Alla ricerca di Atlantide
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L’autore presenta una storia quasi inedita di un gran popolo di navigatori, antenati degli attuali berberi del Nordafrica, che sembra abbiano effettivamente percorso le rotte degli oceani, per tutto il mondo. Essi vissero in un periodo poco noto, il cui ricordo sfuma nelle nebbie dell’epica e dei miti dei popoli ellenici, arrivati al bacino del Mediterraneo verso il 2000 a. C.
Armati di ferro, s’imposero alle culture del bronzo e abolirono la società matriarcale, in nome di una nuova centralità maschile, nella famiglia e nella religione.
Nelle epopee di dèi e semidèi, di giganti e di titani, è adombrato il processo di formazione delle antiche nazioni. In questa palude nebbiosa Platone colloca l’esistenza d’Atlantide: in un’epoca i cui protagonisti si chiamavano Poseidone, Athena, Zeus, Atlante, Erakles, Minosse… antichi re, trasformati dal mito in dèi e titani.
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Alla ricerca di Atlantide - Alberto Arecchi
Alberto Arecchi
ALLA SCOPERTA DI ATLANTIDE
Elison Publishing
In copertina: Donne in una cerimonia, simile a un moderno matrimonio berbero. Dipinto rupestre sulle montagne dei Tassili n’Ajjer, Algeria.
Proprietà letteraria riservata
© 2018 Elison Publishing
www.elisonpublishing.com
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Elison Publishing
elisonpublishing@hotmail.com
ISBN 9788869631696
Indice
L’AUTORE
LA VERA ATLANTIDE
VIAGGI E CONTATTI TRA I CONTINENTI
GLI ANTICHI MITI DEI GRECI
QUEI CIRENEI CHE COLONIZZARONO IL PACIFICO…
MARINAI LIBICI E PUNICI
TRACCE D’ATLANTIDE NEI MITI MEDITERRANEI
ATHENA, NEITH, TIN HINAN
UN RACCONTO DEI BERBERI
GLI HAUNEBUT E UNA REGINA D’EGITTO
LE FONTI DELLE RICERCHE DI BARRY FELL
IN VOLO DALLO SPAZIO O VERSO L’ALDILÀ?
I MITICI GIGANTI SAO, NELL’AFRICA NERA
L’AUTORE
Alberto Arecchi (1947) è architetto, storico e professore di Disegno e Storia dell’Arte, autore di "Atlantide. Un mondo scomparso, un’ipotesi per ritrovarlo", ed. Liutprand, 2001.
Sito internet: www.liutprand.it
LA VERA ATLANTIDE
Sulla base di lunghe ed accurate ricerche, ci siamo convinti che l’Atlantide, il mitico regno descritto da Platone nei suoi Dialoghi, sia realmente esistita e si trovasse al centro del Mediterraneo.
Il dibattito su Atlantide inizia, ed è opportuno che rimanga legato, ai testi di Platone. Considerazioni fantastiche ed esoteriche vorrebbero collegare il continente scomparso
a culture umane antichissime (di decine o addirittura centinaia di migliaia d’anni).
È invece importante rivolgerci al periodo immediatamente anteriore alla storia scritta, in cui la memoria sfuma nelle nebbie dell’epica e dei miti dei popoli ellenici, che arrivarono al bacino del Mediterraneo in un’epoca compresa tra il 2000 ed il 1500 a.C. Armati di ferro, s’imposero alle culture del bronzo ed abolirono la società matriarcale, in nome di una nuova centralità maschile, nella famiglia e nella religione. Nelle epopee di dèi e semidèi, di giganti e di titani, è adombrato il processo di formazione delle antiche nazioni, ed in questa palude nebbiosa Platone colloca l’esistenza d’Atlantide: in un’epoca i cui protagonisti si chiamavano Poseidone, Athena, Zeus, Atlante, Erakles, Minosse… antichi re, trasformati nel mito in dèi e titani.
