Frontier's: Tre racconti dalla frontiera
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Info su questo ebook
Racconti di avventura per ragazzi dalla frontiera del vecchio West.
Avventure e avventurieri, pugni e pistole, indiani e cowboys.
Nel Gran Canyon
Esistono gli extraterrestri?
Un Gioco molto sporco.
Racconti di avventura che entusiasmano i ragazzi. I luoghi, i personaggi e le vicende proposti in un contesto di semplicità che coniuga la fantasia all’avventura gli argomenti, ai valori dell’attualità più contemporanea.
L’importanza della diversità come valore aggiunto, le componenti del “nuovo mondo”, della “distanza” della differenza culturale.
Un testo vivo e scorrevole che innesca l’immaginario e riesce a far percepire i colori, il calore, la sabbia, il sudore, i battiti nel petto, le corse.
Una lettura semplice e avvincente adatta a lettori tra i 10 e i 16 anni, risposta tangibile al perché sia così bello leggere, immergersi in altri mondi, lavorare di fantasia.
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Anteprima del libro
Frontier's - Antonio Balzani
I personaggi e i luoghi
Wingar, Meridien, Boston, Winniport,
il fiume Little color, affluente (di fantasia) del grande fiume Colorado.
I personaggi delle storie sono tutti personaggi e luoghi di fantasia anche quando richiamano luoghi noti.
Grande Jon, Nonno Bibo, Gilo Stuart, con Julius e Penna bianca, i due pellerossa che li accompagnavano ovunque, Piccolo Jon e Joaho, fratello indiano nipote di Luna Chiara, madre adottiva di Piccolo Jon.
Nonno Bibo andò in pensione,
Grande Jon divenne Ranger (oggi potrebbe essere l’equivalente dell’FBI) come McGroy e come probabilmente diventeranno i due ragazzi.
Aquila Rossa, Nuvola Nera sono capi indiani e Toro Selvaggio lo stregone.
Penna grigia e Piccolo falco ostaggi dei banditi.
Il senatore (potente uomo politico) Rialson, travestito da Fazendero, possidente, proprietario di una o più fattorie o ranch, al confine col Messico
ORO NEL GRAN CANYON
Si ritrovarono tutti lì, tutti assieme come succedeva ogni tanto. Un’occasione per rivedere vecchi amici, compagni di tante avventure ma anche fonte certa di guai, premessa di avventure, sacrifici, fatiche e rischi che li avrebbero avvolti e coinvolti come sempre, uno a fianco all’altro, certi solo di poter contare sull’aiuto di tutti nel momento del bisogno.
Grande Jon e Piccolo Jon con il pellerossa Joaho, l’indiano amico d’infanzia di Piccolo Jon, sui loro cavalli pezzati; Nonno Bibo, e Gilo Stuart, il vecchio ranger di cui nessuno ricordava più il cognome e che ora si limitava a preparare la cena ed il caffè la sera, sperando nel loro ritorno per suonare la piccola chitarra da serenata, una chitarra spagnola il cui legno era sottile come carta velina per il lungo uso e un tono musicale più simile ad un banjo che ad una chitarra; li accoglieva sempre con un sorriso sdentato, felice di rivederli sani e salvi. Sembrava il meno importante ma costituiva il punto certo del ritrovo accanto al fuoco, un fuoco il cui fumo minuscolo non sfuggiva agli occhi abituati a cercarlo nei soliti punti. Arrivarci, era sempre un problema per chiunque non fosse della compagnia. Gilo, si posizionava sempre accanto all’acqua perché le gambe gli dolevano e non aveva voglia di camminare più del necessario vicino a formazioni naturali in posizioni che gli permettevano di vedere da lontano chiunque si avvicinasse; aveva ancora una buona mira con il suo fucile antiquato risalente alla guerra di secessione.
