, anche se comincia a pensare che invece vorrebbe essere proprio al Distretto Skatter, in quel momento, a curiosare.

    – Anche perché i Grigi di panni ne hanno pochi – dice Mara. Gli Skatter sono chiamati Grigi, con un lieve accenno dispregiativo, per via del colore glauco della pelle e per la peluria diffusa. Anthony ci mette un po’ a capire che è una battuta. Mara è molto brava a fare battute. Ma questa non gli è piaciuta. Sì, i Grigi si vestono poco, con stracci, sempre molto chiari, e non portano quasi mai calzature. Ma non è una battuta brillante, e così non sorride nemmeno. Sa che Mara si migliorerà.

    – Tony, chiamata sulla linea 1. Il Comitato Qualità.

    – Attiva la segreteria. Meglio se non sento nessuno fino all’incontro con il Cda della Woda di domani. Devo dormire bene e senza fare sogni.

    Mara si accorge che Anthony è a livello Stress 2.

    – Massaggio?

    Mara lo chiede con l’inflessione della voce tarata in modo che Anthony capisca a che tipo di massaggio si riferisca.

    – Massaggio. Anzi no, ho voglia di te. Tutta.

    Mara emette un risolino con la giusta malizia.

    Anthony Royal va in camera e si sdraia sul letto. È ancora nudo e la vista della teca che si apre comincia a eccitarlo. Dalla teca esce Mara, sorridente e icastica. È truccata e indossa una vestaglia di seta rossa. La donna si china sul letto e lo bacia delicatamente sulla bocca. Poi si alza e comincia una danza sensuale, un misto di movenze antiche e dubstep contemporaneo.

    Mara sa esattamente cosa piace ad Anthony e quali tempi predilige. Conosce le sue attrici preferite, i film che l’hanno entusiasmato, i libri memorabili e i gusti culinari. Non ci sono segreti per Mara, che legge tutto nella banca dati della casa; ogni esperienza è valutata, come ogni dispiacere e ogni emozione che ha vissuto a Dominium.

    Mara mostra il proprio corpo definito e proporzionato muoversi vellutatamente, sollevando a tratti la vestaglia fino a scoprire le cosce e i glutei. L’espressione un po’ ammiccante e tenebrosa accompagna la sua performance, finché sale sul letto con le movenze di una gatta.

    Anthony è già su di giri, le lenzuola si sono riscaldate e lo stanno micromassaggiando.

    Mara temporeggia, lo stuzzica, gli manda bacini, quindi gli sale sopra. La pelle di Mara è liscia, le cosce sono solide. Anthony abbraccia la donna stringendola e premendo le mani sul sedere, mentre Mara accoglie il suo sesso. Lei si muove ritmicamente e comincia ad ansimare. Con le unghie graffia in modo superficiale l’addome dell’umano, poi le cosce.

    Anthony sente che sta per venire, chiude gli occhi, stringe forte il torso della donna. Che lo aspetta. Mara viene esattamente nello stesso momento dell’umano. Anthony termina il piacere e conclude baciando l’addome di lei.

    – Non c’è bisogno che ogni volta vieni assieme a me. Posso andare avanti ancora un po’.

    – Non dire fesserie. – Mara lo bacia in bocca. Un lungo bacio, con le unghie che lo graffiano.

    Alla fine la donna si alza facendo uscire delicatamente il suo sesso.

    – Ho la registrazione, presidente – dice, dirigendosi verso la doccia. Anthony dà un’ultima occhiata al corpo forte e proporzionato di Mara e in quel momento pensa a quanto sia stupido pensare di andare all’estero. Ogni tanto Mara lo chiama scherzosamente presidente. Anthony è presidente di Gradassia, micronazione finanziaria da lui stesso fondata quando l’alta finanza lo aveva cominciato ad annoiare.

    Anni prima, qualcuno aveva cominciato a fondare nazioni indipendenti in rete, con proprie leggi e statuti, istituzioni e trattati. La comunità si era ingrandita fino a formare i cosiddetti quarto e quinto mondo, il primo raccoglieva le micronazioni con territori geografici, il secondo quelle virtuali.

    Alla micronazione veniva assegnato un codice chiamato passaporto, che con l’aggiunta di un identificativo era consegnato ai cittadini, ovvero agli acquirenti di una quota micronazionale. La micronazione poteva avere qualsiasi forma politica, aveva solo l’obbligo di pubblicare statuto e leggi.

