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Guida curiosa ai luoghi insoliti della Sardegna
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E-book417 pagine4 ore

Guida curiosa ai luoghi insoliti della Sardegna

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Info su questo ebook

La Sardegna è una regione che non si finisce mai di esplorare

L'idea che la Sardegna sia quasi un continente si è consolidata, diventando un luogo comune: quello di una terra in cui è possibile trovare “tutto”, dalle montagne con boschi appenninici al mare caraibico. Attraversandola, nel giro di qualche manciata di chilometri si incontrano scenari tra loro diversissimi. In alcuni paesaggi rivediamo il vecchio West americano, in certi tratti di costa i colori dell’Oceania, tra le dune desertiche di Piscinas, ad Arbus, si respira l’Africa; l'altare preistorico di Monte d'Accoddi a Sassari, con la sua architettura da ziqqurat, ci porta nell'Asia Occidentale, e ancora Sa Stiddiosa, nella Barbagia di Seulo, offre scorci tailandesi, mentre Alghero, detta la Barceloneta, con la sua parlata catalana e i suoi monumenti ci fa sentire in Spagna. Questo percorso – attraversando tutte le zone storico-geografiche Dell’isola – offre una sorta di giro del mondo in Sardegna, tra natura, archeologia, architettura, arte, tradizioni, cinema, letteratura e tanto altro ancora.

Tra foreste, campagne e coste di una bellezza stupefacente, alla ricerca di angoli e storie ancora ignoti

Tra gli argomenti di questo libro:
Mamoiada. Ballate per uomini e bestie
Al museo delle maschere mediterranee
Baunei. Paolo villaggio naufrago
Tra Cala luna e il golfo di Orosei
Ploaghe. Un antico camposanto con le lapidi in logudorese
La maddalena. Il monumento ai caduti di Ismailia
Da cava francese al canale di Suez
Oristano. Percorsi d’arte tra l’antiquarium arborense e la pinacoteca Contini
Ula tirso. I tesori sommersi e quelli salvati dal lago Omodeo
Cabras. Il sacro, il pagano e il texano, nella terra dei giganti di Monte Prama
Scano di Montiferro. Sulle tracce del pittore misterioso della tela della Settimana Santa
Nurri. Un battello a vapore nel Mississippi sardo
Guspini. La nouvelle vague del cinema sardo inizia a Montevecchio

Gianmichele Lisai
è nato a Ozieri, in provincia di Sassari, nel 1981. Editor e autore, ha collaborato con varie case editrici, scritto per antologie e riviste e curato, con Gianluca Morozzi, la raccolta di racconti Suicidi falliti per motivi ridicoli. Con la Newton Compton ha pubblicato 101 cose da fare in Sardegna almeno una volta nella vita, 101 storie sulla Sardegna che non ti hanno mai raccontato, Sardegna giallo e nera, Sardegna esoterica, I delitti della Sardegna, Misteri e storie insolite della Sardegna, Forse non tutti sanno che in Sardegna..., Proverbi e modi di dire della Sardegna, Le incredibili curiosità della Sardegna e, scritto con Antonio Maccioni, Il giro della Sardegna in 501 luoghi.
Antonio Maccioni
è originario di Scano Montiferro (Oristano). Laureato in Filosofia, è dottore di ricerca in Letterature comparate. Si è interessato di filosofia della religione, estetica, storia della filosofia russa e contemporanea. Ha lavorato nella redazione di alcune case editrici e si è occupato di cronaca locale. Con la Newton Compton ha pubblicato I tesori nascosti della Sardegna, Alla scoperta dei segreti perduti della Sardegna, 101 perché sulla storia della Sardegna che non puoi non sapere e, scritto con Gianmichele Lisai, Il giro della Sardegna in 501 luoghi.
LinguaItaliano
Data di uscita21 ott 2019
ISBN9788822738837
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    Anteprima del libro

