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Malattie Patronati Leggende: Demoiatria e consumo del sacro
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E-book784 pagine3 ore

Malattie Patronati Leggende: Demoiatria e consumo del sacro

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Saggio destinato a studiosi di etnoiatria religiosa, storia delle tradizioni popolari, storia delle religioni, antropologia religiosa.

La pubblicazione del testo di Erik von Kraemer, Les maladies désignées par le nom d’un saint offre al lettore un lavoro che presenta una specifica connotazione antropologica e un proprio taglio culturale, elementi valoriali che consentono un doppio livello di lettura.

Il primo attiene al contenuto di carattere divulgativo, estremamente semplice ed interessante per il lettore sensibile al fascino di determinati eventi di medicina religiosa dove gli operatori sono i «santi taumaturghi solo in quanto hanno legato il loro nome a particolari patologie».

Il secondo riguarda il taglio della raccolta demoiatrica, che parte non tanto dalla “ ricerca sul campo”, operazione propria del demografo, quanto dall’analisi delle fonti presenti nel “campo riflesso” dei dati etnoiatrici, quello della produzione letteraria, dove l’approdo del relitto folklorico-religioso salva dall’oblio del tempo l’espressione di un vissuto doloroso, soprattutto popolare, affidato per lunghi secoli al credo terapeutico di patronati afferenti ad un deus loci.

Il quadro culturale che ne emerge, con la diversità dei comportamenti socio-rituali e delle credenze mitiche che lo caratterizzano, apre all’attenzione del cultore di folk religion lo spaccato di una umanità sofferente, riscoperta da E. von Kraemer attraverso un impianto metodologico che utilizza le precedenti ricerche di tipo storico-religioso, la lettura della documentazione bibliografica, gli accertamenti di archivio e la consultazione dei più noti dizionari.

Anche gli autori dei testi letterari consultati sono studiosi impegnati nell’ambito della bibliografia, della grammatica, della lessicografia, dell’agiografia e della storia, i quali hanno frequentato le biblioteche nazionali e private che custodiscono il patrimonio demo-antropologico, destinandolo anche alla ricostruzione del tessuto storico e patologico di determinate comunità umane. In questo testo l’area della ricerca letteraria è circoscritta alla Francia, ma non manca il coinvolgimento di autori di diversa appartenenza geografica.

La traduzione del testo vuole assolvere la funzione culturale di divulgare, all’interno della comunità etnologica italiana, un materiale di folk religion che certamente declina istanze terapeutiche regionali; esse, però, risultano ampiamente diffuse anche tra numerose altre popolazioni europee. In questa prospettiva la critica della mentalità scientifica alla perdurante sopravvivenza superstiziosa nel mondo globalizzato sembra perdere di importanza. Infatti «se certi santi del Medio Evo hanno continuato talvolta a essere venerati o implorati fino ai nostri giorni, è senza dubbio perché le generazioni posteriori hanno riconosciuto che i loro predecessori avevano posto in questa devozione il meglio di sé collocandovi successive concezioni della perfezione umana».
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2017
ISBN9788869824128
Malattie Patronati Leggende: Demoiatria e consumo del sacro

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    Malattie Patronati Leggende - Erik Von Kraemer

    Erik Von Kraemer

    MALATTIE PATRONATI LEGGENDE

    Demoiatria e consumo del sacro

    (a cura di Antonio Morinelli)

    Cavinato Editore International 

    © Copyright 2016 Cavinato Editore International

    ISBN: 978-88-6982-412-8

    I edizione 2016

    Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi

    © Cavinato Editore International

    Vicolo dell’Inganno, 8 - 25122 Brescia - Italy

    Q +39 030 2053593

    Fax +39 030 2053493

    cavinatoeditore@hotmail.com

    info@cavinatoeditore.com

    www.cavinatoeditore.com

    Traduzione dal francese di Antonio Morinelli

    Titolo originale dell’opera:

    Erik von Kraemer "Les maladies désignées par le nom d’un saint",

    The original publisher: The Finnish Society of Sciences and Letters, Societas Scientiarum Fennica, Commentationes Humanarum Litterarum, XV,2.

    Helsingfors, 1949

    In copertina: Raffaello, Trasfigurazione (particolare dell’epilettico), Pinacoteca Vaticana, Musei Vaticani.

