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Tra le lenzuola del greco: Harmony Collezione
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Tra le lenzuola del greco: Harmony Collezione
E-book162 pagine3 ore

Tra le lenzuola del greco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Xan Ziakis ha appena messo la parola fine all'ennesima breve relazione quando incontra Elvi Cartright. Il fratellastro della ragazza ha rubato in casa sua, e Xan ha intenzione di ottenere giustizia. Ma quando l'innocente Elvi si presenta nel suo ufficio chiedendo clemenza per il fratello, le intenzioni del milionario greco cambiano all'istante.
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2019
ISBN9788830507593
Tra le lenzuola del greco: Harmony Collezione
Autore

Lynne Graham

Lynne Graham vive in una bellissima villa nelle campagne dell'Irlanda del Nord.Lynne ama occuparsi della casa e del giardino, soprattutto nel periodo che lei considera il più magico dell'anno, il Natale.

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    Anteprima del libro

    Tra le lenzuola del greco - Lynne Graham

    successivo.

    1

    «Non vorrai fare a meno di una donna bella come me!» protestò Fabiana, serissima. Il suo bel viso era una maschera di incredulità. «È per colpa del mio inglese? Può darsi che qualche volta sbagli, però...»

    «No» assicurò Xan con aria grave, e comunque passò allo spagnolo, la lingua nativa di lei. «I miei uomini saranno qui fra un'ora e ti aiuteranno a imballare la tua roba. Siamo stati insieme due mesi, e ti avevo spiegato fin dall'inizio che la nostra relazione non sarebbe durata oltre...»

    «Ma non è possibile che tu non mi voglia più...» Fabiana si guardò nello specchio più vicino e scosse la cascata di capelli scuri.

    «No, non ti voglio più» ribadì Xan, sul punto di perdere la pazienza. Incominciò a chiedersi come l'avesse sopportata fino ad allora, lei e la sua monumentale vanità.

    «E dove dovrei andare, secondo te?» domandò lei in preda alla frustrazione. Lo guardò e si chiese quando mai le sarebbe ricapitato, di avere nel letto un uomo così attraente. Alto più di un metro e novanta, atletico, con i capelli neri corti e un viso asciutto e magnetico, il guru greco della finanza, Xan Ziakis, era unico al mondo. E senza di lui diventava anche difficile, se non impossibile, accedere a quegli eventi mondani e molto esclusivi che le piacevano tanto.

    «Tutte le tue cose verranno trasferite in una camera d'albergo già prenotata a tuo nome» chiarì lui. Una prassi consolidata, perché ormai da anni cambiava amante ogni due mesi circa. Niente di nuovo sotto il sole quindi. E comunque, Fabiana aveva ricavato ottimi benefici da quella relazione, anche se lui le aveva fatto visita solo poche volte.

    Una verità sconcertante, che portò Xan a farsi un paio di domande sulla propria libido. Aveva solo trent'anni. Era chiaro che Fabiana lo annoiava, pensò spazientito. Tuttavia, in lui, il lavoro e la ricerca del profitto avevano sempre avuto la meglio sulle lusinghe del sesso. Forse un giorno avrebbe ceduto alle infinite suppliche di sua madre e si sarebbe deciso a cercare una moglie, ma dovevano passare ancora molti anni. Suo padre Helios si era sposato cinque volte, regalandogli una schiera di fratellastri che in passato gli erano costati molto e gli avevano procurato infiniti fastidi. Lui era ben deciso a non seguire le sue orme. Helios si era sposato troppo presto, invece Xan intendeva aspettare di avere almeno quarant'anni e di essersi tolto ogni sfizio possibile.

    Senza nulla togliere a Fabiana e alle altre che l'avevano preceduta, si capisce. Tutte le donne che aveva avuto erano state bellissime, modelle o attrici agli esordi, e disposte a donargli il proprio corpo in cambio di regali generosi. Xan aveva sempre acconsentito senza discutere a pagare tutto ciò che volevano. Poteva anche sembrare squallido, ma lui non se ne vergognava. Lo schema funzionava alla grande, e l'unica volta che aveva applicato un altro metodo le cose erano andate male. Ma all'epoca era ancora giovane e idealista...

    Xan riteneva che l'amore fosse un rischio pericoloso. Suo padre si era innamorato a più riprese di donne assolutamente inadatte. Lui, al contrario, si era ritrovato col cuore spezzato a soli ventun anni, e l'esperienza era stata salutare. Niente l'avrebbe mai più convinto a ripeterla.

