Società secolare e Diritto: Percorsi
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Il fenomeno è oggetto di indagine in primo luogo con riferimento agli ordinamenti secolari, onde coglierne l’impatto sui diritti umani, segnatamente il diritto di libertà religiosa ed il diritto al matrimonio, ma anche su princìpi fondamentali del vivere civile quali la solidarietà. Ma non viene trascurata l’insolita prospettiva dell’influenza della secolarizzazione sul quel diritto canonico che, avendo il suo fondamento nel diritto divino, per natura sua dovrebbe essere immune – ma non lo è – dal contagio secolaristico.
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Società secolare e Diritto - Giuseppe Dalla Torre
Giuseppe Dalla Torre
Società secolare e diritto
Percorsi
Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura
ed Universale
sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.
Volume pubblicato grazie al contributo della Libera Università
Maria SS. Assunta
Copyright © 2020 by Edizioni Studium - Roma
ISSN della collana Cultura 2612-2774
ISBN 978-88-382-4936-5
www.edizionistudium.it
ISBN: 9788838249365
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
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Indice dei contenuti
PRESENTAZIONE
I. SECOLARIZZAZIONE E DIRITTO GLI AMBIGUI VOLTI DI UN RAPPORTO
1. Premessa
2. La secolarizzazione come processo positivo
3. Sopra tre concetti cristiani secolarizzati: a) la dignità della persona
4. Segue: b) l’eguaglianza
5. Segue: c) la solidarietà
6. La secolarizzazione come fenomeno negativo e suoi effetti sul diritto
7. Quale lotta per il diritto
II. IL DIRITTO CANONICO NELL’ETÀ SECOLARE
1. Secolarizzazione, diritto e diritto canonico
2. Secolarizzazione e diritto canonico nelle realtà temporali
3. Rigurgiti giurisdizionalistici ed esiti paradossali
4. Penetrazione della secolarizzazione nel diritto canonico
5. Conclusioni
III. GLOBALIZZAZIONE E TRADIZIONE
IV. LIBERTÀ RELIGIOSA E SECOLARISMO
1. Una premessa
2. Libertà religiosa e secolarizzazione
3. L’odierna crisi della libertà religiosa
4. Secolarismo e libertà religiosa
5. Conclusione
V. LA LIBERTÀ RELIGIOSA FONDAMENTO DEI DIRITTI UMANI
1. La libertà religiosa: un problema attuale
2. Ragioni culturali del fenomeno: a) la revanche
del monismo
3. Segue: b) le ambigue espressioni della laicità
4. Segue: c) l’incidenza dei fenomeni secolaristici
5. Segue: d) la crisi dei diritti umani
6. La libertà religiosa come fondamento dei diritti umani
7. Conclusioni
VI. MATRIMONIO E FAMIGLIA TRA LAICITÀ E LIBERTÀ RELIGIOSA
1. Premessa: la necessaria precedenza della libertà religiosa sulla laicità
2. Radici etico-religiose del matrimonio, libertà religiosa e origini del matrimonio civile
3. Il matrimonio civile: tra neutralità e ideologia
4. Ritorno del fenomeno religioso nell’età della secolarizzazione: ricadute in materia matrimoniale
5. La restituzione di matrimonio e famiglia alla società civile e alla religione
6. La (ri)conquista di spazi di diritto personale
e ritorno alla disciplina religiosa del matrimonio
7. Diritto alla tutela dell’identità e princìpi non negoziabili
dello Stato democratico. Conclusioni
VII. SOLIDARIETÀ E SECOLARIZZAZIONE
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
CULTURA STUDIUM
CULTURA
Studium
207.
