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Poche storie!: Racconti
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E-book251 pagine3 ore

Poche storie!: Racconti

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Info su questo ebook

Fulvio, Marco, Valeria e Alfonso.
Quattro racconti in cui la realtà ancora una volta interagisce ed interferisce con la fantasia.
Un viaggio nello stato d´animo di personaggi differenti che vivono in luoghi distanti tra loro.
Il tentativo di esorcizzare diverse paure intese come segnali di avvertimento.
Sentimenti che vanno a smuovere il primordiale istinto di sopravvivenza
Ogni racconto può essere interpretato come la chiave per accedere ad una stanza dove non si vorrebbe entrare oppure come la chiave che potrebbe garantirci la salvezza mediante l´apertura della porta di una stanza dalla quale si vorrebbe uscire.
La scelta, come di consueto, resta nelle mani del lettore
LinguaItaliano
Data di uscita27 giu 2017
ISBN9788826461861
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    Anteprima del libro

    Poche storie! - Andrea Guenzi

    Andrea Guenzi

    Poche Storie!

    - Racconti -

    UUID: 9f3256e6-5b11-11e7-a770-49fbd00dc2aa

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    «Niente è come sembra,

    quando tutto è chiaro come appare»

    (A.Guenzi)

    Ancora per loro, Christian e Leonardo

    L´erba del vicino

    Capitolo 1

    Dall´ultima nevicata erano passati ormai quasi due mesi.

    Il parco cittadino Außenmühlen di Harburg, piccolo comune situato a sud di Amburgo, andò via via riaffollandosi di uomini e di animali.

    Il canto dei merli diventava ogni giorno sempre più frequente, anche se il rumore di fondo della città risultava ancora dominante, forse per via dell´assenza delle foglie sulle piante: per quello c´era ancora parecchio tempo da aspettare.

    Nelle zone d´ombra concesse dalle panchine o dai fusti degli alberi, gli ultimi resti di neve cercavano inutilmente di sottrarsi al loro inevitabilmente destino segnato dal finire dell´inverno. Il repentino aumento dell´inclinazione dei raggi del sole, concesso dal cambio di stagione ormai in corso, andava erodendo i bordi delle macchie gelate al pari della marea con la battigia.

    I primi narcisi, facendo capolino nelle aiuole di terra nera ed umida, tentavano di avere la meglio nei confronti del gelo e del buio.

    Uno splendido esemplare di setter irlandese color rosso Tiziano avanzava sul sentiero con fare consapevolmente elegante portando in bocca il proprio guinzaglio.

    <>

    Il cane sembrò ignorare il richiamo del padrone, decisamente preoccupato dall’eventualità che si potesse avvicinare troppo alle acque ancora troppo fredde del laghetto incorniciato dal parco.

    Fulvio Zacchetti: Ingegnere. Impiegato presso la sede Airbus di Finkenwerder, comune situato ad ovest di Amburgo, luogo dove venivano prodotti ed assemblati alcuni componenti del gigante dei cieli, l´A380. Fulvio sapeva bene in che grane si sarebbe cacciato con la moglie se il cane si fosse tuffato in acqua.

    <>

    Finalmente il cane ebbe una reazione, si fermò e si girò quasi a voler controllare cosa stesse succedendo al padrone.

    <>

    Ecco - pensò Fulvio – parli del diavolo e spuntano le corna.

    Isabel, sua moglie, a far da gregario ai due loro figli, Samuel di quattro anni e Sebastian di sei, che pur dandoci dentro sui pedali delle loro mini-bike, spesso rimanevano indietro per contemplare i paraggi alla ricerca di qualcosa con cui giocare, o solamente fantasticando su eventuali abitanti notturni del parco.

    <> - disse di rimando Fulvio - <<è il cane che tira la fuga.>>

    Isabel non sembrava molto convinta della versione offerta dal marito. Sapeva che da lì a poco sarebbero incominciate le partite di calcio e percepiva l´urgenza di Fulvio di tornare a casa per infossarsi sul divano di fronte al televisore.

    <>

    Fulvio si accorse della futile debatte in corso e cercò di rimediare come meglio poté, arrampicandosi sugli specchi concessi dai false friends della lingua italiana.

