Peccato di seduzione: Harmony Destiny
Di Emilie Rose
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Info su questo ebook
Nella famiglia Hightower scandali e amori volano sempre alto.
L'anno prima Trent Hightower ha sedotto e abbandonato Paige McCauley, al culmine dell'avventura di una notte più frustrante della sua vita.
Ora che lui è di nuovo a Las Vegas, Paige ha intenzione di vendicarsi: sarà lei a stuzzicarlo per poi lasciarlo, tremante di desiderio, proprio sul più bello.
Peccato che l'irreprensibile amministratore delegato della Hightower Aviation non sembri nemmeno riconoscerla. Pare addirittura... un'altra persona, sebbene più che disponibile a partecipare all'intossicante gioco di seduzione orchestrato da Paige.
Emilie Rose
Confessa che il suo amore per i romanzi rosa risale a quando aveva dodici anni e sorprendeva sua madre a nasconderli ogni volta che lei entrava nella stanza.
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Anteprima del libro
Peccato di seduzione - Emilie Rose
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
His High-Stakes Holiday Seduction
Silhouette Desire
© 2009 Emilie Rose Cunningham
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-384-3
1
Paige McCauley si fermò di scatto. Il cuore prese a batterle così forte che pareva un tamburo e il viso le si arrossò, come se qualcuno le avesse acceso dentro una lampadina.
Il bello di un’avventura di una notte era che durava, per l’appunto, solo una notte. Soprattutto se era stata un’esperienza mortificante.
Per dodici mesi aveva pensato, turbata, a quella serata, sobbalzando ogni volta che vedeva un uomo alto, biondo scuro, vestito di tutto punto. Il che era un guaio, considerato che il suo lavoro di organizzatrice di eventi la portava quotidianamente a contatto con uomini d’affari in giacca e cravatta. Ma stavolta non vi erano dubbi che il viso e il fisico statuario che procedevano nella sua direzione appartenessero all’uomo che l’aveva trovata così poco attraente da non riuscire nemmeno a...
Si diede una scrollata mentale, incapace di portare a termine il pensiero.
Il ricordo di quella notte le faceva ogni volta venire voglia di ritornarsene nella Carolina del Sud e rifugiarsi dietro il bancone della ferramenta dei suoi genitori. Ma non poteva farlo. Non solo aveva un incarico da portare a termine a Las Vegas; tornare a casa significava affrontare i pettegolezzi e, ancor peggio, ammettere con la propria famiglia di aver esagerato su quanto fosse intensa ed eccitante la sua nuova vita nella Città del Peccato.
Arricciando le dita dei piedi nelle scarpe, si ancorò al pavimento e pregò di sopravvivere ai successivi cinque minuti senza rendersi ridicola. Cominciarono a sudarle le mani mentre osservava il bel viso di Trent Hightower e attendeva con il fiato sospeso che lui si accorgesse di lei.
Invece, la passò in rivista distrattamente, poi, quando i loro sguardi si incrociarono, abbozzò con il capo un cenno di saluto e, senza mostrare di averla riconosciuta, passò oltre, lasciando dietro di sé una scia di profumo.
I polmoni si sgonfiarono come un palloncino bucato. Vestita, forse, non gli sembrava la stessa? Gli aveva lasciato un ricordo talmente spiacevole che non si meritava nemmeno un saluto?
Risentita, accostò le labbra che lo stupore le aveva dischiuso e piroettò su se stessa, seguendolo con gli occhi. Lui non si guardò indietro neppure mezza volta.
«Trent?» lo chiamò incerta.
L’uomo si fermò e si girò lentamente. Aveva lo sguardo increspato dalla curiosità. «Sì?»
Paige era interdetta. Aveva trascorso una vita a essere invisibile, nell’ombra della sorella maggiore, finché non aveva deciso di muovere dei drastici passi in direzione del cambiamento, passi che avevano incluso la notte di... sesso mancato con Trent. Quella era stata la sua prima e unica concessione ai rapporti da una botta e via...
E lui l’aveva dimenticata?
Serrò i pugni, allargò le spalle e marciò verso di lui, decisa a non fargli capire che la sua dimenticanza l’aveva ferita.
Non che si fosse mai immaginata innamorata di lui. In realtà, quanto era successo l’anno prima in quella camera d’albergo era un ricordo imbarazzante, per giunta deludente. Ma aveva il suo amor proprio e in quel momento era intenzionata ad avvolgersi in esso come in una protezione di filo spinato. «Non mi saluti nemmeno?»
