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Storie in nero
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E-book231 pagine3 ore

Storie in nero

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Info su questo ebook

Perché storie in nero? Il nero è il colore delle tenebre. Un'oscurità che avviluppa le vicende che vengono narrate, o molte altre ancora, le cui caratteristiche prendono forma dal grumo oscuro che alberga nella mente di chi tali vicende le vive senza saperle gestire se non per mezzo del delitto.
Questi racconti hanno tutti la radice comune della realtà, seppure in parte alterata per esigenze letterarie. Una serie di racconti noir, ove il mistero e la realtà si fondono per trovare una dimensione unica ed un rifugio immaginario nella mente di chi legge.
 
LinguaItaliano
EditoreAbel Books
Data di uscita24 feb 2017
ISBN9788867521807
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    Anteprima del libro

    Storie in nero - Elena Morelli

    Elena Morelli

    STORIE IN NERO

    Abelbooks

    L’immagine di copertina è una tela dell’autore.

    Proprietà letteraria riservata

    © 2017 Abel Books

    www.abelbooks.net

    abelbooks@hotmail.com

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.

    Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    AbelBooks

    Via Milano 44

    73051 Novoli (LE)

    ISBN 9788867521807

    Indice

    PREFAZIONE DELL’AUTORE

    UNO STRANO CASO

    LA BAMBOLA

    INCONTRI

    DUE VITE

    PECCATORI

    DELITTO IN PINETA

    NOZZE AMERICANE

    UN BEL VIAGGIO

    VITO

    L’AUTRICE

    PREFAZIONE DELL’AUTORE

    Perché storie in nero? Il nero è il colore delle tenebre. Un’oscurità che avviluppa le vicende che vengono narrate, o molte altre ancora, le cui caratteristiche prendono forma dal grumo oscuro che alberga nella mente di chi tali vicende le vive senza saperle gestire se non per mezzo del delitto.

    Questi racconti hanno tutti la radice comune della realtà, seppure in parte alterata per esigenze letterarie.

    UNO STRANO CASO

    Il treno delle 21.30 per Monaco di Baviera procedeva velocemente nel buio della sera, in un intermittente stridore di rotaie e crepitanti sussulti. Un vociare gioioso, soverchiante lo sferragliare del treno, echeggiava nel compartimento affollato di giovani gitanti, intenti ad intrecciare tra loro scherzi e giochi fragorosi dettati dall’esuberanza dell’età e non solo da quella, come denunciavano le numerose lattine di birra vuote sparse un po’ dovunque. Marco sedeva silenzioso nel sedile a fianco del corridoio. Tutto quel vociare e quelle risa non gli appartenevano. Era distante mille anni luce da loro. Altre cose roteavano nella sua mente tenendolo lontano da quanto gli succedeva dintorno. Sperava di aver calcolato tutto con esattezza. Non ci dovevano essere errori od omissioni, altrimenti sarebbe stata la fine. Ogni cosa era stata stabilita ed ora non sarebbe più tornato indietro. Era determinato a dare un taglio netto a quella storia e non vedeva altra via d’uscita. Solo togliendo di mezzo la causa di tutti i suoi tormenti, avrebbe riacquistato la pace, quella pace che lei, Stefania, tanto impietosamente gli aveva sottratto.

    §§§

    Stefania De Nardis. L’aspetto a volte può non trovarsi in sintonia con l’interiorità. Stefania era bella ma sapeva anche essere crudele. Almeno con lui lo era stata. E poi perché, si chiedeva incessantemente? Lui la aveva amata, con una dedizione assoluta, totale, come mai gli era accaduto con nessuna altra donna. Ma era stato malamente ricambiato. È pericoloso prendersi gioco di un cuore innamorato, e lei si era presa gioco di lui, con sottile perfidia, incurante delle pene che poteva infliggergli. Ma doveva scontarlo tutto quel male fattogli.

