Due soli
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Demetrio Camilli, già giovane leader internazionale di estrema sinistra colluso con cellule terroristiche degli anni ’70 e ’80, conduce una vita apparentemente tranquilla di storico e filosofo accademico di fama internazionale e di docente prima alla Sorbona e poi a Berkeley.
Entrambi, soli splendenti nelle rispettive dimensioni professionali, pagano il talento ed il successo con una profonda personale solitudine.
I destini di Amedeo e Demetrio si incrociano in una escalation di avvenimenti che ripercorrono la storia recente dell’Italia e del Veneto e si sviluppano a San Francisco, a Berlino, in Nicaragua, in un arcipelago del Pacifico ed in una evocativa località della storia americana.
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Anteprima del libro
Due soli - Andrea Marion
I Sorrisi del Leone
45.
Andrea Marion
Due Soli
romanzo
Ogni riferimento a persone esistenti, o esistite, o a fatti accaduti, quando non riconducibili a fatti reperibili nella cronaca o nella storiografia, è da ritenersi casuale e frutto
della fantasia dell’autore.
Copertina di Andrea Marion e Renato Carlassara
1ª edizione: novembre 2019
2ª edizione: giugno 2021
Proprietà letteraria riservata
2019 © Piazza Editore
via Chiesa, 6 - 31057 Silea (TV)
Tel. 0422.1781409
www.piazzaeditore.it - info@piazzaeditore.it
e-mail dell’autore: marion_andrea@libero.it
ISBN 978-88-6341-229-1
Perché il giudizio universale
non passa per le case,
in casa non si sentono le trombe,
in casa ti allontani dalla vita,
dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.
Giorgio Gaber
1.
«Sir, sir, we are approaching the destination».¹
Infastidito, più per aver interrotto l’amplesso onirico in cui era impegnato che per una reale esigenza di riposo, gli si aprì solo l’occhio destro.
Mentre uno sbadiglio ristabiliva l’equilibrio barico del suo sistema, la noiosa vibrazione riprese:
«Please, lift your seat to the upright position».²
Dopo che la ritrovata visione anche dal lato sinistro gli riportò il senso della profondità delle cose, si sentì profondamente deluso nel trovare vuoto il sedile accanto al suo.
Della passeggera seduta vicino a lui sul volo AZ 4502 da San Francisco a Roma aveva notato la vistosa collana sull’abbigliamento casual quando, in ingresso al volo, l’aveva vista agitare verticalmente le braccia trafelata nel tentativo di sollevare fino alla cappelliera il bagaglio evidentemente troppo pesante.
Non aveva perso, come suo consolidato costume, l’occasione di entrare in gioco in modo apparentemente casuale, offrendo aiuto e ricevendone in cambio un sorriso di gratitudine. L’età della donna, che riusciva a collocare solo vagamente tra 40 e 50 anni, si era rivelata più per il portamento che attraverso il viso, abilmente truccato in omaggio ad una malcelata vanità.
Seduti accanto, per la prima parte del viaggio non era riuscito a trovare l’occasione per impostare un dialogo perché la signora aveva indossato le cuffie e si era messa in visione sul proprio tablet di un vecchio film in bianco e nero, nel quale lui aveva riconosciuto Gregory Peck vestito da prete in mezzo a gente orientale.
Non era riuscito a capire se l’impressione iniziale che lo aveva indotto alla curiosità potesse trasformarsi in vero e proprio interesse ad una nuova conquista. Si era tranquillizzato pensando che il viaggio sarebbe durato tredici ore e che avrebbe avuto altre occasioni per non lasciare intentata quella nuova ipotesi di seduzione.
A sua volta si era distratto giocando a scacchi sul piccolo video retrattile dal bracciolo, si era assopito più volte per brevi periodi interrotto dall’offerta di bordo di pasti e bibite e si era infine dedicato ai film onboard, ritrovando il giovane Richard Gere, impareggiabile American Gigolò, pagato per fare sesso con belle signore ricche.
Prima della conclusione del film si era addormentato, trovando felicemente nel sogno proprio quella signora seduta accanto a lui, che si sfilava la collana, si apriva la camicetta e invitava lui, in camice da medico, ad appoggiare una mano per misurare il battito del suo cuore.
