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Riflessioni intorno alle autonomie costituzionali delle Regioni
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E-book165 pagine2 ore

Riflessioni intorno alle autonomie costituzionali delle Regioni

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Info su questo ebook

Questo lavoro racconta di una serie di riflessioni appuntate, su un tema che negli ultimi anni, pur foriero di numerose controversie tra centro e periferia, è andato scemando rispetto alle aspettative positive maturate all’indomani della Riforma Costituzionale del Titolo V.
Esso si occupa delle autonomie, sia normativa che finanziaria delle regioni e degli enti locali alla luce della riforma costituzionale. È, per quanto breve, un confronto tra nuovo e vecchio Titolo V.
L'autonomia legislativa dell'ente Regione viene modificata sotto diversi profili, pervenendo ad un sistema dei poteri normativi regionali profondamente diverso dal precedente, il quale, in apparenza, premia le regioni a statuto ordinario. A tale innovazione occorre ricongiungere quella che a detta di molti potrebbe pesare di più nel contesto complessivo della riforma, ossia la modifica dell’art. 119 Cost. Nel volume essa viene analizzata sotto i profili di maggior rilievo.
LinguaItaliano
Data di uscita22 mag 2017
ISBN9788868221324
Riflessioni intorno alle autonomie costituzionali delle Regioni

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    Anteprima del libro

    Riflessioni intorno alle autonomie costituzionali delle Regioni - aa. vv.

    AA.VV.

    Riflessioni intorno alle autonomie

    costituzionali delle Regioni

    Prefazione e Cura di

    Carolina Pellegrino

    Proprietà letteraria riservata

    by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy

    Edizione eBook ottobre 2013 

    ISBN: 978-88-6822-132-4

    Via Camposano, 41 (ex Via De Rada) - 87100 Cosenza

    Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672

    Sito internet: www.pellegrinieditore.com - www.pellegrinieditore.it

    E-mail: info@pellegrinieditore.it

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    Prefazione

    La l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, com’è noto, ha modificato il Titolo V della Parte seconda della Costituzione.

    Questo lavoro racconta di una serie di riflessioni appuntate su un tema che, negli ultimi anni, pur foriero di numerose controversie tra centro e periferia, è andato scemando rispetto alle aspettative positive maturate all’indomani della Riforma Costituzionale del Titolo V.

    Esso si occupa delle autonomie, sia normativa che finanziaria delle Regioni e degli enti locali alla luce della riforma. É, per quanto breve, un confronto tra nuovo e vecchio Titolo V.

    Tale riforma, preannunciata da molto tempo, forse non adeguatamente pensata sul versante delle conseguenze costituzionali, ha promosso, specie in dottrina, un dibattito ampio ed articolato. Ci scusiamo sin da ora se non se ne potrà dare conto in modo esauriente.

    Il I° co. dell’art. 114 Cost., definisce quali elementi costitutivi della Repubblica una pluralità di enti quali ordinamenti parziali (C. Pinelli), e include fra di essi lo Stato. Ci troviamo innanzi ad un sistema plurisoggettivo, connotato, nel seguito delle disposizioni costituzionali, in modo differenziale.

    L’autonomia legislativa dell’ente Regione viene modificata sotto diversi profili. Dalle tre tipologie principali di potestà legislativa regionale, desumibile mediante la lettura degli statuti speciali e dall’originario art. 117 Cost., si perviene ad un sistema dei poteri normativi regionali, diverso dal precedente.

    Mentre le potestà piena e ripartita, subiscono un’espansione materiale, per quanto concerne la potestà normativa attuativa e quella integrativa scompare dal contesto costituzionale: in modo implicito, per le Regioni a statuto ordinario; in via d’interpretazione estensiva, per le Regioni a statuto speciale, poiché, ai sensi dell’art. 10 della l. cost. n. 3/2001: «Sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite».

