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Interviste con l'Arte: Volume due - Trilogia
Interviste con l'Arte: Volume due - Trilogia
Interviste con l'Arte: Volume due - Trilogia
E-book290 pagine4 ore

Interviste con l'Arte: Volume due - Trilogia

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Info su questo ebook

Questo è il secondo volume della TRILOGIA “Interviste con l’Arte”. Anche questo volume raccoglie venti interviste ad Artisti di diversa estrazione professionale, di diversa cultura, di diversa nazionalità, di diversa esperienza di vita e di arte. Tra tutti spicca il Premio Pulitzer 2016 per la narrativa, Viet Thanh Nguyen, inserita in questo volume in apertura. Anche questa volta il lettore leggerà di storie e di vissuti sofferti e emozionanti, di uomini e di donne che hanno dedicato la loro vita, con passione e dedizione, all’Arte. Quello che emerge è una visione della vita da artisti e dell’Arte, interessante e spesso non visibile agli spettatori o agli amanti dell’Opera d’Arte che gustano il “prodotto finito”. Noi osservatori, noi appassionati d’Arte, non sappiamo immaginare la sofferenza, la fatica, il dolore, il sacrificio, la disciplina che si nascondono dietro quell’Opera che stiamo ammirando e dalla quale magari rimaniamo affascinati ed emozionati. Non c’è vera Opera d’Arte se prima non c’è un vissuto dirompente che l’ha generata. Senza emozione non si riesce a creare nulla. Senza aver vissuto sulla propria pelle la vita, con tutte le sue contraddizioni, non è possibile creare Arte. Senza pathos non c’è Arte, perché l’arte è vita, e come la vita deve saper generare emozioni in chi la crea e in chi la gusta dal suo punto di osservazione, dalla sua personalissima prospettiva. In fondo l’Arte è vita, e come la vita va vissuta e sperimentata, nella gioia e nel dolore, nel patimento e nel saporito e giulivo fremito vitale che sa innescare. È questo che leggerà il lettore nelle venti interviste. È questo che sarà disvelato, anche se da venti punti di sperimentazione diversi, che sono i venti artisti che si sono confessati e hanno parlato a mani basse delle loro vita di artisti, del loro mondo, delle loro emozioni.
LinguaItaliano
Data di uscita21 giu 2017
ISBN9788826458113
Interviste con l'Arte: Volume due - Trilogia

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    Anteprima del libro

    Interviste con l'Arte - Andrea Giostra

    emozioni.

    COS’E’ L’ARTE

    Anche in questo secondo Volume, una delle domande che ho fatto a quasi tutti gli artisti, è stata quella di invitarli a spiegare cos’è l’Arte a bambini di dieci anni, durante un incontro immaginato mentre stavamo discutendo della loro vita artistica e professionale; qualche altra volta ho chiesto di definire, secondo il loro punto di vista, cos’è l’arte e l’artista.

    Le risposte, anche in questo caso, ed ovviamente, sono state tutte diverse e tutte aprono una visione dell’Arte che mai è univoca. Questo per dire che l’Arte probabilmente non può essere rinchiusa all’interno di definizioni convenzionalmente condivise. L’Arte è Arte quando la prospettiva della sua concezione differisce da artista ad artista, da persona a persona, e proprio per questo mantiene una sua unicità e originalità che sono proprie dell’uomo, della donna e di ogni essere vivente che crea qualcosa di nuovo dal noto, per dirla con Umberto Eco, che sa produrre nello spettatore emozione.

    A seguire, ecco le risposte date degli artisti intervistati in questo secondo Volume della Trilogia Interviste con l’Arte:

    Viet Thanh Nguyen, scrittore.

    «L'Arte è quello che senti e quello in cui credi, quello che puoi vedere con gli occhi della tua mente. Come realizzare quello che vedi in modo che anche altri possano vedere; che è al contempo un mandato per tutta la vita, radicato nelle intuizioni emotive e nel dolore di quello che sei, come un bambino.»