    Guida curiosa ai luoghi insoliti della Sardegna - Gianmichele Lisai

    Sardegna

    meridionale

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    Dettaglio della Sardegna meridionale nella mappa disegnata da Emilio Lintas: 1. Campidano di Cagliari (1.1 Cagliari, 1.2 Selargius, 1.3 Assemini, 1.4 San Sperate); 2. Sarrabus (2.1 Castiadas, 2.2 San Vito); 3. Gerrei (3.1 Armungia, 3.2 Ballao, 3.3 Goni); 4. Parteolla (4.1 Dolianova, 4.2 Serdiana); 5. Trexenta (5.1 Senorbì, 5.2 Guasila); 6. Campidano (6.1 Sanluri, 6.2 San Gavino Monreale); 7. Linas (7.1 Guspini, 7.2 Villacidro); 8. Iglesiente (8.1 Fluminimaggiore, 8.2 Iglesias); 9. Sulcis (9.1 Carbonia, 9.2 Carloforte); 10. Capoterra (10.1 Pula, 10.2 Domus de Maria).

    Campidano di Cagliari

    Cagliari. Da Castello a Stampace, tra i palazzi storici

    della capitale

    Nella commistione tra Storia ed estensione metropolitana, la capitale sarda, con i suoi quartieri antichi, è la città dell’isola con il maggior numero di bellezze architettoniche riferibili a epoche diverse e diversi stili, a partire dal medievale Castello, con i suoi bastioni, le sue torri, i suoi monumenti, le sue case, i suoi palazzi e altri monumenti civili di grande pregio. Localmente detto Casteddu, questo quartiere si estende su un colle a circa cento metri sul livello del mare. È stato fondato dai pisani, al tempo interamente fortificato, nel xiii secolo. All’inizio del Trecento vi fu costruita la torre di San Pancrazio, progettata da Giovanni Capula, la più alta della città con i suoi trentasei metri circa, modificata dagli aragonesi ma riportata al suo aspetto originario, a inizio Novecento, grazie al restauro effettuato da Dionigi Scano. Nata come struttura difensiva, nel tempo è stata utilizzata anche come carcere. Si tratta di un edificio realizzato in pietraforte, i massi di calcare utilizzati per la sua costruzione furono estratti nel cittadino colle di Bonaria, dove sorge l’omonimo santuario. Si compone di quattro piani, sulle mura sono presenti diverse feritoie, mentre il lato interno è caratterizzato da ballatoi corrispondenti ai diversi piani. Gemella di questa, sempre opera del Capula, è la torre dell’Elefante, la cui costruzione risale al 1307, un paio d’anni dopo la precedente. Questa è alta circa trentuno metri, quattro in più con l’aggiunta del torrino sulla sommità, e come l’altra nel tempo è stata utilizzata per la custodia di diversi prigionieri.

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    Panorama del quartiere Castello con i sottostanti bastioni in una xilografia del 1895.

    Anche per quanto riguarda i lavori di restauro la sua storia combacia con quella della torre di San Pancrazio: nel 1906, infatti, fu ripristinata dallo Scano nelle sue forme pisane, dopo aver subìto delle modifiche durante il dominio aragonese. La peculiarità di questo edificio è la presenza sulla facciata dell’enigmatica statua di marmo di un elefante, da cui trae il nome, che nel Medioevo simboleggiava forza e intelligenza. Una terza torre ancora visibile nella città è quella dello Sperone, meno imponente delle altre ma più antica, attraversata da un arco a tutto sesto che immette nel quartiere Stampace. Tra gli altri punti d’accesso sono oggi visibili Porta Cristina, ricostruita nel 1825 sul modello della romana Porta Pia, e la Porta dei Leoni, così chiamata per via delle due teste di leone sporgenti al di sopra del suo arco.

    Il quartiere Castello, oltre le strutture della fortificazione medievale, racchiude in sé anche diversi palazzi di grande pregio storico e artistico, come quello Reale, dove un tempo risiedeva il viceré di Sardegna. Questo edificio risale al xiv secolo, ma è giunto a noi in seguito a diversi restauri tra cui quelli più rilevanti nel Settecento, con il passaggio ai Savoia, come l’aggiunta delle paraste che incorniciano le finestre della facciata. Tra il 1779 e il 1815 questo palazzo ebbe un ruolo molto importante, poiché durante l’occupazione francese divenne sede della famiglia reale. Acquistato dalla Provincia nel 1885, subì nei successivi anni ulteriori interventi, come l’allestimento del salone consiliare che fu decorato dal pittore perugino Domenico Bruschi, con scene legate alla storia e alla cultura della Sardegna. All’interno dell’edificio si trova inoltre una collezione di quadri raffiguranti i viceré che lo hanno abitato.

