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Mala morte a San Nicolao: Indagine archeologica e racconto di un omicidio medievale
Mala morte a San Nicolao: Indagine archeologica e racconto di un omicidio medievale
Mala morte a San Nicolao: Indagine archeologica e racconto di un omicidio medievale
E-book229 pagine3 ore

Mala morte a San Nicolao: Indagine archeologica e racconto di un omicidio medievale

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Info su questo ebook

Fabrizio Benente, archeologo e docente presso l’Università di Genova, uno dei primissimi autori della Oltre Edizioni con il libro Appunti di viaggio, ha condotto per anni gli scavi presso l’Hospitale di San Nicolao di Pietra Còlice che si trova alle spalle di Sestri Levante, sulla diramazione costiera della Via Francigena. I risultati di questi scavi sono stati ampiamente pubblicati in riviste specialistiche. Ma, tra i tantissimi ritrovamenti ce n’è stato uno in particolare che ha scatenato la fantasia dell’archeologo e dei suoi collaboratori: lo scheletro di un uomo morto trafitto da 19 colpi di spada e di pugnale. Lo scrittore Mario Dentone ha preso a scrivere, su “istigazione” dello stesso Benente, un racconto di assoluta fantasia su questo ritrovamento e le sue possibili implicazioni, una specie di cold case medievale. Così si è sviluppata l’idea di questo libro in due parti: una serrata fiction, che integra la relazione scientifica del ritrovamento.
Ne è nata un’opera avvincente che appassionerà gli amanti dell’archeologia e, perché no?, anche quelli del giallo.
LinguaItaliano
Data di uscita21 nov 2019
ISBN9788899932770
Mala morte a San Nicolao: Indagine archeologica e racconto di un omicidio medievale

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    Anteprima del libro

    Mala morte a San Nicolao - Fabrizio Benente

    Benente

    Parte Prima

    Fabrizio Benente

    San Nicolao di Pietra Colice

    Indagine archeologica su un caso di omicidio

    1. Un anonimo caso di morte violenta

    Il ritrovamento dei resti di un individuo morto assassinato è poco comune in archeologia, almeno nell’ambito delle ricerche programmate di contesti cimiteriali medievali. La morte violenta e improvvisa, in assenza della confessione, del pentimento, della penitenza, poneva la salma in una posizione liminare e, talora, la collocava materialmente fuori o ai margini del recinto sacro costituito dal cimitero. Le anomalie deposizionali e un trattamento atipico del corpo sono spesso interpretate come indizi di morti percepite come diverse, compresi i casi di omicidio¹.

    La pratica della sepoltura – intesa nella sua forma elementare e non connessa al complesso significato del funerale – risponde a due esigenze pratiche: l’allontanamento del cadavere dalla comunità dei viventi e la sua protezione rispetto a chi potrebbe farne scempio (gli animali). La scelta di consegnare un corpo a una terra sacra piuttosto che a semplice terra prophana² poteva dipendere dalle modalità di morte, dalla pietà dei seppellitori e da altre forme di mediazione sociale e culturale che, ovviamente, avevano come protagonisti i viventi, o i sopravvissuti rispetto a colui che era deceduto.

    Un altro importante aspetto richiamato nel titolo è l’anonimato della vittima, ossia l’impossibilità di dare generalità anagrafiche ai resti scheletrici. Questa, in verità, è una delle caratteristiche che accomunano la maggioranza delle sepolture indagate dagli archeologi³. Talora il rinvenimento avviene fuori da contesti di scavo cimiteriali e può ricadere nella categoria delle scoperte fortuite⁴. Sono noti esempi di sepolture legate a battaglie ed eventi bellici⁵. In questi casi, la salma era deposta in un luogo ritenuto comunque adatto, che poteva anche essere in un campo aperto, compatibilmente con le regole liturgiche⁶. Più raramente, le ricerche possono essere programmate per analizzare in maniera autoptica le salme di individui noti, ma con cause di morte ignote, incerte, o in parte indiziate dalle testimonianze scritte⁷.