    INDICE

    SINOSSI

    PRESENTAZIONE

    INTRODUZIONE

    CAPITOLO I

    Mali di santi che si lasciano identificare

    1. Motivo conosciuto della speciale invocazione.

    a) Tratto dalla leggenda che giustifica il ruolo di guaritore.

    Il Male di sant’Antonio

    Il Male di sant’Apollonia

    Il Male di santa Chiara

    Il Male di san Fiacrio

    Il Male di san Gereboldo

    Il Male di san Germano

    Il Male di sant’Egidio

    Il Male di san Lupo

    Il Male di san Leonardo

    Il Male di san Martino

    Il Male di san Maturino

    Il Male di san Quintino

    Il Male di san Rocco

    Il Male di san Remaclo

    Il Male di san Sebastiano

    Il Male di san Valentino

    Il Male di san Vincenzo

    b) Patronati o culto delle reliquie

    Il Male di san Cristoforo

    Il Male di santa Genoveffa

    Male Nostre Dame e Male des roses Nostre Dame

    Il Male di san Nazzaro

    Il Male di san Vittore

    c) Sopravvivenze pagane

    Il Male di san Giovanni

    Il Male di san Marziale

    Il Male di san Mauro

    Il Male di san Vito

    d) Etimologia popolare

    Il Male di sant’Aniano

    Il Male di sant’Avertino

    Il Male di sant’Eutropio

    Il Male di san Genolfo

    Il Male di san Lazzaro

    Il Male di san Mevenno

    Il Male di san Mamerto

    2. Motivo sconosciuto della speciale invocazione

    Il Male di sant’Acario

    Il Male di sant’Eligio

    Il Male di san Firmino

    Il Male di san Giuliano

    Il Male di san Massenzio

    Il Male di san Verano

    CAPITOLO II

    Mali di santi che non si lasciano identificare

    Il Male di san Cosma

    Il Male di san Floro

    Il Male di san Giudoco

    Il Male di san Matteo

    Il Male di san Ricario

    Il Male di san Santino

    CAPITOLO III

    Mali che portano nomi di santi immaginari

    Il Male di san Baldo

    Il Male di san Fotino

    CAPITOLO IV

    Mali morali indicati con nomi di santi

    Il Male di san Francesco

    Il Male di san Medardo

    Il Male di san Zaccaria

    CONCLUSIONE

    BIBLIOGRAFIA

    BIOGRAFIA e PUBBLICAZIONI

    NOTE BIBLIOGRAFICHE

    SINOSSI

    Gli Ausiliatores sono figure quasi sempre collegate ai culti popolari, ritualizzati dai clienti dei santi per ottenere la sanatio da patologie mediche. Essi riflettono le situazioni storico-culturali di crisi e di esposizione alla malattia e alla morte. In alcuni casi la narrazione agiografica, come leggenda di fondazione, giustifica il tema protettivo; in altri, invece, il nome stesso del santo è rielaborato dalla devozione popolare, perché appare semanticamnte collegato ad una malattia. Il male, allora, assume il nome del santo sulla base della qualificazione della potenza a lui attribuita. Nel saggio Erik von Kraemer premette ad ogni malattia una serie di reperti letterari, che testimoniano l’approdo delle pratiche del sacro terapeutico dalla tradizione orale alla trascrizione colta, consentendo una ricognizione documentale e una narrazione di storie o leggende, altrimenti destinate all’oblio..

    PRESENTAZIONE

    Nell’ampio panorama della ricerca, del recupero e dell’analisi dei materiali demoiatrici, la pubblicazione del testo di Erik von Kraemer: Les maladies désignées par le nom d’un saint avrebbe potuto significare un evento editoriale di limitato interesse antropologico. Infatti ad una prima lettura il suo contributo di folkmedicina sembrava non apportare contenuti nuovi a quanto già raccolto e conosciuto dallo studio della demoiatria religiosa. Ma alla luce di un esame più attento non si può non riconoscere che il lavoro presenta una specifica connotazione antropologica e un proprio taglio culturale, elementi valoriali che consentono un doppio livello di lettura. Il primo attiene al contenuto di carattere divulgativo, estremamente semplice ed interessante per il lettore sensibile al fascino di determinati eventi di medicina religiosa dove gli operatori sono i «santi taumaturghi solo in quanto hanno legato il loro nome a particolari patologie». Il secondo riguarda il taglio della raccolta demoiatrica, che parte non tanto dalla ricerca sul campo, operazione propria del demografo, quanto dall’analisi delle fonti presenti nel campo riflesso dei dati etnoiatrici, quello della produzione letteraria, dove l’approdo del relitto folklorico-religioso salva dall’oblio del tempo l’espressione di un vissuto doloroso, soprattutto popolare, affidato per lunghi secoli al credo terapeutico di particolari patronati afferenti ad un deus loci.