    Un altro monumento molto importante del quartiere è l’ex Palazzo di Città, sede del municipio dal Medioevo all’Ottocento e ancora oggi di rappresentanza del sindaco di Cagliari. Costruito nel xiv secolo, come il precedente nel corso della sua lunga vita è stato più volte ristrutturato e ha cambiato diverse destinazioni d’uso, compresa quella di conservatorio fino alla fine degli anni Sessanta. Architettonicamente sono interessanti entrambe le facciate della struttura, rosa pastello con elementi color crema: quella che dà su piazza Palazzo è caratterizzata dal portale al di sopra del quale, in una lastra di marmo, si legge l’inscrizione in memoria della visita di Carlo v; quella che dà su via Canelles mostra la scultura dello stemma cittadino, sul frontone delle semicolonne che incorniciano la grande porta-finestra del balcone centrale. Ristrutturato per essere reso nuovamente fruibile nel 2009, l’ex palazzo di Città custodisce le collezioni del fondo etnografico Manconi Passino e dei fondi Ceramico e di Arte sacra Ingrao. Un terzo palazzo di grande valore prossimo al precedente, per quanto più decadente, è Palazzo Asquer, ristrutturato dopo la seconda guerra mondiale come molti altri edifici danneggiati dai bombardamenti che avevano distrutto buona parte di Cagliari, tanto da costringere numerosi abitanti della città a trasferirsi in diversi paesi dell’interno. Ascrivibile al barocchetto piemontese, questo edificio presenta tre piani che si distinguono architettonicamente per le diverse dimensioni e finiture delle finestre: più piccole e semplici quelle del piano terra, che sono solo quattro in quanto il quinto spazio è occupato dal grande portone rettangolare, più grandi e rifinite le cinque dei due livelli superiori, che presentano anche dei piccoli balconi in ferro battuto. Molto bello il portale, con le sue colonne doriche e il timpano dalla classica forma triangolare sul quale è scolpito uno stemma araldico.

    Al Settecento risale invece il monumentale palazzo barocco dell’università, edificato per volontà di re Carlo Emanuele iii su progetto dell’ingegnere Saverio Belgrano e inaugurato nel 1770.

    Verso la metà del Novecento la sede è stata ampliata con l’annessione dell’adiacente palazzo del Seminario, costruito nel 1778. All’esterno l’edificio mostra una facciata con lesene che incorniciano le finestre, mentre internamente si trovano i due cortili dei diversi complessi. Nell’atrio sono presenti alcune statue femminili in bronzo – raffiguranti la Filosofia, di Antonio Berti, la Giurisprudenza, di Bino Bini, la Medicina, di Mario Moschi, la Scienza e la Tecnica, di Francesco Messina –, acquistate dal Rettorato nel 1964. Tra le altre opere della struttura sono importantissimi i dipinti di Filippo Figari, presso l’aula magna, e i pezzi della collezione sarda Luigi Piloni. L’edificio è inoltre sede della biblioteca universitaria, che ancora conserva gli arredi settecenteschi.

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    L’ex palazzo di Città in una xilografia del 1894.

    Tra le perle del Neoclassico, sempre in questo quartiere, troviamo invece palazzo Boyl, residenza nobiliare che presenta il grande arco della torre del Leone, volgarmente nota anche come torre dell’Aquila, costruita nel Medioevo su progetto del solito Giovanni Capula e inglobata nel nuovo edificio, opera del marchese Carlo Pilo Boyl, nel 1840. A caratterizzare la facciata è il lungo terrazzo del corpo centrale, nel quale sono presenti le statue raffiguranti le quattro stagioni, mentre alla base, a riprendere l’arco della torre Leone, troviamo altri cinque archi ciechi.

