Per la comunità cristiana: Principi dell'ordinamento sociale
Di I.C.A.S.
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Anteprima del libro
Per la comunità cristiana - I.C.A.S.
I.C.A.S.
PER LA COMUNITÀ CRISTIANA PRINCIPI DELL'ORDINAMENTO SOCIALE
Vicariatus urbis - Officium II
Nihil obstat quominus imprimatur
C. BOYER S. J. Rev. delig.
IMPRIMATUR
E Vicariatu Urbis, die 2 –1 -45
Aloysius Traglia. Archiepus Caesarien. Vicesgerens
UUID: 420e5946-9a83-11e6-8d68-0f7870795abd
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Indice dei contenuti
INTRODUZIONE
PRESENTAZIONE
PREMESSA SUL FONDAMENTO SPIRITUALE DELLA VITA SOCIALE
1. LA SOCIETÀ E IL DESTINO DELL'UOMO
2. DIGNITÀ DELL'UOMO
3. FONDAMENTI DELLA COSCIENZA INDIVIDUALE E SOCIALE DELL'UOMO
4. NATURA E FINE DELLA SOCIETÀ
5. UNITÀ E FRATERNITÀ DELLE GENTI
6. ORDINE E AUTORITÀ NELLA SOCIETÀ
7. VITA CRISTIANA E CIVILTÀ UMANA
I. LO STATO
8. ESSENZA DELLO STATO
9. FINI DELLO STATO
10. STATO E DIRITTO
11. LA GIUSTIZIA SOCIALE COMPITO E FINE DELLO STATO
12. IL DOVERE DI OBBEDIENZA
13. PRINCIPI DELL'ORGANIZZAZIONE STATALE
14. LE LIBERTÀ POLITICHE
15. LA LIBERTÀ DELLE COSCIENZE
16. DOVERE FONDAMENTALE DI PARTECIPAZIONE ALLA VITA DELLO STATO
17. LIMITI DEI SACRIFICI PER LO STATO
18. L'ATTIVITÀ DELLO STATO COME LOTTA CONTRO LA VIOLENZA E L'ARBITRIO
19. CHIESA E STATO
20. ESIGENZA GENERALE DI GIUSTIZIA E DI CARITÀ
II. LA FAMIGLIA
21. NATURA E FINE DELLA SOCIETÀ FAMILIARE
22. LA FAMIGLIA E LE ALTRE SOCIETÀ
23. IL MATRIMONIO
23. L'AMORE NELLA FAMIGLIA
25. DEVIAZIONI DELLA FAMIGLIA
26. DIRITTO ALLA FAMIGLIA E PRESCRIZIONI EUGENETICHE
27. PROVVIDENZE A FAVORE DEL MATRIMONIO
28. CONTROLLO SULLE NASCITE E LEGGI SULL'ABORTO
29. L’AUTORITÀ NELLA SOCIETÀ FAMILIARE
30. DIRITTI DEI FIGLI ILLEGITTIMI
III. L'EDUCAZIONE
31. ESSENZA E FINE DELL'EDUCAZIONE
32. NECESSITÀ DELLA EDUCAZIONE SOPRANNATURALE
33. IL SOGGETTO DELL'EDUCAZIONE: RICONOSCIMENTO DELLA SUA DIGNITÀ E RESPONSABILITÀ
34. IL DIRITTO DI EDUCARE
35. L'EDUCAZIONE NELLA FAMIGLIA
36. NECESSITÀ Dl RINFORZARE LA CAPACITÀ EDUCATIVA DEI GENITORI
37. L'AVVIAMENTO E L'ORIENTAMENTO PROFESSIONALE DEI FIGLI
38. SCUOLA E FAMIGLIA
39. MISSIONE EDUCATIVA DELLA CHIESA E INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE
40. DIRITTO EDUCATIVO E DOVERI DELLO STATO
41. INSUFFICIENZA DELLA SCUOLA LAICA
42. LA GIUSTIZIA SOCIALE NELL'EDUCAZIONE
43. L'EDUCAZIONE RELIGIOSA E MORALE
44. L'EDUCAZIONE SOCIALE
45. EDUCAZIONE CIVICA
46. L'EDUCAZIONE FILOSOFICA
47. FONDAMENTI E DIDATTICA DELLA EDUCAZIONE LETTERARIA E SCIENTIFICA
48. L'EDUCAZIONE TECNICA E IL LAVORO NELL'EDUCAZIONE
49. L'EDUCAZIONE FISICA
50. COMPITO, DOVERI E FORMAZIONE DELL'INSEGNANTE
51. EDUCAZIONE ALLA CASTITÀ
52. L'EDUCAZIONE DELLA DONNA
53. L'EDUCAZIONE DEL POPOLO: STAMPA, TEATRO, RADIODIFFUSIONE, CINEMATOGRAFO, PUBBLICITÀ
54. RICERCA SCIENTIFICA E CULTURA SUPERIORE
IV. IL LAVORO
55. DIRITTO AL LAVORO: SUA DIGNITÀ
