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La Via della Voce: La filosofia del Tao applicata al canto e alla vita
La Via della Voce: La filosofia del Tao applicata al canto e alla vita
La Via della Voce: La filosofia del Tao applicata al canto e alla vita
E-book387 pagine3 ore

La Via della Voce: La filosofia del Tao applicata al canto e alla vita

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Info su questo ebook

L’ascolto del tuo suono interiore rappresenta una meravigliosa chiave di lettura e di comprensione del tuo ruolo nell’infinita orchestra dell’Universo.

La Via della voce rappresenta il punto di arrivo di un lungo percorso di studio attraverso i testi sapienziali da un lato e di didattica vocale dall’altro.
Nel Tao Te Ching si ritrovano tutte le componenti che costituiscono quella che l’autore definisce come la connessione con l’Essenza attraverso il proprio suono, una strada percorribile da chiunque, non solo dai professionisti del canto e della musica; una via di benessere, di realizzazione, di gioia. Alla riproposizione di ciascun capitolo del Tao Te Ching, seguono la sua esegesi e la sua traduzione sul piano della ricerca sonora; ogni capitolo propone infine un esercizio pratico. Grazie a un lessico attuale e a dei semplici esercizi di “riscoperta” vocale, il lettore potrà inoltre avvicinarsi all’illuminante insegnamento racchiuso nel testo di Lao Tzu, superandone la distanza millenaria che lo renderebbe oggi di non facile comprensione per i più.

Con questo libro scoprirai:
  • La voce come strumento privilegiato di consapevolezza e di connessione con la propria essenza
  • La rilettura degli 81 capitoli del Tao Te Ching, manuale di tecnica vocale per ritrovare il proprio ruolo nell’orchestra dell’Universo
  • Come usare la fonazione come strumento professionale
… e molto altro ancora.
LinguaItaliano
EditoreOne Books
Data di uscita15 nov 2022
ISBN9791255281085
La Via della Voce: La filosofia del Tao applicata al canto e alla vita

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    Anteprima del libro

    La Via della Voce - Andrea Tosoni

    Ringraziamenti

    Grazie ai mastri amici:

    a Jiang Yi, mastro di Tai Chi e filosofia taoista;

    a Laura, Cristina, Luigina e Prabhat, mastri di disponibilità e dedizione alla ricerca del vero;

    a Matteo, chitarrista e poeta, mastro di amicizia e di importanti costruttivi confronti;

    ad Alice e Billy, mastri di puntuali condivisioni oltre il tempo e lo spazio.

    Grazie ai mastri famigliari:

    a Stefy, mastro d’amore e accoglienza, mia amata, compagna di viaggio, mastro del rallentare, dell’accoglienza e dell’infinito potenziale racchiuso nel femminile;

    ai miei figli Lorenzo e Luca, grandi e immensi mastri ispiratori di pazienza, creatività genitoriale e profonda analisi introspettiva in questa mia curiosa incarnazione;

    e naturalmente alla mia mamma Renata e al mio papà Rinaldo che fanno quanto possibile per agevolarla.

    Grazie a Riccardo, mastro di altruismo, e grazie a Niccolò mastro di coraggio, fondatori della Onlus Still I rise e a tutti i loro collaboratori sul campo e a distanza, per le rispettive iniziative benefiche e didattiche a sostegno dei bambini e dei ragazzi nei campi profughi in cui opera Still I rise, a cui verrà devoluta parte dei proventi della vendita di questo libro.

    Grazie al suono che tutto comprende.