    Queste sono solo alcune delle opere architettoniche più rilevanti del quartiere Castello, ma il monumento senz’altro più affascinante, e tra i più rappresentativi dell’intera città, è il bastione di Saint Remy, di raccordo al successivo quartiere di Villanova. Voluto dal barone di Saint Remy, questo bastione ingloba quelli più antichi della Zecca, di Santa Caterina e dello Sperone, che sorgevano un tempo al suo posto. È caratterizzato dalla monumentale scalinata a doppia rampa di fine Ottocento, sopra la quale si erge l’arco del Trionfo, che immette nell’area della passeggiata e nella terrazza, da cui si può godere una vista magnifica su Cagliari. I due progettisti, Giuseppe Costa e Fulgenzio Setti, lo realizzarono in forme classiche, con massi di calcare, decorandolo con colonne corinzie. Anche questo edificio, raduno degli sfollati durante la seconda guerra mondiale, fu in parte distrutto dai bombardamenti del 1943, per essere presto rispristinato nelle sue magnifiche forme al termine del conflitto.

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    Veduta del quartiere Stampace in una stampa del 1891.

    Come accennavamo tale spettacolare bastione ci introduce al quartiere Villanova, anch’esso risalente al xiii secolo, quando era ancora un’area rurale, caratteristica che conservò in parte fino all’inizio del Novecento. Tra i numerosi edifici che lo caratterizzano troviamo palazzo Valdes, inserito nel contesto dei villini Liberty di viale Regina Elena. Fu costruito in due tempi, poiché all’originale progetto dell’ingegnere Niccolò Mura, realizzato tra il 1901 e il 1915, si aggiunse nel 1926 l’ampliamento del collega Riccardo Simonetti relativo alla facciata. Gravemente danneggiato durante i bombardamenti del 1943, è stato ripristinato al termine della guerra.

    In via Sonnino sorge invece il palazzo della Legione dei Carabinieri, di monumentale architettura fascista costruita in stile Eclettico tra il 1930 e il 1933. Molto rilevanti, per quanto riguarda gli ornamenti, sono le quattro statue in bronzo di nudi maschili, realizzate dal noto scultore ogliastrino Albino Manca, raffiguranti l’Età fascista, la Giustizia, la Nuova Giovinezza e il Dovere, a cui si aggiungono, inoltre, gli stemmi dell’Arma.

    Il terzo quartiere storico di Cagliari, ovvero la Marina, risalente nel suo primo impianto, come i precedenti, al xiii secolo, è legato da sempre all’attività portuale. Qui fu edificato il primo ospedale di Cagliari, inglobato con il tempo da una serie di strutture sorte a scopo abitativo. Alla seconda metà dell’Ottocento si colloca invece la cosiddetta Scala di Ferro, nata in seno a un più ampio progetto di strutture alberghiere. Questo monumento, oggi in viale Regina Margherita, è tra i maggiori del Neogotico isolano. Un altro palazzo significativo della zona è quello della Rinascente, del primo Novecento, caratterizzato nella facciata – con decorazioni ascrivibili al Neomanierismo – dalle paraste che scandiscono il prospetto e dal timpano che lo contraddistingue dagli edifici confinanti. Merita senz’altro una menzione anche la sede del Comando della Marina militare, edificio razionalista tra i più rilevanti in Italia per qualità architettonica, costruito verso la fine degli anni Trenta in viale Cristoforo Colombo. La facciata presenta una parte centrale in travertino e due corpi più bassi con mattoni a vista. Tra gli edifici più recenti di questo quartiere troviamo infine, in via Roma, il complesso del Consiglio Regionale, costruito negli anni Ottanta, sotto i cui portici si possono ammirare le sculture di Costantino Nivola, nonché alcuni disegni di Salvatore Fancello, altro grande artista sardo, originario di Dorgali, molto amico di Nivola.