    L’indagine archeologica, per sua natura e per evoluzione del metodo, non è diversa da un’attività investigativa: parte dall’analisi del contesto, dalla lettura e dalla raccolta delle tracce/indizi e dei reperti, fa ampio utilizzo di risorse informatiche e di esami di laboratorio, elabora interpretazioni e ricostruzioni, utilizzando le doti di intuizione e deduzione del ricercatore/detective. Trattandosi di un’investigazione basata su reperti e tracce, l’indagine archeologica si impegna nel tentativo di ricostruire un contesto originale, la sequenza temporale delle attività/azioni, operando approssimazioni ricostruttive che devono essere il più possibile oggettive e compatibili con i dati disponibili.

    Nelle prossime pagine – per la particolare doppia natura di questo libro – proverò, quindi, a mettere in scena un’indagine investigativa basata sui dati archeologici raccolti durante lo scavo dell’ospedale medievale di passo di San Nicolao di Pietra Colice (Castiglione Chiavarese, GE). Partendo dal ritrovamento della sepoltura e dello scheletro di un individuo deceduto di morte violenta, tenterò di analizzare la sequenza degli eventi e di costruire un identikit, ossia un profilo biologico della vittima, anche se il tragico destino dell’anonimo individuo assassinato e sepolto a San Nicolao non ha nulla di assimilabile ai cold case della fiction televisiva. La partenza – nel nostro caso – non può avvenire dalla descrizione della scena del delitto, che rimarrà per sempre ignota e sarà, quindi, genericamente da collocare nell’area di strada di Pietra Colice/Passo del Bracco. Il punto di avvio dell’indagine coincide, quindi, con l’analisi del luogo di ritrovamento della sepoltura, ossia il complesso ospedaliero medievale di San Nicolao.

    1 Per un’analisi di alcuni casi di anomalie deposizionali cfr.

    G. Fornaciari, C. Lubritto, V. Mongelli, A. Vitiello, S. Campana

    , La sepoltura privilegiata e la sepoltura prona della Pieve di Pava: un rituale cristiano di consacrazione e un rituale precristiano, in Pagani e cristiani: forme e attestazioni di religiosità del mondo antico in Emilia, X, Firenze, 2011, pp. 149-157.

    C asi di morte per violenza interpersonale sono stati documentati, ad esempio, a Miranduolo e al castello di Monte Copiolo: cfr:

    V. Galante

    , Miranduolo (Chiusdino, SI). Lo spazio funerario: studio bioarcheologico delle sepolture, «VIII Congresso Nazionale di Archeologia Medievale», Volume 3, Sezione IV, (Matera, 12-15 settembre 2018), Firenze 1918, pp. 51-54;

    F. Beltrami, D. Sacco, M.G. Belcastro, S. Vona

    , Analisi antropologiche del sepolcreto sommitale del castello di Monte Copiolo. Nuovi dati in progress, «VIII Congresso Nazionale di Archeologia Medievale», Volume 3, Sezione IV, (Matera, 12-15 settembre 2018), Firenze 1918, pp. 65-69.

    2

    Rufino Di Bologna

    , Summa decretorum, a cura di H. Singer, Paderborn 1902, p. 336.

    3 Ovviamente, in assenza di lapidi, iscrizioni, memorie, che possano fornire dati certi o indizi più generici.

    4

    F. Mallegni

    , Un omicidio medievale e le sue dinamiche. Il caso del Cavaliere di Castel dell’Aquila, Gragnola, «Giornale Storico della Lunigiana», ns., 55, 2004, pp. 227-232. Rimanendo in ambiente ligure si può citare il caso dello scheletro di Pontelungo di Albenga https://www.ilsecoloxix.it/savona/2017/08/14/news/pontelungo-lo-scheletro-e-quel-delitto-di-8-secoli-fa-1.31284816?refresh_ce (consultato 8/2019).

    5

    V. Fiorato, A. Boylston, C. Knüsel

    , Blood Red Roses. The archaeology of a Mass Grave from the Battle of Towton AD 1461, Oxbow Books, Oxford, 2000;

    P. D. Mitchell, Y. Nagar, R. Ellenblum,

    Weapon injuries in the 12th century Crusader garrison of Vadum Iacob Castle, Galilee, «International Journal of Osteoarchaeology», 16, 2 (2006), pp. 145 - 155;

    K. Williams

    (2015), Ridgeway Hill Burial: How forensic anthropology was used in the analysis of the skeletal remains found at the mass burial at Ridgeway Hill to find who they were and what happened to them, 10.13140/RG.2.1.3653.5528.

