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Le facce del cristallo Damanhur
Le facce del cristallo Damanhur
Le facce del cristallo Damanhur
E-book200 pagine2 ore

Le facce del cristallo Damanhur

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Info su questo ebook

Nei secoli, filosofi e Maestri che non si comportavano in "maniera virtuosa" o parlavano troppo liberamente delle proprie teorie hanno avuto spesso problemi di sopravvivenza: da Socrate a Platone e poi Osho, Krishnamurti, Mère, Kriyananda, fino alla guida spirituale di Damanhur, Falco Tarassaco.

In queste pagine sono riassunte le vicende di un'esperienza tutta italiana nata più di quarantanni fa: pensiero esoterico, creazione di un Popolo spirituale, vita comunitaria con le trasformazioni avvenute attraverso alchimie non sempre facili, tra Templi, arte, economia alternativa, tecnologia selfica, reti di associazioni e una complessa organizzazione socio-politica. Damanhur è come un cristallo con tante facce da scoprire, visitandola o vivendola per brevi o lunghi periodi.

LinguaItaliano
EditoreDEVODAMA
Data di uscita29 set 2017
ISBN9788899652579
Le facce del cristallo Damanhur

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    Anteprima del libro

    Le facce del cristallo Damanhur - Coboldo Melo

    nell’universo

    Introduzione

    Viviamo in un periodo storico nel quale consumiamo molto, e poco o nulla elaboriamo rispetto alla capacità di pensiero che distingue gli umani dalle altre creature del Pianeta. In pratica viviamo di ricordi, spesso lacunosi e imprecisi e quasi mai connessi tra loro secondo il filo logico degli eventi che si succedono nel tempo.

    Oggi celebriamo filosofi e guide spirituali oppure onoriamo personaggi e imprenditori che in vita hanno raccolto più sospetti che gloria, compresi ostracismo e persecuzione: alcuni grandi pensatori, che a tratti hanno illuminato il mondo con le loro opere, sembrano segnati dallo stesso destino riservato agli artisti diventati famosi soltanto post mortem.

    Tutto si ripete con invariata monotonia e il senso di esperienze e insegnamenti importanti è relegato alla storia, mentre nel momento attuale si perpetuano diffidenze e ostracismi verso gli innovatori; spesso la visione dell’insieme è del tutto trascurata e manca il passaggio dai buoni argomenti alle buone pratiche di vita.

    Vale la pena riflettere su alcune storie illuminanti: filosofi greci schiacciati tra onori e condanne del potere temporale e religioso, guide spirituali venerate in Oriente e perseguitate in Occidente, imprenditori presi a modello ma solo finché in vita, pensatori dal valore riconosciuto che non trovano nessuno disposto a mettere in pratica le loro teorie.

    Altri esempi riguardano invece personaggi che sono riusciti a costruire le loro utopie concrete, sia pure non senza battaglie, divisioni e ripetute campagne denigratorie. Le esperienze di Falco Tarassaco e di Damanhur rientrano a pieno titolo nel capitolo delle idee realizzate tra polemiche e momenti difficili.

    Può essere utile approfondire il modello spirituale e sociale della Federazione, ripercorrendo le principali tappe storiche rispetto alla situazione attuale, con la certezza che molte cose cambieranno in breve tempo, considerato che questa è proprio una delle caratteristiche più interessanti di Damanhur.

    La situazione odierna può essere compresa più facilmente riepilogando la storia della Carta costituzionale, alla base della socialità e sempre riferimento per l’approvazione delle leggi che regolano la vita comunitaria; lo stesso vale per il sistema economico, che prevede l’impiego del Credito, valuta complementare che vanta ormai una tradizione quarantennale.

    Tra spirito e materia non mancano aspetti originali come il gioco del Risiko damanhuriano, riportato per la sua natura divertente e utile, con la quale sviluppare logiche a più livelli, oppure come vecchie proposte per un’economia alternativa destinata a un territorio più ampio.

    La Federazione sperimenta, elabora e propone progetti molto diversi tra loro, che possono essere applicati in altri ambienti e modelli sociali: non a caso l’esperienza comunitaria è sintetizzata in un corso dedicato alla creazione di comunità di vita rigorosamente diverse tra loro.

    L’elemento della diversità, l’esigenza di non replicare le stesse situazioni nell’ambito di Damanhur e di non esportare nel mondo questo modello come la soluzione a tutti i problemi, è parte integrante del percorso formativo di nuovi gruppi comunitari e ha sempre stimolato la Federazione a mantenere attività e contatti con altre realtà italiane e internazionali. Una collaborazione che ha facilitato l’organizzazione di manifestazioni e convegni e che ha aiutato a maturare il testo di una proposta di legge italiana che ha l’intento di regolare la vita di comunità, gli ecovillaggi ecologici e i cohousing dei centri urbani.

    Tanta storia e attivismo hanno prodotto molte considerazioni, articoli e fiumi di parole nei blog, comprese critiche a volte sensate e altre volte pretestuose.