La visita stava evolvendo in modo tanto coinvolgente quanto deontologicamente discutibile, quando l’idillio era stato interrotto perché avevano bussato alla porta ed era entrata nella saletta un’infermiera vestita da hostess che con tono gentile ma deciso gli aveva chiesto di rialzare il sedile.
Completato il risveglio, riposta la leggera coperta sotto il sedile di fronte e ‘smontato’ il cuscino da viaggio regginuca, fece una breve ricognizione visiva delle immediate vicinanze, senza successo.
Un libro di architettura medievale che sporgeva dalla tasca del sedile a lato gli riportò una smorfia di soddisfazione sul viso. Non poteva essere altrimenti, che sciocco sono - pensò - e dove poteva mai essere andata?
Si conosceva bene. Era una sua debolezza da molto tempo, ma solo con la maturità era riuscito a razionalizzare il suo strano modo di rapportarsi di primo acchito alle donne. Cominciava sempre con lo stesso pensiero, rivolto alla sua successiva potenziale conquista, di donne il mondo è pieno, ma come lei nessuna!
, che era diventato un suo ritornello frequente.
Poi veniva la parte per lui più coinvolgente, la storia di passione vissuta integralmente con la nuova fiamma, ma solo nella fantasia. Eroe della Marvel per maggiorenni, grandi doti, difetti zero.
Spesso finiva lì, il destino lo lasciava al palo. Ma la ruota lui la faceva girare e, con un po’ di fortuna, l’occasione arrivava. Il successo già ottenuto nella versione a fumetti riduceva la sua carica e lo rendeva per certi versi più contemplativo, attendista, persino tattico. E così riusciva ad essere, oltre che a mostrarsi, apparentemente distaccato dalla necessità di portare a termine la nuova conquista. Ribaltava il gioco, aiutato da quel latente, non dichiarato, desiderio di emancipazione anche sentimentale delle donne moderne, almeno quelle interessanti ai suoi occhi. Si offriva come potenziale conquista, al prezzo di un minimo di dedizione, della loro miglior disposizione alla seduzione, del baratto di un po’ della loro altera femminilità con una nuova ipotesi di sperimentazione del piacere carnale.
L’intrigante signora tornò a sedere, allacciò la cintura, compensò portando elegantemente la mano ad esercitare una leggera pressione sul naso e poi davanti alla bocca per celare uno sbadiglio, rimanendo ritta in evidente tensione per l’approssimarsi dell’arrivo.
L’atterraggio fu regolare. Al segnale di fermata, ben allenato alle occasioni, si offrì subito di scaricare il bagaglio della signora dalla cappelliera. Lei ringraziò con un sorriso ancora più convincente del primo, mise nella borsa il voluminoso libro e altre minuzie, ma, nel chiudere il portafoglio nel quale aveva riposto la carta d’imbarco, le caddero una decina di biglietti da visita, che lei senza indugio raccolse, dimenticando però quello che si era depositato vicino alla scarpa di lui.
Da conclamato campione dell’ars, disdegnò di prenderlo, anzi lo coprì parzialmente con una lieve mossa del piede, per poi impossessarsene non appena la signora si accomiatò con un gentile «La ringrazio ancora e le auguro un buon rientro a destinazione».
Magda Castiglia, M.A., Ph.D.
Medieval Arts and Architecture
via S. Leopoldo 146, Vicenza, Italy
Amedeo ebbe la riprova una volta ancora di come il destino possa essere il miglior amico dell’uomo, se aiutato. Avrebbe ritrovato quella attraente signora vicentina nel volo per Venezia, nel giro di due ore e quarantacinque minuti…
Nel frattempo avrebbe chiamato il dirigente generale Lardoni e avrebbe fissato con lui l’agenda degli incontri della settimana successiva a Roma, al Viminale e alla Farnesina. Il viaggio in California gli aveva permesso di confermare alcune ipotesi investigative su Demetrio Camilli. Un suo dossier riservato era già stato spedito in forma criptata sia all’Interpol che ai vertici dei servizi antiterrorismo del governo italiano, ma, come sempre, avrebbe ricevuto istruzioni definitive sul da farsi solo a voce.