    6 Sicardo di Cremona (1155 circa – 1215) prescrive che i morti in guerra (in bello non justo) non siano portati al cimitero. Coloro che trovano la morte in una battaglia giusta (in justo praelio) non devono essere condotti in chiesa (ne pavimentum sanguine maculetur). Nel caso non possano essere condotti al cimitero, è possibile seppellirli in un qualsiasi luogo adatto (sepeliantur ubicunque locum aptum invenerint).

    Sicardo Di Cremona

    , Mitrale seu De Officiis ecclesiasticis summa, ed Migne, 1885, libro IX, coll. 429-430.

    7

    G. Fornaciari

    , Primi risultati dello studio paleopatologico della mummia di Cangrande, in Il corpo del Principe. Ricerche su Cangrande della Scala, a cura di E. Napione, Venezia: Marsilio Editori, 2006, pp. 49-59; F. Mari, A. Polettini, D. Lippi, E. Bertol, The mysterious death of Francesco I de’ Medici and Bianca Cappello: an arsenic murder?, «British Medical Journal», 2006, 333, pp. 1299-1301.

    2. Il luogo: un ospedale di passo della Liguria orientale

    Il sito archeologico che conserva le strutture superstiti del complesso ospedaliero di San Nicolao di Pietra Colice è ubicato – oggi – nel territorio comunale di Castiglione Chiavarese (GE), sul versante settentrionale del Monte San Nicolao (847 m.), in vista della Val Petronio. Il pianoro (792 m. slm.), prossimo alla Foce del San Nicolao e non distante da una risorsa d’acqua, risulta ben riparato dalla cresta sommitale del Monte, ed è occupato oggi da un castagneto ceduo (fig.1).

    L’insediamento è vicino al Monte Pietra di Vasca che, per la morfologia e per la parziale continuità toponimica, può essere individuato come l’antica Petra Corice, menzionata nelle fonti scritte a partire dalla fine dell’VIII secolo⁸. Dopo gli scavi pionieristici condotti da Leopoldo Cimaschi (1956–1959)⁹ e gli interventi di salvaguardia della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Liguria, le campagne di scavo estensive condotte dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri e dall’Università di Genova (2001–2008)¹⁰ sono state realizzate nel quadro di un progetto dedicato alla ricostruzione della rete della viabilità antica e delle strutture di assistenza nella Liguria orientale e hanno posto in luce un complesso costituito da una chiesa, da alcuni vani appoggiati all’edificio di culto, da un’area cimiteriale e da un grande edificio con funzione di ospedale (fig. 2). L’ospedale e la chiesa sono attivi dal XII al XVI secolo, con fasi alterne di frequentazione e di abbandono.

    La frequentazione d’età basso medievale, tuttavia, costituisce solo uno dei capitoli della lunga storia di questo sito. Alcuni minuti frammenti di forme chiuse provenienti dagli strati che precedono la fase occupazionale di XII/XIII secolo presentano impasti ceramici tipici delle anfore prodotte in area vulcanica (fascia costiera dell’Italia centro meridionale) e possono essere genericamente datati tra III e I secolo a.C. Queste presenze ceramiche, unitamente al ritrovamento di una moneta in bronzo di II secolo a.C. e di frammenti di ceramica a vernice nera sono l’indizio di episodi di frequentazione occasionale del sito, probabilmente legati alla continuità di uso dei percorsi viari preromani di crinale¹¹.

    Le indagini condotte nel 2014–2015 da Nadia Campana e dagli archeologi della Soprintendenza ligure nell’area del pianoro posta a sud dell’ospedale e della chiesa hanno portato alla luce consistenti tracce di frequentazioni del sito risalenti al Neolitico (focolare datato all’ultimo quarto del VI millennio a.C.) e all’Età del Rame (IV–III millennio a.C.)¹².