    Con lei era stata una esplosione fulminea, tanto coinvolgente da annullare all’istante nel suo cuore ogni altra presenza femminile. Marco, totalmente preso da quell’amore così dirompente, così esclusivo, all’inizio non aveva dato troppo peso alla stranezza del suo carattere, all’incostanza, all’ ambiguità che spesso lei dimostrava nei loro rapporti. Aveva attribuito quel suo modo di essere ad una tattica amorosa, ad una certa astuzia tutta femminile tesa ad accrescere il desiderio dell’uomo e legarlo più a sé. Stefania era una donna dallo charme indiscutibile. Una bellezza bruna, sensuale, in grado di catturare al suo passaggio tutti gli sguardi, soprattutto maschili. Ma oltre all’aspetto fisico di tutto rispetto, possedeva anche una mente lucida, penetrante, ed una sicura intraprendenza che le avevano valso una rapida affermazione nell’ambito della Società finanziaria, la F.I.P. (Financial Italian Partnership) filiale italiana di un'importante società con sede a Filadelfia, negli USA, in cui entrambi lavoravano, giungendo a ricoprire un ruolo dirigenziale di notevole rilievo. Esperta altresì nell’arte della seduzione, era stata lei a fare il primo passo. Spesso per una persona navigata l’innocenza costituisce un richiamo allettante. Non che Marco non avesse avuto anche lui le sue storie, ma sempre con ragazze della sua età e come lui ancora poco esperte di quelle tattiche e finzioni che con l’amore vero hanno poco a che spartire. L’avvenenza, la sicurezza di sé e non ultimo il fascino che su di un subordinato può esercitare, in campo lavorativo, un superiore, avevano svolto su Marco un ruolo determinante, infiammandolo di un sentimento unico ed esclusivo. E così era nato, nel loro luogo di lavoro, quel legame fatto di alti e bassi, di attrazione e ripulsa, di cinismo e di abbandono.

    Nessuno era al corrente di quella storia. Solo con Barbara, la sua segretaria, Stefania amava talvolta intrattenere rapporti meno distaccati di quelli suoi abituali, facendola oggetto spesso di confidenze, specie nei momenti in cui le era necessaria una valvola di sfogo. Barbara non ignorava, e tacitamente disapprovava, la disinvoltura con cui Stefania amava destreggiarsi, non solo nelle relazioni interpersonali ma anche lavorative, scalzando, con mezzi spesso poco ortodossi, possibili ostacoli alla sua escalation professionale. Non le era affatto sfuggito come, negli ultimi tempi, il rapporto di Stefania con Marco si fosse affievolito, se non del tutto estinto. Lei aveva simpatia per quel ragazzo, dall’aspetto fine e delicato, ma a parer suo piuttosto sprovveduto nelle cose d’amore ed irretito nelle spire di un gioco più grande di lui.

    Marco le era subito piaciuto, ed anche tanto. Così diverso dai soliti donnaioli a caccia di avventure di un giorno o poco più. Aveva sperato che qualcosa potesse nascere tra di loro ma aveva trovato in Stefania una rivale imbattibile, in possesso di armi tanto affilate da non poterle tener testa. Era stato un boccone amaro da mandar giù ma ne aveva saputo fare una ragione. Ora però il vederlo aggirarsi nei locali dell’ufficio con lo sguardo perso nel vuoto, con la pena dipinta sul volto, la faceva star male. Perché Stefania e non lei? Avrebbe ben saputo dagli quello che l’altra gli negava. La tenerezza, la comprensione, l’affetto. Ma a volte il destino decide per noi e le sue strade sono imperscrutabili.

    Marco era spesso ricorso a Barbara per vedere Stefania. Si era arrivati ora al punto in cui l’Ufficio era rimasto l’unica possibilità di incontro e di dialogo, ed ora anche l’accesso a questo gli veniva precluso. Stefania aveva dato ordini ben precisi alla sua segretaria. Nessuno doveva entrare da lei senza il suo permesso. Marco era ricorso a ogni possibile espediente: lettere, messaggi, telefonate, ma tutto era caduto nel vuoto. Stefania era divenuta lontana ed irraggiungibile. Il trastullo aveva perso il suo fascino ed uno nuovo lo stava probabilmente sostituendo.

    Da qualche mozzicone di frase che a volte Barbara si lasciava scappare, Marco lo aveva un poco intuito.