    Chiudiamo il nostro giro tra le architetture civili e militari di Cagliari con il quartiere Stampace, come gli altri di fondazione pisana, storicamente borgata di mercanti, artigiani e artisti. Qui avevano sede, per esempio, la bottega dei Cavaro, ovvero la più importante scuola di pittura sarda tra xv e xvi secolo, e quella di Giuseppe Antonio Lonis, il maggiore scultore isolano del Settecento, originario di Senorbì. Anche quest’area, come Castello, un tempo era circondata dalle mura, di cui troviamo ancora qualche traccia nei pressi della torre dello Sperone. Gli edifici di maggior pregio, oltre le chiese, sono oggi in via Roma, come il nuovo Palazzo Civico sorto tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento su progetto di Annibale Rigotti. Noto anche come palazzo Bacaredda, dal nome del sindaco che amministrava la città ai tempi della sua costruzione, è il maggiore esempio di architettura eclettica della capitale, costruito con la stessa pietraforte del Bastione di Saint Remy. Spicca tra le strutture vicine per il bianco della sua imponente facciata in calcare, dove si apre un portico spettacolare con sei archi che conducono al cortile interno. L’elemento caratterizzante della facciata è dato dalle due torri ottagonali con orologio, alte ben trentotto metri, una delle quali sede del Comune di Cagliari. Notevoli anche gli obelischi che dominano gli angoli, decorati con le teste dei quattro mori simbolo dell’isola, e ornati con diversi bronzi, come lo stemma della città, i leoni e la Nike alata di Andrea Valli. Al pregio dell’architettura esterna si conformano anche gli interni delle sale, dove sono visibili le grandi tele di Filippo Figari (tra i massimi esponenti della pittura sarda del Novecento), diverse opere di Giovanni Marghinotti (il maggiore pittore isolano dell’Ottocento) e il polittico dei Consiglieri del maestro stampacino Pietro Cavaro. Sono inoltre custoditi nel palazzo un arazzo fiammingo del Seicento, diversi reperti archeologici, antichi gioielli e un simulacro di sant’Agostino risalente sempre al Seicento. Ancora in via Roma, all’inizio della strada, abbiamo palazzo Vivanet, il cui nome deriva da quello dei committenti che lo vollero verso la fine dell’Ottocento in stile Neogotico, con i caratteristici archi a sesto acuto dei portici, le monofore e le bifore.

    Tra gli edifici Liberty di viale Trento citiamo invece palazzo Merello, la cui facciata mostra un cornicione con quattro statue, mentre altre due sono al di sotto del balcone traforato, erte sulle colonne del portale di ingresso. Infine, dal Liberty di viale Trento passiamo allo stile Razionalista delle strutture di via Pola, come palazzo Scano, ottimo esempio cittadino di Art déco, realizzato da Flavio Scano tra il 1929 e il 1933. Primo palazzo di Cagliari interamente costruito in cemento armato, è caratterizzato nella facciata da alcune figure di animali e dalle finestre quadrate dotate di balaustre dei piani superiori. Alla base, nella parte stondata che fa angolo con corso Vittorio Emanuele, troviamo quattro semicolonne, le finestre sono ad arco.

    Ci scuseranno i lettori se abbiamo tralasciato numerosi altri importanti edifici della città, ma l’intento di questo capitolo era rappresentare, nel breve spazio a disposizione, i diversi stili architettonici visibili tra le vie della capitale.

    Selargius. Scene da un matrimonio settecentesco

    nel nuovo millennio

    Sa coja antiga, ovvero l’antico matrimonio selargino che nel mese di settembre coinvolge l’intera comunità del paese, è una delle tradizioni più caratteristiche e interessanti del Campidano di Cagliari. Risale al xviii secolo, ma è stata riscoperta nei primi anni Sessanta, divenendo da quel momento un appuntamento fisso.

    La sera prima delle nozze si svolge il cosiddetto Palio della sposa, che prevede il trasferimento del corredo nuziale della donna nella futura casa. Durante la cerimonia gli sposi indossano i costumi tipici del paese, dai colori sgargianti, e i gioielli locali in filigrana. Al classico lancio del grano e del sale si associano altri rituali di buon auspicio, come la rottura del piatto sul sagrato della chiesa e la benedizione dalle madri, detta s’aratzia. Il corteo per l’occasione è solenne, oltre le persone che sfilano in abito tradizionale, vi troviamo i carabinieri in alta uniforme, decine di gruppi folk sopraggiunti da vari paesi della zona, le donne che portano sulla testa le ceste con i prodotti tipici, i pani e i dolci nuziali, e ancora al seguito i suonatori di launeddas e le traccas, cioè i tipici carri trainati da buoi, adornati con fiori e nastri colorati, che trasportano per le vie del paese, tra gli altri mobili, il letto degli sposi.