    Il quadro culturale che ne emerge, con la diversità dei comportamenti socio-rituali e delle credenze mitiche che lo caratterizzano, apre all’attenzione del cultore di folk religion lo spaccato di una umanità sofferente, riscoperta da E. von Kraemer attraverso un impianto metodologico che utilizza le precedenti ricerche di tipo storico-religioso, la lettura della documentazione bibliografica, gli accertamenti di archivio e la consultazione dei più noti dizionari. Anche gli autori dei testi letterari consultati sono studiosi impegnati nell’ambito della bibliografia, della grammatica, della lessicografia, dell’agiografia e della storia, i quali hanno frequentato le biblioteche nazionali e private che custodiscono il patrimonio demo-antropologico, destinandolo anche alla ricostruzione del tessuto storico e patologico di determinate comunità umane. Nel nostro testo l’area della ricerca letteraria è circoscritta alla Francia, ma non manca il coinvolgimento di autori di diversa appartenenza geografica.

    Nella necessità di dare un ordine funzionale di tipo cronologico alla bibliografia medievale e rinascimentale ricorrente nel testo, sembra opportuno iniziare questa ricognizione dalla conoscenza del contenuto della Legenda Aurea di Jacobus de Voragine (1230-1298), cronista italiano, arcivescovo di Genova e agiografo. L'autore ha raccolto in un santorale, progettato e strutturato seguendo le indicazioni calendariali del ciclo liturgico, circa centocinquanta vite di santi, privilegiando le biografie antiche, ma senza trascurare del tutto quelle a lui coeve. La Legenda sanctorum è un compendium della fede e della storia della Chiesa, una delle opere religiose più popolari del XIII secolo, un bestseller tardo-medievale nel quale l’incipit di ogni singola narrazione è riservato, in genere, all’ etimologia del nome del santo. The Golden Legend è stata redatta come una raccolta del sapere religioso, utile alla stesura di sermoni liturgici e di prediche agiografiche; inoltre costituisce una fonte preziosa non solo per i medievalisti, ma ancor più per gli storici dell’arte, interessati al riconoscimento di quei santi che, presenti nell’iconografia sacra, mancano di precisi e sicuri elementi identificativi.

    Nel XIV secolo spiccò la figura del poeta francese Eustache Deschamps (1346-1406), autore di un complesso di oltre 1500 composizioni, tra poesie, rondò, e ben 1175 Ballate. Abile verseggiatore, incline ad una disincantata quotidianità e al doloroso sentimento della fugacità dell'esistenza, cortigiano, ma onesto moralista, ha affidato le sue cose migliori ad alcune poesie dal tono realistico, scherzoso e satirico, dirette contro i funzionari corrotti e soprattutto contro il clero. Non manca la presenza di contadini e di borghesi alle prese con i drammatici problemi del loro vissuto, segnato dalla fragilità della condizione umana e sottoposta alla violenza della malattia e della morte. I testi, pieni di informazioni preziose nel campo della politica, della morale e della storia contemporanea, sono interessanti soprattutto per la cronaca di costume.

