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Sedotta per gioco: Harmony Collezione
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Sedotta per gioco: Harmony Collezione
E-book163 pagine2 ore

Sedotta per gioco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Sola, impaurita, braccata da loschi figuri per le strade di Mosca in una fredda notte di primavera, Paige Barnes si ritrova senza quasi accorgersene fra le braccia di uno sconosciuto nel bel mezzo della Piazza Rossa. Quella mossa inaspettata scoraggia i suoi inseguitori, ma dà il via a un pericoloso gioco condotto dal suo salvatore, che si rivela essere il principe Alexei Voronov, rivale in affari del capo di Paige. Alexei non crede alla casualità di quell'incontro, e decide di usare ogni mezzo in suo possesso per scoprire cosa nasconde la bella Paige. Fra le mura dorate del suo splendido palazzo, però, la situazione gli sfugge di mano, e l'attrazione fra i due finisce col prendere il sopravvento.
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2017
ISBN9788858975367
Sedotta per gioco: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Sedotta per gioco - Lynn Raye Harris

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Prince Voronov’s Virgin

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2011 Lynn Raye Harris

    Traduzione di Paola Mion

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A..

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-536-7

    1

    L’urlo che lacerò la notte percorse la spina dorsale di Alexei Voronov come un fiume di acqua gelata. Tutti i suoi sensi si misero in allerta. Una nevicata leggera ma continua spolverava il selciato della Piazza Rossa, delimitata a destra dal Cremlino, mentre in fondo la Torre Spassky, con l’enorme orologio simile a quello del Big Ben di Londra, si distingueva come un faro, allo stesso modo delle cupole a cipolla di San Basilio, poco distanti. Era tardi, e non c’era nessuno in giro.

    Il grido echeggiò di nuovo.

    Alexei imprecò. Stava nascosto all’ombra del Museo Russo in attesa che il suo contatto si facesse vivo, ma non poteva ignorare lo strillo. Anche se probabilmente doveva trattarsi di una rissa in uno dei club nelle vicinanze – forse una donna che gridava mentre il suo uomo si batteva per il suo onore – doveva fare qualcosa. Gli sarebbe potuto costare molto, se il suo contatto si fosse fatto vivo proprio mentre si allontanava. D’altra parte, era rimasto in attesa per almeno mezz’ora e l’uomo aveva più di quindici minuti di ritardo. In verità, aveva cominciato a chiedersi se il tipo non avesse cambiato idea. Era possibile. Se l’avversario di Alexei avesse avuto sentore di quanto stava succedendo, avrebbe potuto pagarlo di più, anche se lui era disposto a scucire una fortuna. In ogni caso, non poteva stare lì a far niente mentre una donna aveva bisogno di aiuto. Il suo dannato destino era stato maledetto con un gene di nobiltà, anche a costo del suo stesso interesse. Era spietato in tutto ciò che faceva, eccetto quando qualcuno era in pericolo fisico.

    Dall’altra parte del Cremlino, la vetrina dei negozi GUM scintillava di luce. Alexei si avviò in quella direzione, ma si fermò quando sentì un rumore. Passi? L’eco che risuonava nella piazza vuota rendeva difficile capire da dove provenissero. Prima che potesse comprendere, una donna uscì dell’oscurità. Non ebbe il tempo di evitarla, lei gli piombò addosso, facendo quasi cadere entrambi a terra.

    Alexei l’afferrò strettamente mentre recuperava l’equilibrio. Era come tentare di trattenere un giaguaro. Lei non disse una parola, ma spinse contro di lui con tutta la sua forza, il gomito diretto verso il suo viso. Istintivamente lui evitò il colpo, poi la fece ruotare finché la sua schiena fu contro il suo petto, e le serrò la bocca con la mano. Poté sentire il grido sorgerle nella gola mentre la premeva contro di sé. Se l’avesse lasciata andare, gli avrebbe spaccato i timpani.

    «Se urli ancora» disse con freddezza al suo orecchio, «chiunque ti stia seguendo ti troverà. E non voglio finire nel bel mezzo di un litigio tra amanti.»

    Perché non aveva potuto restarsene fuori dai guai, per una volta? Era tardi per il suo appuntamento, ma l’informatore poteva ancora arrivare. C’era un grosso affare in ballo, per non parlare dell’anno di lavoro che gli era occorso per arrivare a quel punto. Mancare l’incontro per quella che probabilmente era una rissa tra ubriachi non faceva parte dei suoi piani. Poteva tornare indietro subito e arrivare al museo in pochi passi.

