Da Pazuzu a Labeone
Di Silvio Bosco
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Attraverso i deserti e le ingiustizie si sciolgono le illusioni, dal caos sorge un nuovo senso di giustizia e il riconoscersi nella ricerca della libertà.
Da un’intuizione all’altra, da un fallimento all’altro si sciolgono anche le speranze del fuggitivo per, finalmente, farsi, essere speranza; speranza di giustizìa, speranza di porre fine alla fuga da Pazuzo, il demone pestilenziale.
Il fuggitivo è ormai solo, ha perso tutti i legami con la terra da cui proviene, egli stesso non vuole essere che nulla, che desiderio di morte e se non fosse per la sua silente compagna ci sarebbe anche riuscito. Ma la presenza del femminile lo salva, aspettandolo, offrendogli segni ma soprattutto non abbandonandolo mai nonostante la sua ignoranza.
Doveva attraversare tutto, perderlo per poterlo riacquistare, doveva sentirsi senza identità per poterne avere una, una che comprendesse ogni intuizione, tutte essendo legate indissolubilmente, tutte richiamandosi e combattendosi furiosamente, ma così doveva essere per tornare ad essere uno, per tornare ad essere tutto e per riflettervi senza più fuggire.
Alla fine scopre Labeone, scopre l’accettazione della vita che cambia e del nostro dovere di interpretarla senza tradirla, senza favori o concessioni verso il potere, proprio come si dice che fosse Labeone.
Ma Labeone non è la fine, non è il trionfo della libertà su Pazuzu, Labeone è un altro inizio, un inizio di altre ingiustizie, di altri fallimenti sulle vie di un Pazuzu mai del tutto perdente perchè Pazuzu non è solo il demone dei crimini efferati e della pestilenza dell’ingiustizia essendo esso anche il demone protettore delle donne incinte e quindi della vita che Pazuzu e Labeone rappresentano portando senpre con sè, viventi, i loro opposti in un continuo interscambio senza il quale non resterebbe che il desiderio di morte.
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Da Pazuzu a Labeone - Silvio Bosco
Silvio Bosco
Da Pazuzu a Labeone
CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL
Silvio Bosco
Da Pazuzu a Labeone
Prima edizione digitale: Cavinato Editore International – 2017
©Tutti i diritti riservati
Impaginazione e grafica: Silvia Mezzanotte
CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL
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cavinatoeditore@hotmail.com • info@cavinatoeditore.com• www.cavinatoeditore.com
Indice
Inizio
Prologo
Introduzione
I Capitolo
II Capitolo
III Capitolo
IV Capitolo
V Capitolo
VI Capitolo
VII Capitolo
VIII Capitolo
IX Capitolo
X Capitolo
XI Capitolo
XII Capitolo
XIII Capitolo
XIV Capitolo
XV Capitolo
XVI Capitolo
XVII Capitolo
XVIII Capitolo
XIX Capitolo
XX Capitolo
XXI Capitolo
Avvio
Inizio
DA PAZUZU A LABEONE
ovvero
Rapsodie mediterranee
Dedicato a Marco Pannella
Ragazzi, niente tristezza, abbiamo vinto noi
Marco Pannella
...l’accesso a tutti i fatti rilevanti per la formazione di un giudizio ragionevole deve essere garantito.
James Madison
Prologo
II Guerra del Golfo
Mesopotamia, Bassora, 2003
Quos Deus vult perdere, dementat prius.
Dio in verità non commette nessuna ingiustizia contro gli uomini, sono gli uomini a commettere ingiustizie verso se stessi.
Corano
Spergiuri, avevano giurato di difenderci e di onorare se stessi, avevano giurato di guarire i nostri mali ma ne crearono di nuovi ingannando ed ingannandosi.
Spergiuri, avevano giurato di dire la verità ma financo fra i loro popoli furono menzogneri e a noi portarono l'ultima rovina.
Spergiuri, avevano l'obbligo di essere un esempio ma macchiarono l'onore delle loro nazioni e su di noi riversarono la rabbia dei loro delitti.
Ingiusti, con la superbia della forza credettero di rimuovere ogni ostacolo, la loro fama di violentatori di leggi e così divennero anche imbroglioni per salvare se stessi.
Ingiusti, che contro ciò che era scritto parlarono di interessi e la violenza innalzarono.
Ingiusti verso se stessi, spergiuri delle proprie leggi, che tale è il peso del loro crimine da dover essere sopportato anche da noi perchè ingiustizia e spergiuro reclamano un castigo.
Introduzione
Appare Pazuzu
One man carries salvation and damnation from the desert.
Matthew Sawyer
È Dio che ha creato il mondo, ma è il diavolo che lo fa vivere.
Tristan Bernard
Dal vento dei deserti giungono le pestilenze spargendo terrore e morte in quello che una volta era un paradiso, orribili a vedersi, i demoni delle malattie entrano in tutte le case, svuotano le piazze, ammutoliscono le città.
Tra i tormenti della malattia e le piaghe della disperazione inaridiscono le terre un tempo fertili ed i fiumi, che alla civiltà prestarono ambiguo soccorso, si colorano di rosso ed essi stessi svaniscono alla comprensione dell'uomo che dovunque strage accompagna venendo dal di fuori, venendo da se stesso, urlando il demone pestilenziale dei deserti contro cui rifugio o salvezza non c'è.
Aiutateci! mi vogliono uccidere! vogliono uccidere me, o povero me! piccolo uomo che in paradiso credeva di vivere e la mia donna, la mia povera donna che così delicatamente e con riguardo vive, a tutto sensibile perchè così tardi potetti incontrarla e così a lungo ella credette di poter essere lasciata sola da smettere di parlare per amarmi meglio, di più; ma ora ci vogliono morti, me pover uomo, lei donna triste e silenziosa a me dedicata, dobbiamo morire: qui nella terra alla confluenza dei due fiumi dove inizio e fine mai si separarono, dobbiamo morire. Dobbiamo morire schiavi perchè per noi non c'è più legge, vivevamo senza legge e senza legge fummo liberati ed abbandonati dai traditori di se stessi e delle proprie leggi ed oggi ci dicono che dobbiamo morire non per i crimini che non abbiamo commesso ma per i peccati dei nostri tormentatori che tutti fuori della legge vivono ed assassinarci devono perchè essi possano continuare a delinquere ed impunemente agire contro le leggi. E schiavi dobbiamo morire, in ginocchio ci vogliono decapitare perchè se liberi morissimo le leggi risorgerebbero sulla nostra terra, così dobbiamo morire, orribile a dirsi, per sacrificare libertà e legge.
Qui, in questa città dalle molte vie non si odono più voci discordanti od opposti pareri ma solo confessioni e giuramenti che il dialogo non conoscono, solo i lamenti del pentimento estorto nel carcere e nella tortura.
E qui gli assassini ci braccano, sono già a caccia e nelle molte vie di questa città, li sento già calpestare ricordi, consapevolezza e diversità per compiere stragi di vite, per compiere, infine, le stragi di popoli. Risale la marea nera avvelenando il Tigri e l'Eufrate, risalgono i miasmi mortali del deserto distruggendo i campi dei Sumeri, per uccidere, per uccidere me, pover uomo; sono arrivati! sono dappertutto, sono financo nel mio cuore dove vive la mia povera donna in silenzio ed inerme!
Aiutatemi a fuggire!
I CAPITOLO
L'abbandono
Studiare la storia significa abbandonarsi al caos, ma nello stesso tempo conservare la fede nell’ordine e nel senno.
Hermann Hesse
Sire,