Cura e giustizia: Tra teoria e prassi
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Cura e giustizia - Laura Palazzani
Laura Palazzani
CURA E GIUSTIZIA
Tra teoria e prassi
Il volume è stato pubblicato grazie al contributo
della Libera Università Maria SS. Assunta
La collana è peer reviewed
Copyright © 2017 by Edizioni Studium - Roma
ISBN 978-88-382-4559-6
www.edizionistudium.it
UUID: a1c6f1d8-33e7-11e7-ba24-49fbd00dc2aa
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Indice dei contenuti
Introduzione
ELEMENTI DELL'ETICA DELLA CURA
1. Gli sviluppi del concetto di cura
2. La voce differente
della cura
3. La cura dell’altro concreto
4. La cura come virtù
5. La cura tra esperienza e obbligo
6. La cura come pratica tra natura e cultura
7. La cura e la relazione
8. La deriva differenzialista
9. La cura come etica della condizione umana
TEORIE DELLA GIUSTIZIA E DELLA CURA A CONFRONTO
1. Teorie della giustizia e configurazioni della cura
2. Dalla giustizia alla cura: la cura come alternativa alla giustizia
3. Avvicinamenti della giustizia alla cura
4. Dalla cura alla giustizia: percorsi di integrazione
4.1. Dalla prima generazione
alla seconda generazione
: la complementarietà cura/giustizia
4.2. S.M. Okin e C. Card: la cura come diritto giusto
4.3. J.C. Tronto: i confini pubblici della morale della cura
4.4. E.F. Kittay: la cura come ‘lavoro di amore’
4.5. M.C. Nussbaum: le frontiere della giustizia e della cura
5. La giustizia nella cura e la cura nella giustizia
5.1. Per una just care
5.2. Per una caring justice
5.3. Giustizia e cura: percorsi
LA PRASSI DELLA CURA IN BIOETICA
1. La voce femminista e femminile della ‘care’ in bioetica
2. La ‘care’ e la vulnerabilità del malato
3. La ‘care’ e la virtù del medico
4. Prendersi cura del nascere
5. Prendersi cura del morire
6. Prendersi cura della disabilità
7. Il caso di Ashley: paradigmi della cura a confronto
Introduzione
Negli ultimi decenni nell’ambito della filosofia morale si è sviluppata in modo sempre più visibile la discussione sulla ‘etica della cura’ (‘ ethics of care ’ o ‘ caring ethics ’). Dapprima era considerato un ‘approccio morale’ a causa della sua non sistematicità nell’elaborazione e a causa della sua dimensione esperienziale, poi ha acquisito lo statuto di ‘teoria morale’, tematizzata e argomentata sul piano concettuale. Al punto che si è parlato di una promettente alternativa
[1] alle dominanti visioni morali sviluppate e discusse in modo consolidato, quali la teoria deontologica, la teoria utilitarista, la teoria libertaria, la teoria principialista, la teoria personalista.
Il concetto di ‘ care’, che potrebbe sulle prime apparire di facile intuizione nel suo significato immediato emergente dall’esperienza cura/prendersi cura
, acquisisce sempre più nella discussione ancora in corso una stratificazione di significati, sfumature, varianti che lo rendono complesso ad un’analisi filosofica più rigorosa. Al punto che non è facile rendere in modo chiaro ed inequivoco il senso e ricostruire lo sfondo teorico concettuale. Anche perché il concetto si è sempre più allontanato dalla sua originaria formulazione.
La letteratura è divenuta sempre più consistente, sul piano quantitativo e qualitativo. Elaborata dapprima prevalentemente in ambito anglosassone, luogo d’origine del termine ‘ care’, si è diffusa nell’Europa continentale non senza difficoltà nella traduzione del termine che spesso si richiama all’originale inglese o ricerca diverse elaborazioni, nella letteratura tedesca ( Fürsorge, Sorge), francese ( le ‘ care’) e spagnola ( ética del cuidado) oltre che italiana (‘ care’ è generalmente tradotto con l’espressione prendersi cura
, ma anche con cura
). Il concetto di ‘ care’ si espande anche oltre i confini della teoria della cura, nell’ambito dell’elaborazione della teoria morale della responsabilità e della virtù, oltre che dei concetti di fiducia, solidarietà, altruismo, cooperazione, empatia. Non è facile distinguere in modo chiaro tra tali concetti, spesso sovrapponibili seppur distinti per alcuni aspetti.