Scuola di Alta Formazione in diritto canonico ecclesiastico e vaticano
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La secolarizzazione è lo sforzo in sé giusto e legittimo, per nulla incompatibile con la fede o con la religione, di scoprire nella creazione, in ogni cosa o in ogni evento dell ’universo, le leggi che li reggono con una certa autonomia, nell’intima convinzione che il Creatore vi ha posto queste leggi
il secolarismo è una concezione del mondo, nella quale questo si spiega da sé senza che ci sia bisogno di ricorrere a Dio, divenuto in tal modo superfluo ed ingombrante. Un simile secolarismo, per riconoscere il potere dell’uomo, finisce dunque col fare a meno di Dio ed anche col negarlo
Paolo VI, es. ap. Evangelii nuntiandi, n. 55,
8 dicembre 1975
Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata
Papa Francesco, Discorso alla Curia Romana
per gli auguri natalizi,
21 dicembre 2019
PRESENTAZIONE
Che la nostra sia una società secolarizzata è opinione comune e, prima ancora, un dato di comune esperienza. Si tratta di un fenomeno che viene di lontano, anche se l’Italia ne è stata toccata più tardi rispetto ad altri Paesi dell’Occidente. Soprattutto si tratta di un fenomeno dalle molte facce, non tutte sempre immediatamente percepibili né tutte oggetto di adeguato approfondimento, nonostante il fatto che esista una nutrita letteratura su di esso.
Le pagine che seguono raccolgono una serie di interventi fatti in sedi diverse, alcuni editi alcuni rimasti inediti, che pur toccando tematiche differenti hanno sostanzialmente come filo conduttore la questione della secolarizzazione. In particolare sono dirette ad approfondire alcuni aspetti dell’incidenza che questa ha sul terreno giuridico, sia per quanto concerne l’esperienza giuridica positiva, sia per quanto concerne la stessa concezione del diritto inteso quale espressione di giustizia.
Anche questa peculiare angolazione di lettura fa emergere la doppia faccia di un fenomeno, che se da un lato significa quell’autonomia delle realtà terrene che è un portato proprio del cristianesimo ed esprime l’incarnarsi di valori cristiani nella vita del diritto, dall’altro lato, quando conduce alla rimozione di ogni riferimento religioso, mette in pericolo il fondamento stesso del diritto, che conseguentemente tende a ridursi pericolosamente ad espressione della volontà dominativa del più forte. Nella società secolare, insomma, i nomoi vedovi di Dike, cioè del fondamento etico-religioso che è proprio della Giustizia, finiscono per produrre un politeismo giuridico conflittuale e contraddittorio, che rischia di essere anticamera della anarchia [1] .
Insomma: un fenomeno inflattivo che fa perdere al diritto la sua consistenza, il quale richiama alla mente gli Assegnati della Rivoluzione francese (come pure della Repubblica romana del 1798): titoli di credito radicati sui beni nazionali (quindi anche quelli ecclesiastici), che stampati in numero via via maggiore finirono col perdere qualsiasi valore dando luogo ad una inflazione galoppante e ad una grave crisi economica.
Senza pretesa di esaustività su un fenomeno tanto complesso, gli studi qui raccolti rappresentano sostanzialmente dei sondaggi in un campo che il teorico del diritto così come il giurista positivo non possono ignorare; sono quasi degli appunti fissati per memoria, nel contesto di una riflessione che si snoda da tempo. L’origine diversa dei contributi che si presentano, dal punto di vista sia del tempo sia delle occasioni per le quali furono scritti, dà ragione di ripetizioni che talora si colgono tra l’uno e l’altro: segno, tra l’altro, di punti personalmente acquisiti all’interno di una ricerca che si sviluppa peraltro su un terreno infido e cedevole.
Giuseppe Dalla Torre
[1] Interessanti riflessioni al riguardo in M. Cacciari-N. Irti, Elogio del diritto. Con un saggio di Werner Jaeger, La Nave di Teseo, Milano 2019.
I. SECOLARIZZAZIONE E DIRITTO GLI AMBIGUI VOLTI DI UN RAPPORTO
1. Premessa
Sui rapporti tra secolarizzazione e diritto molto si è scritto, ed in maniera assai autorevole [1] .