    Il ciclo di una storia che ripete all’infinito i soliti schemi è completato con l’analisi delle accuse ricorrenti nei confronti di un movimento comunitario indicato come modello da studiare e replicare o come dannoso gruppo settario avvinghiato alla volgare materia.

    Come potrebbero commentare i filosofi greci, si passa dalla speranza dei cambiamenti agognati dai giovani ai guai con l’ordinamento generale, per finire nell’olimpo dei grandi del pensiero, salvo scoprire poi di essere diventati lo spauracchio dei giovani d’oggi nelle interrogazioni scolastiche.

    In buona sostanza, nulla di nuovo sotto il sole.

    Scuole e comunità tra innovazioni e conflitti

    Dato che i secoli passano per tutti e non si può dare per scontato che le parole mantengano il loro significato inalterato nel tempo, può valere la pena fare il punto sulla parola comunità, sbirciando qua e là nei vecchi dizionari e in qualche enciclopedia on line.

    E va bene, l’origine è sempre dal latino communitate(m) e di solito si traduce semplicemente nel termine comune, che indica l’insieme delle persone che vivono sullo stesso territorio o che hanno origini, tradizioni, idee, interessi comuni, oppure anche gruppo di persone che vivono insieme, mettendo in comune i propri beni (Dizionario Garzanti).

    In altri testi la parola comunità è una collettività all’interno della quale i membri condividono la maggior parte o la totalità delle proprie attività, sviluppando intense relazioni interpersonali, oppure collettività che condivide una porzione di territorio per le proprie attività quotidiane (Enciclopedia Treccani).

    Nel web, alla voce sociologia, si descrive il termine più o meno nello stesso modo: Nelle scienze sociali, per comunità si intende un insieme di gruppi umani o di singoli individui che condividono, più o meno coscientemente, norme, valori e un qualche senso di appartenenza (www.sapere.it).

    Sia le enciclopedie sia i dizionari riportano riferimenti alle opere di Ferdinand Tönnies¹, che analizzano il tema classico della dicotomia tra comunità e società: la prima è una forma di convivenza basata sul senso di appartenenza e sulla fusione delle volontà individuali; la seconda, invece, è caratterizzata da una netta divisione di ruoli e differenze individuali, laddove la coesione sociale è affidata al sistema di contratti e di scambi.

    Spiegata in altri termini, la comunità è un organismo naturale nel quale gli individui sono uniti da una spontanea solidarietà tra appartenenti, mentre la società è dominata dalle relazioni di mercato che si basano sulla proprietà privata e su alcuni concetti diffusi come individualismo, competizione, mobilità o visione razionale del mondo.

    Secondo docenti come MacIver² e König³, per loro natura le comunità sono in grado di soddisfare i bisogni primari degli individui, perché sono il livello più immediato di organizzazione e autorganizzazione dei gruppi sociali.

    Sociologia a parte, utilizzando il linguaggio basic del cinema per descrivere un ipotetico lato oscuro delle comunità, potremmo dire che sono storie di sudore, lacrime e sangue, mentre il loro lato bello, quello solare, è fantasia, unione solidale e tanti, ma tanti ideali.

    Considerato che la verità sta sempre nel mezzo, ciascuno può trovare per conto proprio il punto di equilibrio tra lato oscuro e lato buono della forza, ma senza scomodare i cavalieri Jedi si può notare che molti filosofi e le loro scuole di pensiero coltivano sempre piccoli semi di nuove socialità, le quali, prima o poi, creano situazioni che entrano in contrasto con il resto del mondo, oppure che si integrano perfettamente nella società.

    Non c’è nulla di cui stupirsi, considerato che filosofi, guru indiani o maestri di qualunque provenienza insegnano la conoscenza - e questa è patrimonio dell’umanità - per aiutare gli individui a evolvere, avvicinandosi in questo modo alla divinità o al loro sentirsi essi stessi divinità; le loro scuole sono spesso piccole comunità, perché quello è il modo più concreto e veloce di mostrare agli allievi come mettere in pratica l’insegnamento.

    Evolvere significa cambiare, scoprirsi diversi rispetto a prima e in giro c’è sempre qualcuno che considera i cambiamenti non come ottime condizioni per costruire il proprio destino ma come un tentativo di cambiare l’intera società: siamo sinceri, capita che qualcuno provi un senso di fastidio verso chi cerca di cambiare e percepisca la situazione come un pericolo da contrastare. Di solito, un sistema sociale non ama i cambiamenti che non ha esso stesso previsto e se si ritiene minacciato nella sua solida integrità reagisce di conseguenza.

    Ma allora, dal punto di vista della società, il pericolo si annida nell’idea di cambiamenti sociali e politici proposti da chi vive fuori dagli schemi consueti?

