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Per la comunità cristiana: Principi dell'ordinamento sociale
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Per la comunità cristiana: Principi dell'ordinamento sociale
E-book206 pagine2 ore

Per la comunità cristiana: Principi dell'ordinamento sociale

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Info su questo ebook

Nel 1943 un gruppo di intellettuali, laici e religiosi, si riunisce presso il monastero di Camaldoli con l’intento di aggiornare il Codice di Malines, riflettendo in particolar modo sul ruolo sociale della Chiesa a seguito degli stravolgimenti causati dalla Seconda Guerra Mondiale. Così nasce il Codice di Camaldoli, opera di estrema utilità di fronte alle questioni sociali ed economiche dell’epoca, e destinato soprattutto allo scopo di ricostruire una società libera ed egualitaria e uno stato democratico. Il Codice, come si può notare dallo stesso titolo della pubblicazione, Per la comunità cristiana, è animato da uno spirito religioso; questo perché esso riflette la società dell’epoca, in cui la Chiesa aveva grande influenza. Allo stesso tempo però non vuole essere destinato solo alla formazione della comunità cattolica, bensì mira a coinvolgere l’intera società civile. Il suo ruolo è fondamentale per quel periodo storico, ed è tale da aver ispirato anche la stesura della Costituzione Italiana del 1948, soprattutto per quanto riguarda i Principî fondamentali e la Prima Parte relativa ai Diritti e doveri dei cittadini; tuttavia, è anche un’opera straordinariamente attuale, soprattutto perché pone la giustizia sociale come principio direttivo della vita economica e perché sottolinea la dimensione etica del dovere tributario.
LinguaItaliano
Data di uscita26 ott 2016
ISBN9788838244995
Per la comunità cristiana: Principi dell'ordinamento sociale

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    Per la comunità cristiana - I.C.A.S.

    I.C.A.S.

    PER LA COMUNITÀ CRISTIANA PRINCIPI DELL'ORDINAMENTO SOCIALE

    Vicariatus urbis - Officium II

    Nihil obstat quominus imprimatur

    C. BOYER S. J. Rev. delig.

    IMPRIMATUR

    E Vicariatu Urbis, die 2 –1 -45

    Aloysius Traglia. Archiepus Caesarien. Vicesgerens

    UUID: 420e5946-9a83-11e6-8d68-0f7870795abd

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    INTRODUZIONE
    PRESENTAZIONE
    PREMESSA SUL FONDAMENTO SPIRITUALE DELLA VITA SOCIALE