    La funzione in chiesa è celebrata in limba, e si chiude con il suggestivo rito della catena d’argento che lega i due sposi, fissata alla vita di lei e infilata con un anellino nel mignolo di lui. Sas promissas, ovvero i giuramenti d’amore, sono verbalizzate su pergamena, sigillate, e destinate a essere custodite per un quarto di secolo presso la chiesa di San Giuliano, per essere quindi riaperte e rilette al traguardo delle nozze d’argento. L’ultimo atto, prima del banchetto tra balli e musiche popolari è la benedizione dei due sposi da parte delle madri, sotto l’auspicio dei citati sale e grano simbolici.

    Analoghi riti sopravvivono anche in altre parti della Sardegna, come a Santadi, nel Sulcis, dove a partire dal 1968 si è riportato in vita il Matrimonio Mauritano. La cerimonia si svolge la prima domenica di agosto, anticipata da lunghi preparativi, come l’allestimento delle variopinte traccas degli sposi adornate con nastri colorati, arazzi, fiori, spighe di grano. Gli invitati e i partecipanti al corteo indossano i costumi tipici, seguiti dalla sfilata dei gruppi folcloristici di varie zone dell’isola. Anche in questo caso la celebrazione, che si svolge tra sacro e profano nella piazza del paese, termina con la benedizione delle madri, secondo un rituale differente da quello selargino: gli sposi si inginocchiano su un cuscino bianco e ricevono il segno della croce con un bicchiere d’acqua che, a seguire, bevono. Il punto di contatto più evidente con sa coja antiga è nel passaggio successivo, quando la benedizione viene completata con sa gratzia, l’atto di cospargere con chicchi di grano, petali di fiori, sale e monete la testa degli sposi, e ancora con la rottura del piatto.

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    Sposi in costume tipico della Sardegna meridionale. Incisione del 1891.

    E se a Viddalba, tra Anglona e Gallura, si è riscoperto il Matrimonio Gallurese – che si celebra in estate con estemporanee poetiche, sfilate a cavallo, canti e balli tradizionali –, nel centro di Busachi, nel Barigadu, è stato recentemente alla ribalta delle cronache S’Antigu Isposongiu de Busache, in quanto alla fine di giugno del 2019, in occasione della sagra de Su Succu (un tipo di pasta fatta a mano, cotta in brodo di carne e condita con pecorino e zafferano), ha visto protagonista la nota attrice sarda Caterina Murino, convolata a nozze in costume tradizionale con l’avvocato francese Edouard Rigaud. Anche in questo caso la cerimonia è preceduta da un antico rituale, che inizia con Su Presente – ovvero il dono portato dalle donne che sfilano in abito tipico con ceste colme di pane, dolci e pasta fresca destinati agli sposi – e termina con la classica rottura del piatto contenente spighe di grano, sale e monete, localmente detta sa ratzia, la grazia auspicata dalla madre dello sposo. A imperitura memoria de S’Antigu Isposongiu de Busache troviamo, nella sala dei Matrimoni del Palazzo Civico di Cagliari, una tela di Filippo Figari che lo ha rappresentato per i posteri.

    «Ho sempre creduto che grazie a delle radici forti piantate nella tua famiglia o nella tua terra natia, il percorso della vita sarà più facile», ha scritto sui social Caterina Murino in riferimento al suo matrimonio tradizionale. «Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia incredibile, in un’isola magica con delle radici forti e immense tradizioni».

