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A.A.A. Cercasi Finta Fidanzata per Miliardario
A.A.A. Cercasi Finta Fidanzata per Miliardario
A.A.A. Cercasi Finta Fidanzata per Miliardario
E-book177 pagine2 ore

A.A.A. Cercasi Finta Fidanzata per Miliardario

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Info su questo ebook

Rebecca è un'aspirante attrice. Durante un evento mondano, alcune esponenti dell'alta società la prendono di mira. Ed è proprio in quel momento che afferma di essere la ragazza del miliardario che ha organizzato la festa. Quando lui la asseconda, Rebecca è sconvolta. E quando il miliardario le propone un'offerta allettante, lei accetta...

Questo libro è il primo di una trilogia.  

 

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita24 dic 2016
ISBN9781507133620
A.A.A. Cercasi Finta Fidanzata per Miliardario

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    Anteprima del libro

    A.A.A. Cercasi Finta Fidanzata per Miliardario - Sierra Rose

    INDICE

    ––––––––

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 1

    Stavo volando in un cielo cristallino. L’albeggiare tinteggiava l’orizzonte con le sue pennellate rosa, e le nuvole si allontanavano tra le mie dita. Presi velocità e lasciai i miei lunghi capelli fluttuare sulle spalle mentre il mio cuore si stabilizzava. Non c’era niente che potesse toccarmi quassù. Niente che potesse trovarmi. Chiusi gli occhi e un dolce sorriso mi scaldò il volto.

    Non sarei scesa questa volta. Avevo trovato il mio paradiso. La mia pace.

    Fino a quando...

    Urla frantumò il cielo mentre fuoco cadeva da esso. Mi coprii la testa e cercai di tornare per terra, ma sapevo già che cosa sarebbe successo.

    Il drago aveva attaccato molte altre volte.

    Mi chinai e attraversai le grigie nubi, evitando urla di morte, finché, all’improvviso, mi ritrovai la bestia addosso. Ed era ENORME! I miei occhi si spalancarono per il terrore di fronte a tale creatura. Il mostro aprì la bocca, quasi come se mi stesse sorridendo. Ma proprio quando prese un ultimo respiro per distruggermi una volta per tutte—si trasformò in un puzzle dissolvendosi in milioni di pezzi.

    Aspetta... che cosa?

    Spalancai gli occhi e li strizzai verso il tetto mentre cumuli d’intonaco e polvere si mischiavano. Un prevedibile rumore provenne dalle travi, e mi coprii il viso con un lamento. Mrs. Wakowski aveva iniziato con la Zumba prima del solito oggi. La mia sveglia non ha ancora suonato.

    Poi iniziò.

    ‘Farai di nuovo tardi. Tu sciocca, irresponsabile ragazza. Farai tardi.’

    Parlando del diavolo. Cominciò a ripetere la stessa frase ancora e ancora. Colpii il pulsante sulla sveglia e imprecai contro le forze cosmiche per avermi incastrato con quest’appartamento. Non era semplice trovare qualcosa di economico in East Hollywood. Bisognava accettare alcuni piccoli intoppi. Mrs. Wakowski e la sua Zumba mattutina erano solo la punta dell’iceberg. C’erano le blatte, le perdite di gas, gli elicotteri della polizia e le pozze di urina sui marciapiedi. Ma il mio ricorrente sogno sul drago...?

    A essere onesti, non sapevo come spiegarlo.

    Scesi dal letto finendo al suolo con un vergognoso boom. Il mio ventilatore—ovvero ‘il mio eroe,’ ovvero ho già detto che non c’è aria condizionata?—ha portato tutti i miei capelli indietro come se avessi preso la scossa e lo sposto immediatamente di lato non appena mi alzo; poi lancio un’occhiataccia allo specchio.

    Doveva essere questo che intendevano con, ‘cercare di farcela in LA.’ Mi sentivo come una ragazza copertina.

    Lunghi capelli castano ramato, pelle di porcellana, un bel viso, e un corpo snello. In un’altra città sarei stata uno schianto, una star. Ma per qualche ragione, in questa città costruita sui biglietti del parcheggio e trappole in affitto di altre star di piccole città, ero solo una tra un milione. E non in senso positivo.

    Con il solito sospiro, mi piegai per vedere quale fosse il danno odierno. Avevo gli occhi rossi, ma non gonfi. Le occhiaie stavano già svanendo. Non male dopo una nottata di super alcolici. Il mio fegato, al contrario? Era meglio non pensarci.