La cosa non deve sorprendere se si riflette sul fatto che si è dinnanzi ad un fenomeno, quello indicato col termine secolarizzazione, che ha investito da tempo l’Occidente cristiano, allargandosi progressivamente in una pluralità di ambiti e dimensioni della esperienza umana, in modo tale da non lasciare fuori quel diritto che di tale esperienza è una espressione saliente. Parliamo di Occidente cristiano, perché qui storicamente il fenomeno si è manifestato, anche se rimane aperta la questione se la secolarizzazione è processo attivato ed attivabile esclusivamente in una società la cui cultura è stata forgiata dal cristianesimo, in altre parole se la secolarizzazione è fenomeno endo-cristiano perché all’interno del patrimonio cristiano sono i suoi germi generativi; ovvero se la secolarizzazione è processo che di per sé potrebbe verificarsi anche presso culture forgiate da altre religioni – si pensi ad esempio all’islam –, qualora abbiano a verificarsi dei fattori esterni che ne consentano l’avvento, come lo sviluppo economico e sociale, l’emarginazione delle povertà, il primato della scienza e della tecnologia percepite come primato della ragione sulla fede, delle verità sperimentali e sperimentalmente verificabili sul dogma.
È noto che dal punto di vista del lessico, secolarizzazione
è termine polisemico, dai molti significati, a volta sensibilmente diversi l’uno dall’altro, che generalmente indicano processi di distacco dal sacro degli individui e della società [2] ; processi alle volte oggetto di obiettivi programmatici da raggiungere, quando cioè la religione immanente
costituita da una ideologia si pone a contrastare ogni religione trascendente [3] ; ma processi altre volte attivatisi dal basso, nel corpo sociale, e passibili di una constatazione oggettiva e non ideologizzata. Più spesso, infatti, la percezione della secolarizzazione comporta la semplice constatazione di una comunità umana che, staccandosi da quella che nella storia ha costituito una costante seppure con diverse forme e declinazioni, vive ormai come se Dio non ci fosse ( etiamsi Deus non esset). In questo senso la società secolarizzata agisce avendo emarginato il fatto religioso a fronte di un bisogno che non avverte più, o non avverte più come tale, ed al quale ricondurre un senso della vita. Non è dunque di per sé una società atea, senza Dio, ma in un certo senso una società che è andata oltre l’interrogativo fondamentale, non ponendosi più neppure il problema dell’esistenza della divinità.
[1] Risale all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso un primo, organico sondaggio effettuato da autorevoli giuristi sul complesso rapporto tra cristianesimo e istituzioni giuridiche in una società secolarizzata: L. Lombardi Vallauri-G. Dilcher (a cura di), Cristianesimo, secolarizzazione e diritto moderno, 2 voll., Giuffrè-Nomos Verlagsgesellschaft, Milano-Baden Baden 1981.
[2] Mi sono occupato della questione nel saggio su Secolarizzazione e laicità. A proposito delle radici cristiane dell’Europa, pubblicato in L. Monteferrante-D. Nocilla (a cura di), La storia, il dialogo, il rispetto della persona. Scritti in onore del Cardinale Achille Silvestrini, Studium, Roma 2009, p. 25 ss., di cui qui riprendo alcuni passaggi.
[3] In questo caso si dovrebbe parlare piuttosto di secolarismo: cfr. C. Sartea, Diritto secolare. Religione e sfera pubblica, oggi, Aracne, Roma 2013, p. 70 s.
2. La secolarizzazione come processo positivo
Quello testé indicato, sia pure per sommi cenni, costituisce il senso più comune e frequente dato al termine secolarizzazione. Per i suoi caratteri nei confronti del fenomeno religioso potrebbe propriamente definirsi un processo negativo , sul quale dovremo tornare più avanti.
