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La storia del Ministero del Tesoro: Dalle finanze al MEF
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E-book242 pagine2 ore

La storia del Ministero del Tesoro: Dalle finanze al MEF

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Con questo lavoro si è cercato di ricostruire la storia del Ministero del tesoro, a partire dall’assetto dell’Amministrazione centrale dello Stato al momento dell’unità d’Italia. Un’amministrazione organizzata per ministeri, così come era nel Regno di Sardegna, sulla base di quanto disposto dalla riforma introdotta nel 1853 per volontà di Cavour.
I ministeri erano otto e, tra questi, quello delle finanze al quale erano demandate le competenze sia in materia di imposte e tasse, che in materia di bilancio.
Fin dai primi decenni dell’unità si era posto il problema della opportunità, o meno, di separare le competenze relative ai tributi ed alle tasse, da quelle relative alla gestione del bilancio dello Stato, ai servizi di cassa, alle operazioni di credito e debito pubblico...
LinguaItaliano
Data di uscita8 ago 2022
ISBN9788878539907
La storia del Ministero del Tesoro: Dalle finanze al MEF

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    La storia del Ministero del Tesoro - Domenico Faggiani

    NOTA DELL'AUTORE

    Con questo lavoro si è cercato di ricostruire la storia del Ministero del tesoro, a partire dall’assetto dell’Amministrazione centrale dello Stato al momento dell’unità d’Italia. Un’amministrazione organizzata per ministeri, così come era nel Regno di Sardegna, sulla base di quanto disposto dalla riforma introdotta nel 1853 per volontà di Cavour.

    I ministeri erano otto e, tra questi, quello delle finanze al quale erano demandate le competenze sia in materia di imposte e tasse, che in materia di bilancio.

    Fin dai primi decenni dell’unità si era posto il problema della opportunità, o meno, di separare le competenze relative ai tributi ed alle tasse, da quelle relative alla gestione del bilancio dello Stato, ai servizi di cassa, alle operazioni di credito e debito pubblico.

    Questo dibattito porterà, già nel 1877, alla emanazione di un Regio decreto con il quale si disponeva la divisione delle competenze del Ministero delle finanze. A questo Ministero veniva lasciata la materia relativa alle imposte, mentre le competenze in materia di contabilità, patrimonio e tesoro venivano attribuite ad un nuovo Ministero, appunto quello del tesoro. Trascorreranno, tuttavia, diversi anni e bisognerà arrivare al 1889 per avere la concreta ripartizione delle competenze e la completa organizzazione del nuovo Ministero.

    La effettiva istituzione del tesoro, comunque, non faceva venir meno le discussioni sulla opportunità di avere due distinti Ministeri; discussioni che proseguiranno non solo negli anni seguenti, ma anche per tutto il secolo successivo.

    Nei capitoli di questo lavoro si è cercato di seguire il dibattito, anche attraverso le posizioni assunte nelle aule parlamentari.

    Le conseguenze del prevalere di una tesi sull’altra, nel corso degli anni, hanno portato, più volte, alla fusione ed alla successiva divisione delle finanze e del tesoro.

    Nel 1922 prevarrà la volontà di rafforzare il Ministero delle finanze e ciò porterà, con l’obiettivo anche di ridurre la spesa pubblica, alla soppressione del tesoro; Ministero quest’ultimo che verrà poi ricostituito nel 1944.

    Un nuovo accorpamento delle finanze e del tesoro si avrà nel 1947; la fusione durerà, però, soltanto pochi mesi. Nel corso dello stesso anno non solo verranno ricostituiti i due Ministeri, ma verrà istituto anche il Ministero del bilancio. A quest’ultimo verranno attribuite una parte delle funzioni già di competenza del tesoro. Dopo un ventennio il Ministero del bilancio acquisirà la denominazione di bilancio e programmazione economica.

    Verso la fine degli anni novanta del secolo scorso, al fine di razionalizzare le strutture amministrative e potenziare gli strumenti operativi a supporto del Governo, si avrà l’accorpamento del tesoro con il bilancio e la programmazione economica.