«Ehi, ciao Cacio, non sei andato a scuola oggi?»
«Ciao papà. No, c’è sciopero dei professori. Tu dove sei?»
«In aeroporto a Roma, tra mezz’ora mi imbarco per Venezia, ci vediamo da voi dopo pranzo, arriverò verso le tre».
«Allora poi mi porti a vedere il film degli Avengers?»
«Prima mi dici che voti hai preso nelle ultime due settimane e poi vediamo. Hai fatto il bravo?»
«Abbastanza. Ho anche inventato qualche barzelletta che è piaciuta tanto a Jacopo che è seduto a fianco a me. Te ne racconto una?»
«Solo se è veloce…».
«Papà, sai come si chiama il più famoso venditore di frigoriferi del Veneto?… Tessaro Alfredo!»
«Ah, ah ah, sempre il solito, usi anche il dialetto quando vuoi far ridere, eh. Scrivilo nel diario, che sennò te lo dimentichi. E Loriana c’è oggi?»
«No, ha detto che si ferma a Padova a studiare, non torna».
«Vabbè, la chiamerò… ora devo andare, a dopo».
Amedeo Martoni, nella vita commissario di polizia criminale in servizio a Padova, aveva due figli, Loriana, nome scelto da lui, e Carlo Giovanni, con quei due nomi voluti dalla madre che lui aveva subito ridotto a Cacio. Erano nati rispettivamente venti e dodici anni prima dal suo matrimonio, durato nove anni.
Loriana era cresciuta con il papà presente e aveva potuto eleggerlo a suo eroe per alcuni anni prima di maturare altre convinzioni. Cacio era invece arrivato poco prima che il matrimonio con Maura terminasse sotto i colpi delle incontinenze di Amedeo. Incontinenze d’umore, di superbia, di gola, di lussuria, perfino d’accidia, a cui Maura non aveva potuto porre un freno nemmeno grattando il fondo del barile della sua infinita pazienza e dedizione.
Amedeo aveva vissuto il periodo della separazione in preda a fantasmi del suo presente e del suo passato. La ricerca spasmodica di risultati nelle sue indagini, nel tentativo di diventare esempio positivo anche per i colleghi, esprimendo quella leadership naturale che sentiva elemento forte della propria personalità, gli alterava il sonno. In più c’era stata la ricomparsa del suo grande amore giovanile, allora non ricambiato, che lo aveva cercato a distanza di oltre vent’anni dal rovinoso fallimento che aveva portato l’adolescente Amedeo sull’orlo del baratro definitivo. Gli aveva offerto sé e il suo corpo, la riproposizione di quell’universo da lui un tempo tanto agognato. E così i suoi fantasmi lo avevano trascinato in un deserto di miraggi, ad ustionarsi sotto il sole della propria forse eccessiva autostima.
Non fosse stato per il diritto di tenere Cacio quel weekend Amedeo non sarebbe tornato a Padova, ma si sarebbe fermato nella foresteria della polizia di Roma. Avrebbe telefonato ad una delle sue amiche, avrebbe mangiato bene in una trattoria di Trastevere, ed avrebbe fatto far tardi alla sua amica tenendola sveglia sopra un letto, probabilmente a casa di lei piuttosto che nel suo mini appartamento ad uso foresteria, comodo ma poco discreto, che gli era stato concesso fino alla fine dell’incarico con l’Interpol.
Era così felice di perdere una notte di sesso per stare con Cacio… Stavano bene insieme qualunque cosa facessero, anche semplicemente giocare a rubamazzo. Se poi c’era modo di vedere insieme la partita del Milan, non c’erano dubbi sulla loro attività, anche se a Cacio era andato un po’ di traverso il fatto che Berlusconi qualche anno prima avesse venduto El Sharawy alla Roma. Il nuovo idolo di papà, un giocatore turco chiamato Çalhanoğlu, non esaltava invece Cacio, che era circondato a scuola da compagni juventini che gli facevano pesare ogni lunedì il distacco terribile in classifica dei rossoneri dalla loro squadra.