    La voce della donna gli arrivò soffocata mentre lei cercava di scuotere la testa. Gli venne in mente che poteva essere una turista. Ce n’erano parecchi a Mosca in quel periodo, a differenza del passato. Ripeté l’avvertimento in inglese e sentì, dal suo respiro, che aveva visto giusto. Avrebbe potuto parlare anche in tedesco, francese o polacco, ma l’inglese era la lingua più diffusa. «Non voglio farti male» aggiunse. «Ma se gridi ti troverà. Capisci?»

    Lei fece un piccolo cenno di assenso mentre lui la faceva girare tra le braccia. I suoi occhi fumosi rilucevano nella luce riflessa del negozio. Il cappuccio le era caduto indietro, rivelando i capelli neri raccolti in una folta coda. Aveva lineamenti fini, delicati, sebbene il gomito che gli aveva puntato contro fosse stato tutt’altro che debole. Era forte, quella donna. Forte e delicata insieme. Alexei le tolse con cautela la mano dalla bocca. La sua espressione era ancora impaurita, ma non urlò.

    «Ti prego, aiutami» lo implorò, avvolgendosi le braccia intorno al corpo per difendersi dal gelo di fine aprile. «Non lasciare che mi prendano!»

    Americana.

    Non avrebbe dovuto esserne sorpreso, tuttavia qualcosa in lei era del tutto inaspettato. Come: cosa ci faceva una donna americana che non parlava russo in giro da sola nella Piazza Rossa all’una di notte?

    Non farti coinvolgere, Alexei.

    Scacciò la voce per concentrarsi su di lei. «Non lasciare che ti prendano, chi? Le autorità? Se hai fatto qualcosa di illegale, non posso aiutarti.»

    «No» rispose lei guardandosi intorno. «Niente di simile. Sto cercando mia sorella e...»

    Grida rabbiose risuonarono nella piazza e lei d’istinto si lanciò nella notte come se fosse stata investita da un colpo di cannone. Alexei la raggiunse in tre passi, afferrandola per il braccio e facendola girare. «Da questa parte» le indicò, spingendola verso l’angolo del negozio.

    «C’è troppa luce, possono vederci.»

    «Appunto.»

    I passi risuonarono sul selciato, verso di loro. Avevano solo pochi secondi prima che gli uomini scendessero nella piazza. La neve scivolosa li avrebbe rallentati, ma non di molto. Alexei spinse la donna contro una delle vetrate e lei emise un suono di protesta.

    «Mettimi le gambe intorno.»

    Lei si accigliò. «Lasciami andare. Tu non mi stai aiutando affatto...»

    «Come vuoi, maya krasavitsa» rispose lui tirandosi indietro. «Buona fortuna.»

    «No, aspetta» gridò lei come lui si allontanò.

    Alexei si fermò, e lei sospirò.

    «D’accordo, farò come dici.»

    Alexei le fece un sorriso tutt’altro che amichevole. «Spaciba. Dobbiamo sembrare amanti, d’accordo? Passami le gambe intorno ai fianchi» ripeté spingendola contro la vetrata e sciogliendole i capelli. Lei gli passò le braccia intorno al collo, obbedendo senza più replicare. Alexei le afferrò le natiche, spingendosi contro di lei. Il suo cappotto era lungo e nascondeva i corpi alla vista. Chiunque li vedesse da dietro, avrebbe pensato che stessero facendo sesso.

    La donna emise un gemito quando lui spinse con più forza contro il suo punto sensibile, e il suono irruppe nelle sue vene come una sorsata di vodka. Non importava che volesse il contrario, il suo corpo stava reagendo. Lei era piccola, morbida, e odorava come l’estate negli Urali, un misto di fiori, luce solare e acqua fresca. La collera lo pervase. Quella donna gli stava facendo ricordare, lo stava facendo sentire. Lui non voleva sentire, non aveva posto per le emozioni, che ti facevano sentire debole, avevano il potere di distruggerti. «Baciami» ringhiò quando i passi si fecero più vicini. «E fai in modo che sia credibile.»

    Paige chiuse gli occhi dinanzi a quell’oscuro straniero che la stringeva così intimamente. Mio Dio, come aveva fatto a cacciarsi in un guaio simile? Avrebbe dovuto andare dritta da Chad non appena aveva scoperto che Emma era scomparsa. Ma aveva pensato che sua sorella aveva soltanto dimenticato che ora fosse. E lei non voleva disturbare la serata del suo capo, quando lui era stato così gentile da permetterle di portare Emma in viaggio.

    Chad Russell era uno degli scapoli più ambiti di Dallas. Era fantastico, affascinante e ricco. E lei era la sua segretaria. O almeno, lo era per quel viaggio, dato che la segretaria esecutiva non poteva viaggiare in aereo per più di tre ore, secondo gli ordini del medico. Mavis aveva un problema di coagulazione del sangue che non le consentiva di volare a lungo, così Paige aveva preso il suo posto quando Chad aveva scelto una sostituta per quel viaggio. Ne era stata entusiasta, e decisa a fare del suo meglio, dal momento che era stata scelta tra altre colleghe con più esperienza.