    Introduzione

    Sedici anni fa, nel maggio 2003, mentre cantavo da professionista in Rai, accadde un evento che stroncò in un istante la mia carriera e diede inizio al percorso che mi ha condotto a scrivere questo libro. Durante una visita di controllo, come quelle che puntualmente eseguono i professionisti della voce, subii il danneggiamento di una corda vocale e, nonostante stessi uscendo totalmente muto dall’ambulatorio, lo specialista, che di nome faceva Angelo, mi rassicurò, sostenendo che la voce sarebbe tornata dopo qualche giorno. La mia voce, irreversibilmente compromessa, non tornò... E così pure la mia presenza in Rai. Nei quattro anni a seguire riapparve, ma zoppicante, tra mille difficoltà e alternata a lunghi e angoscianti momenti di afonia. Il mondo mi era letteralmente crollato addosso. Stavo toccando davvero il fondo, da un punto di vista sia professionale, sia personale. Il pensiero di mio figlio e della mia famiglia era l’unica cosa che mi tratteneva dal cadere preda dello sconforto che mi avrebbe fatto saltare da un ponte, senza rete né elastico. Dopo un intervento quasi inutile, con l’ultimo barlume di speranza legato al fil di voce che mi rimaneva, mi diressi a Lione, in Francia, in una clinica specializzata in microchirurgia, dove avrebbero ricostruito la mia martoriata corda vocale. L’intervento andò per fortuna come si sperava; secondo i chirurghi-foniatri non avrei cantato mai più ma sarei comunque riuscito a parlare quasi normalmente, a una condizione: sarei dovuto stare due mesi in silenzio.

    Tornare a parlare con facilità era la mia unica priorità perché, in quegli anni di smarrimento e passione, l’insegnamento del canto era diventata l’unica possibilità di mantenere la mia famiglia. Decisi che se stare in silenzio mi avrebbe ridato la voce, io l’avrei fatto, e da buon soldato (mio padre era un maresciallo della Marina Militare che in quanto a disciplina mi aveva cresciuto e istruito a dovere), avrei eseguito il mio compito al meglio. Tornai in Italia con un fiorente ottimismo e un enorme punto di domanda: come avrei fatto? Ho cominciato semplicemente con il non perdermi d’animo. Nell’impossibilità di comunicare con la bocca, sulla quale mettevo un pezzo di scotch per resistere al riflesso automatico del parlato, cercavo di stare comunque il più lontano possibile dalle occasioni di interagire con le altre persone. Quando proprio non mi potevo sottrarre, mi limitavo a scrivere poche parole su un taccuino che portavo sempre con me.

    Confinato nel mio silenzio, dopo qualche settimana mi accorsi che il mio orecchio musicale si stava aprendo più di prima; cominciavo a sentire che dentro i suoni delle voci delle altre persone c’era qualcosa che non era riconducibile a emozioni coscienti o interpretazioni vocali. Era come se il mio corpo mi facesse fare esperienza di quel che succedeva dentro le voci che sentivo, dentro i corpi che emettevano i suoni che arrivavano al mio orecchio, tanto dal vivo quanto nell’ascolto dei brani registrati. Cantanti che prima erano per me dei riferimenti indiscutibili da un punto di vista tecnico mi facevano sentire per la prima volta tutte le loro difficoltà. Nel frattempo, passavo le giornate ascoltando il suono singolo in senso verticale, riprendendo con più competenza e continuità quel che già facevo da bambino: stavo così ore e ore al pianoforte, a suonare un tasto alla volta.

    Provo a spiegarmi meglio: quando andiamo oltre le parole di una canzone o ascoltiamo musica strumentale, generalmente la nostra attenzione si sofferma sulle melodie, sequenze orizzontali di note sulla linea del tempo, come se fossero mattoncini separati, ma collegati, su un percorso lineare, oppure ascoltiamo le armonie, insiemi di note sovrapposte che suonano contemporaneamente, formando gli accordi come mattoncini disposti uno sopra l’altro. Difficilmente entriamo nel suono singolo e ascoltiamo il singolo mattoncino nella sua costituzione verticale. Quest’ultima è rappresentata dalla sequenza degli armonici che sono le note acute, di frequenza multipla, comprese nel suono stesso e poco riconoscibili a un orecchio non allenato. Per esempio, quando suoniamo un tasto del pianoforte o emettiamo una nota con la voce, sentiamo prevalentemente una nota, che è quella principale, ma in essa c’è un grappolo di note meno evidenti che ne rappresenta il timbro e che possiamo riconoscere nell’alone della nota stessa.