Piccolo Jon era il più giovane, non aveva ancora vent’anni ed era il figlio adottivo di Grande Jon. Lo aveva trovato abbandonato presso un villaggio di coloni saccheggiato da briganti che non lo avevano notato. Lo aveva raccolto e portato con sé fino al villaggio indiano di Wingar dove egli era ben conosciuto e accolto sempre amichevolmente. Una donna cui era morto il figlioletto lo aveva cresciuto come un indiano pur se le sue origini non sembrassero affatto pellerossa ma piuttosto bianche. Il mistero sulla sua origine non è mai stato svelato. Il suo fratello adottivo, Joaho, era un bambino di qualche anno di più. I due erano cresciuti assieme al villaggio fino all’età di quattordici anni per Jon, diciotto per Joaho, poi Grande Jon era passato a prenderli e li aveva definitivamente portati con sé nella cittadina di Meridien nel nord del West, dove avevano imparato a leggere e scrivere e si erano integrati, per quanto possibile, con la popolazione locale, forti dell’appoggio e della protezione di Grande Jon e dello sceriffo, Nonno Bibo, allora in piena attività ed ora in pensione e del vecchio, quanto vecchio nessuno lo sapeva ma pareva fosse sempre esistito a Meridien, Gilo Stuart che una volta era stato una specie di ranger federale come oggi era Grande Jon. I ragazzi erano cresciuti come in una famiglia anche se composta solo da amici. Non c’erano donne nella loro famiglia anche se le donne non mancavano nella cittadina e i due ragazzi sapevano bene come rendersi a loro simpatici. Erano coccolati e vezzeggiati da tutte le signore del saloon di Meridien ma crescevano come cespugli nei boschi, inseriti ma non confusi tra gli alberi: robusti, svelti, intelligenti, miscelavano la loro cultura e abilità di pellerossa con la tecnica dei bianchi.
Quando Piccolo Jon compì quindici anni cominciarono ad accompagnare Nonno Bibo e Grande Jon nelle loro avventure, nelle loro scorribande, inseguendo briganti e banditi, imparando a sparare, lottare e a sopravvivere nel deserto che li circondava come nelle intricate foreste delle montagne. Divennero talmente abili che a vent’anni erano uomini robusti e godevano dell’assoluta fiducia dei due più anziani che incominciarono gradualmente a farci conto, affidandogli missioni sempre più difficili e pericolose. Le cose cominciarono a mettersi male a Meridien perché la scoperta dell’oro e dell’argento cominciò ad attirare molti nuovi coloni e individui sempre più numerosi e sempre più loschi, mentre iniziava l’epoca in cui gli allevatori di bovini richiedevano sempre maggiori spazi per le loro grandi mandrie e si scontravano con gli agricoltori stanziali e soprattutto con gli indiani che lentamente venivano allontanati e scacciati, fu a questi ultimi che si rivolse soprattutto la loro protezione.
Nonno Bibo andò in pensione, Grande Jon divenne un Ranger dedicato alla protezione delle riserve indiane che andavano delineandosi, il vecchio Gilo li accompagnò perché non sapeva staccarsi da loro che ormai costituivano tutta la sua vita e la sua famiglia. Aveva cavalcato e camminato in lungo e in largo per il paese e la sua memoria dei luoghi e la sua esperienza, nel tempo si mostrarono spesso indispensabili per cavarsi d’impaccio. Le storie che raccontava ai due ragazzini si dimostrarono reali, non inventate e fantasiose come avevano spesso creduto e molte furono alla base delle vicende che si susseguirono.
La riunione
Quella sera, accanto al fuoco situato sotto uno sperone di roccia rossastra presso la riva del fiume Colorado, arrivarono tutti e quattro chi in canoa chi a cavallo e si sedettero con soddisfazione accanto al piccolo falò su cui bolliva una pentolina di caffè dopo che vi era arrostito un gruppo di quattro conigli catturati da Gilo. Avevano di che discutere. Un gruppo di banditi aveva assalito un piccolo accampamento indiano e catturato una famiglia di pellerossa trattenendo in ostaggio la squaw e il figlioletto per costringere i due uomini a indicare loro il giacimento di pepite d’oro di cui avevano sentito parlare in città e che erano certi gli indiani conoscessero.