    Alessandro Baccini, attore e regista.

    «L’arte per me è dare vita a un mondo immaginario. L’Arte è l'attività del creare, del dare vita a qualcosa attraverso i materiali che più ci piacciono. L'arte nasce dal bisogno di comunicare, di esprimersi. Questo direi loro.»

    Celio Bordin, pittore e scultore.

    «Direi loro: ''ciò che vi piace è la base della vostra Arte e crescerà con voi fino a diventare uno stile di vita''. Direi loro che la vita è meravigliosa e non bisogna mai smettere di giocare, che se sono onesti con la vita riceveranno cose positive dalla vita stessa.»

    Vito Brusca, showman.

    «Semplicemente la capacità di esprimere l’originalità che c’è in sé stessi. Ognuno a modo suo e in modo diverso. Diventa Arte ciò che fai di creativo e che viene apprezzato dalla gente, ciò che regala qualcosa che vada a stimolare i sensi: suoni, emozioni, sapori etc... Ma L’Arte finisce quando un’Artista comincia a pensare più a quello che il pubblico vuole piuttosto che a ciò che l’Artista è. Se dovessi pensare di andare a uomini e donne per essere notato, o cantare un genere che a me non piace, recitare cose che non rientrano nelle mie corde o nel mio personaggio o adattarmi alla comicità che fa ridere attraverso la volgarità, come Artista mi sentirei finito.»

    Noemi Cognigni, attrice e modella.

    «C’è un libro meraviglioso di Alejandro Jodorowski, Cabaret Mistico (2006), che coglie, secondo me, l’aspetto più dirompente del fare arte e dell’essere artista. Artista è chi sceglie di esserlo, è chi asseconda sé stesso, non esistono particolari conoscenze. Sicuramente Freud è stato lo spunto di riflessione maggiore, ma sosteneva anche che esiste un legame fra creatività e psicopatologia. Del resto lo stesso Jung e molti altri lo hanno sostenuto. Jung, proprio attraverso l’utilizzo dell’archetipo, ha poi limitato il processo individuale. Io credo che l’artista si cerca e sviluppa da sé un proprio ideale di chi o cosa vuol essere o rappresentare, e si cerca, appunto, individuando un percorso non sempre lineare, ma anzi contraddittorio, nell’arte.»

    Marilù De Nicola, attrice.

    «Per me l’arte racchiude la recitazione, la danza, la musica, l’acrobazia, la poesia, la pittura, la scrittura, la parte di te che esce come creativo. Poi, per l’arte non esiste la quarta parete perché c’è sempre il pubblico e l’attore vuole emergere. Per la cultura greca antica, invece, l’arte è l’arte della bellezza, del corpo umano, della giovinezza, degli dei, basata sull’ammirazione del bello in senso stretto. Meglio affidarsi al talento, la bellezza passa.»

    Gabriella Deodato, fotografa.

    « Chiederei a loro di spiegarla a me. La purezza, la veridicità, la pulizia d’animo che può avere un Bambino è magia. »

    Alessandro Fricano Gagliardo, Attore.

    «Chiederei a loro di spiegarla a me. La purezza, la veridicità, la pulizia d’animo che può avere un Bambino è magia. »

    Fabrizio Sanna, in arte GOA, Pittore.

    « Non direi loro niente. Non sono in grado di insegnare. Se potessi però li porterei semplicemente nello spazio a farli osservare la terra da lassù. Madre terra: il capolavoro artistico per eccellenza. Sarà lei ad innescare in loro le giuste motivazioni che li faranno comprendere il concetto di Arte, come succede appunto osservando un’opera d’arte. »

    Caterina Guttadauro La Brasca, Scrittrice.

