Amanda (Madame Belard Saga)
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Amanda (Madame Belard Saga) - Giovanni Rispo
cuore
I
Amanda era una ragazza solare e socievole, studentessa modello in criminologia era sempre stata affascinata dalla possibilità che ogni piccolo gesto possa rivelare qualcosa della personalità di qualcuno. I suoi studi la portavano spesso a ragionare su cose a lei impensabili e nell'ultimo periodo era rimasta talmente impressionata dai delitti a sfondo esoterico da voler a tutti i costi fare una tesi di ricerca sulle cosiddette sette sataniche.
Non condivideva quanti, a cui raccontava l'argomento della tesi, consideravano gli autori di quei delitti dei dementi e degli inetti, per lei erano persone che credevano in qualcosa e che non riuscivano a comprendere che quel qualcosa era male, male assoluto. Era rimasta affascinata da questi riti sin dalla prima lezione di esoterismo, tenuta nella propria università. Il suo fascino, però, era puramente accademico e come non condivideva lo scetticismo delle persone, così non condivideva quella pratica barbarica del sacrificio umano in favore di un qualche Dio sconosciuto. Nè credeva che affogare i problemi della vita nei culti religiosi fosse la miglior via.
Eppure, la sua vita le aveva riservato molte sorprese, ma la più grande fu quella che ebbe qualche mese prima quando la sua relazione terminò in modo molto brusco.
Roberto era stato da molto tempo l'unica ragione della sua vita, si erano conosciuti in un bar da amici in comune e chiacchiera più e chiacchiera meno i loro cuori si unirono in un legame indissolubile, erano come un unica persona, quando lei incominciava una frase lui la finiva, erano culo e camicia, come si suol dire. Ma come le cose brutte finiscono, così quelle belle finiscono ancora più in fretta. Non riusciva più a toglierselo di testa, l'istante in cui la loro relazione naufragò.
Era il compleanno di lui e lei aveva passato tutta la settimana a preparagli una festa a sorpresa, era persino riuscita a farsi dare le chiavi di casa da Marco, amico e coinquilino di Roberto, così avrebbe potuto sistemare la casa per la sera. E così fece, nel primo pomeriggio si accertò che Roberto non fosse in casa e, dopo aver preso tutte le cose, si recò all'appartamento.
Entrò di soppiatto e proprio mentre stava per richiudere la porta d'ingresso, due voci divertite gli giunsero all'orecchio. Una era di Roberto, ne era certo, l'altra era una voce femminile. Mentre il suo cuore correva veloce, lentamente attraversò lo spazio che la separava dalla camera da letto.
«Roberto...s...sei tu?»
Ma alle sue parole non ci fu risposta. Aprì lentamente la porta della camera e trovò Roberto nudo sul letto che teneva tra le braccia una ragazza, e sembravano divertirsi di buon cuore.
«Buon compleanno...» disse ai due con aria sarcastica facendo cadere i pacchi che portava.
Ripensava molte volte a quella scena. Lui sul letto che teneva tra le braccia, con aria soddisfatta, quella donna. Il suo ricordo si soffermò più volte sul volto di lei...non avrebbe mai creduto che...!
Ma i suoi pensieri furono interrotti da uno squillo di citofono. Chi era? Per molto tempo aveva sperato che lui ci avesse pensato, che sarebbe andato lì a chiederle scusa, a dirle che era uno stupido che... ma in effetti quella era solo una remota e stupida speranza. Nei loro discorsi ne avevano parlato a lungo e sapeva come Amanda la pensava, il tradimento, è la cosa che più non tollero, gli aveva detto a più riprese, ma a pensarci bene, adesso, dopo tutto, avrebbe anche trovato la forza di perdonarlo.
Il citofono trillò nuovamente, lei si alzò dalla scrivania piena di scartoffie, chiuse il notebook sul quale stava lavorando e si recò a rispondere. Il cuore le batteva forte come quel giorno, guardò il display LCD in bianco e nero sul quale era stampata l'immagine di Rosa, la sua migliore amica.
Guardò per un istante il citofono, sapeva che non avrebbe ceduto, che sarebbe stata lì per tutto il giorno, al costo di sopportare il freddo del mattino di ottobre. Aveva evitato le sue telefonate da qualche giorno, e ora era lì sotto casa sua. Il citofono trillò di nuovo lei prese la cornetta e disse:
«Sali...» premendo il pulsante di apertura.