    §§§

    I ragazzi del compartimento, esaurita la loro carica vitale, si stavano lentamente assopendo. Dinnanzi a Marco una ragazza, ancora sveglia, lo andava osservando con evidente interesse, lasciando scivolare lo sguardo sul suo abbigliamento sportivo e le sneakers color crema ai piedi. Pur nel breve tempo a disposizione, lui aveva previsto tutto, calcolato tutto. Sarebbe sceso alla prossima fermata di Arezzo e poi tornato a Roma col primo treno perché il mattino seguente, all’alba, doveva, come d’abitudine, trovarsi inderogabilmente al parco antistante casa, per lo jogging con il suo amico Mario. Era questo il suo alibi.

    Lo aspettava una notte insonne. Ma d’altronde come avrebbe potuto dormire? La ragazza continuava a guardarlo. Marco era un bel ragazzo e faceva presa sulle donne. Aveva notato quegli occhi puntati su di lui, ma non si trovava nello stato d’animo di dar peso ad altro che non fosse ciò che si era proposto. Doveva essere lucido, per portarlo a termine. Distolse lo sguardo dalla ragazza e guardò l’orologio: le 22. Era quasi l’ora. Vista non ricambiata la sua attenzione, anche la ragazza aveva ceduto al sonno. Era il momento. Non voleva testimoni alle sue mosse.

    §§§

    Quel venerdì mattina Marco, preso il coraggio a quattro mani, cautamente, si era portato dinanzi all’ufficio di Stefania. Non volendo, riuscì ad afferrare quanto veniva detto. Stefania, in procinto di partire per il week-end, chiedeva a Barbara conferma dell’avvenuta prenotazione, sul treno della sera per Monaco di Baviera, di una cabina letto. Uscita Barbara, Marco irruppe d’impeto nella stanza. Stefania lo accolse con un’occhiata che non lasciava presagire nulla di buono.

    Cosa vuoi? Non sai che bisogna farsi annunciare per parlare con me?

    A questo punto siamo. Farsi annunciare! Sono forse un estraneo per te? Dimmelo allora che sono divenuto un estraneo. Abbi il coraggio delle tue azioni.

    Non devo rendere conto a nessuno di quello che faccio, tantomeno che a te.

    Marco, al culmine della rabbia avrebbe volentieri afferrato il portapenne per scagliarglielo contro. Ma si impose la calma. L’ira è cattiva consigliera ed ora reputava fosse più conveniente insistere sulle corde del sentimento. A fatica mise a tacere l’ultimo residuo di orgoglio che ancora gli restava.

    Stefania, perché mi tratti così? Cosa ti ho fatto? Ti ho forse offesa in qualche modo? Se sì, dimmelo, cercherò di rimediare anche se non vedo come possa averlo fatto. Lo sai che ti amo. Ti ho sempre amato con tutto il cuore. Non posso vivere senza di te. Ti prego, non mi lasciare. Non darmi questo dolore.

    Non mi hai fatto niente Marco. Se proprio vuoi saperlo, sarò sincera. Mi sono stancata di te. Tutte questo sdolcinatezze, queste svenevolezze, non fanno per me. Ho bisogno d’altro. Voglio un uomo vero. Un uomo tutto d’un pezzo, che mi sappia tener testa. Credo di averne trovato uno e stasera andrò a raggiungerlo. Tra noi è finita, perciò stammi alla larga.

    Lo prese per un braccio e lo accompagnò alla porta.

    Marco era paralizzato. Un uomo vero. Voleva un uomo vero. E lui non era forse un uomo? Lo riteneva dunque una donnicciola? Dopo quello che c’era stato tra di loro? Non poteva crederci. Non si aspettata una reazione del genere. Perfida era, perfida e malvagia. E lui che si era pure umiliato a supplicarla. Che stupido. Lì fermo nel corridoio offriva di sé un’immagine davvero penosa. Non sapeva se reagire a queste offese o rassegnarsi. Ma no, non poteva accettare. Tutto il suo orgoglio di uomo si ribellava a tanta arroganza, a tanta insensibilità. Un pensiero lo colse improvviso. Vendicarsi, sì doveva vendicarsi. Far pagare a questa dannata donna tutte le pene che gli aveva inflitto.

    Entrò nella stanza di Barbara.