    Terminata la prima fase di scavi (2001/2006), il sito è stato oggetto – nel 2008 – di un intervento di conservazione e valorizzazione, finalizzato alla fruizione del turismo escursionistico e culturale. L’analisi dei dati e lo studio dei reperti proseguono oggi presso l’Università di Genova e la Soprintendenza, in preparazione dell’edizione finale delle indagini. In questo contesto operativo si inseriscono le recenti analisi di laboratorio sui resti scheletrici degli individui che sono stati sepolti presso la chiesa di San Nicolao: si tratta di ricerche che stanno fornendo dati di rilievo scientifico e hanno già avuto ampia eco mediatica¹³.

    2.1 – Documenti scritti e memoria locale

    L’ospedale di San Nicolao è menzionato nelle fonti a partire dal XIII secolo, ed è costantemente associato al toponimo Pietra Colice; località prossima all’odierno Passo del Bracco, già citata in documenti cronologicamente anteriori che ne testimoniano un ruolo di centralità rispetto alla viabilità storica della Liguria orientale¹⁴. È possibile che una prima comunità canonicale (vedi infra) si insedi a Pietra Colice a partire dalla seconda metà del XII secolo, così come accade in diversi luoghi di strada della Liguria¹⁵. La scelta – come è noto – privilegia sempre località che possono garantire l’opportuno raccoglimento spirituale e che possono assolvere alle necessità di assistenza ai pellegrini e ai viaggiatori. Il primo documento che – secondo alcuni autori – testimonierebbe la presenza di un insediamento a carattere religioso risale al 1160, e menziona semplicemente terre poste nella pieve di Lavagna "que fuerunt Gisle monache de Petra Colexi"¹⁶. La citazione della monaca Gisla ha fatto ipotizzare la presenza di una comunità femminile, ma alla luce della mancanza di riscontri successivi si deve mantenere una certa cautela¹⁷.

    Le prime menzioni certe della presenza della chiesa e dell’ospedale di San Nicolao risalgono al XIII secolo. Un atto del 17 marzo 1222 registra una vendita di terre effettuata dai coniugi Dolce ed Ardemanno de Ave, ubicate nel territorio di Mezzema e confinanti con alcuni fondi di proprietà dell’ospedale di San Nicolao de Petra Colexi¹⁸. Nel 1225, prete Oberto, rettore dell’ospedale e della chiesa di Pietra Colice, è in lite con Adamo da Lemeglio, arciprete di Moneglia¹⁹. Lo stesso prete Oberto risulta attestato in altri documenti del XIII secolo, proprio in qualità di rettore della chiesa di San Nicolao. A partire dal 1256 la gestione dell’ospedale di San Nicolao viene esercitata dalla chiesa di San Salvatore di Cogorno, posta sotto il patronato della famiglia Fieschi²⁰. Da questo momento, il ruolo dei conti di Lavagna nella gestione di diversi complessi assistenziali del Levante ligure è indubbiamente centrale²¹.

    Già dalla sua fondazione, S. Salvatore assume fisionomia canonicale: il primo preposito è Pagano Fieschi, fratello del cardinale Ottobuono. Papa Innocenzo IV (Sinibaldo Fieschi) si premura di sottrarre San Salvatore alla giurisdizione dell’ordinario locale per collegarla direttamente alla Santa Sede, ma il disegno è più ampio. Per iniziativa del papa, San Salvatore diventa il punto di riferimento di diversi altri istituti assistenziali. I Fieschi, infatti, avevano già dotato Lavagna delle chiese di S. Maria Maddalena e di S. Lazzaro con i rispettivi ospedali. Entrambe vengono staccate dalla giurisdizione ordinaria, collegate alla nuova canonica di San Salvatore, il cui preposito esercita un ruolo di preminenza. Due anni più tardi questa sorta di congregazione locale si amplia, con l’annessione del priorato di San Marziano di Carasco, che Innocenzo ottiene in dono dall’abate di S. Michele della Chiusa. Nel 1256 anche gli ospedali di S. Nicolao di Pietra Colice e di San Michele di Centro Croci passano alle dipendenze di S. Salvatore.