Si potrebbe anche pensare che ‘ care’ si riduca ad un insieme di esperienze diversificate e che sia difficile, se non anche impossibile o addirittura inutile, elaborare una teorizzazione generale della cura. Lo stesso riferimento alla ‘ care’ è costitutivamente ‘resistente’ rispetto ad una generalizzazione, in quanto non adatto ad una tematizzazione astratta. ‘Prendersi cura’ è percepito come un’esperienza interiore variegata e molti ritengono che tale debba rimanere.
Eppure, nonostante i critici nei confronti dell’elaborazione teorica dell’etica della cura, molte sono le autrici e gli autori che ritengono che tale concetto abbia un ruolo nel contesto del dibattito attuale, al punto che abbia modificato e stia modificando il modo stesso di impostare, affrontare ed interpretare i problemi morali, sul piano astratto e concreto.
La teoria ha iniziato ad articolarsi in diversi, percorsi concettuali al punto che non è più possibile parlare di ‘teoria’, ma ci si riferisce al plurale alle ‘teorie’: non si parla di ‘etica della cura’, bensì di ‘etiche della cura’. Alcuni hanno sostituito il termine ‘ care’ nella stessa denominazione della teoria chiamandola ‘ ethics of love’ o ‘ relational ethics’: ma, di fatto, il termine ‘ care’ non è mai stato completamente abbandonato. Ritorna in modo costante nella discussione, seppur per alcuni sia insoddisfacente e necessiti di un’ulteriore elaborazione.
L’elemento di particolare interesse per la filosofia del diritto, almeno per le teorizzazioni che vedono un rapporto stretto tra diritto e giustizia, consiste nell’espansione sempre più evidente del concetto di ‘ care’ dalla dimensione morale ‘privata’ alla dimensione morale ‘pubblica’, che si estende all’ambito giuridico e politico.
« Care implica considerazioni morali almeno tanto importanti quanto quelle della giustizia» [2] , ha rilevato V. Held , una delle più note studiose del tema. La ‘ ethics of care’ è andata ben oltre la sua originaria formulazione ed è candidata a «una seria considerazione tra le teorie moderne contemporanee» [3] , anche con riferimento alla filosofia politica e giuridica.
‘ Care’ è un concetto che risulta poco studiato nell’ambito filosofico-giuridico, partendo dal presupposto che la cura riguardi solo l’agire morale personale, caratterizzato dall’intenzionalità e dalla spontaneità, e che nulla abbia a che vedere con il diritto, quale strumento di coordinazione estrinseca delle azioni sul piano collettivo. A ben vedere, attraverso un’analisi delle diverse teorie della giustizia emerge un diverso possibile rapporto con il concetto di ‘ care’: alcune teorie la escludono (la teoria formalista, libertaria e utilitarista), altre la includono parzialmente e la integrano pur nella distinzione (la teoria comunitaria e personalista).
Si tratta dunque di verificare i nuovi possibili rapporti tra giustizia e cura, anche alla luce delle recenti problematiche suscitate dallo sviluppo scientifico e tecnologico soprattutto in ambito biomedico con l’emergere di nuove fragilità e vulnerabilità.
Il concetto di cura è già stato applicato sul piano pratico in svariati ambiti. Tra le applicazioni in particolare l’ambito socio-sanitario (nell’area medica, infermieristica e degli operatori sociali data la contiguità terminologica ‘ care/ cure’), in ambito politico (con riferimento alla cittadinanza, al diritto internazionale e alle politiche estere), in ambito sociale (nel contesto dell’organizzazione della società, delle pubbliche amministrazioni, della sicurezza), nell’ambito dell’economia (nella riflessione sui limiti etici al mercato), della psicologia (in particolare la psicologia morale), della cultura, dell’educazione, del vivere quotidiano (nel ripensamento su come condurre la nostra vita nella famiglia, nell’amicizia, nel lavoro). Il concetto di cura si è mostrato un concetto capace di sollecitare attenzione, ricerche e riflessioni in discipline diverse.
Un’attenzione interdisciplinare presente anche oggi nel contesto dei mutamenti sociali e tecnologici che stiamo vivendo. Alcuni mutamenti sono iniziati nel passato: l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro con il problema della conciliazione tra i tempi di lavoro e i tempi di vita, le trasformazioni delle relazioni familiari e nel lavoro nell’epoca post-industriale, i cambiamenti dei regimi di welfare. Altri sono più recenti: l’invecchiamento della popolazione, lo sviluppo delle tecnologie e le conseguenti inedite condizioni esistenziali dell’uomo ai confini della vita umana.