    Nel XVI secolo vide la luce l’Introduction au traité de la conformité des merveilles anciennes avec les modernes ou Traité préparatif à l’apologie pour Herodote, (1566) del filologo ellenista e umanista Henri Estienne (1531-1598). Il testo non offre soltanto una ricchezza di storie, risultato di un' indagine che potremmo definire antropologica, ma rappresenta un atto di accusa contro tutte le contemporanee forme di abuso e di inganno presenti nel mondo dei commercianti, dei medici, degli uomini di legge, e in particolare degli ecclesiatici. Nella prima sezione l’autore si domanda se nell’antichità classica gli orrori fossero impossibili o puramente eccezionali; successivamente si concentra sui costumi del suo tempo, e dimostra come, mettendo a confronto l‘ osservazione diretta dei comportamenti quotidiani con il ricco patrimonio delle antiche usanze, anche la contemporaneità è segnata dagli stessi mali del passato. Nella seconda parte accusa il clero di aver falsificato, per ignoranza o per malizia, il significato della Sacra Scrittura, di aver inventato leggende, incoraggiato l’idolatria, creato culti per pura avidità di ricchezza; denigra la superstizione dei cattolici, attacca l'invocazione dei santi, il culto delle immagini e delle reliquie; accumula detti popolari, aneddoti e racconti di fatti diversi, di dicerie riferite o raccolte nel corso delle letture.

    Nello stesso secolo s’impose la figura del grammatico , lessicografo e ispanista francese César Oudin (1560-1625), autore del Trésor des deux langues espagnolle et françoise, pubblicato nel 1645. Segretario del re Enrico IV, per la conoscenza e padronanza delle lingue più importanti d’Europa figurò tra gli scienziati e gli studiosi di cui il sovrano amava circondarsi.

    Condivise i medesimi interessi paterni il primogenito Antoine Oudin, (1595-1653) anch’egli grammatico e lessicografo, segretario e interprete alla corte di Luigi XIII. Nel 1640 pubblicò le Curiositéz françoises, pour servir de supplement aux dictionnaires ou recueil de plusieurs belles propriétéz, un‘opera importante per il gran numero di termini popolari e familiari registrati, un repertorio completo di proverbi, adagi e quant’altro dell’antica lingua francese.

    Sempre nell’ambito della linguistica un ruolo non secondario rivestì il testo A Dictionary of the French and English Tongues (1611), del filologo inglese Randle Cotgrave, morto nel 1634; un dizionario con le parole in francese e le definizioni in inglese, spesso considerato come il primo dizionario francese-inglese; un testo all’avanguardia in termini di lessicografia.

    Il secolo XVIII vide la presenza di Jean-Baptist de La Curne St. Palaye (1697-1781), storico, filologo e lessicografo. Le sue opere più significative sono il Dictionnaire historique de l’ancien langage françois ou glossaire de la langue françoise depuis son origine jusqu’au siècle de Louis XIV, pubblicato postumo (1875-1882) quasi un secolo dopo la morte dell’autore, e il Dictionnaire des Antiquités françaises, dove il filologo, analizzando le fonti dirette, esplora il mondo dei trovatori, delle chansons de geste e dei fabliaux.

    Varie sono le fonti bibliografiche del XIX secolo utilizzate da E. von Kraemer. Antoine Le Roux de Lincy (1806-1869), bibliografo, medievalista e bibliotecario dell‘ Arsenal, pubblicò nel 1842, nel pieno risveglio del sentire nazionale e dello spirito romantico, il Livre des proverbes français. I due volumi, redatti in versi, rappresentano al lettore la ricchezza di quella sapienza popolare d’oltralpe che nasce dall’esperienza, cioè dall’osservazione delle cose. Il testo andò ad arricchire l‘ampio materiale sul quale, in Francia, si dava inizio sistematico alle prime indagini paremiologiche.

    Il medico e scrittore tedesco Justus Friedrich Karl Hecker (1795-1850), professore universitario, a Berlino, di Storia della Medicina e collaboratore del Dizionario enciclopedico delle scienze mediche, studiò la storia della malattia in relazione alla storia umana, concentrandosi particolarmente sulle epidemie di peste e di vaiolo, sulla mortalità infantile, la danzimania e l’iperidrosi. Le sue opere diedero origine allo studio della storia della malattia. Particolarmente importante Die grossen Volkskrankheiten des Mittelalters, pubblicato a Berlino nel 1865, dove lo studioso, mettendo in campo una varietà di fattori, da quelli psico-fisici a quelli sociali, cercò di trovare una spiegazione alle malattie più comuni.

    Louis du Broc de Segange (1808-1885) nei due volume di Les saints patrons des corporations et protecteurs spécialement invoqués dans les maladies, edito a Parigi nel 1887, ha raccolto le storie della vita dei santi, dei patroni di mestieri o corporazioni e dei protettori da invocare in caso di malattia o di calamità. Una tabella elenca i santi in ordine alfabetico; un’altra classifica i mali, le malattie, le calamità, e indica i patronati e le invocazioni proprie per ogni santo.