    Cosa è successo Marco, sei fuori di te!

    "Sì, sono fuori di me, e tu devi saperlo il perché!

    Ma io…veramente…

    No, non fare la gnorri, so bene che sei al corrente di tutte le malefatte della tua Capa.

    Ma che dici? Quali malefatte? Tu stai delirando!

    No, dico la verità e tu lo sai bene. Senti Barbara, noi siamo amici. Io ti voglio bene e ti stimo. Tu sei diversa. Aiutami. Fammi questo piacere. Dove va Stefania questo week-end? Dimmelo, non mentire. Lo so che c’è un uomo nuovo nella sua vita, me lo ha detto lei stessa con tutta la perfidia di cui è capace.

    Te lo ha detto lei? E perché mai? Sì, lo so, Stefania è una donna dura, non guarda in faccia a nessuno ed a volte non so neanche io come faccio a sopportarla. Non approvo certi suoi comportamenti. Ma perché poi dovrei dirtelo? Lo sai che non posso. Non voglio incorrere nelle sue ire se venisse a saperlo.

    Barbara, ti prego. Tu mi capisci. Voglio solo seguirla per appurare la verità. Se è vero che ha un nuovo amore o se mi ha mentito solo per togliermi di mezzo. So che le hai prenotato una cabina letto. Dimmi il numero e l’ora della partenza.

    Come lo sai?

    L’ho udito alla porta, prima di entrare da Stefania. Le voci erano chiare anche se basse

    Ma Marco, sono vincolata al segreto d’ufficio. E poi perché vuoi saperlo? Hai forse in mente qualcosa, qualcosa di …no, non voglio neppure pensarlo.

    Te lo giuro. Voglio solo seguirla per appurare la verità. Se è vero che un nuovo amore ha trovato posto nel suo cuore o se mi ha mentito solo per liberarsi di me.

    Non dovrei farlo, ma voglio accontentarti, se questo può rasserenarti un po’. Promettimi però di usare ogni cautela, di non fare nulla di insensato, altrimenti io potrei andarci di mezzo.

    Te lo prometto.

    Barbara si era decisa a rivelargli l’orario di partenza ed il numero dalla cabina letto del treno per Monaco di Baviera. Sperava in cuor suo di acquistare dei punti di gradimento in più nel cuore di Marco, ma se si fosse poi sbagliata?

    §§§

    Marco si alzò ed uscì dal compartimento. Si diresse più avanti, là dove si trovavano i vagoni letto. La cabina era la n. 125, come gli aveva rivelato Barbara. Al secondo vagone la trovò. Il corridoio era vuoto. La gente probabilmente si era già addormentata. Esitò. Per un attimo fu tentato di mandare tutto all’aria. Era il caso di farlo? Di andare incontro ad una miriade di guai, di rovinare la sua vita, se lo avessero scoperto? Ma no, aveva calcolato tutto a puntino e poi lei non doveva passarla così liscia. Meritava una lezione. Doveva capire che lui era un essere umano e che gli esseri umani non sono nati per essere i suoi zerbini, i capri espiatori del suo maledetto carattere. No, doveva agire.

    Bussò. Nessuno rispose. Provò ancora una volta senza risultato. Girò la manopola e la porta si aprì.

    §§§

    Marco era rientrato nel compartimento. I ragazzi erano ancora immersi in un sonno profondo. Si sedette al suo posto. Il cuore gli batteva all’impazzata. Rivoli di sudore gli scorrevano dalla fronte sino alle gote e su tutto il volto si era diffusa una colorazione paonazza. Doveva calmarsi. Non pensava che le cose avrebbero preso quella piega. E come poteva? Niente lasciava presagire quello che sarebbe accaduto D’altronde però non cercava vendetta? E vendetta aveva comunque ottenuto. La ragazza di fronte si era intanto svegliata e lo stava osservando incuriosita. Lo avvolse in una lunga occhiata indagatrice per soffermarsi poi sulle sue sneakers chiare. Marco non seppe nascondere un moto di fastidio. Non voleva essere guardato. Non ora che il suo viso poteva far trasparire tutto l’orrore di quel che era accaduto. La ragazza, visto il suo disagio, prontamente chiuse di nuovo gli occhi.