Per i pellerossa le pepite erano solo sassi bellissimi adatti a fare decorazioni, oggetti in onore dei loro dei ma non avevano il valore che avevano per i bianchi. Ne parlavano con disinvoltura allora soprattutto se avevano bevuto un bicchiere di whisky che per loro era come il veleno e di questa disinvoltura avrebbero pagato il prezzo.
«Allora cosa è successo?» Chiese Grande Jon al Piccolo, «li hai individuati?»
«Certo, si stavano allontanando lungo il Colorado in direzione della mesa grande, li ho seguiti per un po’ poi quando ho visto che avevano lasciato la donna e il bambino indietro sotto la guardia di due di loro, ho chiesto a Johao di seguirli e sono tornato indietro per trovarvi».
«Allora si sono divisi, potrebbe essere il momento di intervenire?»
«No,» disse Johao, «si allontanano esplorando e viaggiando in cerchio ma rimanendo sempre in comunicazione con i due al campo dove hanno lasciato la donna e il bambino. Conoscono bene gli indiani. Comunicano con il fumo come fanno i pellerossa a ore fisse e quei due di guardia non sono tipi da sottovalutare, non bevono e non si ubriacano. Ho lasciato due indiani a seguirli per non perderli di vista prima di tornare.»
«Brutta storia» mormorò Gilo.
«C’era anche un ferito con loro forse è stato ferito nello scontro di ieri con gli uomini di Aquila rossa».
«Ma quanti sono, lo sappiamo con certezza?» chiese Jon.
«Una quindicina, cioè erano quindici quando hanno attaccato Aquila Rossa prendendo gli ostaggi, due sono rimasti a guardia del campo, uno sembra ferito, ma solo sette di loro sembrano essere gli uomini alla ricerca del giacimento. Gli altri cinque sembrano scomparsi».
Piccolo Jon aveva finito di fare rapporto. «Cosa ne dici Nonno?» chiese «Potrebbe essere una trappola?»
«Noi siamo quattro, cinque con Gilo e ci sarebbe Aquila rossa con i suoi sei uomini, quelli rimasti: potremmo essere sufficienti ma gli indiani devono anche proteggere le altre donne ed i bambini rimasti al campo. Quei cinque potrebbero tornare indietro. Non possiamo contare su di loro».
«Da soli non siamo abbastanza» disse grande Jon. «Abbiamo bisogno di almeno due esploratori, cercatori di tracce» confermò Nonno Bibo. «Diciamo due per aiutarci a seguirli»
«Intanto dobbiamo assolutamente rintracciare gli altri cinque, per decidere come agire.» Grande Jon si voltò verso il ragazzo: «Quanto ci vuole perché giungano al giacimento?»
«Aquila rossa dice che anche se fanno la via più lunga, e certamente i prigionieri gliela faranno fare, entro tre giorni a cavallo potrebbero raggiungerlo» rispose piccolo Jon. «Allora per i due ostaggi indiani non ci sarà più scampo. Appena trovato il posto e verificato che sia quello giusto li ammazzeranno certamente».
Un momento di silenzio scese mentre si guardavano e pensavano alla situazione. «Gilo,» disse Piccolo Jon «facci sentire la tua chitarra, approfittiamo di questo momento di quiete in cui non possiamo fare nulla e godiamoci la compagnia: è tanto che non ci ritroviamo tutti.
«Io monto la guardia per il primo turno, vado sulla roccia; suona forte Gilo che sto diventando sordo», disse ridendo Nonno Bibo.
I banditi
La situazione al campo dei banditi intanto non era molto rosea: il ferito avvolto nelle coperte gridava