56. IL LAVORATORE NELLA ORGANIZZAZIONE PRODUTTIVA: AGRICOLTURA E INDUSTRIA
57. ELEMENTI DEL GIUSTO SALARIO
58. RISPARMIO INDIVIDUALE E PROVVIDENZE DELLA COMUNITÀ PER LA DISOCCUPAZIONE, INVALIDITÀ E VECCHIAIA DEL LAVORATORE
59. TUTELA DELLA SALUTE FISICA DEL LAVORATORE
60. LA DONNA E IL LAVORO SVOLTO FUORI DELL'AMBITO FAMILIARE - IL SALARIO E LA FAMIGLIA
61. LA CASA, ELEMENTO DI DIFESA E DI SVILUPPO DELLA PERSONALITÀ DEL LAVORATORE
62. IL DECENTRAMENTO URBANO, CONDIZIONE PER UNA SANA VITA FAMILIARE E SOCIALE DEL LAVORATORE
63. L'UOMO E LA MACCHINA
64. ORIENTAMENTO PROFESSIONALE DEL LAVORATORE
65. SPECIALIZZAZIONE DEI LAVORATORI E PIENA UTILIZZAZIONE DELLE LORO CAPACITÀ
66. AZIONARIATO DEL LAVORO, COOPERAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI
67. FINI DELLE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI
68. ORGANIZZAZIONE DELLE PROFESSIONI INTELLETTUALI E TECNICHE
69. UNICITÀ E PLURALITÀ DELLE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI
70. I CONFLITTI DI LAVORO
V. DESTINAZIONE E PROPRIETÀ DEI BENI MATERIALI PRODUZIONE E SCAMBIO
71. LA GIUSTIZIA SOCIALE: PRINCIPIO DIRETTIVO DELLA VITA ECONOMICA
72. PROPRIETÀ PRIVATA E PROPRIETÀ COLLETTIVA
73. FONDAMENTO DELLA PROPRIETÀ PRIVATA - SUO ASPETTO PERSONALE E SOCIALE
74. LA FUNZIONE SOCIALE DELLA PROPRIETÀ DEI BENI STRUMENTALI
75. FUNZIONE SOCIALE DELLA PROPRIETÀ DEI BENI STRUMENTALI IN SITUAZIONE DI CONCORRENZA
76. FUNZIONE SOCIALE DELLA PROPRIETÀ DEI BENI STRUMENTALI IN SITUAZIONE DI NON CONCORRENZA
77. LA PRODUZIONE AGRARIA
78. FUNZIONE SOCIALE DELLA PROPRIETÀ DEI BENI DI CONSUMO
79. LA COOPERAZIONE NEL PROCESSO DI DISTRIBUZIONE DEI BENI DI CONSUMO
80. INCONVENIENTI DEGLI ECCESSIVI ACCENTRAMENTI DI RICCHEZZA
81. FUNZIONE SOCIALE DELLA PROPRIETÀ COSTITUITA CON CAPITALI PRESI A PRESTITO
82. LA PROPRIETÀ NON ACQUISTATA CON ADEGUATO E LECITO LAVORO
83. LA TRASMISSIONE EREDITARIA DEI BENI
84. LA GIUSTIZIA SOCIALE E LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE DEI BENI: COMMERCIO INTERNAZIONALE ED EMIGRAZIONE
VI. L'ATTIVITÀ ECONOMICA PUBBLICA
85. ATTIVITÀ ECONOMICA PRIVATA ED ATTIVITÀ ECONOMICA PUBBLICA
86. FINI SPECIFICI DELLA ATTIVITÀ ECONOMICA PUBBLICA
87. COORDINAMENTO DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE PUBBLICHE
88. CRITERI INFORMATORI DELL'ATTIVITÀ ECONOMICA PUBBLICA
89. MONETA E MANOVRE MONETARIE
90. PATRIMONIO PUBBLICO
91. NATURA DELL' ATTIVITÀ FINANZIARIA; IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E DI GENERALITÀ
92. LIMITI DELL'AZIONE FINANZIARIA
93. FUNZIONE EXTRA-FISCALE DEL TRIBUTO
94. DOVERE TRIBUTARIO
VII. LA VITA INTERNAZIONALE
95. SVILUPPO INTERNAZIONALE DELLE FORZE SOCIALI
96. LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE DELLE FORZE SOCIALI
97. FONDAMENTO MORALE E PRINCIPI DELL'ORDINE INTERNAZIONALE
98. DOVERI DELLE NAZIONI CIVILI RISPETTO ALLE GENTI MENO PROGREDITE E PRIMITIVE
99. L'AZIONE PERSONALE PER L'ORDINE INTERNAZIONALE E PER LA PACE
POSTFAZIONE
PUBBLICAZIONI DELL'I.C.A.S.