    C’erano state parecchie notti simili ultimamente. Era nata come una tradizione tra la mia coinquilina Amanda e me. Ogni volta che non ottenevamo una parte durante un’audizione (ciò includeva essere cacciate anche prima, perché il ruolo da due righe era già stato assegnato durante le sei ore rimaste in fila), affondavamo i dispiaceri in una bottiglia di tequila e una serie su Netflix. Era piuttosto divertente, in realtà. Molto di più che aspettare all’infinito per i casting.

    Un rumore attutito dal bagno mi disse che Amanda non si stesse divertendo molto al momento.

    Indossai un camice viola, raccolsi i capelli in una crocchia scombinata e presi il mio burro cacao prima di dirigermi verso l’ingresso. Deevus, il nostro gatto con tre zampe, zoppicò verso di me rincorrendo una palla di polvere mossa dal ventilatore. Inciampai sulla sua schiena bitorzoluta e lo sollevai, sentendolo miagolare in segno di protesta, dirigendomi al bagno.

    «Scusa, Deevus. Sai cosa. Ti darò un po’ di latte.»

    Versai del latte su un piattino e lo adagiai sul pavimento. «Sono perdonata?»

    Miagolò. Lo baciai sulla testolina e lo ascoltai fare le fusa. Era un randagio trovato dalla mia compagna di stanza. Non avevamo idea se fosse stato coinvolto in un incidente, ma lo amavamo con tutto il cuore. Poteva essere un rompiscatole a volte, ma era in questi momenti che lo amavamo ancora di più.

    Indossando una scarpa, bussai alla porta. «Tutto bene lì dentro?»

    Un rumore strozzato mi rispose. Qualcosa che ricordava il nostro gatto. Amanda tirò lo sciacquone, aprì il rubinetto, e un secondo dopo, la sentii scivolare contro la porta.

    «Questa è stata l’ultima volta,» protestò, «Sono seria.»

    «Già,» concordai, come chiunque si sarebbe aspettato. «Be’, devo andare a lavoro, okay?»

    «Come puoi pensare al lavoro in un momento come questo?»

    Alzai gli occhi al cielo con un ghigno. La prevedibile risposta di una principessina viziata.

    «Lo adoro,» risposi in modo pungente. «Vorrei stare lì tutto il giorno

    Sbuffò dall’altro lato della porta. Potevo quasi immaginarla distesa con la guancia appoggiata al suolo. Era una mossa comoda che entrambe avevamo fatto molte, molte volte. Era anche la ragione per cui tenevamo il pavimento impeccabilmente pulito.

    «Era Deevus che piangeva prima?»

    «Sì.» Indossai l’altra scarpa. «Devo andare—farò tardi.»

    «Hai ottenuto il numero di quel ragazzo ieri notte? Era sexy.»

    Sospirai.

    «Hai fatto di nuovo casino?» chiese.

    «No. Be’, una specie. Ho iniziato a parlare di quanto fossi infastidita per le condizioni di Mrs. Johnson. Immagino sia stato troppo per lui. Sono preoccupata per quella donna. È una mia paziente da nove mesi e abbiamo legato. Potrebbe non superare la prossima settimana. Temo davvero per lei.»

    «Parlare di morte non è l’argomento migliore quando incontri qualcuno.»

    Mi morsi il labbro. «Probabilmente hai ragione.»

    «Stai lavorando in un ospizio. Sai che a queste persone non rimane molto tempo. Ed è fantastico che tu le ami e le sostenga, ma devi lasciarle andare. »

    «Creo un legame con ogni paziente.»

    «Lo so. Per questo hai bisogno di un uomo comprensivo. Ti troverò il più compassionevole e comprensivo uomo di tutta Hollywood.»

    «Basta con gli appuntamenti al buio.»

    «Prometto che questo sarà diverso. Che ne pensi? C’è Edward. Vive ancora con sua madre, ma lo giuro, è davvero dolce.»  

    «Tardi,» ripeto. «Passerò al supermercato dopo il lavoro—hai bisogno di qualcosa?»

    «Sì. No.» Si trascinò lungo la porta. «Aspetta—sì prendimi quegli affari al caramello che abbiamo provato la scorsa settimana da Billy. Quelli a forma di rana.»

    Annuì distrattamente e scrissi sul cellulare. «Rane. Capito. Okay, devo scappare.» Diedi un colpo contro la porta e andai verso le scale. «Rimettiti—ci vediamo questa sera.» Ero a metà strada quando sentii la sua voce debole chiamarmi.

    «Bex?»

    Mi fermai sulle scale. «Sì?»

    «Inserisci la tequila nella lista.»

    «Già fatto.»