    Successivamente, con il decreto legislativo n. 300 del 1999, si tornerà ad accorpare le finanze con il tesoro e bilancio, dando vita al Ministero dell’economia e delle finanze. Contestualmente, però, si avrà la istituzione delle agenzie fiscali, alle quali verranno attribuite le competenze di carattere tecnico-operativo che, fino a quel momento, erano state esercitate dal Ministero.

    Dopo aver ripercorso le vicende che hanno interessato il tesoro, il lavoro si conclude con una descrizione delle attuali attribuzioni e della struttura organizzativa del Ministero dell’economia e delle finanze e con l’elenco di tutti i Ministri del tesoro che si sono susseguiti, dalla istituzione del Ministero fino ad oggi.

    D. F.

    CAPITOLO PRIMO

    L'ISTITUZIONE DEL MINISTERO DEL TESORO

    1.1 IL MINISTERO DELLE FINANZE

    Al momento dell’unità d’Italia l’Amministrazione centrale dello Stato era organizzata per ministeri, sulla base dell’assetto già presente nel Regno di Sardegna.

    I Ministeri esistenti erano otto: esteri, interno, finanze, grazia giustizia ed affari ecclesiastici, pubblica istruzione, lavori pubblici, marina e guerra. Poi verrà istituito anche il Ministero agricoltura, industria e commercio.

    Il Ministero delle finanze, così come gli altri, era organizzato in base a quanto previsto della legge 23 marzo 1853, n. 1483 recante Riordinamento dell’amministrazione centrale e della contabilità generale dello Stato.

    L’attuazione delle disposizioni contenute nella legge n. 1483 era demandata all’emanazione di decreti reali, che avrebbero dovuto consentire l’entrata in vigore delle norme dal primo gennaio dell’anno successivo.

    Il Regolamento per l’esecuzione del titolo primo, relativo all’ordinamento dell’Amministrazione centrale, venne emanato con il Regio decreto 23 ottobre 1853 n. 1611. Il decreto era composto da 130 articoli, i primi 121 dei quali contenevano norme comuni a tutti i ministeri.

    L’articolo 1 del Regolamento stabiliva i titoli ed i gradi del personale dell’Amministrazione centrale: Segretario generale, Direttore generale, Direttore capo di Divisione, Capo di Sezione, Segretario di prima e seconda classe, Applicato, articolato quest’ultimo su quattro classi.

    I successivi articoli riguardavano il personale: assunzioni, avanzamenti, disposizioni disciplinari, congedi ed altre disposizioni. Il Regolamento provvedeva anche a dettare le norme in materia di funzionamento interno degli uffici.

    Nell’articolo 122 erano stabiliti i Quadri numerici del personale dell’Amministrazione centrale [1] .

    Con l’impostazione data alle finanze, Cavour [2] aveva concentrato in questo Ministero l’amministrazione del patrimonio e dei diversi proventi statali, cioè delle imposte e delle tasse; disciplinando la presentazione dei bilanci e dettando altre norme basilari per l’Amministrazione finanziaria, che ancor oggi costituiscono i principi fondamentali delle norme di Contabilità di Stato; sviluppando così una concentrazione ed un coordinamento dei diversi servizi centrali dell’Amministrazione Finanziaria e ponendo, con l’unificazione dei bilanci, in un bilancio generale e con altri idonei provvedimenti, le basi per il controllo sulla Pubblica Amministrazione [3] .

    Tra i primi problemi che questo Ministero dovette affrontare vi fu quello delle pendenze finanziarie dei vari Stati che, via via, erano stati annessi.

    Nel 1861 veniva emanata la legge n. 94 [4] del 10 luglio, che istituiva il Gran Libro del Debito pubblico del Regno d’Italia e demandava la emanazione delle norme di attuazione ad un Regio decreto.

    Il decreto, emanato il 28 luglio 1861 [5] , nel titolo primo dettava norme in materia di Amministrazione del Debito pubblico.

    Il primo articolo prevedeva, per l’Amministrazione del debito pubblico, una Direzione generale nella capitale del Regno e quattro Direzioni nelle città di Milano, Firenze, Napoli e Palermo. Nei successivi articoli era prevista, tra l’altro, la ripartizione della Direzione generale in Divisioni, una delle quali avrebbe costituito il Segretariato, con a capo il Segretario della Direzione generale. Vi erano, inoltre, disposizioni in materia di contabilità, sulla forma e sulla gestione del Gran Libro del Debito pubblico, nonché sulle operazioni presso le varie Direzioni.