    <>

    Fulvio, che era nato a Bergamo una quarantina d´anni prima di trasferirsi per motivi di lavoro in Germania, aveva dei trascorsi agonistici sulle due ruote. Ormai la bicicletta da corsa Bianchi era stata sostituita da una mountain-bike, ciononostante non disdegnava quando poteva di rispolverare detti e vocaboli legati ai tempi delle corse.

    Fu durante quella breve pausa che si sentirono chiamare da una coppia di signori di una certa età. Fu l´uomo a prendere la parola.

    <>

    Fulvio sembrò cadere dalle nuvole, il viso gli sembrava familiare ma non riusciva a mettere a fuoco dove si fossero conosciuti, per educazione rispose mantenendosi sul vago.

    <>

    Isabel intanto raggiunse il trio e si introdusse nella conversazione, togliendo dall´imbarazzo il marito.

    <>

    Adesso per Fulvio era tutto più chiaro, la coppia di anziani doveva essere una conoscenza di sua moglie.

    <> - disse l´anziana donna.

    <> - proseguì Isabel, guardando negli occhi il marito e provando soddisfazione nel vedere la sua perplessità.

    <>

    Fulvio avvampò in viso e guardò la moglie che avrebbe incenerito se solo avesse avuto al posto delle pupille dei raggi laser. <> chiese con fare ironico e provocatorio. Il tutto avveniva sotto gli sguardi vigili dell´anziana coppia che parevano essere due gufi mimetizzati su di un ramo nell´attesa di carpire un movimento di una probabile preda nascosta tra le foglie al suolo. Fu allora che esplodendo in una sonora risata Isabel svelò l´identità dei loro inattesi interlocutori.

    <>

    Fulvio si sentì a suo modo ingenuo ed incassò la sconfitta.

    <>

    <> Concluse l´anziana signora, stringendo le mani sulla sua borsetta, quasi a voler sottolineare le sue sembianze di rapace.

    Adesso che Fulvio aveva dato una collocazione nella sfera delle sue conoscenze ai due volti, non mancò di osservare come fossero più anziani di quanto fosse percepibile dalla finestra per via della distanza. I visi della coppia erano letteralmente incartapecoriti.

    Lei, per quanto distinta e ben pettinata, risultava leggermente ingobbita. Erika era dotata di occhi chiari e furbi incastonati, come gemme preziose, in un tripudio di rughe scure modello gran canyon che percorrevano il volto dalla fronte sino al mento dal quale penzolava una prominente pappagorgia.

    Lui, con i suoi folti baffi bianchi sembrava non aver nulla da invidiare ad un tricheco, se non per il fatto evidente di essere di gran lunga più giallo e di avere dei canini molto più corti. Fu Dieter a riprendere la conversazione, manifestando un velato interesse se non addirittura un secondo fine.

    <>

    Fulvio sembrò cadere di nuovo dalle nuvole, poi guardandosi intorno capì a cosa si stesse riferendo l´anziano signore.

    <>

    Fulvio e l´anziano signore parlavano dei cosiddetti Kleingärten. Nelle parti periferiche della città, venivano messi a disposizione dai Comuni appezzamenti di terra, definiti parcelle, da utilizzare in parte come orto o come superficie destinata all’attività ludica dei più piccoli nonché per l´allestimento di un barbecue.

    Le parcelle, aventi diversa forma, avevano una superficie di circa quattrocento metri quadri ciascuna. Era possibile costruirvi anche una piccola casetta di massimo ventiquattro metri quadrati. Molti proprietari costruendo una veranda avevano aumentato notevolmente la superficie a tetto. Il problema era rappresentato dalla disponibilità limitata dei terreni.

    La richiesta di terreno edificabile da parte del mercato immobiliare era in ascesa, quindi di fatto i Comuni non potevano aumentare più di tanto la superficie di terreno dedicata a giardino per il tempo libero. Chi voleva accaparrarsi un pezzetto di terra da utilizzare nei week-end, doveva presentare una formale domanda ad una precisa associazione, supportata da una sorta di raccomandazione del cedente. Il risultato era che si andava avanti per conoscenze, salvo non voler rilevare un terreno disastrato. Fulvio ricevette una proposta qualche mese prima, ma a causa dello stato del giardino e della sua inesperienza si trovò nella condizione di dover rifiutare.