Pro-memoria sulle datazioni
Si pensa che Solone abbia compiuto il viaggio in Egitto, cui si riferisce Platone, verso il 570 a.C. I fatti raccontati dovrebbero risalire a 10.000–9.000 anni
prima, ma i novemila anni
di Platone devono corrispondere a un periodo lungo, sì, ma a misura
della stirpe degli Achei e dei Greci, dopo che essi si insediarono nel bacino del Mediterraneo.
Eudosso di Cnido (matematico, geografo ed astronomo greco), e dopo di lui anche Manetone e Diodoro Siculo, spiegano che occorre intendere mesi
là dove Platone scrisse anni
. Ciò collocherebbe il periodo della grande espansione d’Atlantide, e la sua guerra contro gli antenati degli Ateniesi, tra il 1320 e il 1295 a.C., mentre la tremenda catastrofe che pose fine a quel regno sarebbe avvenuta mille mesi (circa 80 anni) dopo, ossia tra il 1240 e il 1210 a.C.
La ricostruzione geografica
È naturale che i gruppi umani s’installino nelle zone di bassa pianura. Se oggi il livello medio dei mari dovesse repentinamente innalzarsi di 130-200 m, quasi nessuna traccia rimarrebbe dello sviluppo tecnologico e della civiltà attuali: scomparirebbero fonti d’energia e centrali… rimarrebbero solo tracce nel mito. Se ciò avvenisse nell’arco di decine o centinaia d’anni, consentirebbe le migrazioni sugli altipiani, ma se la prima ondata fosse improvvisa e violenta… sarebbe la fine per il cuore stesso delle società sviluppate. Appare perciò ovvia la possibilità di ritrovare tracce d’insediamenti umani, più o meno antichi, in ogni parte del mondo, su fondali marini, sino a qualche centinaio di metri di profondità. La nostra ricerca si è basata sull’esistenza di due bacini chiusi, l’uno più elevato e l’altro in depressione rispetto al livello generale dell’acqua degli Oceani, ed un terzo bacino (il Mediterraneo occidentale, in comunicazione con gli Oceani tramite il varco di Gibilterra). Una catastrofe tellurica avrebbe causato la scomparsa del bassopiano d’Atlantide, con una nuova conformazione delle coste e dei mari.
Nel Mediterraneo orientale, le quote d’affondamento sono ben superiori a quelle d’altri mari. Una gran parte del fondo del Mediterraneo sembra costituita da rupi e vallate, come se non si trattasse di fondo marino, ma piuttosto di terraferma; infatti capita di continuo che i pescatori subacquei scoprano strade ed edifici molto più antichi e situati a maggiori profondità negli abissi marini. Appare significativo – ad esempio – il nome di Banco Medina
(Medina, in arabo, significa città) dato al fondale che – nelle nostre ipotesi – corrisponde alla giacitura dell’antica capitale d’Atlantide… Sprofondamenti di edifici e di città preistoriche sono stati notati nei pressi di Thera e vicino a Milo.
Ritroviamo l'Atlantide di Platone
Appaiono chiari alcuni punti:
– la narrazione ripresa da Platone si colloca al tempo dei progenitori degli ateniesi e degli abitanti della città egizia di Sais; quindi non 10.000 anni prima, quando gli antenati di tali popoli vivevano in altre regioni;
– le caratteristiche d’Atlantide sono quelle d’una società dedita alla navigazione ed all’agricoltura, con strutture sociali articolate e la conoscenza della metallurgia dell’oro, del rame, del bronzo.
Gli antenati dei greci erano presenti nel Mediterraneo orientale in un periodo compreso tra il 3000 ed il 1500-1200 a.C., corrispondente alle prime 20 dinastie di faraoni egizi. Della storia di quel periodo e delle culture mediterranee sembra di sapere tutto, ma in realtà conosciamo abbastanza poco, e la maggior parte della storia è avvolta dal mito: poemi omerici, leggende dei greci delle origini.