PER LA COMUNIT À CRISTIANA
PRINCIPI DELL'ORDINAMENTO SOCIALE
A CURA DI UN GRUPPO DI STUDIOSI
AMICI DI CAMALDOLI
EDITRICE STUDIUM - ROMA
INTRODUZIONE
Tra le varie ragioni che giustificano una nuova edizione, questa volta in forma elettronica, del Codice di Camaldoli, elaborato e scritto tra l’estate del 1943 e il 1945, ce ne è una di rilevante attualità. Nonostante l’abissale diversità tra quella stagione e quella che stiamo vivendo, i giovani intellettuali cattolici che si applicarono alla redazione di quel testo argomentavano allora, così come si discute anche oggi, sulle potenzialità e sull’efficacia di un sistema politico-istituzionale socialmente avanzato e pluralista. Allora, nella lunga agonia del fascismo, erano ancora da prefigurare procedure e artifici della democrazia e, soprattutto, erano da fissare le premesse culturali e morali di una nuova stagione delle libertà e dei diritti; ora, invece, all’inizio del terzo Millennio l’intera esperienza democratica della seconda metà del Novecento, pur con i suoi iniziali indirizzi innovativi, sembra vivere la fase discendente di una parabola nella quale non solo sconta inevitabili errori e omissioni di oltre mezzo secolo, ma vede tornare in discussione questioni e dilemmi che parevano risolti una volta per tutte. E’ cresciuta, infatti, la preoccupazione che nelle nostre democrazie si stia tornando indietro, molto indietro: cioè, che norme giuridiche e princìpi elaborati nel periodo seguito alla fine del fascismo si rivelino sempre più incapaci di disciplinare i complessi modelli di coesistenza sociale da cui traggono la loro legittimazione, con la conseguenza che le varie forme di legalità non sembrano garantire più o del tutto quella «giustezza» dei diritti individuali e comunitari e del loro godimento sulla quale settant’anni fa si esprimeva il Codice.
Di fronte, quindi, alla difesa quotidiana contro tanti nemici reali e virtuali di una concezione della democrazia intesa non semplicemente come insieme di procedure, bensì come realtà che trae la sua ragion d’essere dalle regole di cui è costituita e dai diritti che riesce a garantire, continua a essere attuale la riflessione sui risultati di quell’esperienza culturale condotta dagli «amici di Camaldoli»: mentre si dissolveva nel sangue il regime e il nostro Paese era letteralmente diviso in due dalla guerra, essi vollero «approfondire i complessi problemi che presenta la odierna società e (ad) offrire al lettore e all’uomo d’azione gli elementi per un orientamento sicuro e al tempo stesso adatto alla contingente concretezza della fase storica e politica che attraversiamo»[1].