Con l’aria insofferente, di chi avrebbe preferito essere in qualunque altro posto piuttosto che lì, lui articolò un neutro: «Ciao».
«Sei di nuovo in città per il congresso dell’aeronautica?»
Attese che gli si accendesse una lampadina nel reparto della memoria. Ma, a giudicare dalla maschera di gelida cortesia che era il suo bel viso, non era scattato nessun clic. Rendersene conto fu come una strofinata di carta vetrata sulla pelle.
Scaricata e dimenticata da un altro uomo.
«Sì, sono qui per il congresso. C’è qualcosa che posso fare per lei?»
Le dava del lei? Voleva scappare e fare finta che quell’incontro non ci fosse mai stato, ma aveva già scelto la via più facile, quella della fuga per l’appunto, quando aveva caricato la jeep e aveva macinato chilometri su chilometri per ricominciare una nuova vita a Las Vegas, quattordici mesi prima. E da allora stava ancora pagando per la sua vigliaccheria.
Conficcò le unghie nelle palme. «Ci siamo conosciuti l’anno scorso.»
Lo osservò restringere gli occhi.
«E abbiamo trascorso del tempo insieme... di sopra... nella tua camera d’albergo» gli rammentò, impacciata.
Lo vide irrigidirsi tutto. Non diceva nulla. I muscoli della mascella si contrassero per qualche secondo, poi si rilassarono. «Sì, certo, ehm...»
«Paige.» Pronunciò il proprio nome a denti stretti, talmente stretti da riuscire probabilmente a piegare del metallo con i molari. Era evidente che non si ricordava affatto di lei. Ma, in fondo, non poteva colpevolizzarlo per aver voluto cancellare dalla memoria quell’episodio umiliante.
Si erano divertiti a flirtare innocentemente al bar. Fin lì tutto bene. Lui era attraente, simpatico, intelligente e l’aveva fatta sentire bella e desiderabile. Poi, c’era stato l’invito in camera. Per seguirlo le erano occorsi due Martini e tutto il coraggio che era riuscita a racimolare dentro di sé.
Ma era andata come era andata...
Doveva essere dura per un uomo mandar giù una simile defaillance, se ne rendeva conto, ma lo era anche per una donna accettare di non essere abbastanza femmina da eccitare il suo partner.
«Certo, Paige. Ti chiedo scusa se non ti ho riconosciuta subito. Ero sovrappensiero.»
Se lo ricordava come un uomo cortese, affabile, dal momento in cui le aveva offerto da bere a quando l’aveva accompagnata all’ascensore dopo... il disastro. Ma non c’era nulla di amichevole in lui, adesso. Di respingente, piuttosto. Era come se emanasse una scritta a caratteri luminosi che diceva: Vietato l’accesso.
Quanto avrebbe desiderato rannicchiarsi sotto un tavolo, nascondersi dietro un mobile. Stentava a credere che avesse fatto quello che aveva fatto con uno così, che fosse stata tanto idiota. Proprio non si capacitava, per la miseria, che la sua prima esperienza nel mondo della trasgressione si fosse rivelata talmente deludente e scoraggiante.
Ma ciò non ti ha impedito di fornire alle tue sorelle una versione riveduta e corretta dell’accaduto.
Si contrasse tutta, vergognandosi di se stessa. Quando l’avrebbe smessa di raccontare frottole? Era diventata quasi una malattia per lei, dalla quale non riusciva a guarire. Tuttavia, era molto meglio abbellire la sua vita noiosa e triste, fatta solo di lavoro e solitudine, anziché sorbirsi le ansie o, peggio, la commiserazione dei suoi familiari.
Avrebbe affrontato un’eventuale ricaduta se e quando ci fosse stata. Ora il suo problema era come cavarsi d’impaccio. Adesso.
Calma e sangue freddo. Costrinse le dita dei piedi a distendersi. Tutti commettevano degli errori. Per lei Trent Hightower era uno di questi. E, a giudicare dal fatto che non aveva ricevuto nessuna telefonata dal suo amante occasionale dopo quella notte, anche lui la considerava allo stesso modo.
Trent inarcò le sopracciglia, con aria preoccupata. «Non è che ci sono state... conseguenze, vero?»