    Marco guardò l’orologio. La prima fermata era ormai prossima. Tra breve sarebbe sceso per far ritorno a Roma.

    §§§

    Il lunedì seguente la F.I.P. era sconvolta da una grande agitazione. Vocii convulsi, scambi di opinioni, interrogativi che echeggiavano nell’aria rimbalzando da una persona all’altra. Come poteva essere accaduto? Già dal sabato precedente si era diffusa la notizia. I mezzi di informazione non aveva tardato a darne una vasta eco.

    Stimata dirigente di una nota società finanziaria trovata uccisa con un’arma da taglio in una cabina letto del treno per Monaco delle 21.30 di venerdì scorso. Non si conoscono ancora i motivi del delitto. La polizia sta indagando.

    Marco ascoltava in silenzio i commenti dei colleghi senza prendervi parte. Fingeva di occuparsi del suo lavoro ma ogni suo senso era teso a cogliere il più piccolo indizio, la più piccola parola che potesse eventualmente ricondurre alla sua persona. Ma nessuno pareva far caso a lui. Solo Barbara, consapevole di quel che poteva essere accaduto, lasciava trapelare, guardandolo, tutta la sua riprovazione. Barbara. Un tassello che faceva acqua. Lei sapeva. Perché non ci aveva pensato? La reputava del tutto innocua, affidabile. Non lo avrebbe di certo tradito. Ma ne poteva esser certo? Cosa poteva trattenerla da non rivelare il suo segreto? Forse il suo amore per lui? Marco contava su questo. Non gli era in passato sfuggito, da qualche sguardo appassionato, da qualche parolina di troppo, il sentimento che lei nutriva nei suoi confronti. Ma sarebbe bastato?

    §§§

    Nel mezzo della mattinata l’Ispettore Capo Gabriele Scotti, scortato da due agenti di polizia, fece il suo ingresso nella Financial Partnership, chiedendo un colloquio con la segretaria di Stefania De Nardis, la donna trovata uccisa sul treno per Monaco. Dai documenti che le avevano trovato nella borsa risultava il nome della Società dove lavorava. Ci siamo, Marco pensò, non senza un fremito di terrore. È arrivato il momento della verità. Gli agenti si trattennero per circa un’ora nell’ufficio di Barbara, sottoponendola ad un fuoco di fila di domande. Ogni possibile notizia sull’uccisa, le sue frequentazioni, il passato ed il presente, eventuali rivalità nell’ambito di lavoro. Barbara fu molto generica nelle sue risposte. Disse poco o niente, omettendo quei particolari che potessero indirizzare dei sospetti su Marco o mettere in cattiva luce la defunta, cosa peraltro che qualcuno non avrebbero forse esitato a fare. Per un senso di riguardo, ora che era morta, riteneva di non doversi troppo accanire contro di lei. Comunque nessun altro, almeno credeva, era al corrente della storia tra Stefania e Marco. Erano stati entrambi bene attenti a non farsi scoprire. L’ispettore Scotti, uomo dal fine intuito, ben avvezzo a casi del genere e per questo sempre all’opera quando se ne verificava il caso, prese nota di tutto quanto gli venne riferito e poi se ne uscì con la sua scorta.

    Barbara quella sera stessa aveva atteso Marco all’uscita. Riteneva fosse necessario un chiarimento tra di loro. Vedendosela inaspettatamente di fronte, Marco ebbe un sussulto. Presagiva qualcosa di brutto. Poi si ricompose e la fece accomodare in macchina per recarsi in un luogo più appartato, dove poter parlare al di fuori da sguardi indiscreti.

    Si avviarono poco fuori città, là dove i caseggiati della periferia. Lasciano il posto a piccole radure cosparse qua e là da pochi arbusti e qualche rado albero. Marco fermò la macchina. La zona era immersa in una fitta oscurità e priva di presenze umane, ma bisognava avere un chiarimento e quello era il luogo adatto.

    Marco, perché? Perché lo hai fatto? Barbara prese per prima, con foga, la parola.

    "Fatto cosa? Io non ho fatto proprio nulla. Lo so che tutto congiura contro di me, ma credimi … le cose sono

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