    Anthony aveva cominciato con una dittatura, in pratica le quote acquistate dai cittadini non corrispondevano alla percentuale d’influenza sul parlamento o sul governo. Sicuramente le repubbliche erano entità più ambiziose e per questo motivo crescevano a un ritmo maggiore. Ma Anthony preferiva avere tutto sotto il proprio controllo, e per il momento faceva affluire moneta nelle casse di Gradassia da altre attività, in modo che i cittadini fossero soddisfatti dei dividendi.

    Dall’impero finanziario Anthony era passato all’impero micropolitico. Aveva nominato Mara sua first lady e aumentato i dividendi ai cittadini.

    Quando Gradassia aveva raggiunto lo status di impero, era cominciata a essere osteggiata dalle repubbliche e dalle monarchie costituzionali e in generale da tutte le micronazioni che si riconoscevano nella democrazia. Ed erano sorte le prime difficoltà. In realtà, nessuno dei cittadini di Gradassia si era lamentato: guadagnavano dai dividendi abbastanza da smettere di fare altri lavori. Eppure gli attacchi delle democrazie si facevano sentire, erano un gioco sporco; la propaganda sulla necessità dell’indipendenza delle micronazioni acquistate sembrava fare breccia persino tra i cittadini di Gradassia.

    Anthony Royal amava la propria indipendenza più di tutto, ma a quel punto aveva ceduto alle continue richieste di gruppi finanzisti massonici e semisegreti che aiutavano gli interessi dei propri appartenenti a patto di aiutare gli altri membri. Così ora Gradassia doveva proteggere gli interessi di Hagias, Demonia e Hitleriana, il che non gli metteva certo allegria.

    Mara esce dalla doccia asciutta. Non ha usato il phon, ha la pelle di tessuto idrofugo. Bacia Anthony sulla bocca e si ripone nella teca.

    – Buonanotte.

    4. Zabbalin

    Devon cammina claudicante lungo il tunnel scavato nel vetro. La luce dei riflettori filtra attraverso la spessa coltre trasparente. Devon indossa una tuta antitaglio, guanti e galosce di gomma. Il rumore della suola sul vetro è sempre diverso, un crepitio a volte piacevole, altre dissonante. A Devon piacciono entrambi i materiali, la gomma e il vetro.

    Il vetro s’infrange con un suono forte, improvviso, pieno di armoniche acute e sottili, ma sempre con un certo colore, che dipende dalla composizione. Il vetro più puro emette suoni puliti, limpidi e rasserenanti. Quello spurio ti può sorprendere con clangori o suoni più soffusi, sabbiosi.

    Devon ama rompere il vetro. Fa parte del proprio lavoro.

    È sicuro che se fosse stato assegnato ai metalli, alle plastiche o al legno, avrebbe comunque amato le caratteristiche sonore di quei materiali, e forse anche della carta e del cartone, e del loro fracasso quando si strappano. Ma è felice di essere al vetro, e non invidia certo gli amici degli oli e dell’umido.

    La collina di vetro è un accumulo raccolto nei secoli, alto centinaia di metri, affiancato a decine di colline simili. Negli anni, il vetro tende a sciogliersi e a fondersi sotto le tonnellate. In questo modo è possibile scavare tunnel per eseguire ispezioni.

    Devon viene mandato in queste gallerie a causa della sua bassa statura. Il suo compito è quello di dividere il vetro per colore, consistenza e purezza. Lo ascolta crepitare sotto le suole, ne valuta la purezza e giudica la qualità del materiale; riconosce anche lo scricchiolare della collina di vetro a causa delle differenze termiche tra il giorno e la notte. Le colline vengono di continuo alimentate da nuovo vetro e lui ne deve verificare l’assestamento.

    Devon esce dall’apertura sul fianco della collina, adattando la vista alla diversa luminosità. È quasi sulla sommità. Osserva il paesaggio, un giallo evanescente prevale sulla distesa di colline luminescenti che si perdono all’orizzonte, puntellate da una moltitudine di riflessi. Il sole s’irradia e ne decide il colore. Nel pomeriggio, il giallo vira al verde.

    Glashill è un villaggio di abitazioni di vetro, costruite fondendo il materiale più spurio, poco utile al riciclaggio. Devon, come quasi tutti gli abitanti, ama la sera,

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