    Avevo già dedicato tempo agli armonici in passato – ogni musicista di solito lo fa – ma mai come allora li avevo sentiti nel cuore. Era come se l’ascolto del suono singolo verticale mi avesse messo nel cuore stesso della natura sonora e me ne facesse percepire le intenzioni. Allora non lo sapevo, ma stavo facendo un’esperienza che ho poi ritrovato descritta da Rudolf Steiner in L’essenza della musica:

    «Ascoltando il suono, che tutto comprende, l’uomo conosce tutta la creazione e nei suoni armonici superiori di quel suono conosce il corso evolutivo della creazione sui gradini della molteplicità, nello spazio sul piano astrale, nello spazio e nel tempo sul piano fisico»¹.

    Da quel momento la mia vita è cambiata, anzi ne è stata irreversibilmente stravolta, perché per la prima volta percepivo una presenza in me. Trascorsi i due mesi di quella che inizialmente si prospettava come una tortura silenziosa, rivelatasi poi una benedizione illuminante, ho cominciato a emettere i primi rantoli provando a mantenere la connessione con quella presenza, con quell’attenzione a quello stato interiore che mi faceva percepire il suono singolo verticale. Con mia grande sorpresa, lo strumento vocale si allineava in maniera incomparabilmente più spontanea rispetto a quanto mai avesse fatto prima. Un po’ alla volta, sempre con estrema prudenza e grande rispetto per una fisicità che si stava delicatamente rimettendo in piedi, ho cominciato a emettere le prime note e a fare i primi vocalizzi. Sorpresa: non facevo nessuna fatica. Nei giorni, mesi e anni a seguire la mia voce si è via via liberata e rigenerata fino a raggiungere sonorità, colori e potenza che mai né io, né i medici foniatri avremmo sperato. E sempre senza fatica! Avevo trovato la chiave per la massima resa con il minimo sforzo, anzi: di sforzo nemmeno l’ombra. E tutto partiva, stava e tornava in quello stato interiore che ho poi chiamato essenza.

    Ciò che ha sconvolto la mia vita, e quel che vorrei portare in questo libro, è che grazie a quella connessione che ho trovato nel silenzio e consolidato nella voce ho iniziato a comprendere il grande messaggio alchemico e trasformativo contenuto nelle frasi dei grandi pensatori, soprattutto nel Vangelo e nelle parole di Gesù. Avevo servito messa per sedici anni, dal 1983 al 1999, come organista, direttore di coro e assistente catechista, avevo assistito a migliaia di messe, incontri, approfondimenti... ma mai avevo compreso. Non comprendevo semplicemente perché non avevo lo strumento per poterlo fare! E lo strumento era dentro di me, bastava attivarlo. Grazie al dottor Angelo (di nome e di fatto!) e a tutta la sofferenza di quei quattro anni, coronamento dei miei precedenti trentuno dedicati alla musica, mi sono attivato seguendo il suono, che è diventato poi matrice del suono della mia voce, aprendomi inevitabilmente, da quel momento in poi, alle discipline orientali che fanno dell’ascolto e della ricerca interiore il loro focus principale. Ho praticato yoga, arti marziali, letto libri di risveglio spirituale per capire che cosa mi stesse capitando, e ho incontrato il Tao Te Ching, libro cardine e riferimento della filosofia taoista, scritto sapienziale che è stato tradotto nel mondo più di qualsiasi altro, secondo solo alla Bibbia.

    Autore del Tao Te Ching è un certo Lao Tzu, profeta e archivista imperiale nella città di Luoyang vissuto 2600 anni fa, contemporaneo di Confucio; secondo la leggenda, l’antico libro si deve all’insistenza di un guardiano che non avrebbe lasciato passare il saggio cinese se non avesse provveduto alla sua stesura. Nel Tao Te Ching ho ritrovato le sensazioni che arrivavano dalla connessione con l’essenza e quindi anche un meraviglioso manuale di tecnica vocale oltre che un percorso di ricerca personale ed equilibrio interiore. Cerco di spiegare in che senso.