    A partire dalla metà del XIII secolo il complesso di San Nicolao è, quindi, integrato in una rete di strutture di assistenza che ci appare ben organizzata e distribuita sul territorio. Le strutture – di fondazione e/o a gestione fliscana – costituiscono tappe fondamentali lungo le principali aree di strada della Liguria orientale e sono ubicate in punti di transito obbligato (Passo del Bracco, Passo di Cento Croci, ponte di Carasco, ponte di Lavagna), lungo le due principali direttrici di comunicazione: quella parallela alla costa (sull’asse Sarzana/Brugnato/Sestri Levante) e quella ortogonale alla linea di costa (sull’asse Parma/Piacenza/Sestri Levante/Lavagna)²².

    Nel XIII secolo, la Repubblica genovese fortifica la sommità di Pietra Colice e procede all’allestimento di un presidio militare finalizzato al controllo territoriale e viario²³. Documenti più tardi, databili tra il 1426 e il 1464, testimoniano la gestione del castello di Pietra Colice che – nello scenario politico militare del XV secolo – sembra mantenere la propria funzione strategica²⁴. Le ricognizioni archeologiche condotte a partire dal 2001 hanno consentito di individuare le tracce materiali di un fortilizio tardo medievale sulla sommità orientale del Monte Pietra di Vasca²⁵.

    Tornando al complesso ospedaliero, le fonti scritte del XIV e del XV secolo forniscono testimonianza di alcuni provvedimenti relativi alla sua gestione e offrono ampi dati su uno dei suoi rettori²⁶. Nel 1446, Ludovico Fieschi e Spinetto Malaspina – procuratori del capitolo e dei patroni della chiesa di San Salvatore di Lavagna – revocano a prete Cristoforo de Bicci di Val di Taro la cura degli ospedali di San Michele delle Cento Croci e dell’ospedale di San Nicolao di Pietra Colice, sostituendolo con prete Andrea di Costerbosa di Val di Taro per la struttura di San Michele delle Cento Croci²⁷.

    Nel 1473, tuttavia, Cristoforo può qualificarsi nuovamente come rettore degli ospedali di Aveno (Missano), Pietra Colice e Cento Croci, facendone permuta con prete Giacomo Pozzo, rettore della chiesa di San Giorgio di Moneglia. Da un documento del 14 maggio del 1484 si apprende che Cristoforo de Biciis è deceduto, finendo i suoi giorni in Genova, presso l’ospedale di Pammatone e si ricava anche che "pro certa tempora dictum ospitale (di San Nicolao) fuerit a nonnullis personis detentum et occupatum"²⁸. Il complesso ospedaliero di San Nicolao vive, quindi, un periodo di abbandono che è collocabile nella seconda metà del Quattrocento.

    Da questo e da successivi documenti risulta evidente che ospedali e chiese dipendenti da San Salvatore di Cogorno, in questa fase, vengono ceduti con successivi passaggi da un rettore all’altro, probabilmente per la rendita dei semplici benefici ecclesiastici. Il 22 luglio 1502, infatti, Napoleone ed Agostino Fieschi, canonici della chiesa di San Salvatore di Lavagna, dopo la morte di prete Giacomo Berici, assegnano a prete Antonio de Martinis le chiese ed ospedali di San Nicolao di Pietra Colice, di San Michele delle Cento Croci e di San Benedetto di Aveno (Missano)²⁹.

    Nella seconda metà del XVI secolo la chiesa di San Salvatore perde i propri diritti sull’ospedale di San Nicolao. Nel luglio del 1577 l’Arcivescovo Cipriano Pallavicino, in seguito alla morte di Cristoforo Mottini, chierico della diocesi di Luni–Sarzana e ultimo rettore dell’ospedale di San Nicolao "de Petra Colosia, sive ut vulgo dicitur di Petra Crozia, situm iuxta via publicam", decreta che per sovvenire alle necessità del Seminario genovese, e per provvedere al culto rimasto vacante, l’ospedale venga sottoposto con ogni suo diritto e pertinenza alla giurisdizione economica del Seminario stesso³⁰.

    Le fonti documentarie risalenti agli ultimi anni del XVI secolo e agli inizi del XVII testimoniano come – subentrata la nuova amministrazione – l’ospedale di San Nicolao cada presto in completa rovina. Da questo momento, la menzione della chiesa è difficilmente reperibile nelle fonti ecclesiastiche³¹, ma i resti del complesso – per la loro particolare posizione – diventano un segnale topografico ben documentato dalle fonti. Una descrizione dei confini della podesteria

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