    Nel mese di agosto venne approvata la legge sulla unificazione dei debiti pubblici [6] , con la quale i Debiti pubblici degli Stati preunitari venivano riconosciuti e dichiarati debiti del Regno d’Italia ed iscritti nel Gran Libro del Debito pubblico.

    Alle dipendenze del Ministero delle finanze veniva posto il Corpo delle Guardie doganali, l’ordinamento del quale era approvato con la legge n. 616 [7] del 13 maggio 1862. Successivamente, con la legge n. 149 [8] dell’ 8 aprile 1881 che riordinava il Corpo delle guardie doganali, il Corpo stesso assumeva la denominazione di Corpo della Regia Guardia di Finanza. Questa legge demandava ad un Regolamento [9] , da approvarsi mediante decreto Reale, la fissazione delle norme relative all’arruolamento, all’armamento, all’istruzione militare, alle retribuzioni e tutta una serie di altre disposizioni relative alle guardie doganali.

    Nel 1863, con la legge n. 1270 [10] del 17 maggio, vennero istituite le Casse dei depositi e dei prestiti. Era prevista la istituzione di una Cassa in ciascuna delle città ove aveva sede una Direzione del Debito pubblico; la Cassa della città sede del Governo avrebbe avuto titolo ed ufficio di Cassa centrale. Le Casse venivano poste sotto la guarentigia dello Stato e la dipendenza del Ministero delle finanze.

    Per ogni Cassa era previsto un Amministratore ed un Consiglio di amministrazione, presieduto dall’Amministratore stesso e composto da un numero di membri da un minimo di quattro ad un massimo di otto, a seconda dell’importanza della Cassa. La vigilanza veniva affidata ad una Commissione composta da tre Senatori, tre Deputati, tre Consiglieri di Stato ed un Consigliere delle Corte dei conti. La Commissione sarebbe stata rinnovata annualmente.

    L’Amministrazione delle Casse dei depositi e prestiti sarebbero state separate da quella del Debito pubblico.

    La legge, dopo aver dettato le regole in materia di depositi, si occupava poi Dei prestiti e degli altri impieghi delle somme depositate nelle Casse.

    Il denaro depositato nelle Casse, sia per depositi obbligatori che volontari, sarebbe stato impiegato per prestiti alle province, ai comuni, ai loro consorzi e agli istituti di beneficenza riconosciuti come Opere pie, al fine di realizzare opere di pubblica utilità, per l’acquisto di stabili destinati a servizi pubblici o per estinguere debiti contratti ad onerose condizioni. Il Ministro delle finanze, ogni anno, avrebbe stabilito il tasso di interesse per le somme che sarebbero state date in prestito nell’anno successivo. La restituzione dei prestiti sarebbe dovuta avvenire entro un termine massimo di dieci anni, salvo alcune eccezioni per le quali si sarebbe potuto arrivare a venticinque anni.

    La legge prevedeva, infine, la emanazione di un regolamento per dare esecuzione alle norme in essa contenute.

    In seguito, con la legge n. 5784 [11] del 1870, venivano approvate tutta una serie di leggi; tra queste la Legge per la soppressione delle direzioni speciali del Debito pubblico, che costituiva l’allegato D.

    Con l’articolo 1 si disponeva la soppressione delle Direzioni speciali del Debito pubblico che avevano sede a Milano, Napoli, Palermo e Torino, nonché la soppressione delle Casse depositi e prestiti che erano presso le medesime sedi. Le loro attribuzioni venivano concentrate, rispettivamente, nella Direzione generale del Debito pubblico e nella Cassa centrale depositi e prestiti. La legge prevedeva poi che le operazioni relative al debito pubblico, e quelle riguardanti il servizio dei depositi e dei prestiti, potevano essere richieste alla competente amministrazione mediante l’intermediazione delle prefetture e delle sottoprefetture, nonché degli uffici finanziari del Regno.