    In tema di potestà normativa concorrente e/o ripartita, nei confronti con l’originario sistema, la novità risiede nell’ultimo capoverso del III co. dell’art. 117 Cost., quando afferma che «nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato». E ancora viene introdotta una potestà generale di tipo residuale relativa alle materie non espressamente attribuite ad alcun soggetto istituzionale. Il IV co. dell’art 117 Cost. rovescia il sistema delle competenze, laddove la disposizione, al II co., prevede invece la legislazione esclusiva dello Stato su un elenco di materie enumerate. Di conseguenza, tutti gli ambiti materiali inespressi e non ripartiti tra Stato e Regioni sono acquisiti dalla competenza legislativa regionale.

    Altra novità di rilievo, che ha riflessi importanti sulle potestà legislative regionali, è contenuta nell’art. 116 Cost. Questa disposizione, laddove conferma le Regioni ad autonomia speciale, introduce il regionalismo cd differenziato. Alle autonomie speciali, che continuano ad essere disciplinate secondo il procedimento di revisione costituzionale, è riservato, quantomeno in via transitoria, il principio di maggior favore di cui all’art. 10 cit. preservandone i tratti distintivi (S. Panunzio).

    In tutta evidenza, è l’aggregato delle materie, rivelatore di un ampliamento dell’autonomia normativa regionale. Nondimeno, il dato letterale è profondamente mutato; esso stabilisce, in modo decisivo, l’appartenenza alle Regioni della relativa competenza legislativa.

    Sul versante dell’art. 119 Cost. sono introdotte, ed affrontate in questa raccolta, alcune innovazioni dell’assetto della finanza regionale, innovazioni che segnano una chiara linea di confine rispetto alla normativa previgente, già in parte anticipate, dal legislatore ordinario con il d. lgs. n. 56/2000 di riforma della finanza regionale. Innanzitutto, si riconosce l’autonomia finanziaria sia sul versante delle entrate che su quello delle spese. Si afferma anche che le Regioni, insieme alle Province, alle Città metropolitane ed ai Comuni, in virtù del nuovo art. 114 Cost., hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri. Dispongono di compartecipazioni al gettito dei tributi erariali, riferibili al loro territorio. È, altresì, affidata alla legge dello Stato l’istituzione di un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Tutte risorse volte a consentire il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche attribuite. Ma, nonostante la previsione di un fondo di perequazione, la cui costituzionalizzazione risponde all’esigenza di consentire il rispetto da parte delle Regioni degli obblighi di solidarietà nazionale, ci si interroga sui rischi che possono derivare dalla polarizzazione tra aree territoriali ricche e povere. Si tratta del principio di territorialità dell’imposta, che andrebbe contemperato con l’introduzione delle compartecipazioni erariali, quale forma di regionalizzazione del gettito tributario.

    Nel prosieguo, posto che le risorse necessarie dirette all’esercizio delle funzioni pubbliche, conoscono, secondo la riforma, un sussidiario avvicinamento alle comunità locali, il sistema di solidarietà sin qui conosciuto potrebbe svelarsi con una valenza meramente facoltativa.

    Infine, considerato che lo Stato per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, sarà osservata la prima giurisprudenza costituzionale per capire l’indirizzo e l’interpretazione del nuovo dato costituzionale in particolare in materia di autonomia finanziaria. Tenuto conto inoltre che il quadro normativo del novellato art. 117 Cost., prevede la potestà esclusiva dello Stato nelle materie perequazione delle risorse finanziarie e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

    Carolina Pellegrino

    Capitolo primo

    La funzione legislativa delle Regioni tra riforma

    del Titolo V e giurisprudenza costituzionale

    di Carolina Pellegrino

    Il sistema legislativo regionale prima della l. cost. n. 3/2001

    La l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, com’è noto, ha modificato il Titolo V della Parte seconda della Costituzione. La prima novità ottenuta dal testo riformato è non solo la collocazione, al I co. dell’ art. 114 Cost., di una pluralità di enti quali ordinamenti parziali, includendo fra di essi lo Stato, ma anche l’attribuzione, al II co. del succitato articolo, a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla Costituzione. Tuttavia, ai limitati poteri e funzioni attribuiti agli enti locali minori non possono equipararsi i poteri e le funzioni dell’ente Regione, che mentre godono di una disciplina più rigorosa, si estendono fino alla potestà legislativa.