    Assemini. Archeologia industriale tra le saline Conti Vecchi

    L’esteso territorio della città metropolitana di Cagliari¹ comprende alcune zone umide di immenso valore botanico e avifaunistico. Con i comuni di Quartu Sant’Elena, Quartucciu e Selargius, la capitale condivide per esempio il Parco naturale regionale Molentargius-Saline, istituito nel 1999, tra i più rilevanti d’Europa nel suo genere e il più importante del bacino del Mediterraneo in merito alla nidificazione dei fenicotteri. Si estende per circa 1600 ettari in prossimità dei centri interessati, i quali lo delimitano, tanto che potremmo definirlo un parco naturale urbano. A determinare l’immenso valore di quest’area è la compresenza di acque dolci, nei bacini Bellarosa Minore e Perda Longa, e salate, negli stagni del Molentargius e di Quartu e nei bacini delle saline di Cagliari e Perda Bianca. Questa varietà ambientale va a incidere sulla distribuzione della flora, rappresentata nelle zone dolci dalla cannuccia di palude, dai tifeti, dalle lenticchie d’acqua, e in parte minore dal fieno di mare, dall’eruca vesicaria e dal soldano, mentre in quelle salate troviamo varie specie di salicornia, alcune delle quali a rischio estinzione, in composizione con la suaeda. L’avifauna rispecchia questa varietà con numerose specie in rilevante numero di esemplari, tra cui il cormorano, la nitticora, la sgarza ciuffetto, l’airone guardabuoi, la garzetta, l’airone rosso, il fenicottero, la volpoca, il moriglione, il pollo sultano, la folaga, il cavaliere d’Italia, l’avocetta, l’alzavola, l’airone bianco maggiore, l’airone cenerino, il falco di palude e il fratino.

    Una seconda zona umida della città metropolitana, anch’essa tra le maggiori d’Europa, è lo stagno di Cagliari, volgarmente noto come laguna di Santa Gilla, condiviso con i territori di Elmas, Assemini e Capoterra. Questo sistema, comprendente Porto Canale, le saline di Macchiareddu e lo stagno di Capoterra, è caratterizzato da acque salmastre che diventano più dolci nelle aree di confluenza dei canali, ed è frequentato da circa duecento specie di uccelli tra stanziali e migratori: oltre i celebri fenicotteri rosa vi troviamo, tra gli altri, aironi, anatre, barbagianni, cavalieri d’Italia, falchi, gabbiani e martin pescatori.

    Al di là dell’importanza naturalistica, simili luoghi hanno avuto, fin dall’antichità, grande rilevanza anche dal punto di vista economico, grazie agli impianti per la produzione del sale.

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    Fenicotteri rosa in una stampa del 1891.

    Il lavoro nelle saline presenta diversi punti di contatto con quello nei campi agricoli. In entrambi i casi il primo passaggio è quello della preparazione del terreno, ovvero, nel caso delle saline, il cosiddetto assestamento del fondo, cui segue la semina, corrispondente alla confluenza delle acque nelle vasche, e ancora la manutenzione dell’area coltivata, fino all’ultima operazione: la raccolta. Più nel dettaglio, l’acqua marina convogliata nelle vasche della zona evaporante viene sottoposta a un primo processo di evaporazione, per poi passare in bacini più piccoli dove un secondo livello di evaporazione causa l’ulteriore aumento di concentrazione del sale. Quasi raggiunta la massima saturazione, infine, l’acqua viene trasferita nel bacino salante, dove si depositano i cristalli, l’acqua residua viene scaricata o trasferita, e si procede alla raccolta. Lo spostamento delle acque avviene per mezzo di idrovore, che prelevano il liquido dal mare, lo trasferiscono nei canali dello stagno, a da questi raggiungono le vasche, dove altre idrovore consentono il passaggio dell’acqua concentrata nei successivi bacini salanti. Terminato il processo, le acque residue, dette acque madri, vengono ancora trasferite, dalle pompe, nei canali di scarico collegati al mare.

    Uno splendido esempio di simili impianti sono le saline Conti Vecchi, nella zona industriale Macchiareddu in territorio di Assemini, sottoposte a un recente lavoro di riqualificazione come molti altri monumenti di archeologia industriale della zona. Furono costruite alla fine degli anni Venti dall’ingegnere Luigi Conti Vecchi, che avviò l’impianto dopo la bonifica della laguna di Santa Gilla, realizzando inoltre il villaggio che ospitava le famiglie

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