    1. LA SOCIETÀ E IL DESTINO DELL'UOMO

    2. DIGNITÀ DELL'UOMO

    3. FONDAMENTI DELLA COSCIENZA INDIVIDUALE E SOCIALE DELL'UOMO

    4. NATURA E FINE DELLA SOCIETÀ

    5. UNITÀ E FRATERNITÀ DELLE GENTI

    6. ORDINE E AUTORITÀ NELLA SOCIETÀ

    7. VITA CRISTIANA E CIVILTÀ UMANA

    I. LO STATO

    8. ESSENZA DELLO STATO

    9. FINI DELLO STATO

    10. STATO E DIRITTO

    11. LA GIUSTIZIA SOCIALE COMPITO E FINE DELLO STATO

    12. IL DOVERE DI OBBEDIENZA

    13. PRINCIPI DELL'ORGANIZZAZIONE STATALE

    14. LE LIBERTÀ POLITICHE

    15. LA LIBERTÀ DELLE COSCIENZE

    16. DOVERE FONDAMENTALE DI PARTECIPAZIONE ALLA VITA DELLO STATO

    17. LIMITI DEI SACRIFICI PER LO STATO

    18. L'ATTIVITÀ DELLO STATO COME LOTTA CONTRO LA VIOLENZA E L'ARBITRIO

    19. CHIESA E STATO

    20. ESIGENZA GENERALE DI GIUSTIZIA E DI CARITÀ

    II. LA FAMIGLIA

    21. NATURA E FINE DELLA SOCIETÀ FAMILIARE

    22. LA FAMIGLIA E LE ALTRE SOCIETÀ

    23. IL MATRIMONIO

    23. L'AMORE NELLA FAMIGLIA

    25. DEVIAZIONI DELLA FAMIGLIA

    26. DIRITTO ALLA FAMIGLIA E PRESCRIZIONI EUGENETICHE

    27. PROVVIDENZE A FAVORE DEL MATRIMONIO

    28. CONTROLLO SULLE NASCITE E LEGGI SULL'ABORTO

    29. L’AUTORITÀ NELLA SOCIETÀ FAMILIARE

    30. DIRITTI DEI FIGLI ILLEGITTIMI

    III. L'EDUCAZIONE

    31. ESSENZA E FINE DELL'EDUCAZIONE

    32. NECESSITÀ DELLA EDUCAZIONE SOPRANNATURALE

    33. IL SOGGETTO DELL'EDUCAZIONE: RICONOSCIMENTO DELLA SUA DIGNITÀ E RESPONSABILITÀ

    34. IL DIRITTO DI EDUCARE

    35. L'EDUCAZIONE NELLA FAMIGLIA

    36. NECESSITÀ Dl RINFORZARE LA CAPACITÀ EDUCATIVA DEI GENITORI

    37. L'AVVIAMENTO E L'ORIENTAMENTO PROFESSIONALE DEI FIGLI

    38. SCUOLA E FAMIGLIA

    39. MISSIONE EDUCATIVA DELLA CHIESA E INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE

    40. DIRITTO EDUCATIVO E DOVERI DELLO STATO

    41. INSUFFICIENZA DELLA SCUOLA LAICA

    42. LA GIUSTIZIA SOCIALE NELL'EDUCAZIONE

    43. L'EDUCAZIONE RELIGIOSA E MORALE

    44. L'EDUCAZIONE SOCIALE

    45. EDUCAZIONE CIVICA

    46. L'EDUCAZIONE FILOSOFICA

    47. FONDAMENTI E DIDATTICA DELLA EDUCAZIONE LETTERARIA E SCIENTIFICA

    48. L'EDUCAZIONE TECNICA E IL LAVORO NELL'EDUCAZIONE

    49. L'EDUCAZIONE FISICA

    50. COMPITO, DOVERI E FORMAZIONE DELL'INSEGNANTE

    51. EDUCAZIONE ALLA CASTITÀ

    52. L'EDUCAZIONE DELLA DONNA

    53. L'EDUCAZIONE DEL POPOLO: STAMPA, TEATRO, RADIODIFFUSIONE, CINEMATOGRAFO, PUBBLICITÀ

    54. RICERCA SCIENTIFICA E CULTURA SUPERIORE

    IV. IL LAVORO

    55. DIRITTO AL LAVORO: SUA DIGNITÀ

    56. IL LAVORATORE NELLA ORGANIZZAZIONE PRODUTTIVA: AGRICOLTURA E INDUSTRIA

    57. ELEMENTI DEL GIUSTO SALARIO

    58. RISPARMIO INDIVIDUALE E PROVVIDENZE DELLA COMUNITÀ PER LA DISOCCUPAZIONE, INVALIDITÀ E VECCHIAIA DEL LAVORATORE

    59. TUTELA DELLA SALUTE FISICA DEL LAVORATORE

    60. LA DONNA E IL LAVORO SVOLTO FUORI DELL'AMBITO FAMILIARE - IL SALARIO E LA FAMIGLIA

    61. LA CASA, ELEMENTO DI DIFESA E DI SVILUPPO DELLA PERSONALITÀ DEL LAVORATORE

    62. IL DECENTRAMENTO URBANO, CONDIZIONE PER UNA SANA VITA FAMILIARE E SOCIALE DEL LAVORATORE

    63. L'UOMO E LA MACCHINA

    64. ORIENTAMENTO PROFESSIONALE DEL LAVORATORE

    65. SPECIALIZZAZIONE DEI LAVORATORI E PIENA UTILIZZAZIONE DELLE LORO CAPACITÀ

    66. AZIONARIATO DEL LAVORO, COOPERAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI

    67. FINI DELLE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI

    68. ORGANIZZAZIONE DELLE PROFESSIONI INTELLETTUALI E TECNICHE

    69. UNICITÀ E PLURALITÀ DELLE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI

    70. I CONFLITTI DI LAVORO

    V. DESTINAZIONE E PROPRIETÀ DEI BENI MATERIALI PRODUZIONE E SCAMBIO

    71. LA GIUSTIZIA SOCIALE: PRINCIPIO DIRETTIVO DELLA VITA ECONOMICA

    72. PROPRIETÀ PRIVATA E PROPRIETÀ COLLETTIVA

    73. FONDAMENTO DELLA PROPRIETÀ PRIVATA - SUO ASPETTO PERSONALE E SOCIALE

    74. LA FUNZIONE SOCIALE DELLA PROPRIETÀ DEI BENI STRUMENTALI

    75. FUNZIONE SOCIALE DELLA PROPRIETÀ DEI BENI STRUMENTALI IN SITUAZIONE DI CONCORRENZA

    76. FUNZIONE SOCIALE DELLA PROPRIETÀ DEI BENI STRUMENTALI IN SITUAZIONE DI NON CONCORRENZA

    77. LA PRODUZIONE AGRARIA

    78. FUNZIONE SOCIALE DELLA PROPRIETÀ DEI BENI DI CONSUMO

    79. LA COOPERAZIONE NEL PROCESSO DI DISTRIBUZIONE DEI BENI DI CONSUMO

    80. INCONVENIENTI DEGLI ECCESSIVI ACCENTRAMENTI DI RICCHEZZA

    81. FUNZIONE SOCIALE DELLA PROPRIETÀ COSTITUITA CON CAPITALI PRESI A PRESTITO

    82. LA PROPRIETÀ NON ACQUISTATA CON ADEGUATO E LECITO LAVORO

    83. LA TRASMISSIONE EREDITARIA DEI BENI

    84. LA GIUSTIZIA SOCIALE E LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE DEI BENI: COMMERCIO INTERNAZIONALE ED EMIGRAZIONE