    Per avere un quadro esaustivo delle modifiche e dei correlati effetti legati ai novellati poteri, specialmente quelli relativi all’autonomia legislativa, in capo alle Regioni, è necessario descrivere brevemente il precedente assetto costituzionale della potestà legislativa regionale e i tentativi di riforma costituzionale, avendo presente, tuttavia, che il nuovo modello riprende, in particolare in riferimento alle Regioni a statuto speciale, l’assetto della Costituzione del ‘48 e, naturalmente, gli stessi statuti speciali.

    Il Titolo V della Costituzione nelle fattezze precedenti la riforma poteva essere considerato il frutto del compromesso tra l’acceso regionalismo degli autori del Progetto e la posizione più cauta dell’Assemblea Costituente. Già nel vecchio testo costituzionale all’ente Regione erano conferite funzioni legislative proprie, oltre che amministrative, ma si trattava di materie in cui la potestà legislativa regionale era di scarso peso, mentre i controlli da parte statale, quali il sistema delle leggi quadro, il ricorso preventivo di costituzionalità o il controllo di legittimità sugli atti amministrativi delle Regioni, erano prevalenti. Non difficile comprendere, quindi, che allo Stato doveva, pur sempre, spettare, nei loro confronti, una funzione di tipo tutorio. In sostanza, sin dall’origine l’intero disegno del Titolo V della Costituzione si presentava fortemente ambiguo, prestandosi frequentemente a notevoli interpretazioni. In modo sintetico si può affermare che il vecchio Titolo V si prestasse ad una doppia lettura. In base alla prima le norme costituzionali avrebbero potuto consentire alle Regioni di avere una propria autonomia legislativa; in base alla seconda, le Regioni avrebbero dovuto assumere ruolo di enti di amministrazione, sottoposti, in ciascuno degli ambiti di competenza, alle leggi e alle direttive dello Stato. Sulla sorta di tale duplicità interpretativa, già a partire dagli anni ottanta, furono formulate proposte riformatrici volte ad attribuire alle Regioni una maggiore autonomia politica. Le prime sollecitazioni ed altre ancora furono analizzate in un primo momento dalle due Commissioni parlamentari per le riforme istituzionali, note come Prima e Seconda bicamerale, istituite tra la metà degli anni ’80 e la metà degli anni ’90, in seguito dalla cd Terza bicamerale, costituita da quaranta deputati e quaranta senatori, la quale si caratterizzò per l’assegnazione di compiti più ampi di quelli attribuiti alle due precedenti, nonostante nella legge istitutiva non si parlasse più di un progetto organico di revisione costituzionale ma di progetti di revisione della seconda parte della Costituzione. Nonostante i tentativi di tutte e tre le macchine, in particolare dalle spinte verso il federalismo attuate dalla Terza Commissione il tentativo di grande riforma si arrestò di colpo e con esso venne meno uno degli assi portanti che avevano strutturato i rapporti tra le forze politiche nella prima parte della XIII legislatura. Di quella complessa macchina vale la pena di ricordare, però, il merito di aver indirizzato il dibattito su temi di estrema importanza; testimoniati dal prosieguo del suo lavoro verso nuove previsioni costituzionali. Ne è un esempio la legge n. 59/1997, la cd. legge Bassanini, la quale costituì un vero momento di svolta per la ristrutturazione territoriale a Costituzione invariata", quale quella imposta al legislatore.

    Nel testo antecedente la riforma le potestà legislative in capo allo Stato e alle Regioni potevano distinguersi in potestà primaria, piena o esclusiva, concorrente e/o ripartita ed integrativa-attuativa. Questa categorie erano frutto del linguaggio utilizzato dal legislatore costituzionale negli statuti delle Regioni differenziate, costituendone un risultato di sintesi.

    Stando al dato letterale della Costituzione e degli statuti speciali, si potevano distinguere almeno cinque differenti competenze legislative regionali, alcune delle quali rimarranno tali, perlomeno fino alla modifica degli statuti speciali. La competenza esclusiva è espressamente indicata dallo statuto siciliano a cui si rifanno le competenze di tipo primario o piena enucleate negli altri statuti speciali. La seconda tipologia, ovvero competenza concorrente o ripartita, è

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