Il suo appartamento era al secondo piano di una palazzina tranquilla, un po' fuori mano ma dalla quale poteva accedere liberamente, grazie alle fermate di bus e metro, a ogni posto che voleva senza necessità di dover prendere l'auto. L'appartamento, composto da una camera da letto, una cucina ed un bagno, era piccolo ma accogliente, ben arredato e poco costoso. All'inizio il padre provvedeva al pagamento dell'affitto, ma il crescere le aveva portato una voglia di indipendenza che a sua volta l'aveva portata alla ricerca di un lavoro ed esattamente nella pizzeria da Gino, gestita da dei simpatici napoletani. Una buona paga e orari flessibili avevano fatto il resto, certo non le permetteva di affrontare tutte le spese che doveva affrontare, ma per lei era un inizio, si sentiva soddisfatta, felice e proprio quando la sua vita aveva gonfiato le vele e stava per salpare, ecco che il mare diventò mosso. Non poteva non pensarci, la sua mente la portava sempre lì a quella scena: la porta che si apre, lei che vede Roberto sdraiato fra le braccia...no, basta. Se lo ripeteva sempre ma tutte le volte inevitabilmente quel ricordo la flagellava.
Il campanello della porta bussò, solo allora si rese conto che stava lì ad attendere. Forse quella reclusione, quell’esilio, era involontario.
Aprì la porta e la trovò ad attendere: figura gracile, capelli corti, occhi marroni e sorriso prorompente. Passavano gli anni ma lei non cambiava, aveva visto Rosa superare ostacoli grossi come macigni ma mai abbandonare il sorriso, a volte voleva essere come lei.
«Allora ci sei...» le disse entrando in casa e chiudendosi la porta alle sue spalle.
«Scusa...ma...» tentò di dire Amanda.
«Caffè?» E senza attendere risposta prese moka e caffè e cominciò a preparalo, «Sai Marco è tornato».
«Ah, come sta?» chiese con aria vagamente interessata. Marco era come un fratello per lei, ma quella situazione la portava a rifiutare ogni tipo di affetto familiare.
«Meglio di te! Te lo assicuro, anche perché...» disse con la moka tra le mani e gli occhi fissi su di lei «...peggio è difficile esserlo».
«Rosa...!» disse con un sorriso stentato e le lacrime agli occhi
«Lo so è difficile ma piangersi addosso è inutile, questa storia ti sta distruggendo, è ora di uscire!».
«No, veramente ho bisogno di terminare questa tesi».
«Questa sera starai con noi, nella mia casa di campagna. Li ho riuniti tutti, stiamo con Marco e gli altri, ceneremo, ci divertiremo e passerai una serata fuori da queste mura maledette!».
«Non so...».
«La mia non era una richiesta, se non vieni non sarai più mia sorella».
A quel punto si sentì costretta ad accettare. Probabilmente Rosa aveva ragione, si era rinchiusa in quella dolce prigione per paura che il mondo l'avesse ferita, ma peggio di così non poteva andare, era ora di uscire.
«Togliti, lo preparo io» disse Amanda prendendo la moka dalle mani di Rosa, aveva ancora in mente l'ultima volta che aveva preparato del caffè, e non era un bel ricordo.
«Chi ci sarà?»
«Ti ho detto tutti, Marco, io, Alberto, tu e....»
«Non mi dire che ci sarà pure lei!»
«Linda è la sorella di Marco, si è quasi auto-invitata.»
«Questo cambia le cose!»
«Amanda, ti prego lei sarà lì, ma tu fallo per Marco!»
«Sarà molto difficile dopo che...»
«Se ti da fastidio le dico di non venire»
«No...non voglio che lei pensi che io...» con le ciglia aggrottate «non so se mi capisci!».
«Va bene».
La mezz'ora successiva passò tra una risata e l'altra, presero il caffè e Amanda si sentì come rinata. Forse aveva ragione erano mesi che non usciva per divertirsi, le uniche volte che lasciava l'appartamento era per lavoro, o per recarsi all'università, mangiava poco e quindi raramente aveva bisogno di andare al supermercato. Ad ogni modo nelle sue uscite evitava le persone conosciute e sorrideva raramente.
No ha ragione disse tra sé e sé mentre lei le raccontava del fratellino piccolo.
Si sentiva così viva che quasi le dispiacque che Rosa raccolse le sue cose e fece per andarsene.
«Ci vediamo stasera allora Amy?»
«Contaci, forse hai ragione tu!»
«Porta il pigiama che dormiamo lì.»
«Ok, lo porterò.»
«Però dimentica quelle pantofole con la faccia di Winnie the Pooh!».
«Le dimenticherò» disse ridendo di gusto.
«Ti voglio bene, ci vediamo stasera» replicò accompagnando quelle parole con un bacio sulle guance, poi se ne andò.
La casa era ritornata gelida e silenziosa. Tornò a sedersi al tavolo, guardò i libri e fece una cosa che sorprese se stessa. Li chiuse. Voleva preparare la torta all'arancia che l'aveva resa famosa.
II
Amanda entrò nell'appartamento, sentì delle voci, chiese chi era, aprì la porta...No, aveva deciso di uscire e avrebbe abbandonato quel pensiero, ma come avrebbe potuto? Quella