    Il signor Dieter capì di aver una buona lenza da sfruttare.

    <>

    Fulvio ne era ormai convinto, lo sguardo dell´anziano signore rivolto alla moglie aveva cambiato luce, quasi che avessero premeditato qualcosa.

    Adesso fu Isabel a farsi prendere dall´ emozione e dalla sorpresa.

    <>

    <>

    Fu di nuovo Dieter a far centro su tutti:

    <>

    Fulvio era diviso dal decidere se abbracciare o strozzare l´anziano signore o improvvisato chiaroveggente che fosse. Da un lato capiva le esigenze di un maschio alfa, dall´altro confermava la teoria di sua moglie Isabel in merito alla distanza che li aveva divisi sino a pochi istanti prima.

    Furono i bambini a togliere tutti dall´impaccio. Il più piccolo, Samuel, senza curarsi dei presenti, esordì quasi più con un affermazione che con una richiesta:

    <>

    Tutti sorrisero ma Fulvio un po´ meno. Ancora una volta fu Dieter a proporre una soluzione.

    <>

    La signora Erika non resistette all´impulso di far notare la comodità della cosa.

    <>

    Senza nemmeno rendersene conto il piccolo gruppo era già in marcia verso il cancello di accesso ai giardini. L´anziano signore prese a trafficare con un mazzo di chiavi e aprì il portoncino posto tra le siepi che dividevano l´area pubblica da quella riservata solo ai proprietari dei giardini.

    <> - disse Dieter.

    Dall´esterno non si poteva comprendere a pieno la cura con cui erano allestiti i giardini e le case. La siepe, alta circa un metro e sessanta, impediva di vedere oltre. I giardini inoltre si trovavano leggermente rialzati rispetto al parco, concedendo un po´ di privacy ai proprietari unitamente ad un´invidiabile vista sul laghetto per coloro che avevano la fortuna di occupare i terreni in prossimità del perimetro dell´area. Dal parco erano visibili solo i tetti delle case e le aste delle bandiere. Ora fu di nuovo l´anziana signora a prendere la parola.

    <>

    <> disse Dieter scompigliando con una mano i capelli al bambino più grande.

    <> - rispose il bambino.

    <> - disse l´anziano dirigendosi un vialetto secondario che correva parallelo al perimetro del comprensorio delineato dalla siepe.

    Mentre camminavano, il signor Dieter proseguì nell´esporre come funzionavano certe cose, di quanto tempo avesse investito in passato per mantenere il giardino. Più che vantarsi sembrava cercare un modo per scoraggiare Fulvio, quasi per testare se provasse davvero interesse.

    La cosa che non mancò di notare Fulvio era l´esatta percezione di essere osservato. Eppure era bassa stagione e niente lasciava presupporre che vi fossero altre persone nei paraggi. I rumori della città erano notevolmente inferiori rispetto che nel parco. Si trovavano in una sorta di labirinto: solo poche parcelle erano aperte, la maggior parte dei proprietari aveva impiantato delle siepi come ulteriore divisorio. Probabilmente non c´era davvero nessuno. Le finestre delle case erano tutte chiuse.

    Svoltarono a destra e Fulvio non poté non notare un albero caduto al suolo al centro di un giardino.

    <>

    Intorno ai rami dell´albero vi era un frenetico via vai di passeri alla ricerca di bacche o probabilmente di semi secchi lasciati dai proprietari della parcella, per aiutare gli uccelli a superar l´inverno.

    <> - disse il vecchio.

    <> - disse Fulvio esterrefatto.

    <>. - Disse Dieter.

    <> - concluse semplicemente Fulvio, quasi che non volesse proseguire nella conversazione, cosa che per altro non scoraggiò l´anziano signore.

    <>

    Armeggiando con un cancelletto praticamente privo di qualsiasi utilità, del resto ci si impiegava meno a saltarlo che ad aprirlo, si trovarono di fronte alla parcella numero 106.

    Fulvio rimase incantato, Sebastian invece appoggiò la bicicletta alla siepe e si diresse correndo verso l´altalena, quasi non vedendo quello che vi si trovava attorno ed il contesto nella quale era contenuta.