    Paul Sébillot (1843-1918) è un letterato francese e un folklorista, che nel 1882 fondò la Société des Traditions Populaires. Nel 1889 venne nominato Capo di Gabinetto al Ministero del Lavoro, dove espletò l’incarico assegnatogli fino al 1892 in una posizione ideale per raccogliere le informazioni che sarebbero diventate, poi, il contenuto dei suoi libri. Nel 1906 diede alle stampe Le folklore de France, una raccolta, in quattro volumi, di miti, credenze e leggende popolari, patrimonio di diverse regioni della Francia, che copre l’arco temporale dal Medioevo all'inizio del secolo scorso; credenze classificate per temi principali, raccolte sulla base di testimonianze di prima mano, le quali rappresentano al lettore/cultore delle tradizioni popolari quel che resta del patrimonio degli antenati.

    Dopo aver esaurita questa preliminare, ma necessaria informazione elencatoria delle fonti letterarie, è opportuno entrare nelle pieghe del testo e domandarsi quale debba essere, sul piano antropologico, l’atteggiamento più corretto per indicare una possibile linea di lettura dei fatti di folkmedicina religiosa, senza lasciarsi irretire dalle maglie di un approccio semplicistico all’analisi della dimensione magica o di un suo acritico rifiuto razionalistico.

    Ogni comportamento religioso, compreso quello cattolico, è in realtà l’effetto di una molteplicità di religioni distinte e spesso contradditorie, sul quale influiscono non solo forme religiose meno elaborate, ma anche le religioni precedenti e le superstizioni scientifiche ad esse legate¹.

    Prendendo in esame il contesto economico rurale a vocazione agricola e pastorale, ampiamente diffuso nelle regioni europee medievali, la religione del contadino/pastore, che si sente assillato dalla ricerca della sicurezza alimentare e dalla preoccupazione dell’autosufficienza, minacciato dall’incertezza del raccolto o dell’attività venatoria, condizionato dallo sfruttamento di risorse marginali sottoposte ad alee, difficilmente dominabili, e atterrito dalla menomazione della sua integrità fisica soprattutto durante le grandi carestie, portatrici di gravi disturbi per carenza alimentare, e durante le epidemie, come quella della peste nera, trasuda elementi preesistenti di una religione naturale. Qui l’uomo trasferisce il successo della guarigione in una realtà appartenente all’ordine dell’immaginario, costituita da figure divine, da comportamenti cerimoniali e da una molteplicità di tematiche mitico-rituali locali. Egli si ricovera, così, in una trama di sistemi difensivi che acquisiscono una utilità culturale nel momento in cui lo liberano dalle angosce innestate nello stato patologico.

    Molte delle credenze contadine affondano le loro origini nell’età pre-cristiana o in terreno non cristiano. La Chiesa, soprattutto quella che condivide quotidianamente il doloroso deficit economico delle masse contadine e il loro senso di terrore derivante dagli incerti della malattia, si trova nelle condizioni di dover tollerare, e troppo spesso anche accettare, riti propiziatori, pratiche animiste, forme di magia simpatica. Questi elementi si rendono visibili nell’impotente dipendenza dell’uomo dalle forze della natura, le quali, già presenti nei culti pagani gallo-romani verso semidei o genii, che le incarnano, in epoca cristiana sono state poste sotto il dominio dei santi, ritenuti da P. Saintyves successori delle stesse divinità pagane. Ma questa teoria della sopravvivenza superstiziosa misconosce la portata dell’operazione culturale messa in campo dal cristianesimo, per il quale, nel progetto di sottomissione del mondo naturale all’uomo, la funzione dei santi si è rivelata di fondamentale importanza.