    «L’Arte è linfa vitale per un popolo, perché lo rinnova senza esaltarlo, lo prepara alla vita e ne dimostra la capacità e la libertà. L’Arte non ha barriere di nessun genere, anzi con il suo messaggio affratella i popoli. Quando l’Arte trionfa, per un attimo siamo tutti fratelli uniti dallo stesso dolore e da una nuova gioia per il recupero delle cose semplici, piccole, per le cose che durano. »

    Marina Kaminsky, pittrice.

    « Gli adulti non hanno da insegnare niente ai bambini. Il bambino percepisce l’Arte al di là del raziocinio. L’Arte non è una formula matematica, o piace o non piace. Non è grave per nessuno, tranne l’artista, ma l’artista incassa se no non farebbe l’artista. Per antonomasia l’artista è egocentrico, vanitoso, egoista ed esibizionista. Direi ai bambini che l’Arte è l’inizio di tutto, saper inventare la bellezza, e soprattutto unicità. Qualsiasi cosa vi circonda, colori, forme, sapori … qualcuno ha inventato, ha creato dell’Arte.E se quei bambini fossero strani, sono sicuramente gli artisti di domani, e allora gli direi che hanno scelto la strada più difficile anche se può sembrare il contrario, perché essere un artista è uno stile di vita. L’artista lavora sempre, anche quando dorme. A quale scopo? Con quali speranze? Immortalità. »

    Yuri Lamarche, musicista e compositore.

    «Se dovessi ascoltare in profondità il mio intuito, direi che l’Arte è dare forma a quello che non si può vedere. È un processo di allineamento con la tua pulsione interiore. Quando l’identità personale viene per un momento accantonata, allora c’è posto per la spontaneità, per l’ispirazione e per la chiarezza. È qui che ha vita l’arte. »

    Loriana Lana, compositrice, musicista, scrittrice.

    «L'arte è la più bella espression della nostra anima.

    Sicuramente quello che meglio descrive l’arte è la capacità di sintetizzare la cultura del proprio tempo. L’arte contribuisce senza dubbio a creare persone migliori e certamente più responsabili. »

    Walter Nestola, attore e regista.

    «L'arte si fa se si ama ... anche senza soldi ma si fa ... rimane per tutta la vita dentro di noi. Una semplice frase che racchiude tutto.»

    Rossella Paone, scrittrice.

    «L'arte è l'insieme dei colori dela vita, potreste voi comporre i vostri fogli bianche senza colorarli? ... Credo che l'arte sia la più grande e stupefacente rappresentazizone della vita, è per certi aspetti lo specchio della vita, dunque guai a non cogliere l'occasione per guardarsi dentro, pe osservare il mondo, crescere e migliorare!»

    Daniela Ventrone, pittrice.

    «Io insegno anche Artistica alle scuole secondarie di I grado, Andrea. Sono ragazzi poco più grandi di 10 anni. Quello che cerco di trasmettere ai miei alunni, prima di tutto, è l’amore e la passione per l’arte. L’arte per me è l’espressione sublime della personalità dell’artista, quindi dei suoi sentimenti, delle sue passioni, dei suoi tormenti, della sua interiorità attraverso delle abilità tecniche.»

    Viet Thanh Nguyen

    Scrittore, Premio Pulitzer 2016 per la narrativa

    Il 18 aprile 2016 , alla Columbia University di Broadway , Pulitzer Hall 709 , New York, U.S.A. , è nata una Nuova e Luminosissima Stella nel firmamento della letteratura planetaria:Viet Than Nguyen.

    Viet Thanh Nguyen non è ancora uno scrittore noto al mondo, almeno fino ad oggi, giorno di Pasquetta del 2017. Non lo è, e non lo è stato fino a un annoi fa, neanche nel suo Paese d’adozione, gli Stati Uniti d’America.

    Viet Thanh è nato a Buôn Ma Thuôt, in Vietnam, nel 1971. Nel 1975 la sua famiglia fugge negli Stati Uniti d’America per chiedere asilo politico, dopo la caduta del regime sostenuto dagli Americani nel tentativo di colonizzare il Paese motivando l’invasione armata col più nobile degli obiettivi della politica occidentale: importare la democrazia in Vietnam attraverso una guerra sanguinaria, sanguinosa e dolorosa di cui il popolo americano ancora oggi porta ferite profonde e incancellabili.