    Da quando la scienza ha messo lo zampino nella produzione della voce (foniatria, fisica acustica, ingegneria del suono, ecc.) e soprattutto da quando trattare di tecnica vocale e vocologia è diventato prevalentemente un business, ci si è progressivamente allontanati dalla tradizione belcantistica che dal Settecento noi italiani esportavamo in tutto il mondo, sinonimo di meravigliosa spontaneità e naturalezza dell’atto cantato. Troppa attenzione si è concentrata sul controllo della laringe, dello spazio risonanziale, del diaframma e di tutte le infinite interazioni muscolari che determinerebbero la corretta respirazione e produzione vocale del cantante e dell’oratore, come se, prima di questa analisi tecno-microscopica di tutte le piccolissime parti che ci cantano e ci raccontano, non si sapesse e non si potesse bel-cantare; come se non si potesse parlare correttamente e non si fosse sufficientemente efficaci senza aver preventivamente frequentato plurimi corsi di tecniche di comunicazione. E credo che mai nella storia si sia cantato e parlato male come oggi.

    Devo tanto alla foniatria, per la mia storia personale e per il supporto che questa branca della scienza medica può dare nel limitato caso della prevenzione e cura delle patologie vocali, ma chi seziona la voce e si propone nell’insegnamento del canto preferendo l’approccio scientifico a quello empirico dovrebbe chiudere gli occhi della mente per provare ad aprire gli occhi del cuore; avrebbe forse l’occasione di andare oltre la visione della puntina dell’iceberg vibrazionale, di comprendere la limitatezza dell’illusione che sia tutto riconducibile a una spiegazione meccanicistica e finalmente approfondirebbe il meraviglioso e affascinante mistero della voce.

    Per millenni il genere umano ha usato la voce e cantato senza ecografia e senza laringoscopio, senza palloncini di spirobike né uova in bocca, senza mascherine né cannucce, e non avrebbe senso oggi scrivere un altro manuale zeppo di inutili, disfunzionali e limitanti dettagli anatomici, di cui sul web si può già fare una cospicua overdose. Lo scopo di questo libro è dunque avvicinare i lettori alla filosofia taoista poiché, fra tutte le tradizioni sapienziali, è a mio parere il percorso più umano, attuale e ricco di spunti per aiutarli a ritrovare il ben-essere grazie all’attenzione consapevole e al de-condizionamento dalle false credenze. In particolare, poi, nel caso i lettori fossero studenti di canto, di teatro o professionisti della voce (cantanti, attori, speaker, doppiatori, ecc.), l’ascolto interiore proprio della visione taoista alleggerirà il loro bagaglio tecnicoscientifico e la relativa zavorra che spesso limita la corretta emissione della voce e del canto. Si dice che Pitagora, filosofo, matematico, astronomo nonché illuminato taumaturgo greco, contemporaneo di Lao Tzu, curasse ogni malattia con il suono; di scritto non ha voluto lasciarci nulla (e credo di intuirne il perché) ma, tra i suoi consigli che ci sono stati tramandati, risuona in me fortissima questa frase: «Studiate il monocordo e comprenderete i segreti dell’universo». È nelle nostre corde! Proviamoci.

    Tao Te Ching e La Via della voce

    La traduzione letterale di Tao Te Ching è la seguente: Tao=Via, Te=Virtù, Ching=Libro, quindi il libro della Via e della virtù, che a me piace leggere anche come il libro della Via per la virtù e contemporaneamente il libro per la virtù che mette sulla Via. Allo stesso modo La Via della voce può venir letto come La Via che porta alla voce ma anche come La voce è la Via, a significare che lo strumento vocale e il relativo canto, se ben equilibrato e armonico (anche su una sola nota), è una Via preferenziale per una ri-connessione con la nostra Sorgente, indipendentemente da qualunque nome le diamo (Dio, Allah, Energia, Tao...), non solo per chi la emette anche per chi la riceve. Il percorso alla riscoperta della propria vibrazione interna e della relativa voce diventa, quindi, una profonda analisi interiore che conduce inevitabilmente al riconoscere la nostra essenza, la nostra componente spirituale che tutto silenziosamente orchestra nell’armonico universo. Ecco perché qualche anno fa ho chiamato questo percorso Vocessenza: per mettere in evidenza che la voce ha un’essenza; che la Voce-è-essenza ma anche, come avrò modo di chiarire nelle pagine che seguono, Voce-è-senza. Come un meraviglioso Tao vibrazionale, possiamo trovare il suono (verticale) della nostra voce grazie ai preziosi spunti di Lao Tzu e, contemporaneamente, il grande insegnamento insito nelle parole di Lao Tzu può esser compreso grazie alla nostra voce, diventando la chiave per il nostro benessere, per la nostra realizzazione personale, per la nostra gioia.