Loriana invece, superata da molto tempo la gelosia verso la madre, completato il liceo classico, viveva da matricola universitaria a Padova, dedita al tentativo di salvare il mondo dai cambiamenti climatici e dai danni ambientali inflitti dall’uomo moderno alla natura.
Amedeo e Loriana si sentivano un paio di volte la settimana. Amedeo avrebbe voluto proteggerla da tutto, rendendosi conto di non poter invece esercitare molto più del ruolo di bancomat nella vita della figlia. E sperava in cuor suo che Loriana non dovesse imbattersi, e tanto meno cercare per sé, un uomo come il padre, votato alle dimensioni estreme della vicenda umana.
Stava per arrivare all’uscita per il volo Alitalia su Venezia e cercava con lo sguardo se vi fosse nei paraggi Magda, la sua nuova conoscenza. Occupò una poltroncina nella hall d’attesa e si mise a cincischiare con il telefonino.
Dopo pochi minuti, alzando lo sguardo e passando in rassegna la sala, riconobbe Magda seduta all’estremità opposta dello spazio, anch’essa intenta all’uso del cellulare. Non esitò, si alzò e si diresse verso di lei.
«Credo abbia dimenticato questo» esordì allungandole il biglietto da visita.
«Grazie. Ha già preso nota dei miei dati, no?»
«Come, scusi?»
«Non l’ho dimenticato, lo tenga pure, lo consideri un piccolo omaggio alla sua gentilezza».
«Beh - si schernì intimorito - confidenza per confidenza, sì, ho già preso nota, non ho contatti con persone con le sue competenze e, pur trattandosi di temi poco frequentati, diciamo, chissà che non mi capiti di ricorrere alla sua assistenza».
«Assistenza di una professoressa di storia dell’arte? Che cos’è lei, un collezionista?»
«No no, di mestiere faccio indagini, ma se mi dovesse finalmente capitare di essere coinvolto in un caso alla Hercule Poirot, il tasso culturale delle mie ricerche potrebbe di colpo salire di molto».
«Ah, si sente un po’ frustrato dalla mancanza di dimensione culturale nel suo lavoro. Che le posso dire, benvenuto nel club, la ritengo la malattia più diffusa tra le persone di robusta formazione condannate all’ordinarietà, soprattutto in provincia».
«Signori passeggeri, siamo lieti di invitarvi all’imbarco del volo Alitalia 347 per Venezia», gracchiò l’altoparlante.
«Mi dica Magda, che posto occupa?»
«35C, sono in fondo all’aeromobile. E lei, signor…?»
«Amedeo, Amedeo Martoni - le porse la mano - io sono al 3D».
«Business class, deve fare indagini per clienti facoltosi».
«No, proprio no, è solo che mi sono deciso tardi a viaggiare e non ho avuto scelta».
«Beh, sembra che dobbiamo andare».
«Sì, certo. Magari ci saluteremo all’arrivo».
«Buon volo».
Amedeo si sentì strano e ci mise un po’ a capire quale fosse la causa del suo leggero disagio. Poi si rese conto che la conversazione con Magda non era stata guidata da lui, e questo rappresentava una novità. Quella signora arguta lo aveva fatto scivolare dentro un dialogo dettato dal ritmo e dalle inclinazioni di lei, tanto che lui si era sentito un po’ ostaggio.
Il fatto poi che la mossa di creare il contatto lasciando il biglietto da visita fosse stata di lei e che lo avesse candidamente ammesso, diede ad Amedeo un senso di insicurezza, accompagnato da un brivido, che lo indusse ad una forma di eccitazione.
Dopo il breve volo in cui, complice la differenza di fuso orario di nove ore con la California, Amedeo sonnecchiò per tutta la durata del viaggio, come suo solito aspettò seduto che l’aereo si svuotasse prima di raccogliere le proprie cose ed avviarsi verso il recupero bagagli. Arrivando al nastro trasportatore notò che la maggior parte erano stati ritirati e che molti viaggiatori stavano già lasciando l’aeroporto. Vide in lontananza anche Magda, che evidentemente aveva trovato subito le sue valigie e si era avviata all’uscita senza attenderlo.