    Tutti i profughi vietnamiti che avevano sostenuto il Governo Statunitense e che riuscirono a fuggire dalla Rivoluzione vietnamita, vennero accolti da subito in diversi campi di accoglienza in territorio americano: la famiglia di Viet Thanh Nguyen passa il primo periodo della sua permanenza in Pennsylvania, presso il campo profughi di Fort Indiantown Gap.

    Solo alla fine degli anni ’70 Viet e la sua famiglia possono iniziare una vita da cittadini liberi e da cittadini americani veri, ottenendo dal Governo Americano il permesso di traferirsi dove avrebbero voluto vivere dal momento in cui hanno messo piede negli U.S.A., la California, a San Jose, che per clima e humus era ritenuto dai Nguyen, almeno nell’immaginario, il più vicino e prossimo a quello del Paese che avevamo amato e abbandonato per sempre, per sfuggire a morte certa.

    È dalla California che il piccolo Viet Thanh Nguyen inizia gli studi, con passione, intelligenza e determinazione, laureandosi nel maggio del 1992 col massimo dei voti in " Letteratura Inglese e Studi Etici; divenendo poi, nel 1997, professore universitario in English and American Studies and Ethnicity" nella prestigiosa University of Southern California di Los Angeles. Inizia a scrivere novelle, racconti brevi, e libri di saggistica, oltre a svolgere con grande diligenza, competenza e preparazione la sua professione di professore universitario.

    Nel 2015 pubblica il suo primo romanzo, " The Sympathizer", edito da Grove Press, New York.

    Il 18 aprile 2016 Viet Thanh Nguyen vince il più prestigioso dei premi letterari al mondo, il Premio Pulitzer, nella categoria Fiction (Narrativa), con la seguente motivazione « a layered immigrant tale told in the wry, confessional voice of a man of two minds and two countries, Vietnam and the United States» (« una storia di immigrati raccontata a strati e con sottile ironia; la confessione di una voce di un uomo con due menti e due Paesi, il Vietnam e gli U.S.A.»).

    È questa la premessa alla prestigiosa intervista che il Prof. Viet Thanh Nguyen mi ha concesso oggi attraverso l’utilizzo dei potenti mezzi informatici e di comunicazione di cui disponiamo tutti; mezzi che hanno reso possibile mettermi in contatto con quello che ritengo essere uno dei migliori e più profondi scrittori del XXI secolo.

    Ecco la mia intervista.

    Prof. Viet Thanh Nguyen, se dovesse dire qualcosa ai nostri lettori, come Artista e come Scrittore, cosa direbbe loro?

    Che sono molto felice che i lettori in Italia stiano leggendo il mio romanzo!

    Quando ha pensato di scrivere questo Romanzo, quali obiettivi aveva il suo progetto?

    In primo luogo, quello di contestare il modo in cui la guerra in Vietnam è stata e viene ricordata a livello globale, soprattutto a causa dei racconti statunitensi (sia in letteratura che nel cinema). Questa è forse stata la prima guerra nella storia in cui i perdenti (gli americani) hanno scritto la storia, invece che i vincitori. I vietnamiti di tutto il mondo, nelle storie raccontate dagli americani, sono stati cancellati, messi a tacere, oppure mutilati; mentre le memorie dei vietnamiti in Vietnam, e la diaspora che ne è scaturita, sono molto diversi, e di fatto non sono affatto conosciute. Così ho pensato al mio romanzo come a una vendetta contro le storie americane, un tentativo di scrivere una storia diversa della guerra, da una prospettiva vietnamita.

    In secondo luogo, l’idea di scrivere un romanzo che fosse riconosciuto universalmente nella sua narrazione della guerra, della fedeltà, del tradimento, della rivoluzione; e che fosse anche una apologia radicata, un forte discorso a difesa della vera storia dei vietnamiti.