Un altro soprassalto di vergogna. Si era preoccupata che qualcuno dei suoi colleghi avesse potuto vederla metre saliva in camera con lui; ma nessuno l’aveva scorta e non era stata etichettata come ragazza facile, così come sarebbe successo nella sua cittadina, se fosse stata beccata mentre si appartava con un uomo nell’unico motel del posto. «No.»
«Bene. È stato un piacere rivederti... Paige. Se ora mi vuoi scusare.» Così dicendo, la salutò con un cenno del capo e riprese il suo cammino. Ammutolita, lei lo osservò allontanarsi nella hall.
Qualcosa in lui la colpì. Esaminò la sua figura cercando di individuare ciò che c’era di cambiato. Come si faceva a dimenticare l’uomo con cui aveva quasi avuto la sua prima esperienza di sesso occasionale? Quei suoi occhi luminosi, la mascella forte e quadrata e la bocca deliziosamente disegnata. Era stata attratta subito dal suo aspetto fisico.
Ma c’era qualcosa di diverso...
Il portamento era più sicuro, grintoso, le spalle sembravano più larghe – merito, probabilmente, della palestra – e la voce era più profonda e ferma.
Ce l’aveva messa tutta per dimenticare quella notte. Ma a quanto pareva avrebbe avuto un promemoria del suo fallimento per il resto del congresso. Una cosa era certa. Non avrebbe mai permesso che Trent Hightower sapesse quanto ci fosse rimasta male o come, per colpa sua, il sogno di spassarsela in una città piena di vita come Las Vegas fosse andato in fumo, dopo che l’uomo da cui si aspettava una sorta di iniziazione l’aveva piantata sul più bello.
Guardò l’orologio. Caspita, com’era tardi. Doveva tornare al lavoro. La sua curiosità sull’uomo venuto dal passato avrebbe dovuto attendere fino al loro successivo incontro. E poiché avrebbero condiviso gli stessi spazi per tutta la settimana, non dubitava che ce ne sarebbe stato presto uno.
Accidenti a quel bugiardo, cospiratore e, a quanto pareva, fedifrago del suo gemello.
Trent Hightower deviò dal suo tragitto che lo avrebbe portato alla sala conferenze e si infilò in un gremito ascensore. Doveva immediatamente parlare con suo fratello e non voleva che orecchie indiscrete origliassero la sua conversazione.
Chi era quella donna? E perché Brent aveva messo a rischio il suo matrimonio per lei? Non aveva imparato nulla dalle numerose scappatelle della loro madre?
Nell’istante in cui la porta della sua suite si chiuse dietro di lui, Trent digitò il numero del fratello sul cellulare e attese con impazienza che Brent rispondesse.
«Ciao, come va lì a Las Vegas?»
«Brent, che diavolo hai combinato mentre eri qui lo scorso dicembre?»
«Bella gente?» Il fratello ignorò la domanda. Tipico di Brent.
«Chi è quella donna?» grugnì Trent al telefono.
«Non capisco di chi tu stia parlando.» Quel tono fin troppo innocente ebbe su Trent l’effetto di scatenargli una rabbia furente.
«Mi sono imbattuto in una tipa in albergo che dice di aver trascorso del tempo con me nella mia camera al congresso del dicembre scorso. Io non c’ero, Brent. C’eri tu. E hai usato il mio nome. Un’altra volta. Non è così? Sei grande ormai per certi giochetti.»
«Era più facile usare il tuo nome anziché cambiare prenotazione e registrazione. Ti sei tirato indietro all’ultimo momento, ricordi?»
«C’era stato un problema sul lavoro, ricordi?» Un problema creato dal suo gemello, responsabile dell’ufficio vendite, che aveva promesso a un cliente più di quanto la Hightower Aviation fosse in grado di offrire. Aveva fatto i salti mortali per non violare quella promessa. Sul lavoro la serietà era tutto. Ne andava della loro reputazione.
«Chi è quella donna e fino a che punto ti sei compromesso?»
«Dipende. È bionda, mora, rossa?»
La rabbia afferrò Trent per la gola, minacciando di soffocarlo. «Di quante donne stiamo parlando?»
«A quel congresso? Uhm, lasciami pensare... Tre. Una per ogni colore di capelli.»
«Questa è bionda e si chiama Paige.»
«Oh. Lei.»
Il tono impacciato del fratello gli fece irrigidire i muscoli della nuca. «Lei... che cosa?»
«Niente.»
«Te la sei portata o no in camera?»
Trascorsero dei secondi di silenzio. «Sì.»
«E quindi?»
«Non sono affari tuoi.»
«Brent,