Prima della catastrofe, esisteva una vasta pianura fertile, come quella descritta da Platone, al largo delle attuali coste tunisine, compresa tra la Piccola Sirte, l’attuale Golfo di Gabès e – a nord – la penisola di Capo Bon e l’estremità occidentale della Sicilia. Essa avrebbe costituito l’estremo occidente
del bacino Mediterraneo in cui navigavano i Pelasgi, i mitici abitatori dell’antico Mediterraneo, e sarebbe stata popolata di elefanti e altre fiere africane, con datteri e banane, come dice Platone, protetta dai venti freddi perché avvolta dai rilievi di Tunisia e Sicilia. In questa zona erano le colonne d’Erakles
del mito greco, con i miti collegati con l’Aldilà e il regno dei morti, il Giardino delle Esperidi e il regno d’Atlante.
Immaginiamo di ritornare indietro nel tempo, 3300 anni fa. L’attuale Mare Mediterraneo doveva essere distinto in due mari, posti a quote diverse e privi di comunicazioni reciproche.
Il Mediterraneo orientale, dalla Piccola Sirte alla costa siro-palestinese, comprendeva lo Ionio, il basso Adriatico e il Mar di Candia (mentre il territorio Egeo, tutto emerso, costituiva una vasta pianura costellata di rilievi montuosi di origine vulcanica). Al posto dello stretto di Messina esisteva un istmo roccioso e il canale di Sicilia era allora una fertile pianura, irrigata da fiumi e protetta da alte montagne, che scendeva dolcemente verso le sponde del mare inferiore. Le acque di questo mare dovevano trovarsi ad una quota di circa 300 m sotto quella odierna.
Non lontano dall’isola di Malta, due strette imboccature davano accesso ad un grande golfo, profondo oltre mille metri. Intorno a quel golfo, protetto alla sua imboccatura da una vasta isola, era sorta una civiltà fiorente, fondata da una stirpe libica che era forse scesa sino a qui dalle alte montagne del sud.
Chi fosse provenuto da oriente, da Creta o dall’Egitto, avrebbe visto una costa rocciosa, piuttosto ripida, nella quale si aprivano due stretti, ai lati di un’ampia isola.
Dietro Pantelleria, in fondo al golfo, vi era l’altro mare, prossimo a debordare verso il golfo. Il Mediterraneo occidentale era – come oggi – in comunicazione con le acque dell’Oceano, attraverso lo stretto di Gibilterra, e le sue acque avevano un livello simile a quello odierno, grazie all’apporto costante di acque oceaniche. Questa era la vera maledizione pendente sul capo del popolo (Atlanti-Tjehenu) che abitava quelle terre, ma essi forse erano convinti che la situazione di precario equilibrio potesse durare in eterno, così come essi l’avevano sempre vissuta.
Ad ovest del golfo, tra i due mari, si stendeva un’ampia, fertile pianura irrigua, che poteva essere abbondantemente irrigata, grazie alle acque provenienti dall’ampio mare
interno, le cui acque dovevano essere piuttosto dolci. Quell’estensione di pianura corrisponde, per misure e caratteristiche fisico-climatiche, al territorio descritto da Platone.
Dalla costa, la pianura saliva dolcemente verso ovest, in direzione di una cresta di colline d’origine vulcanica, ricche di giacimenti metalliferi. A circa 450 km dal Mediterraneo, si stendeva un enorme bacino d’acqua: un vero e proprio terzo mare
, ad una quota di circa 650 m superiore a quella del Mediterraneo. Quel mare raccoglieva le acque d’un vasto bacino pluviale, esteso a sud sino ai massicci del Tassili e dell’Ahaggar (il monte Atlante
, secondo Erodoto). Le sue acque irrigavano le terre della vasta pianura. Nel fondo di quel bacino oggi c’è un gran sedimento di sabbia, il Grand Erg orientale (Igharghar), uno dei deserti sabbiosi più estesi al mondo.
Il mondo che abbiamo descritto finì in ventiquattr’ore, tra il 1240 e il 1210 a.C.. Una serie di violenti terremoti incrinò seriamente la consistenza degli sbarramenti rocciosi e aprì brecce, che ben presto cedettero di fronte alla pressione delle acque dei due grandi bacini posti alle quote superiori: il mare sahariano e il Mediterraneo occidentale, costantemente rifornito dalle acque dell’Oceano. Le acque si fecero strada con impeto in canaloni larghi decine di chilometri, con ondate di piena veramente immani. Atlantide rimase distrutta per sempre.