    Io penso che il suo Romanzo sia il più interessante e stravolgente libro scritto negli ultimi venti anni, per tutto quello che contiene, per la qualità della narrazione e per la profondità dell’introspezione psicologica che con eccellente maestria Lei fa di tutti i protagonisti della Sua storia; al contempo ribaltata con estrema classe e sottilissima ironia la prospettiva interpretativa della guerra in Vietnam. Cosa ci dice in proposito?

    Grazie dl complimento, Andrea! Penso che quello che il mio romanzo dice è che non vi è alcuna storia o narrazione che sia stata raccontata così tante volte, in modo altamente ripetitivo, come quello che è stato detto e scritto dagli americani della guerra in Vietnam; una storia non può essere rovesciata e ricostruita in un modo completamente diversa da quella che allora fu la realtà.

    Come ha vissuto da vietnamita naturalizzato statunitense negli Stati Uniti d’America? Quali sono stati i vantaggi e gli svantaggi di essere un rifugiato naturalizzato in un Paese che comunque dà sempre e prioritariamente al merito e alle capacità personali grande spazio per avere successo professionale e sociale?

    Come rifugiato negli Stati Uniti, ho sempre percepito di essere vissuto come una spia. Ero un americano di una famiglia di genitori vietnamiti, pronto a spiare le loro strane abitudini, il loro cibo, e la loro lingua. Fuori da casa mia, mi sentivo come una spia vietnamita di tutta la bellezza e di tutte le stranezze degli americani. Ho imparato a non dare per scontato tutto ciò che ogni cultura dice o scrive di sé stessa, ho imparato ad essere sempre scettico. Questa è stata una posizione scomoda da vivere in America; ma al contempo un luogo produttivo per un romanziere, che deve sempre porsi in modo sia empatico che critico. Nella misura in cui io sono stato simpaticamente scettico, mi è sempre stato profondamente chiaro il potere e la seduzione del Sogno Americano al quale tu fai riferimento, ma sempre consapevole delle sue insidie. Il sogno americano è, infatti, reso possibile solo dall’Incubo Americano di genocidio, di schiavitù, di colonizzazione, di guerra, di razzismo e di sfruttamento, nonché dalla negazione di tutte queste cose. Sono venuto negli Stati Uniti a causa dell’Incubo Americano, spedito qui dal mio paese di nascita, e sono cresciuto negli Stati Uniti come beneficiario del Sogno Americano. Questa è la contraddizione che mi ha reso quello scrittore che sono oggi, e dalla quale non riesco a indietreggiare; uno scrittore che deve confrontarsi continuamente, come faccio in " The Sympathizer (Il Simpatizzante").

    Se due bambini di dieci anni dovessero chiederle con spontaneità, ingenuità e curiosità: « Prof. Viet Thanh Nguyen, ci spiega per favore cos’è l’Arte? », come risponderebbe a questa domanda per far capire loro quello che vogliono sapere?

    L'Arte è quello che senti e quello in cui credi, quello che puoi vedere con gli occhi della tua mente. Come realizzare quello che vedi in modo che anche altri possano vedere; che è al contempo un mandato per tutta la vita, radicato nelle intuizioni emotive e nel dolore di quello che sei, come un bambino.

    Verrà in Italia per presentare il suo Romanzo " The Sympathizer" ? Se sì, quando e quale sarà il tour perché i nostri lettori possano venire a sentirLa parlare e ad incontrarLa per avere il suo autografo sul suo Romanzo?

    Mi piacerebbe vedere di nuovo l'Italia, considerato che il mio primo e unico incontro con l’Itali è stato nell'estate del 1998, quando con il mio zaino ho visitato Roma, Venezia e Firenze. È stata un’esperienza meravigliosa, bellissima e romantica.

    Adesso sono stato invitato a partecipare ad alcuni Festival per l'estate prossima, quella del 2017, e deciderò presto se potrò partecipare.