    Ma no, anche se a ben vedere nella storia non mancano incontri, contrasti e un certo numero di scontri che a loro volta hanno generato infiniti avvenimenti. Il fatto è che i cambiamenti avvengono in modo naturale e questo significa che occorre osservare le situazioni per un periodo di tempo, mentre gli eventi accadono: leggi, costumi, gusti alimentari e comportamenti sociali non sono sempre gli stessi; cambia la tecnologia ma, in generale, i grandi ordinamenti non amano lasciare spazio a piccoli gruppi che vogliono sperimentare e praticare qualcosa di nuovo, soprattutto se questo è fuori dagli schemi stabiliti.

    Nei secoli passati si trovano vari esempi di contrasti, cosa che può capitare anche nel nostro tempo. Per non scomodare antichi testi scritti in sanscrito o storie orientali, mettiamo a confronto alcune situazioni del passato e poi analizziamo l’esempio della Federazione di Comunità Damanhur, un’esperienza tutta italiana, nata e cresciuta nel caro, vecchio continente, la quale ha spento da poco le sue quarantuno candeline. E questa è un’età considerata ragguardevole, per una comunità.


    1 Tönnies Ferdinand, sociologo tedesco (1855-1936), pubblica Comunità e società nel 1887.

    2 MacIver Robert Morrison, sociologo statunitense di origine scozzese (1882-1970), si è occupato soprattutto di organizzazione politica, istituzioni e sociologia dello Stato.

    3 König René, sociologo tedesco (1906-1992). Professore di sociologia, è stato presidente della Società Tedesca di Sociologia e uno dei fondatori dell’ISA (International Sociological Association).

    Percorsi non sempre facili

    L’Unione Europea ha strigliato la Grecia per una gestione dell’economia considerata fuori dagli standard e alcuni commentatori hanno paragonato le azioni della UE alla famosa storia della cicuta fatta bere al condannato per espiare la sua pena, in via definitiva.

    Si potrebbe osservare che la Grecia avrebbe potuto rifiutare la cicuta allontanandosi dall’Europa, scegliendo così l’incerta strada dell’esilio, ma queste sono storie che si ripetono anche se i protagonisti sono diversi tra loro: governi, popoli o individui che non rientrano negli schemi stabiliti devono cambiare percorso oppure mettere fine al percorso stesso.

    In particolare, i filosofi che si ostinano a non comportarsi in maniera virtuosa o che, addirittura, danno scandalo parlando in pubblico delle loro teorie hanno avuto, a volte, piccoli problemi di sopravvivenza. Nei libri si trovano solo le cronache dei casi che hanno suscitato più scalpore e resta il dubbio che tanti altri episodi simili siano stati ignorati o dimenticati.

    La cultura classica celebra l’ingegno di filosofi greci di somma importanza ma sembra dimenticare la tragedia generata dal loro conflitto con la società del tempo, cioè con l’autorità costituita.

    Il giovane Socrate (Atene, niente anagrafe di nascita e morte certa nel 399 a.C.) si distingue presto per il coraggio dimostrato in guerra; a quindici anni lascia l’esercito e poco dopo è chiamato a far parte del Senato della sua polis.

    In età matura è molto noto per quello che insegna e altrettanto noti sono i suoi problemi con usi e costumi del suo tempo. Nell’ultimo anno di vita le autorità civili e religiose lo accusano di non credere agli dei e di corrompere i giovani con idee trasgressive. Il famoso processo pubblico, descritto magistralmente da Platone, si conclude con la sentenza di colpevolezza per manifesta empietà. Ostinato e allo stesso tempo coerente con il suo insegnamento, rifiuta l’esilio che gli avrebbe permesso di evitare la morte e chiude la partita bevendo la cicuta.

    Filosofo arguto, critico pungente della gestione politica e sociale della città, era considerato un esempio negativo per le sue teorie e per il modo in cui viveva: le idee sono note almeno a tutti gli studenti odierni, mentre a proposito dell’abbigliamento si dice fosse eccessivamente trasandato, troppo attaccato alla bottiglia tanto da essere visto spesso completamente ubriaco, buttato in qualche vicolo e, fatto ancor più scandaloso, preferiva camminare scalzo.

    Qualche decennio più tardi è la volta di Aristotele (383 a.C.-324 a.C.): studia all’Accademia fondata da Platone, che era stato allievo di Socrate, e quasi quarantenne diventa precettore di Alessandro Magno, l’uomo più potente del mondo. La sua scuola di Atene è chiamata Perìpato, Passeggiata, perché Aristotele insegna passeggiando in giardino.

    Morto Alessandro Magno (323 a.C.), gli ateniesi celebrano il funerale alla grande e subito dopo accusano il filosofo di empietà. Forse memore dell’illustre precedente, Aristotele sceglie l’esilio e muore l’anno seguente.

    Nella nostra epoca il giovane Osho (1931-1990) non segue la fede giainista della famiglia e ha spesso atteggiamenti di sfida verso il potere. A ventun’anni vive la sua Illuminazione e poco dopo tiene le prime

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