Il volume intende ripercorrere in modo sintetico le linee principali della discussione filosofica del concetto con particolare riferimento alla teoria femminista e femminile nel progressivo delinearsi delle diverse teorizzazioni, soffermandosi in modo particolare sul confronto tra il concetto di ‘ care’ e quello di ‘giustizia’, discussione ai confini tra filosofia morale e filosofia del diritto. L’obiettivo è di delineare in modo sistematico gli elementi concettuali indispensabili per una possibile teoria generale della ‘ care’ (passando dalla descrizione di cosa si intende al cosa si dovrebbe intendere con ‘ care’) per verificare la possibilità di integrare il concetto di cura e di giustizia e di individuare alcuni percorsi applicativi rilevanti nell’ambito dell’etica e del diritto, con particolare riferimento alla cura dell’essere umano nelle condizioni di particolare vulnerabilità e dipendenza.
L’obiettivo è mettere a fuoco il contributo delle riflessioni filosofiche della cura: la cura come categoria concettuale indispensabile per comprendere i fenomeni della particolare fragilità che sta vivendo la società contemporanea. Una fragilità ontologica (siamo tutti esseri umani corporei contingenti, finiti, mortali), ma anche una fragilità ontica o esistenziale, alla quale siamo sempre più ‘esposti’ nel contesto delle trasformazioni sociali e tecnologiche alle quali assistiamo e che viviamo.
La particolare vulnerabilità alla quale siamo esposti deve tornare al centro della riflessione: esiste, è di fronte agli occhi di tutti, ma è costantemente rimossa. Una rimozione sistematica che è alla base dell’immagine del soggetto autonomo, autosufficiente, indipendente che domina, quantomeno nelle società occidentali, nei Paesi c.d. sviluppati e tecnologicamente avanzati. Un’immagine che porta inevitabilmente all’esclusione, alla marginalizzazione, alla stigmatizzazione, se non anche alla discriminazione di ogni forma di dipendenza. La dipendenza è spesso presentata e vissuta come perdita o mancanza di autonomia e indipendenza, come una sconfitta da rimuovere, da eliminare.
La dipendenza fa paura, il bisogno dell’altro è temuto come ostacolo o impedimento dell’esercizio dell’autonomia, del controllo e della gestione totale della propria vita e della vita degli altri. Vulnerabilità e dipendenza sono percepiti come elementi fortemente negativi; l’esaltazione e anche mitizzazione dell’autonomia ci fa marginalizzare i gruppi fragili (bambini, anziani, disabili, poveri), dimenticando anche la nostra costitutiva vulnerabilità.
La riflessione sulla ‘ care’ ci stimola a riflettere sulle nostre debolezze, a comprendere e accogliere le nuove fragilità, ma anche a elaborare un’etica in grado di includere i bisogni delle persone particolarmente vulnerabili, di costruire un diritto e delineare una politica capaci di riconoscere l’interdipendenza e proteggere la dipendenza. Riconoscimento e protezione che non possono e non devono rimanere spontanee motivazioni morali solo ascrivibili nella dimensione della volontarietà e del ‘privato’, ma che esigono il coinvolgimento della dimensione pubblica della giustizia.
L’adozione del ‘modello relazionale’ antropologico al quale si ispira l’etica della cura ha interessanti ricadute sul piano giuridico e politico. È questo orizzonte di pensiero che ha dato impulso a molte teorizzazioni e movimenti che stanno sempre più prendendo coscienza dei limiti del modello autonomista libertario ed utilitarista del ‘governo del corpo’ e dell’urgenza del riconoscimento dei diritti civili dei soggetti fragili (si pensi ai disability rights movements, disability studies), recuperando la nozione di disabilità come potenziale condizione di ogni essere umano e vulnerabilità come condizione universale dell’umano.
Il volume si articola in una parte teorica, ricostruttiva della discussione recente, con specifica attenzione al rapporto cura e giustizia letta nella prospettiva della filosofia morale a confronto con la prospettiva di filosofia del diritto, e una parte applicativa, con riferimento alle problematiche emergenti nel contesto socio-sanitario a seguito dello sviluppo delle nuove tecnologie, con riferimento alla cura dell’uomo nelle fasi più vulnerabili della sua esistenza (malattia, inizio e fine vita, disabilità). In conclusione l’analisi di un caso concreto paradigmatico della rilevanza dell’approccio di ‘ care’ come giustizia.
[1] V. Held, The Ethics of Care. Personal, Political, and the Global, Oxford University Press, Oxford 2006, p. 3.
[2] Ibid., p. 42.
[3] Ibid., p. 22.