    Grazie infinite Prof. Viet Thanh Nguyen di avermi concesso questa intervista che le confesso mi lusinga e mi onora tantissimo … e, come dite voi americani, break a leg…

    Grazie a te, Andrea, per avermi chiesto l’intervista per i tuoi lettori italiani.

    Alcuni link da consultare per approfondire la conoscenza di Viet Thanh Nguyen:

    http://www.vietnguyen.info/

    http://www.pulitzer.org/prize-winners-by-year/2016

    http://www.pulitzer.org/winners/viet-thanh-nguyen

    https://www.facebook.com/pulitzerprizes

    https://www.facebook.com/vietnguyenauthor/

    https://twitter.com/viet_t_nguyen

    https://en.wikipedia.org/wiki/Viet_Thanh_Nguyen

    http://www.groveatlantic.com/#page=isbn9780802124944%20

    http://www.neripozza.it/collane_dett.php?id_coll=3&id_lib=1024

    Chiara Alberti

    Attrice, produttrice, conduttrice, modella

    Chiara Albert è attrice, produttrice, conduttrice, donna salernitana, artista di talento e di un successo conquistato con anni di fatica e di lavoro nel mondo del cinema, del teatro e della TV. Ha già lavorato con Registi italiani importanti in film del grande schermo come Il Crimine non va in pensione (2016), il Film L'abbiamo fatta grossa (2016) con la regia di Carlo Verdone, ed una serie straordinaria di ruoli in Serie Televisive e Film di successo che citiamo brevemente: Un Medico in famiglia, I Cesaroni, Capri, La Squadra, Romanzo Criminale, Una giornata di quiete, Quinto potere (Sky) come Producer televisivo, ed altro ancora. Chiara in questa chiacchierata racconta la sua storia professionale di Artista, in continua ed interessante evoluzione.

    Benvenuta Chiara. Come stai? Cosa diresti di te in poche parole ai nostri lettori che volessero sapere di più di quello che appare di te attraverso la tua professione?

    Sto bene, Grazie! Innanzitutto ringrazio te, Andrea, per avermi inviata a tenere un'intervista. E grazie per tuo il benvenuta! Grazie anche per il conosciuta che hai detto nella presentazione che mi hai fatto, Andrea, ma penso sinceramente di non esserlo ancora. Ma poco importa, quello a cui tengo è esprimermi, ed esprimere il mio modo di fare Arte. A volte mi dicono: e se non andrà bene, cosa farai?. È come chiedere ad un innamorato cosa farà se non andrà bene la sua relazione. Insomma, qui si tratta di esigenza, non di un calcolo matematico. Non ho mai pensato di essere un’artista radical chic, cosa che va molto di moda. Mi piace essere in forma, amo la moda e amo leggere e studiare, approfondire le cose. Non c'è bisogno che esca vestita male per affermarmi. È assurdo! Ma in Italia, molte volte, il modello è proprio questo.

    È uno dei rischi di tutte le professioni, Chiara, ed io sinceramente non darei molto conto a queste paure che cercano di inculcarti chi ti dice queste cose! Ho sempre pensato che nella vita per stare bene e non avere rimpianti o rimorsi, bisogna seguire le proprie passioni e i propri talenti. Se tu, Chiara, hai la consapevolezza di possedere questa passione e questo talento, la strada che stai seguendo è quella giusta! Detto questo, Chiara, vorresti raccontare ai nostri lettori come è iniziata la tua carriera artistica?

    Ero a Napoli e studiavo all’università. Conobbi un ragazzo che mi presentò un regista. Diventammo amici e lo siamo ancora oggi. Mi parlò di una Scuola di Teatro gestita da Antonio Ferrante e Marzio Onorato, attori e persone splendide. Entrambi allievi del grandissimo Edoardo De Filippo. Poi andai a Roma. E lì tutto cominciò.