Mah… - pensò - forse non le sono poi sembrato così interessante. Peccato
.
Uscì nell’uggiosa giornata di ottobre, chiamò la navetta del servizio di parcheggio e dopo venti minuti entrò in autostrada diretto verso Padova.
Riusciva a malapena a vedere il paesaggio ai lati dell’autostrada, per quella foschia tutta padana a cui era abituato fin da bambino. Ma non aveva poi bisogno di vedere, conosceva perfettamente quella terra, verdeggiante a diverse sfumature a seconda delle stagioni, grigia solo qualche volta, in autunno o in inverno, nella nebbia.
Quella terra, un paesaggio che era andato via via nel corso della sua vita interrompendosi perché erano cresciuti sul territorio, dispersi casualmente ma densamente, dei grandi funghi chiamati capannoni. Veri e propri totem del nuovo paganesimo, nato dalla ricerca della sicurezza economica di povera gente e trasformatosi in adorazione della ricchezza, con buona pace dei tanti parroci e pievani che si erano spesi per quelle sempre più povere anime.
Non era cresciuto proprio su quel terreno limo-sabbioso sul quale poggiava l’autostrada che stava percorrendo, ma su quello ricco di ciottoli e ghiaia dell’alta pianura alluvionale, poco più a nord. Amedeo era nato da padre di San Vendemiano e da madre di Montebelluna, uomo di marca trevigiana con un piede su una sponda e uno sull’altra del Piave.
Adorava quella terra che lui bambino aveva visto incidere dal piccone e rasare dalla falce del nonno paterno. In cui aveva fatto in tempo a guidare, assistito dal nonno, un carretto di fieno trainato da Lola la mussa. In cui aveva vendemmiato, assistito all’assassinio premeditato da nonna, killer di polli e conigli, sgranato le pannocchie e fatto da soldato nella guerra tra ragazzi che aveva per proiettili, bombe a mano e razzi, i botoli nudi usciti dalla sgranatura.
Quella terra dilaniata dalla storia degli ultimi due secoli, in particolare da quella guerra lungo il Piave di cui gli aveva raccontato tanto l’altro nonno, Cavaliere di Vittorio Veneto.
Quella terra in cui lui e suo padre, che avevano idee politiche del tutto simili, non riuscivano mai a votare allo stesso modo alle elezioni politiche e regionali. Suo padre non riusciva mai a votare per l’autonomia politica della regione o dell’area del nordest, Amedeo non riusciva mai a votare il riformismo sociale che guardasse alle socialdemocrazie nordeuropee. I due concetti, apparentemente disgiunti, non trovavano infatti un’offerta politica che li coniugasse.
Quei soliti pensieri che i rientri a casa portavano ad affollare la sua mente andavano eclissandosi, mentre prendeva il sopravvento l’ansia di rivedere almeno Cacio.
2.
Il viaggio a S.Francisco del commissario Martoni era legato al suo ruolo nell’indagine soprannominata Italter, in estrema sintesi lotta al terrorismo italiano, che comprendeva tra molte altre cose l’oramai pluriennale osservazione da parte dell’Interpol dei movimenti di Demetrio Camilli, un milanese nato nel 1955 e mai rientrato in Italia dal 1983.
Demetrio insegnava da molti anni filosofia politica a Berkeley. C’era arrivato nel 2000, ansioso di dare una svolta alla sua vita mentre iniziava il nuovo millennio e l’Europa adottava l’euro.
La moneta unica sarebbe stata una grande comodità per Demetrio quando, alla fine degli anni ’70, laureato da poco e intento alla scrittura delle sue prime monografie, si muoveva tra la Francia, la Germania e l’Italia incontrando leader locali e aderenti ad Ottobre Nuovo.
La sua intelligenza e la sua formazione gli avevano permesso di superare le barriere linguistiche meglio di chiunque altro e questo gli era valso il ruolo di coordinatore internazionale del movimento giovanile trotskista.