    Nei secoli della Patristica i primi santi ad essere ammessi nell’area cultica popolare sono stati i martiri. Essi non condividevano nulla del ruolo degli eroi greco-romani, mentre, invece, realizzavano un contatto tra terra e cielo assolutamente nuovo, del tutto sconosciuto nel mondo classico. Questa autentica originalità del cristianesimo primitivo si sviluppò, nel IV secolo, attraverso la predicazione dei padri della Chiesa, i quali invitavano i fedeli a scegliere come propri intercessori quei martiri che avevano meritato la protezione divina per l’ eroico sacrificio della loro vita. Il culto di questi primi testimoni della fede, venne praticato, in una fase iniziale, su un piano devozionale privato e individuale, mediato anche dal recupero-protezione delle loro reliquie, mentre in un secondo momento si allargò a livello di comunità ecclesiale locale.

    Tra le figure divine eccezionali un ruolo primario riveste il santo accettato da ogni comunità come deus loci². La fondazione del patronato locale prende corpo attraverso l’esteriorizzazione di miti e di riti indipendenti e comporta frequentemente anche un rapporto di proprietà sulla potenza mitica prescelta, un possesso che, spesso, dispiega i suoi effetti perfino sull’atteggiamento di esclusività del proprio sacrum ancestrale, davanti al quale il gruppo rurale deposita il quotidiano soffrire delle sue umane vicende. Infatti il rapporto del contadino/pastore con i santi è stato molto spesso di tipo contrattualistico, cioè di sapore magico, del do ut des, il quale prende l’avvio da un iniziale rito offertoriale, che lui celebra in loro onore con l’obiettivo di sentirsi garantita annualmente non soltanto l’abbondanza dei raccolti, ma soprattutto la pienezza della sua salute e la vita degli animali.

    Questo comportamento, che residua la radicale insicurezza dei ceti popolari di recuperare, con mezzi medicali naturali, la propria integrità storica, denunzia un atteggiamento ambivalente. Da una parte spinge i fedeli, calati nelle loro sofferenze e tesi nelle loro speranze, all’accettazione del modello religioso ufficiale, proposto attraverso atti, rituali o gestualità comuni, sui quali vigila il controllo dell’egemonia ecclesiastica. Dall’altra, proprio per impedire il rischio del disfacimento del loro dasein storico e per risolvere le concrete esigenze legate ai bisogni economici o a quelli della salute, li motiva verso un affidamento magico e silenzioso ai piani potenti di un soprannaturale, che resta al di là di ogni tempo e che viene accettato senza posizioni critiche. Ecco, allora, che i malati àncorano il temuto naufragio della propria fisicità al potere taumaturgico esclusivo del santo patrono, al quale molto spesso assegnano con il patronato anche la nominazione stessa della malattia. Questa, nella fisiologia umana, viene vissuta come stato di crisi della salute, un venir meno dell’essere, un attentato alla totalità della vita, che scatena molteplici e significative reazioni comportamentali sia di tipo razionalistico, che di carattere irrazionalistico o magico-religioso.

    Nelle comunità cristiane urbane, invece, l’etnografia metropolitana rileva che l’unità religiosa passa e diventa visibile a tutti attraverso l’azione cultica festiva, che si organizza attorno alle reliquie e serve a restituire fiducia e orizzonti di salvezza alle sofferenze del vissuto sia individuale che collettivo. «Gli onori sempre più notevoli di cui furono oggetto le reliquie in occasione delle feste ritmate dal calendario e delle traslazioni offrirono l’occasione alla comunuità urbana per mostrare la sua unità e per integrare i gruppi marginali, contadini o barbari. Per la via traversa delle processioni nuovi legami s’intessono tra la città ed i suburbia dove si trovavano i cimiteri ed anche i martyria, piccoli santuari che ospitavano le reliquie dei martiri»³.

    L’importanza delle reliquie dei santi durante il Medio Evo trova la sua giustificazione religiosa nel riconoscimento del ruolo del corpo, sul quale «i carnefici o talvolta i santi stessi si erano accaniti: smembrato, mutilato dalla malvagità dei pagani o dalla passione autodistruttrice degli asceti, dopo la morte ritrovava una misteriosa integrità, segno di elezione divina»⁴. Tuttavia nella pratica del culto il malato non deve toccare le reliquie, mentre può affidare la guarigione soprattutto all’uso dei brandea, brandelli di stoffa o fazzoletti che le avevano precedentemente sfiorate. Sul linguaggio del corpo nascono e si costruiscono leggende destinate a giustificare i tentativi di acquisizione o la pratica di difesa dei resti mortali, il cui possesso diventa una necessità vitale per ogni

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