    È stata un po' una casualità, ma una bella casualità visto che hai conosciuto due artisti diretti allievi dell'indimenticabile Edoardo De Filippo che tutto il mondo ci invidia! Oltre alla Scuola di Ferrante e Onorato, hai frequentato altre Scuole di Recitazione per raggiungere il livello professionale che oggi, in un certo qual modo, ti ha consacrato come una bravissima attrice italiana?

    Il modello nel quale mi riconosco è il Metodo Stanislaskij, chiamato anche psicotecnica, messo a punto nei prima anni del '900 da Konstantin Sergeevic Stanislavskij, che sostanzialmente consiste nell'approfondimento del personaggio e nella ricerca di affinità tra il suo mondo interiore che si deve impersonare nella recitazione e quello dell'attore che dovrà rappresentarlo identificandosi al meglio con lui/lei. È un metodo che ti costringe ad entrare nel personaggio che devi recitare, sentirne il dolore, la gioia di viverla come la vivrebbe lui, mangiare come mangerebbe lui. È pura gioia.

    Sostanzialmente è un metodo di recitazione utilizzato moltissimo dagli attori hollywoodiani. Qualche giorno fa – a proposito di mangiare come dicevi prima - leggevo su un magazine online di cinema americano, che Leonardo Di Caprio per impersonare al meglio il personaggio che ha recitato nel film Revenant – Redivivo, di Alejandro Gonzales Iñárritu, abbia mangiato carne cruda di cinghiale per alcune settimane! È incredibile, ma sembra che abbia funzionato se in questi giorni ha già vinto il Golden Globe ed è candidato, con grandi margini di successo questa volta (fingers crossed per Leonardo Di Caprio!), a vincere il tanto ambito per lui premio Oscar!

    Qual è stata, Chiara, la tua prima produzione artistica e quali risultati hai ottenuto? Sei rimasta soddisfatta del successo di pubblico e del ritorno economico? Perché, si sa, i produttori non puntano solo a realizzare un'opera importante, ma c'è anche il risvolto economico dell'investimento che deve produrre risultato.

    Sono solo all’inizio, ma ho fatto davvero tutto da sola. I misteri di Napoli e Sorelle sono come dei figli. Sono appassionata al lavoro di produzione. È come mettere dei piccoli pezzi insieme e poi ammirarne la riuscita. Adesso ho l'intenzione di far diventare Sorelle un vero film. Ritengo ottima l'idea e farò di tutto per realizzarla. Naturalmente con la collaborazione di altri professionisti.

    Sono soddisfatta anche Dei misteri di Napoli, che con il regista e fotografo Peppe Tortora abbiamo realizzato vincendo anche un premio come Ambasciatori del Sorriso per la città di Napoli. Che esperienza! Napoli, la città più bella e gentile che esista, mentre giravamo arrivavano le persone chiedendo se avevamo bisogno di qualcosa, le vecchiette aprivano le loro case per farci posizionare l’attrezzatura per le riprese. Questa è un’esperienza fantastica, molto cara al mio cuore di Artista.

    In uno dei tuoi post sulla tua pagina Fb ufficiale ho letto che hai scritto queste belle parole «l'arte è un'esigenza ...gli artisti sono ossessionati dall'esigenza di espressione ... molte volte per questo si diventa egoisti ... ma se si supera questo momento allora si entra in empatia con il più alto significato di espressione … abbracciare il mondo e non criticarlo, ma osservarlo forse è già un buon punto di partenza … staccarsi da questa imposta velocità ... nei rapporti, nelle amicizie, nell'amore … essere di più e non di meno può essere il punto di svolta ... l'arte o è o non è … o si è o non si è … punto!». Ti confesso che sono d'accordo con te ed in modo diverso ne faccio una descrizione nei miei scritti quando scrivo cosa io intendo per Arte. Ma quali sono state le esperienze artistiche e professionali che ti hanno portato a pensare questo?

    Più che altro sono stati i no a farmi dire questo. Un attore è pienamente felice solo quando recita: e questo è

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