    Gli ottantuno capitoli del Tao Te Ching, letti con il supporto vibrazionale del proprio suono, possono regalare al lettore l’opportunità di rivivere, nel suo contesto e con i suoi strumenti, passo dopo passo, quell’esperienza che regala la gioia di sentirsi connesso con l’Esistenza in ogni momento presente, in ogni contesto, in ogni suono. Mi sono permesso quindi di riproporli, di commentarli e di fornirne una versione adattata al canto e alla produzione vocale, concludendo ciascun capitolo con un esercizio pratico perché il lettore possa farne un’esperienza diretta in tempo reale.

    Inoltre, trattandosi di un viaggio, ogni capitolo nel libro verrà chiamato passo.

    UN PASSO AL GIORNO

    L’effetto trasformativo di ogni capitolo richiede un tempo di elaborazione e maturazione. Spunti, discorsi, esercizi e momenti di pratica hanno logica, difficoltà e profondità incrementali. Ti consiglierei quindi di leggere questo libro con calma, un capitolo al giorno, un passo alla volta, magari alla stessa ora del mattino prima di cominciare la tua giornata.

    Partiamo!


    1 R. Steiner, L’essenza della musica, Editrice Antroposofica, 2014 Milano.

    Primo passo: il mistero

    ●●●

    Il Tao di cui si può parlare non è l’eterno Tao.

    Le parole che si possono dire non sono parole eterne.

    Il Tao senza nome è l’origine di ogni cosa,

    il Tao con un nome è la Madre di tutte le creature.

    Chi è senza desiderio può contemplarne il mistero,

    chi desidera può vederne solo le manifestazioni.

    Entrambi nascono insieme ma hanno nomi diversi.

    Insieme rappresentano la misteriosa porta

    che apre ad ogni conoscenza.