    Era diventato miliardario a venticinque anni, grazie a un fiuto geniale nel campo della finanza. Era lui la mente occulta che si nascondeva dietro a guadagni in Borsa ormai leggendari, che avevano fruttato cifre astronomiche. Così, era riuscito a ripianare le finanze dissestate della famiglia Ziakis, che quell'imprudente di suo padre aveva ridotto all'osso negli anni precedenti. Poi, aveva scelto di organizzare la propria vita erotica un po' come organizzava tutto il resto, perché l'incertezza e il disordine lo mettevano di cattivo umore. Gli piaceva che la vita scorresse liscia e preferiva attenersi allo schema, senza deviare mai. Non voleva rischiare di rovinarsi con le delusioni di un matrimonio che andava a rotoli o con gli immensi costi finanziari di ripetuti divorzi, come aveva fatto suo padre. La sua forza e la sua intelligenza superavano quelle della maggior parte della gente che lo circondava, e gli unici rischi che era disposto a correre erano quelli in campo finanziario. Lì, almeno, poteva fidarsi del proprio coraggio e del proprio infallibile istinto.

    Sentì qualcosa vibrare in tasca, e dimenticò in un istante la presenza di Fabiana. Ripescò il telefono e si chiese che cosa mai avesse da dirgli Dmitri, il capo della sua sicurezza. Lo scoprì un attimo più tardi, e la cosa lo fece infuriare. Qualcuno aveva osato sottrargli un oggetto a cui teneva moltissimo. Così, uscì a grandi passi da quel lussuoso appartamento di servizio senza voltarsi indietro. L'altro, un attico poco lontano, era il suo santuario londinese, in cui non erano ammessi né amanti né collaboratori. L'idea che qualcuno l'avesse violato, a dispetto di tutte le misure di sicurezza, lo riempiva di una collera incandescente.

    «La donna delle pulizie?» chiese, disgustato.

    «Oppure il figlio. Lei l'ha fatto entrare, anche se non ne aveva il permesso» replicò Dmitri, rigido. «Posso occuparmene io con discrezione, oppure chiamare la polizia...»

    «Chiama la polizia subito» lo interruppe Xan con rabbiosa determinazione. «Voglio che siano puniti in modo esemplare.»

    Xan collezionava oggetti in giada imperiale che gli costavano una fortuna. Quel prezioso calamaio, in particolare, era appartenuto a un imperatore cinese. Lui l'aveva esposto nell'ingresso proprio perché gli piaceva toccarlo, tenerlo fra le dita... Nello stato d'animo in cui si trovava, avrebbe punito i ladri con almeno mille frustate.

    Il giorno dopo, Daniel si precipitò tra le braccia di sua sorella Elvi, singhiozzando disperato. «È un incubo... Mi dispiace, è tutta colpa mia!»

    «Calmati, adesso» suggerì lei. Gli accarezzò il viso da adolescente e si chiese da quanto tempo fosse rimasto lì in camera da solo a piangere. «Ti preparo un po' di tè...»

    «Non voglio il tè!» protestò lui. «Voglio andare subito alla stazione di polizia e dire che sono stato io, e non la mamma!»

    «Parliamone, prima» ribatté Elvi, che era la maggiore. «Se la mamma l'ha fatto è per una ragione. Voleva proteggerti...»

    «Al diavolo Medicina! Non me ne importa niente...»

    Invece importava, eccome, pensò Elvi preoccupata. Daniel voleva diventare medico come il padre, che non c'era più. Lo desiderava fin da quando era piccolo, e un'incriminazione per furto avrebbe distrutto il suo sogno per sempre. A scuola era bravo, e l'Università di Oxford gli aveva già concesso una borsa di studio. Nessuna meraviglia, dunque, che la madre avesse mentito assumendosi tutta la responsabilità al suo posto. Restava da capire una cosa di cui Elvi non riusciva a capacitarsi: possibile che Daniel avesse davvero rubato?

    «Spiegami bene che cosa è successo» gli chiese con calma, sedendosi sul letto. Lui vi si era accovacciato a testa bassa. Aveva appena compiuto diciotto anni e si era allungato molto negli ultimi mesi, tanto che i jeans gli andavano corti e i piedi sembravano enormi. Lei e Daniel si somigliavano pochissimo, anche perché avevano madri diverse nonostante il padre in comune. Elvi aveva perso la mamma quando era ancora molto piccola e la seconda moglie di suo padre l'aveva cresciuta come se fosse figlia sua. Erano tutti più alti di lei, e anche molto più magri. Elvi sospirò e scostò i capelli biondissimi dalla fronte sudata. Dopo la telefonata di Daniel, all'uscita dal lavoro, aveva corso come una pazza fino a casa.

    «Ieri sono passato a prendere la mamma prima della sua seduta» raccontò lui, «ma ero un po' in anticipo.»

    Elvi si lasciò sfuggire un sospiro. Lei e suo fratello facevano a turno per controllare che la mamma andasse regolarmente agli incontri degli Alcolisti Anonimi. E siccome era estate e Daniel aveva finito la scuola, quel giorno era toccato a lui. Sally Cartright aveva bisogno del sostegno dei suoi figli per rimanere sobria. Ormai non toccava il bicchiere da tre anni, tre anni meravigliosi, ma Elvi sapeva bene che con la dipendenza non si poteva mai stare tranquilli. Ogni giorno Sally combatteva ancora una sua personale battaglia contro il desiderio di alcol.

    «E allora?»