    <> - disse Fulvio.

    <> - disse con sguardo sognante il vecchio.

    Fulvio sembrava aver preso un colpo in testa. Le parole che diceva il suo interlocutore passavano in secondo piano rispetto al suo interesse per quel che gli concedeva la vista.

    La cura con la quale era stato allestito il giardino faceva ben intendere che spirito di sacrificio e quanto tempo ed energia avessero impiegato i proprietari. La parcella era chiusa su tre lati: per due lati da due giardini confinanti e da un lato dalla siepe che dava sul laghetto del parco. Appena varcato il cancelletto si trovarono in un rettangolo diviso in tre parti. La porzione maggiore di spazio, che occupava il lato maggiore della parcella, era dedicata al prato contornato per tre lati di piante e vasi di ogni genere. Dietro una sorta di paravento si trovava l´orto ed un´area dedicata al compostaggio. Dal cancelletto d´ingresso partiva una passatoia fatta di piastrelle che portava sino ad una sorta di spiazzo sul lato sinistro e minore della proprietà, ove trovava posto la casa e un grill realizzato in mattoni che di sicuro aveva conosciuto tempi migliori.

    <> - riuscì a dire Fulvio.

    <>

    Nel mentre apparve sulla soglia del giardino la moglie di Fulvio, il figlio più piccolo e la signora Erika.

    <<È permesso?>> - chiese Isabel.

    <> disse Dieter.

    Anche Isabel rimase senza parole. La sua attenzione venne subito rapita da due alberi di melo e dai pini che dividevano il confine con uno dei due giardini vicini. Le conifere, per quanto ancora spruzzate di bianco, erano state potate a forma cilindrica ed avevano qualcosa di monumentale. Percorrendo con lo sguardo il lato più lungo del giardino da destra a sinistra, Isabel si rese conto che anche altri alberelli avevano subito una particolare potatura.

    <>

    <> - disse l´anziano ridendo di gusto e mimando le sembianze della moglie.

    Il piccolo Samuel nel frattempo raggiunse il fratello ed iniziò a litigare per accaparrarsi l´altalena. Fu forse a causa del trambusto generato che fece la comparsa da sotto un cespuglio una lepre che, con velocità fulminea, tagliò in diagonale il prato non senza attirare l’attenzione di tutti i presenti su di se. Fu allora che Samuel considerò di aver altro da fare che giocare con l´altalena.

    <>

    Tutti scoppiarono a ridere. Fu di nuovo Dieter a prendere la parola, mentre si accingeva ad infilare le chiavi nella serratura della porta di casa.

    <<È veloce vero? Eh sì deve essere veloce almeno quanto è morbida! Venite, vi prego vi mostro l´interno.>>

    Nel complesso anche la casa fu una piacevole sorpresa, soprattutto per Fulvio, il quale non avendo mai avuto un giardino del genere, si era fatto un´idea sbagliata delle potenzialità da esso offerte. In principio pensava che la casa, altro non fosse che un capanno ove riporvi le attrezzature per la manutenzione del giardino e le sdraio. In realtà l´utilizzo era molto più simile a quello di un vero e proprio bungalow per le vacanze.

    Realizzata interamente in pino verniciato all´esterno in rosso svedese, offriva una piccola veranda dove trovava alloggio un tavolo e due panche. Appena varcato l´ingresso vi era il soggiorno avente pianta rettangolare dove trovava posto un divano angolare e sul lato più corto la cucina. Nella stanza erano presenti due finestre, poste sui lati più corti ed una vetrata che dava sulla veranda. L´interno della casa era rivestito di perline di abete. Il pavimento rivestito in Linoleum suonava vuoto sotto le falcate dei presenti. L´intera costruzione risultava sollevata dal terreno di circa venti centimetri: tale accorgimento serviva per garantire l´areazione del piccolo immobile, isolare dal suolo il piano calpestabile ed infine garantire il passaggio dei cavi elettrici e di una piccola rete idraulica. Dal soggiorno si poteva accedere, tramite un varco celato da una tenda di vimini intrecciato, ad un´ulteriore stanza, anch´essa avente finestra e contenente un letto e due armadi.

    <> - disse

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