L’Atlantide platonica
Appaiono chiari alcuni punti:
– la narrazione ripresa da Platone, nei suoi contorni storicizzati dal racconto del sacerdote egiziano, si colloca al tempo dei "progenitori degli ateniesi e degli abitanti della città egizia di Sais);
– le caratteristiche della società descritta sono quelle di una cultura umana dedita alla navigazione ed all’agricoltura, con strutture sociali articolate, con la conoscenza della metallurgia dell’oro, del rame, del bronzo
Se ci riallacciamo ad un’epoca connessa al mito degli antenati dei greci ed alla loro presenza nell’area del Mediterraneo orientale, andiamo per forza
a toccare un periodo compreso tra il 3000 ed il 1500-1200 a.C., corrispondente quindi alle prime 20 dinastie di faraoni egizi. In realtà della storia di quel periodo e delle culture mediterranee sembra di sapere tutto, ma conosciamo molto poco (ciò che è rimasto tramandato nei sopravvissuti frammenti delle dinastie egizie), e la maggior parte è avvolto dal mito: poemi omerici, leggende dei greci delle origini.
Si pensi ai dubbi, da sempre espressi, sulla reale esistenza e sulla collocazione di molti luoghi dei poemi omerici, si pensi alla misteriosa
civiltà cretese pre-minoica (quella della scrittura lineare A), oppure a Malta, con i suoi templi megalitici ed i suoi misteri ipogei, a tutti gli enigmi connessi ai Fenici (semiti o camiti? Da dove provenivano?).{1}
Siamo convinti che né le ipotesi di sviluppo di antiche culture umane sul globo in epoche antichissime, né al contrario la negazione di tale possibilità, siano strettamente legate al dibattito su Atlantide, quale è presentata nei testi di Platone.{2}
Pertanto, eviteremo d’affrontare argomenti relativi a culture e civiltà estremamente antiche (di decine, se non centinaia di migliaia d’anni). Ci sembra ben più importante trattare la fase immediatamente anteriore alla storia scritta, ove i confini della memoria umana sfumano nelle nebbie dell’epica e dei miti. In tali nebbie, nelle epopee di dèi e semidèi, di giganti e di titani, è in realtà adombrata gran parte del processo di formazione delle antiche nazioni, ed è in quella stessa palude nebbiosa che il racconto platonico colloca l’esistenza d’Atlantide: in un’epoca i cui protagonisti si chiamavano Poseidone, Athena, Zeus, e potremmo aggiungere (oltre Atlante): Erakles, Minosse… l’epoca degli dèi e dei titani, che appartiene comunque alla preistoria ed all’epica dei popoli che si sarebbero chiamati Elleni. Essi arrivarono al bacino del Mediterraneo non decine di migliaia d’anni fa, ma in un’epoca compresa tra il 2000 ed il 1500 a.C. Armati di ferro, s’imposero alle culture del bronzo. Abolirono la società matriarcale in nome di una nuova centralità maschile, nella famiglia e nella religione.
Il profilo di assestamento dei corsi fluviali e delle pianure, asintotico rispetto al livello del mare, genera estese zone fertili nei bassipiani e fasce a regime torrentizio in posizioni più elevate. È sempre stato naturale che i gruppi umani s’installino nelle fasce di bassa pianura. Se oggi il livello medio dei mari dovesse repentinamente innalzarsi di 130-200 m (come avvenne alla fine dell’ultima glaciazione), quasi nessuna traccia rimarrebbe dello sviluppo tecnologico e della civiltà umana odierni: sparirebbero fonti di energia e centrali… rimarrebbero presenze umane organizzate d’alta quota, come la Svizzera, il Tibet, il Swaziland e il Malawi, certo non in grado di riallacciare da sole i legami con le fonti di energia, con l’economia e la scienza a livello internazionale… rimarrebbero tracce, destinate a rimanere nel mito.