    No, Chad era già abbastanza occupato senza bisogno che si accollasse il problema di Emma. Era lì per concludere un affare importante, non per andare alla ricerca di una ventunenne irresponsabile. E Paige era lì per dimostrare che poteva assumersi più responsabilità e che era una risorsa per la Russell Tech. Ultimamente aveva anche pensato che Chad potesse essere interessato a lei più che come a una semplice impiegata. Aveva cercato di non fare voli di fantasia, ma lui l’aveva invitata fuori a pranzo un paio di volte, e le aveva chiesto della sua vita, di sua sorella, di cose che esulavano dal lavoro. Il suo cuore aveva martellato per tutto il tempo: Chad era tutto quello che lei pensava fosse attraente in un uomo. Si era presa una sbandata per lui fin dalla prima volta che lui era entrato in ufficio e le aveva sorriso, due anni prima. Fino ad allora, tuttavia, non aveva mai pensato che fosse qualcosa più di una sciocchezza. Quella notte, avrebbe dovuto seguire il suo istinto e chiedere aiuto a Chad. Ma era così abituata a risolvere da sola i suoi problemi che aveva deciso di trovare Emma per conto suo. Ora si sarebbe presa a calci.

    «Non c’è tempo da perdere» grugnì lo sconosciuto. La sua voce era profonda, ricca, la rotazione delle vocali nel suo accento era bellissima. Non aveva una forte accentazione, ma era decisamente russo.

    Il cuore di Paige fece una capriola quando lui la strinse di più. Doveva trovare Emma, ma prima doveva sopravvivere ai prossimi minuti. E, per farlo, doveva obbedirgli. Che altra scelta aveva? Gli uomini da cui era fuggita erano molti più di loro, e se l’avessero presa di nuovo, non sarebbe più riuscita a scappare. Non aveva idea di cosa volessero. Si era allontanata troppo dall’albergo, perdendosi, e si era imbattuta in quegli individui che l’avevano spaventata. Avevano bevuto, e non erano disposti ad aiutarla. Almeno, non gratis. Rabbrividì al pensiero del gigante biondo dalle mani enormi che le aveva detto con un pesante accento russo che l’avrebbe aiutata se l’avesse baciato. Poi aveva riso e gli altri lo avevano imitato. Il suono cupo le aveva fatto rizzare i peli delle braccia. E quando l’aveva afferrata aveva gridato. Aveva guadagnato un po’ di tempo con un calcio bene assestato all’inguine, poi si era data alla fuga.

    Non sapeva perché adesso credesse che questo uomo la stesse aiutando. Ma la cosa positiva era – o almeno era il male minore – il modo in cui i suoi sensi reagivano al contatto intimo tra loro; anche attraverso gli spessi strati dei vestiti il suo cuore martellava, i suoi nervi formicolavano. Voleva sapere chi era, perché la stava aiutando, ma non c’era tempo per le domande. Gli occhi grigio ghiaccio dello sconosciuto si posarono su di lei, esortandola alla complicità. Il battito pesante degli stivali sul selciato si faceva sempre più vicino.

    Per un attimo Paige chiuse gli occhi e fuse le sue labbra con quelle di lui. All’ultimo momento decise che avrebbe tenuto la bocca chiusa. Non c’era ragione di baciarlo davvero. Quel contatto era sufficiente per ingannare gli uomini. Ma lo straniero non lo permise. La sua lingua le scivolò lungo la fessura delle labbra. Annaspò al calore e alla sorpresa di quel movimento, e quel piccolo sussulto era tutto ciò di cui lui aveva bisogno per insinuarsi all’interno. Il cuore di lei impazzì quando lui la baciò con una tale destrezza che le avrebbe fatto tremare le ginocchia se avesse avuto i piedi appoggiati a terra.

    Sapeva di brandy e di menta, così virile e così forte, e lei era sorpresa di come i suoi sensi fossero illanguiditi. Non era Chad, non era l’uomo su cui aveva fantasticato negli ultimi due anni, ma avrebbe voluto perdersi nel suo abbraccio, voleva vedere che tipo di magia sarebbe stato capace di fare se fossero stati nudi e soli. A parte il fatto che non aveva la minima idea di come potesse essere la magia con un uomo. Durante gli ultimi otto anni, aveva avuto una sola esperienza sessuale, e non c’era stato nulla di magico da raccontare. Essere diventata l’unico genitore di una sorella quando aveva solo

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