    «E allora, lei stava ancora finendo di pulire» borbottò il ragazzo. «Mi ha fatto entrare, mi ha detto di sedermi nell'ingresso e di non toccare niente... Come se fossi ancora un bambino piccolo, capisci? Così mi sono arrabbiato e non l'ho ascoltata...»

    «Che cosa hai toccato?» chiese Elvi in un soffio.

    «C'era questa specie di vasetto verde su un tavolino, che luccicava sotto i raggi del sole... Davvero, Elvi, un oggetto così lo si vede solo nei musei... e io volevo tenerlo in mano per un attimo. Così l'ho preso e l'ho portato alla finestra per guardarlo meglio alla luce...»

    «E dopo?» si spazientì lei.

    Daniel la fissò sconsolato. «Dopo, qualcuno ha suonato il campanello, la mamma è arrivata di corsa per aprire e io ho tenuto il vasetto nascosto in mano perché lei non lo vedesse. Per mia sfortuna, l'uomo che ha suonato lavora anche lui per il signor Ziakis, ed era venuto a dire che non potevo stare lì e che dovevo andare ad aspettare la mamma al piano terra. Mi ha fatto uscire subito, e per la verità non sembrava neanche particolarmente in collera... ma non potevo rimettere giù il vasetto, con lui lì davanti!»

    «Per l'amor del cielo, Daniel!» esclamò Elvi, irritata. «Avresti dovuto darglielo, invece! Nel momento stesso in cui sei uscito dall'appartamento con quel vasetto in tasca sei diventato un ladro...»

    «Credi che non lo sappia?» ribatté lui. «Mi sono fatto prendere dal panico, ecco... e l'ho nascosto. L'ho portato a casa e l'ho infilato in un cassetto. Volevo darlo alla mamma perché lo rimettesse a posto l'indomani, ma non ce n'è stato il tempo. Qualcuno si è accorto che mancava e così è andato tutto a rotoli...»

    Stupido, stupido idiota, non poté fare a meno di ripetersi nella mente lei. Ma non lo disse a voce alta, perché capiva bene che suo fratello era il primo a biasimare se stesso. «E la polizia? A che punto si è fatta viva?»

    «Questa mattina... Sono arrivati con un mandato di perquisizione, e a quel punto l'hanno trovato. La mamma mi ha chiesto di andarle a prendere la borsa in camera e io ci ho messo un po', perché non la trovavo. Intanto che ero via probabilmente lei ha confessato e così quando sono tornato le stavano già leggendo i suoi diritti prima dell'arresto.» Daniel deglutì, ricacciando indietro i singhiozzi. «Dobbiamo sentire un avvocato...»

    Elvi si sforzò di riflettere, ma senza successo. Le sembrava di avere il cervello bloccato. Avrebbe preferito non sapere tutto quello che sapeva sul ricchissimo datore di lavoro di sua madre. Per esempio, che teneva gli indumenti organizzati per colore nell'armadio, e i libri in rigoroso ordine alfabetico nella libreria. Che era vietato toccargli la scrivania, e che bisognava invece cambiare tutti i giorni le lenzuola del letto in cui dormiva. La presenza di sua madre nell'attico in qualità di donna delle pulizie era scandita da un lungo elenco di cose che doveva o non doveva fare. Eppure, a guardarlo, Xander Ziakis sembrava uscito direttamente dalle pagine patinate di qualche rivista, magari come testimonial per un prodotto di gran lusso... Dove stava la giustizia, a questo mondo?

    Elvi aveva cercato sue notizie su internet, e aveva scoperto particolari che l'avevano inquietata. Perché? Perché Ziakis, in apparenza nato sotto una buona stella e benedetto da ogni fortuna, aveva sviluppato la tendenza a comportarsi come se soffrisse di qualche misterioso disordine ossessivo-compulsivo? Forse era proprio perché, al mondo, non poteva esistere nessuno tanto perfetto. Lei lo aveva visto abbastanza da vicino in parecchie occasioni, mentre aspettava sua madre fuori dal lavoro per accompagnarla alle sedute degli Alcolisti Anonimi. Ed era un uomo davvero magnifico da guardare.

    «Ho fatto l'unica cosa possibile» confidò Sally poche ore più tardi, seduta sul letto della camera che condividevano. La mamma adottiva di Elvi era una quarantenne bruna e snella, con due grandi occhi verdi in quel momento cerchiati dalla tensione.

    «Non era l'unica» ribatté lei a bassa voce perché Daniel, dalla stanza accanto, non le sentisse. «Avreste potuto dire la verità, tutti e due...»

    «E pensi davvero che qualcuno ci avrebbe creduto?» replicò Sally scettica, ricacciando indietro le lacrime. «Siamo in miseria. Ed è solo colpa mia se siamo finiti sul lastrico e viviamo in un buco come questo!»

    Il buco, come l'aveva definito lei, in realtà era un minuscolo bilocale in un condominio popolare di periferia. Ma fu soprattutto l'amarezza nelle sue parole a colpire Elvi, sempre preoccupata che qualche nuovo dolore facesse ricadere Sally nel pozzo nero dell'alcolismo. Non pensò neanche

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