La Settimana di studi che, superando varie difficoltà, fu promossa a Camaldoli nel luglio del 1943 dalla Sezione Laureati di Azione Cattolica e dall’Istituto Cattolico di Attività Sociale (ICAS) non fu affatto un evento estemporaneo nella tradizione recente dei movimenti intellettuali. Già all’avvio dell’esperienza dei Laureati cattolici nel 1934 il primo presidente Igino Righetti, con il sostegno dell’Assistente ecclesiastico Mons. Adriano Bernareggi e forte dell’antica consuetudine d’intenti con Mons. Giovanni Battista Montini, operò sia perché si respingessero i tentativi egemonici del fascismo sulle varie attività professionali, sia per stimolare un confronto più aperto e realistico con la complessa situazione politica e sociale in atto. Non casualmente, un gruppo di economisti cattolici, specie giovani come Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno, Paolo Emilio Taviani, Ezio Vanoni ed altri, che si erano formati a ridosso della Grande Crisi del 1929, esploravano le varie soluzioni espresse dalla dottrina economica (per esempio, da quella di John Maynard Keynes) e sviluppate nella pratica politica degli Stati: dai modelli di pianificazione e di programmazione pluriennale al corporativismo. Riferimenti ineludibili per questi giovani erano il Codice di Malines del 1927, nel quale si stimolava la creazione di consigli economici nonché di rappresentanze sociali cattoliche, e, soprattutto, la Quadragesimo Anno del 1931. Nell’enciclica Pio XI, confermando la necessaria salvaguardia del sindacalismo cattolico, non mancava di offrire un’apertura di credito al modello corporativo, inteso come possibile strumento di conciliazione tra capitale e lavoro in nome della «giustizia» e del «bene comune». Avvertiva, però, il rischio che le riforme sociali fasciste, per il loro statalismo, potessero «servire a particolari intenti politici piuttosto che all’avviamento di un migliore assetto sociale»[2]. La prudente apertura alle politiche sociali del fascismo c’era, ma era posta, come si avvertì in seguito nello stesso Codice di Camaldoli, in forma necessariamente astratta e «apodittica»: quindi, tra i princìpi esposti dal Pontefice e la loro applicazione era aperto un vasto campo di analisi e di proposta che necessitava della riflessione attenta di «studiosi cattolici» consapevoli anche che il magistero sociale della Chiesa andava assunto e inquadrato nella salda cornice della teologia morale[3].
E, in effetti, per tutti gli anni Trenta e oltre, la questione del corporativismo fu all’ordine del giorno nelle ricerche e nelle discussioni dei maggiori centri e movimenti culturali cattolici, dall’Università Cattolica all’ICAS e ai Laureati Cattolici[4]. Peraltro, tale impegno speculativo era coerente con la lunga ricerca di una terza via tra il collettivismo socialista e l’individualismo liberal-borghese; solo che a quel punto – qui l’innovazione – si era colto con minore approssimazione del passato che ogni processo di sviluppo socio-economico, sia quantitativo che qualitativo, in futuro sarebbe stato determinato dall’assetto istituzionale da costruire dopo il fascismo. Nessuno degli economisti cattolici, come peraltro avveniva nelle più qualificate scuole scientifiche dell’epoca, misconosceva il ruolo e le funzioni dello Stato nella gestione delle risorse nazionali. Una divergenza non di poco conto si rilevava tra gli studiosi dell’Università Cattolica (in particolare Francesco Vito e Amintore Fanfani), che valutavano in modo positivo le correzioni organizzative e i fini moralizzatori che il corporativismo statalista prometteva, eliminando o comprimendo l’individualismo imprenditoriale e la totale subalternità dei lavoratori propri degli assetti capitalistici, e alcuni giovani funzionari dell’IRI, come il citato Paronetto. Quest’ultimo (promotore del’intera l’operazione culturale che condusse alla elaborazione del Codice) in tutti i suoi interventi pubblici e privati spostava sempre l’attenzione dei Laureati cattolici dalla classica questione «liberale» dei limiti da porre agli interventi dello Stato alla proposta di un’inedita funzione dello stesso Stato sia nella ricerca di nuovi interventi non pervasivi nell’economia, sia nella selezione di imprese industriali da impiegare a fini d’utilità pubblica. In altre parole, in un’ottica che si voleva «scientifica», condivisa da Saraceno (docente in Cattolica che prestò la sua opera anche all’IRI), lo Stato «imprenditore» aveva l’obbligo di correggere le distorsioni sociali prodotte dai suoi interventi precedenti e di calibrare in futuro, con la massima attenzione agli aspetti tecnici e giuridici, la sua azione sul mercato per favorire la diffusione del benessere e la difesa della