    Nel 1875, con la legge n. 2779 [12] , fu previsto che gli uffici postali operassero come succursali di una Cassa di risparmio centrale inserita nella Cassa depositi e prestiti. Vennero istituiti i libretti postali, attraverso i quali raccogliere il risparmio da utilizzare per la modernizzazione dell’economia. Il risparmio, infatti, sarebbe stato destinato, prevalentemente, per prestiti alle province, ai comuni ed ai loro consorzi. I fondi, quindi, sarebbero serviti per la costruzione di strade, per la realizzazione di edifici scolastici, per opere idriche e fognarie.

    La decisione porterà ad un notevole incremento del risparmio postale, che risultava così garantito dallo Stato, e di conseguenza ad un consistente aumento delle risorse a disposizione della Cassa depositi e prestiti. La Cassa acquisirà sempre maggiore importanza tanto che, nel 1898, diventerà una Direzione generale del Ministero del tesoro. Questa Direzione generale verrà soppressa nel 1983 con la legge n. 197 [13] , che conferiva piena autonomia alla Cassa depositi e prestiti. Venivano previsti come organi della Cassa: il Presidente, il Consiglio di amministrazione, il Direttore generale, il Collegio dei revisori. Il Parlamento avrebbe esercitato il controllo sulla Cassa tramite la Commissione parlamentare di vigilanza. Successivamente, con l’articolo 22 del decreto-legge n. 8 [14] del 1993, convertito con modificazioni dalla legge n. 68 [15] del 19 marzo 1993, alla Cassa depositi e prestiti veniva attribuita personalità giuridica. La Cassa verrà poi trasformata in società per azioni, in base a quanto previsto dall’articolo 5 del decreto-legge n. 269 [16] del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 326 [17] dello stesso anno. La legge prevedeva la emanazione di uno specifico decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che sarà emanato in data 5 dicembre 2003. Le azioni saranno ripartite: 70 per cento al MEF e 30 per cento a 66 fondazioni di origine bancaria. Nel 2006 la Cassa sarà classificata dalla Banca Centrale Europea come Istituzione finanziaria e monetaria. Successivamente, a seguito della crisi del 2008-2009, si avrà un ampliamento dell’operatività della Cassa con la inclusione di impieghi a favore dell’accesso al credito delle piccole e medie imprese e del sostegno all’export, della cooperazione con i paesi in via di sviluppo, della valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e del social housing. Dal 2012 la Cassa assumerà il controllo di società e aziende a sostegno dell’esportazione e dell’internazionalizzazione, ed anche di FINTECNA, che controllava Fincantieri, uno dei principali gruppi cantieristici del mondo. Nasceva così il Gruppo CDP, che intensificava l’acquisto di partecipazioni di grandi aziende controllate dallo Stato. Nel 2015 Cassa depositi e prestiti diventa l’Istituzione finanziaria italiana per la Cooperazione allo sviluppo [18] .

    Tornando al 1875, all’approvazione della legge si arriverà per la ferma volontà di Minghetti [19] , Presidente del consiglio e Ministro delle finanze, anche se la intuizione era stata di Quintino Sella [20] , suo predecessore al Ministero delle finanze.

    In un lungo intervento alla Camera dei deputati, nella seduta del 10 marzo 1870, il ministro delle Finanze Sella aveva affermato, tra l’altro, "presento pure un progetto di legge per l’istituzione delle Casse di risparmio postali. Le Casse attuali di risparmio, una delle più belle istituzioni di cui l’Italia possa andare gloriosa, non agiscono sopra tutti i punti del regno. Operano in talune più o meno grandi città, ma esse sono ancora troppo poco numerose e la maggior parte dei nostri comuni ne sono tuttora prive. Quindi i paesi che ci hanno preceduto nella via della civiltà hanno provveduto a consimile mancanza, facendo le più grandi agevolezze acciò dagli uffici postali si raccogliessero i risparmi anche i più piccoli. Nella ricca Inghilterra si riceve anche lo scellino. Sopra il concetto di questo schema di legge non vi può essere dissenso; io credo che vi potrebbe essere soltanto circa l’impiego da farsi di questo capitale che si

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