Gli mancavano molto, ancora dopo quasi quarant’anni, i volti di alcuni di loro, così come i capelli e le labbra di Kati, nome di battaglia Melba, che di certo non avrebbe mai più rivisto. Sarebbe arrivato ad uccidere, se solo avesse potuto essere incarcerato a Berlino, nello stesso carcere in cui Kati era prigioniera da un’intera vita, per poter sussurrarle attraverso una recinzione o urlarle da un capo all’altro del carcere Sono qui con te, per sempre
.
La condanna di Kati a tre ergastoli non dava loro scampo in questa maledetta vita dominata dai borghesi a cui lui ora istruiva i figli in cambio di lauti compensi.
Sentiva su di sé il giudizio di Kati e degli altri sopravvissuti di quella guerra persa rovinosamente. I dollari che riceveva ogni mese erano multipli di trenta denari e il suo conto in banca il prezzo delle vite sepolte dei suoi migliori amici e della sua compagna, oltre alle altre già spezzate prima dalle armi degli sbirri.
Avrebbe dovuto sparare, ammazzare o essere ammazzato assieme agli altri, ma non era agile né sapeva sparare, e i compagni gli confermavano che facevano più male all’orco capitalista le sue parole che i loro proiettili.
Era libero praticamente da sempre, perché l’ideologia non prevedeva pene severe neanche quando riconosciuta apologia di reato, tanto più se prima protetta da un paese a tradizione anti-estradizione e poi obliata da una amnistia.
Era libero, perché la sua seconda monografia, pubblicata subito dopo il dottorato a Zurigo, intitolata ‘Umanesimo e dittatura’, era stata tradotta in otto lingue da un editore accademico e per quello gli era stato offerto appena un anno dopo, a soli trentadue anni, un posto di lettore alla Sorbona.
Era libero, perché a Parigi aveva abbandonato i temi contemporanei e aveva cominciato a scrivere monografie critiche di personaggi storici, ottenendo migliaia di citazioni e vendendo libri in varie edizioni.
Era libero di vivere per alcuni anni nel quartiere di Les Halles a Parigi con a disposizione una terrazza di trenta metri quadrati, ed ora in un appartamento al trentesimo piano nella downtown di S. Francisco con vista su Alcatraz, di andare in vacanza ovunque desiderasse con la motivazione della sua produzione saggistica, di vivere con un conto aperto nella brasserie più famosa di Parigi e nel ristorante rotante in cima all’Hyatt Regency, con vista sulla baia di S. Francisco.
Ma non aveva scelta nel sentirsi un vigliacco.
«Good morning».³
La trentina di studenti che occupava l’aula di 100 posti era disposta in modo tutt’altro che casuale, probabilmente massimizzando la distanza tra i presenti.
Come accadeva di regola nelle lezioni delle 12.30, una buona metà degli studenti aveva portato con sé lo sparuto pranzo consistente in un sandwich e una lattina di soda, che intendeva consumare nel corso della lezione del professor Camilli. L’altra metà si asteneva dal pranzare in aula, dichiarando la probabile origine non americana.
Il corso di Philosophy of Politics di Demetrio era considerato molto interessante ma molto duro. Gli studenti che lo mettevano nel piano di studi sapevano che avrebbero probabilmente abbassato il loro GPA, Grade Point Average, la media voti degli esami sostenuti, ma avrebbero imparato cose introvabili in altri corsi.
Demetrio era probabilmente il miglior docente dell’intera offerta umanistica del campus, per il modo singolare che egli aveva di parlare di vicende storiche come ne fosse l’unico sopravvissuto, capace di viaggiare nel tempo.
Demetrio aveva abbandonato l’impostazione in voga nel suo tempo di ricondurre gli eventi storici e lo sviluppo del pensiero dell’uomo alle mere ragioni economiche dominanti il tempo in cui i fatti erano avvenuti. Il re con le casse vuote, il dittatore privo di materie prime, il popolo affamato erano certamente elementi importanti, ma nella sua analisi Demetrio preferiva mettere al centro considerazioni antropologiche, talora etniche, spesso sociologiche. Parlava appunto come un sopravvissuto, e nessuno