    Capitolo 2

    Dovevo solo prendere un treno e un autobus per raggiungere l’ospizio in cui lavoro a Westwood. È vicino a una graziosa area residenziale, solo una lunga serie di alberi e delle caffetterie lo separano dai numerosi uffici dall’altro lato della strada. Nonostante le sconclusionate parole di Amanda, ero riuscita a prendere il primo autobus, ciò significava che avevo tempo da trascorrere in uno di quei negozi che adoravo tanto prima del mio turno alle dieci.

    Il marciapiede era pieno di cani di razza e biciclette parcheggiate. Sorrisi non appena passai accanto a qualcosa che avrei chiamato un ‘labra-doodle-retriever-carlino.’ Questa era una delle ragioni per cui adoravo lavorare a Westwood. Non era conosciuto per le entrate lorde come Santa Monica e Pasadena; era terreno neutrale. Un posto sicuro dove i due lati diversi collidevano e potevano godersi una semplice tazza di caffè. Nessun bisogno di entrare in conflitto quando tutto quello che ognuno voleva era una dose di caffeina, giusto? C’era abbastanza spazio sul marciapiede sia per i barboncini sia per gli Schwinns.

    Fu con questo strano e positivo stato d’animo che mi ritrovai in una rissa.  

    «Non m’interessa se vai di fretta, sposta quella dannata auto!»

    Mi bloccai e osservai sbalordita i due uomini di fronte a me. Uno dei due doveva essere una sorta di addetto alla manutenzione. Indossava un’uniforme color ardesia con una targhetta per il nome leggermente macchiata. Inoltre aveva troppa barba. Aveva ancora le chiavi in mano, e dal modo in cui aveva parcheggiato in doppia fila, accanto a un’auto di lusso, ero sicura fosse appena sceso dal suo furgone. L’uomo dalla parte opposta... era tutta un’altra storia.

    Tutto di lui era rifinito alla perfezione. Dal suo abito ai capelli, fino al modo in cui contraeva la mascella. Le sue mani erano vuote, e nonostante il tipo della manutenzione avesse l’aria di uno che si era appena ritirato dalla UFC, le sue mani tremavano come se non vedesse l’ora di litigare. Due anelli d’argento, uno per mano. Un paio di fottuti diamanti per gemelli—non vi sto prendendo in giro. Scommetto provenisse da una ricca famiglia, avesse una casa enorme e perfino la servitù.

    Ero sicura l’auto di lusso fosse la sua.

    «Guardi,» Avrei potuto giurare di aver visto gli occhi dell’uomo brillare sotto i suoi spessi occhiali da sole, «non sto cercando di creare problemi, ma avevo già parcheggiato quando è arrivato lei. Non è il suo posto»

    «Già parcheggiato?!» Un paio di guanti da lavoro furono scaraventati sul marciapiede. «Già parcheggiato un cazzo! Sei sbucato dal nulla e ti sei fregato il mio posto!»

    Mr. Ralph Lauren sorrise con calma. «Può averlo tra cinque minuti. Sto semplicemente andando a prendere un caffè veloce.»

    «Pensi che ti lascerò andare via così facilmente, razza di coglione incartato e superficiale?» Urlò. «Bloccherò la tua auto. Farai tardi a lavoro. Come reagirai? Chiamerai un carro attrezzi? Ti farò a pezzi, stronzo!»

    Una lite per un parcheggio? Seriamente? Dovevo intervenire. Una rissa come questa può degenerare piuttosto velocemente.

    Il tipo della manutenzione stava per perdere il controllo. Poiché esperta della cura della salute, avevo paura che la vena sul lato del suo collo potesse esplodere da un momento all’altro. Quello, oppure avrebbe potuto semplicemente saltare addosso al riccone e prendergli a morsi la faccia.

    Entrambe possibilità interessanti, dalla prospettiva della mia prima lite. Ma in entrambi i casi sarei arrivata tardi a lavoro. La noiosa pacifista in me mi diede un calcio nel sedere, e prima che potessero lanciarsi in una gara di parolacce, mi misi tra i due.

    «Ehi! Calmiamoci!»

    Forse fu la mia posizione ridicola mentre tenevo entrambe le braccia alzate tra i loro petti, come se fossi un uccello, ma entrambi gli uomini mi osservarono e fecero un passo indietro. Un’ondata di soddisfazione mi travolse e cercai di non sorridere. O magari dipendeva dal mio aspetto da tipa tosta!

    Continua così, Bex. Sei figa ed eroica.

    Mi tolsi gli occhiali con la serietà di un detective esperto. «Allora, qual è il problema?»

    L’uomo ricco iniziò a parlare, ma mi voltai volutamente verso lo sfidante. L’uomo della manutenzione—Barry, vidi la targhetta con il nome—era diventato rosso come un’aragosta.

    «Il

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