ELEMENTI DELL'ETICA DELLA CURA
1. Gli sviluppi del concetto di cura
Il concetto di cura non è certo una invenzione
della riflessione femminista e femminile. La ‘cura’ esisteva ben prima della nascita del pensiero femminile sia come concetto che come prassi. Il concetto di cura ha una lunghissima tradizione e valenze diversificate [1] .
La definizione di cura non può che fare riferimento a due livelli di significato: un significato ristretto, dunque ‘cura’ come ‘guarire’ (in inglese, to cure), combattere la malattia con opportuni mezzi, ridare la salute e la qualità di vita al malato con interventi preventivi, diagnostici, terapeutici e riabilitativi; un significato ampio, di ‘cura’ come ‘prendersi cura di’ (in inglese, to care), nel duplice senso di occuparsi degli altri, avere attenzione e interesse per gli altri e porsi in rapporto agli altri con atteggiamento di pre-occupazione e occupazione [2] . La preoccupazione indica la valenza negativa dell’angoscia, pena, affanno, colpa, rimorso (la cura come merimna e sollicitudo); l’occupazione indica la valenza positiva di dedizione attenta e operosa (dal greco epimeleia) che da cura di sé (nella tradizione socratico-platonica) diviene compimento del bene dell’umano (in Seneca e negli stoici). La tonalità positiva tende a prevalere sulla tonalità negativa nell’evoluzione semantica del termine e nell’accezione contemporanea.
La storia del concetto di cura nasce lontano. Nell’ambito della riflessione occidentale, cura indicava una figura allegorica e mitologica nell’antichità greco-romana. Nell’epoca tardo antico-medievale era diffusa nel contesto teologico: la cura delle anime nella tradizione religiosa della cristianità era considerata una guida spirituale. Successivamente nell’epoca moderna, il concetto acquisiva, nel romanticismo, uno spazio narrativo: la cura come alternativa al potere (si pensi a J.W. von Goethe).
Nell’epoca contemporanea, nell’ambito dell’esistenzialismo, la cura indica la trasformazione della filosofia che da astratta riflessione impersonale e disinteressata che procede per categorizzazioni e generalizzazioni si interessa alla soggettività individuale, a ciò che accade al singolo soggetto (S. Kirkegaard). La cura viene intesa come elemento strutturale dell’identità umana, del ‘ Dasein’, nel duplice senso di ‘ Sorge’ e ‘ Fürsorge’ (in M. Heidegger) [3] . Il mito di Cura, ripreso in Heidegger, consente di cogliere lo stretto legame tra vulnerabilità e cura.
Anche la psicologia riflette sul concetto di cura come opposto ad apatia, quale capacità emotiva di sentire attenzione verso qualcuno/qualcosa, studiando i concetti simili di simpatia e attenzione (E. Erikson, M. Mayerhoff). Indubbiamente il concetto di cura ha avuto un enorme sviluppo anche nell’area sanitaria: nell’etica medica la cura indicava, oltre alla competenza tecnica e all’abilità professionale nel trattamento del paziente, anche la virtù del medico, con particolare riferimento all’attenzione al benessere globale del paziente, soprattutto nell’etica medica religiosa, nell’etica professionale o deontologia medica (da Ippocrate a F.W. Peabody). Anche l’etica infermieristica, nell’ambito della formazione e della prassi, ha identificato le cure materne quale essenza del nursing (F. Nightingale).
Da questo rapido excursus, risulta evidente la complessità, l’interdisciplinarità e al tempo stesso la non univocità semantica del concetto di cura. La cura ha una valenza mitologica e narrativa, teologico-religiosa e filosofica, psicologica (psicosociale e psicologico-morale), sociologica, antropologico culturale e, non da ultimo, una valenza propriamente etica, con particolare riferimento all’ambito sanitario medico ed infermieristico.
È nell’ambito della psicologia morale e dell’etica che l’esperienza della ‘ care’ diviene oggetto di una concettualizzazione astratta specifica. A partire da un’analisi della diversificata fenomenologia della ‘ care’ emerge progressivamente una riflessione, dapprima occasionale poi sistematica, della categoria concettuale. Inizialmente, tra le diverse forme della ‘ care’, il contesto di riferimento paradigmatico per l’esemplificazione concreta viene generalmente indicato nella figura materna che si prende cura del bambino e del bambino che riceve le cure dalla madre. La ‘ care’ include chi si prende cura ( care giver) e chi riceve le cure ( care receiver): nel primo senso fa riferimento, in questo contesto, all’esperienza materna, ma nel secondo senso si allarga e include tutti coloro che nell’infanzia hanno ricevuto le cure.
Il significato di ‘ care’ viene successivamente elaborato in modo ulteriore rispetto all’esperienza