    VI. L'ATTIVITÀ ECONOMICA PUBBLICA

    85. ATTIVITÀ ECONOMICA PRIVATA ED ATTIVITÀ ECONOMICA PUBBLICA

    86. FINI SPECIFICI DELLA ATTIVITÀ ECONOMICA PUBBLICA

    87. COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE PUBBLICHE

    88. CRITERI INFORMATORI DELL'ATTIVITÀ ECONOMICA PUBBLICA

    89. MONETA E MANOVRE MONETARIE

    90. PATRIMONIO PUBBLICO

    91. NATURA DELL' ATTIVITÀ FINANZIARIA; IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E DI GENERALITÀ

    92. LIMITI DELL'AZIONE FINANZIARIA

    93. FUNZIONE EXTRA-FISCALE DEL TRIBUTO

    94. DOVERE TRIBUTARIO

    VII. LA VITA INTERNAZIONALE

    95. SVILUPPO INTERNAZIONALE DELLE FORZE SOCIALI

    96. LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE DELLE FORZE SOCIALI

    97. FONDAMENTO MORALE E PRINCIPI DELL'ORDINE INTERNAZIONALE

    98. DOVERI DELLE NAZIONI CIVILI RISPETTO ALLE GENTI MENO PROGREDITE E PRIMITIVE

    99. L'AZIONE PERSONALE PER L'ORDINE INTERNAZIONALE E PER LA PACE

    POSTFAZIONE

    PUBBLICAZIONI DELL'I.C.A.S.

    PER LA COMUNIT À CRISTIANA

    PRINCIPI DELL'ORDINAMENTO SOCIALE

    A CURA DI UN GRUPPO DI STUDIOSI

    AMICI DI CAMALDOLI

    EDITRICE STUDIUM - ROMA

    INTRODUZIONE

    Tra le varie ragioni che giustificano una nuova edizione, questa volta in forma elettronica, del Codice di Camaldoli, elaborato e scritto tra l’estate del 1943 e il 1945, ce ne è una di rilevante attualità. Nonostante l’abissale diversità tra quella stagione e quella che stiamo vivendo, i giovani intellettuali cattolici che si applicarono alla redazione di quel testo argomentavano allora, così come si discute anche oggi, sulle potenzialità e sull’efficacia di un sistema politico-istituzionale socialmente avanzato e pluralista. Allora, nella lunga agonia del fascismo, erano ancora da prefigurare procedure e artifici della democrazia e, soprattutto, erano da fissare le premesse culturali e morali di una nuova stagione delle libertà e dei diritti; ora, invece, all’inizio del terzo Millennio l’intera esperienza democratica della seconda metà del Novecento, pur con i suoi iniziali indirizzi innovativi, sembra vivere la fase discendente di una parabola nella quale non solo sconta inevitabili errori e omissioni di oltre mezzo secolo, ma vede tornare in discussione questioni e dilemmi che parevano risolti una volta per tutte. E’ cresciuta, infatti, la preoccupazione che nelle nostre democrazie si stia tornando indietro, molto indietro: cioè, che norme giuridiche e princìpi elaborati nel periodo seguito alla fine del fascismo si rivelino sempre più incapaci di disciplinare i complessi modelli di coesistenza sociale da cui traggono la loro legittimazione, con la conseguenza che le varie forme di legalità non sembrano garantire più o del tutto quella «giustezza» dei diritti individuali e comunitari e del loro godimento sulla quale settant’anni fa si esprimeva il Codice.

    Di fronte, quindi, alla difesa quotidiana contro tanti nemici reali e virtuali di una concezione della democrazia intesa non semplicemente come insieme di procedure, bensì come realtà che trae la sua ragion d’essere dalle regole di cui è costituita e dai diritti che riesce a garantire, continua a essere attuale la riflessione sui risultati di quell’esperienza culturale condotta dagli «amici di Camaldoli»: mentre si dissolveva nel sangue il regime e il nostro Paese era letteralmente diviso in due dalla guerra, essi vollero «approfondire i complessi problemi che presenta la odierna società e (ad) offrire al lettore e all’uomo d’azione gli elementi per un orientamento sicuro e al tempo stesso adatto alla contingente concretezza della fase storica e politica che attraversiamo»[1].