    ●●●

    Riflessione di oggi

    L’essenza vibrazionale, ciò che nel suo non-essere materiale sta all’origine di ogni suono e di ogni voce, non si può definire a parole. Perché qualsiasi parola risulterebbe puramente indicativa, almeno quanto sarebbe parziale e relativa ogni scelta timbrica o interpretativa senza aver mai percepito la propria essenza vocale, il suono puro comune a tutta l’umanità. Sappiamo tutti che la parola che definisce un oggetto non è l’oggetto in sé, almeno quanto la mappa di un territorio non è il territorio stesso. Se a questa consapevolezza aggiungiamo le recenti scoperte in termini di meccanica quantistica (secondo cui quello che noi definiamo mondo oggettivo non ha una sua intrinseca esistenza ma dipenderebbe dal ruolo di un osservatore, peraltro anch’esso inserito in un continuum spazio-temporale dove tutto è collegato), possiamo trascendere la separazione cartesiana tra mente e materia, tra soggetto e oggetto propri del relativo atto del nominare. Infatti, la materia altro non è che forma di un processo di coscienza. Anche se suona paradossale, possiamo provare a toglier di mezzo il cantante e la sua esigenza mentale di definire, nominare, catalogare, per provare a percepire che c’è un’essenza all’origine della propria voce, un qualcosa che noi emettiamo proprio quando non facciamo nulla per cantare. Quell’essenza è comune a ogni voce, è la stessa per ogni voce sul pianeta, e la possiamo percepire nel suono fondamentale e Primo Armonico, il vero diapason terrestre. Solo dopo averla colta possiamo rimetter in gioco il cantante nel tassativo vincolo del rispetto di quanto precedentemente sentito. Il prodotto sarà la sua vera voce e il suo timbro più reale. Chi invece non opera questo processo di riscoperta perché troppo condizionato dal voler cantar bene subito, magari realizzerà anche un buon prodotto impostando la voce, ma quest’ultima nulla avrà a che fare con la voce spontanea del cantante, che potrà sfruttarne solo marginalmente peculiarità e potenzialità. L’unico modo per comprendere il mistero della voce è abbandonare ogni sforzo per capirlo. Questo non vuol dire non fare nulla. L’intenzione mette il semino e dobbiamo poi fidarci che qualcosa lo faccia crescere, coltivando il paradosso di essere nella forma e di affidarci al mistero, accettando qualunque cosa accada vocalizzo dopo vocalizzo. Come diceva qualcuno: «essere nel mondo senza essere del mondo». L’essere sei tu, senza necessariamente aver bisogno di diventare qualcos’altro, di diventare qualcun altro. La tua missione generale di vita è scoprire ciò che sei (e che non sei) e puoi farlo dedicandoci il tuo sentire e il tuo suono. Il percorso di voce, attraverso la voce, porta verso la porta della conoscenza del tuo , verso il mistero che ti abita, verso i tuoi arcani che racchiudono le tue più importanti potenzialità e gli strumenti necessari (talenti) per assolvere alla tua missione personale. Qualsiasi cosa faccia il tuo cantante spinto dal tuo ego o da quello delle persone che ti stanno intorno e lo condizionano, ti allontana dalla tua voce e dalla porta che ne permette l’accesso. Tanto più se i tuoi riferimenti sono esteriori e la tua azione è emulatrice e inconscia. Purtroppo, e per fortuna, ognuno di noi può diventare esclusivamente ciò che è, quindi più che diventare qualcuno dovresti concentrarti sul riconoscerti ed esprimerti. E non lo dico per deformazione professionale, ma penso fortemente che nulla come il canto aiuti in questo difficilissimo compito esistenziale. Nulla come il canto corretto e spontaneo ti mette in collegamento con il tuo sé più vero e lo esprime nella musica, vibra nel tuo cuore e dà voce alla tua anima, entra nel cuore di coloro che ti ascoltano e ti racconta alla loro anima.

    ●●●

    L’essenza di cui si può parlare non è la vera essenza.

    Quel che si può tradurre in parole nulla ha di reale.

    L’essenza non definita a parole è all’origine di ogni voce,

    l’essenza con un nome è la moltitudine dei timbri vocali.

    Chi non desidera cantare bene può sentire la propria voce,

    chi desidera cantare bene

    può elaborarne comunque un buon prodotto.

    Essenza e cantante sono nello stesso corpo

    ma hanno dinamiche diverse.

    Insieme rappresentano la misteriosa porta

    che conduce alla propria voce.

    ●●●

    PRATICA DI OGGI

    Oggi stai in silenzio con le orecchie tappate dalle mani, semplicemente in ascolto del silenzio. Ascolta con grande attenzione tutti i rumori e i suoni che senti arrivare dall’interno del tuo corpo e dall’esterno, quelli che percepisci arrivare alle orecchie nonostante le mani che le tappano e quelli che arrivano ed entrano invece nel resto del corpo.

    Secondo passo:

    il paradosso che nutre

    ●●●

    Quando nel mondo si riconosce la bellezza,

    bruttezza si è appena creata.

    Quando tutti riconoscono la bontà,

    la non-bontà si è appena creata.

    In quanto essere e non-essere si generano a vicenda,

    difficile e facile si completano a vicenda,

    lungo e corto si definiscono reciprocamente,

    alto e basso tendono l’uno verso l’altro,

    voce e suono si armonizzano tra loro,

    prima e dopo si seguono a vicenda.

    Per questo il saggio sta nel non-agire

    e insegna senza parole.

    Cose e creature sorgono ma lui non le respinge,

    le alleva

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