Pare però che non possa non rilevarsi nel divenire della storia un processo positivo di secolarizzazione, che ha dei caratteri del tutto diversi e che conseguentemente conferisce un senso differente al termine. Sotto questo profilo, a voler parafrasare il noto pensiero di Karl Schmitt sulla politica, secondo cui «tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati» [1] , potrebbe dirsi che il diritto occidentale – sia nell’esperienza di civil law sia in quella di common law – è in molta parte costituito da concetti teologici secolarizzati (più precipuamente, ancorché non esclusivamente, teologico-morali). In altre parole, in parallelo ad una teologia politica potrebbe parlarsi anche di una teologia giuridica, e come la prima si distingue dalla teologia della politica [2] , la seconda andrebbe chiaramente distinta dalla teologia del diritto, che è una riflessione sul diritto alla luce della Sacra Scrittura e del magistero ecclesiastico [3] .
Punto di partenza per una riflessione al riguardo può essere il bellissimo e pregnante Prologo del Vangelo di Giovanni, nel quale si dice del Verbo che si è fatto carne e ha posto la sua tenda tra di noi
, secondo la più suggestiva versione italiana di una volta [4] . L’espressione originaria, la tenda
, evoca le origini e la cultura del popolo ebraico, ma in Giovanni non vuole indicare temporaneità, cioè non vuol dire la provvisorietà storica della presenza della Parola, ma indica piuttosto e propriamente l’inserirsi di questa in maniera stabile nel divenire della storia.
Dunque sotto il profilo squisitamente teologico, la Parola come persona si è storicamente incarnata in Cristo, concepito a Nazaret, nato sotto l’imperatore Augusto a Betlemme, crocifisso a Gerusalemme per disposizione di Ponzio Pilato sotto Tiberio, morto, sepolto e resuscitato come attestano i Vangeli [5] .
Diverso il caso della Parola come messaggio, perché in quanto tale essa è destinata a dispiegarsi nel tempo, così come di fatto continua a dispiegarsi nello svolgersi di kronos. Essa esercita una forza trasformatrice che attiene allo spirito, ma che non può rimanere senza effetti nella realtà temporale; spinge a guardare verso la Città di Dio ma, attraverso l’impegno di quanti la accolgono, non può mancare di rinnovare e migliorare la città degli uomini. Come è stato incisivamente notato, «Il cristiano non è uno che sta dentro a malincuore nella città terrena, vivendo come alibi il fatto che egli è destinato alla città celeste. Il cristiano è uno che, mentre tiene viva la beata speranza del ritorno glorioso del Signore
, traduce dinamicamente, attivamente, costruttivamente la novità di cui è portatore, grazie alla prima manifestazione di Gesù nella carne, alla sua epifania come Dio salvatore, e la manifesta anche all’interno di quella frontiera difficile e complessa che è l’esercizio della responsabilità civile e politica», sicché «I cristiani devono essere pronti per ogni tipo di opera bella e buona che si traduca in un valido apporto per la società civile» [6] .
Nella tensione dinamica tra il già e il non ancora il messaggio cristiano è chiamato a trasformare la società: non a caso, a differenza di altre religioni, il cristianesimo non predica la fuga dal mondo ma, al contrario, impegna ad operare nel mondo secondo ciò che è buono e giusto, sia pure rimanendo fermo in una prospettiva escatologica [7] .
Insomma: il cristianesimo reca in sé una forza modellatrice dei modi di sentire e di pensare, della cultura, dei modelli di vita, della società, delle relative istituzioni. Da questo punto di vista la secolarizzazione è fenomeno che non si può comprendere al di fuori di una prospettiva propriamente cristiana.
Dunque nel senso positivo secolarizzazione sta ad indicare che verba del cristianesimo, che semi evangelici, si sono incarnati nel divenire della storia, si sono fatti saeculum, al punto tale che sovente se ne è addirittura perduta la consapevolezza delle origini cristiane [8] .
Le nostre società, e il nostro diritto, sono pieni di concetti cristiani secolarizzati. Illuminante al riguardo il lungo processo che dopo secoli e secoli di nascondimento – come il seme buono gettato nel solco e rimasto apparentemente inerte sotto la neve – che dopo una prima spigatura dalle parvenze di un ossimoro, ha finalmente condotto ad una nuova e più coerente