    La Settimana di studi che, superando varie difficoltà, fu promossa a Camaldoli nel luglio del 1943 dalla Sezione Laureati di Azione Cattolica e dall’Istituto Cattolico di Attività Sociale (ICAS) non fu affatto un evento estemporaneo nella tradizione recente dei movimenti intellettuali. Già all’avvio dell’esperienza dei Laureati cattolici nel 1934 il primo presidente Igino Righetti, con il sostegno dell’Assistente ecclesiastico Mons. Adriano Bernareggi e forte dell’antica consuetudine d’intenti con Mons. Giovanni Battista Montini, operò sia perché si respingessero i tentativi egemonici del fascismo sulle varie attività professionali, sia per stimolare un confronto più aperto e realistico con la complessa situazione politica e sociale in atto. Non casualmente, un gruppo di economisti cattolici, specie giovani come Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno, Paolo Emilio Taviani, Ezio Vanoni ed altri, che si erano formati a ridosso della Grande Crisi del 1929, esploravano le varie soluzioni espresse dalla dottrina economica (per esempio, da quella di John Maynard Keynes) e sviluppate nella pratica politica degli Stati: dai modelli di pianificazione e di programmazione pluriennale al corporativismo. Riferimenti ineludibili per questi giovani erano il Codice di Malines del 1927, nel quale si stimolava la creazione di consigli economici nonché di rappresentanze sociali cattoliche, e, soprattutto, la Quadragesimo Anno del 1931. Nell’enciclica Pio XI, confermando la necessaria salvaguardia del sindacalismo cattolico, non mancava di offrire un’apertura di credito al modello corporativo, inteso come possibile strumento di conciliazione tra capitale e lavoro in nome della «giustizia» e del «bene comune». Avvertiva, però, il rischio che le riforme sociali fasciste, per il loro statalismo, potessero «servire a particolari intenti politici piuttosto che all’avviamento di un migliore assetto sociale»[2]. La prudente apertura alle politiche sociali del fascismo c’era, ma era posta, come si avvertì in seguito nello stesso Codice di Camaldoli, in forma necessariamente astratta e «apodittica»: quindi, tra i princìpi esposti dal Pontefice e la loro applicazione era aperto un vasto campo di analisi e di proposta che necessitava della riflessione attenta di «studiosi cattolici» consapevoli anche che il magistero sociale della Chiesa andava assunto e inquadrato nella salda cornice della teologia morale[3].

    E, in effetti, per tutti gli anni Trenta e oltre, la questione del corporativismo fu all’ordine del giorno nelle ricerche e nelle discussioni dei maggiori centri e movimenti culturali cattolici, dall’Università Cattolica all’ICAS e ai Laureati Cattolici[4]. Peraltro, tale impegno speculativo era coerente con la lunga ricerca di una terza via tra il collettivismo socialista e l’individualismo liberal-borghese; solo che a quel punto – qui l’innovazione – si era colto con minore approssimazione del passato che ogni processo di sviluppo socio-economico, sia quantitativo che qualitativo, in futuro sarebbe stato determinato dall’assetto istituzionale da costruire dopo il fascismo. Nessuno degli economisti cattolici, come peraltro avveniva nelle più qualificate scuole scientifiche dell’epoca, misconosceva il ruolo e le funzioni dello Stato nella gestione delle risorse nazionali. Una divergenza non di poco conto si rilevava tra gli studiosi dell’Università Cattolica (in particolare Francesco Vito e Amintore Fanfani), che valutavano in modo positivo le correzioni organizzative e i fini moralizzatori che il corporativismo statalista prometteva, eliminando o comprimendo l’individualismo imprenditoriale e la totale subalternità dei lavoratori propri degli assetti capitalistici, e alcuni giovani funzionari dell’IRI, come il citato Paronetto. Quest’ultimo (promotore del’intera l’operazione culturale che condusse alla elaborazione del Codice) in tutti i suoi interventi pubblici e privati spostava sempre l’attenzione dei Laureati cattolici dalla classica questione «liberale» dei limiti da porre agli interventi dello Stato alla proposta di un’inedita funzione dello stesso Stato sia nella ricerca di nuovi interventi non pervasivi nell’economia, sia nella selezione di imprese industriali da impiegare a fini d’utilità pubblica. In altre parole, in un’ottica che si voleva «scientifica», condivisa da Saraceno (docente in Cattolica che prestò la sua opera anche all’IRI), lo Stato «imprenditore» aveva l’obbligo di correggere le distorsioni sociali prodotte dai suoi interventi precedenti e di calibrare in futuro, con la massima attenzione agli aspetti tecnici e giuridici, la sua azione sul mercato per favorire la diffusione del benessere e la difesa della

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