L'abbigliamento maschile longobardo: Riflessioni tra archeologia, iconografia e fonti scritte
Di Yuri Godino
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Questo saggio vuole porre l'attenzione su di un aspetto cardine della cultura longobarda, l'abbigliamento maschile, fondamentale espressione di status nelle società germaniche. L'obiettivo principale è presentare una sintesi organica e fruibile dei dati storici, offrendo al lettore uno strumento bibliografico aggiornato ed una serie di interpretazioni ricostruttive utili ad un approccio critico alla tematica, agevolando così il “lavoro” del re-enactor più scrupoloso.
Materiali tessili, colori ed indumenti vengono descritti utilizzando fonti documentarie, archeologiche ed iconografiche provenienti dall'Italia longobarda, confrontandole con le evidenze dell'Europa germanica e con il vicino mondo mediterraneo.
Come corollario, vengono rivisitate le teorie finora note sulla cintura di sospensione della spatha, fondamentale elemento del corredo dell'armato.
Often considered to be “the most barbaric among barbarian populations”, the Lombards actually boast one of the most prosperous and complex civilizations of the Migration Period, able to bequeath refined cultural and artistic treasures, as well as enchanting crafts.
This paper aims at focusing on menswear, a cornerstone of the Lombard culture which used to be an essential expression of status for the German societies. The main goal is to offer a consistent and useful summary of the historical data, providing the reader with an up-to-date bibliographic support and a series of reconstructive interpretations, both encouraging a critical approach to the subject and helping the work of mostly any meticulous re-enactor.
Textile materials, colors and clothing are described using documentary, archaeological and iconographic sources from the Lombard kingdom in Italy, comparing them with the evidence pertaining to Germanic Europe and the neighboring Mediterranean world.
In addition, the author revisits the currently known theories on the spatha suspension belt, a basic element of the armed man equipment.
L'autore
Laureato in Archeologia Medievale presso l'Università di Siena, si è specializzato in Archeologia del Paesaggio e in Archeologia dell'Alto Medioevo Italiano. Ha preso parte a numerosi progetti di ricerca universitari, e ha collaborato con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana per indagini di scavo e ricognizione territoriale. Da sempre interessato alla cultura materiale di età longobarda, si occupa di archeologia sperimentale e di ricostruzione storica.
E' membro fondatore di ARES-Archeologia, Reenactment e Storia, responsabile del progetto Presenze Longobarde e referente dell'Area di Archeologia Sperimentale di Massello (TO).
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Anteprima del libro
L'abbigliamento maschile longobardo - Yuri Godino
Bibliografia
Una piccola introduzione allo studio
"As archaeologists, we do not believe that there is one past, knowable and acceptable to everyone, but rather we acknowlegde that there are many interpretations of the past to which different individuals or groups – for a wide range of different reasons – choose to subscribe"[1].
(P. Stone, G. Planel, 1999, pg. 1)
Una piccola introduzione allo studio
Il presente contributo si pone come obiettivo l'analisi delle fonti storiche riguardanti l'abbigliamento maschile in età longobarda. La ricerca è nata in seno al progetto Presenze Longobarde[2] dell'associazione AReS – Archeologia, Reenactment e Storia[3], e ha portato alla ricostruzione materiale di alcuni indumenti maschili caratteristici del contesto longobardo.
Figura 1. Ricostruzione di alcune figure di età longobarda, ad opera dei membri del Progetto Presenze Longobarde (Foto di Camillo Balossini, Morophotolab 2015).
Il lavoro si è connotato fin da subito come impresa ardua e difficoltosa: tralasciando i tradizionali stereotipi che accompagnano l'Altomedioevo (i secoli più oscuri tra i secoli oscuri), le informazioni apparivano, all'avvio della ricerca, lacunose e sostanzialmente limitate. La raccolta dei dati e l'incrocio delle differenti fonti hanno però fatto emergere un'inaspettata ricchezza di elementi, e permettono ora di tracciare un quadro articolato e ricco di spunti di riflessione.
L'obiettivo principale di questo contributo è presentare al lettore un lavoro di sintesi dei dati storici, offrendo alle future ricerche uno strumento bibliografico il più aggiornato possibile; è ovvio ed inevitabile, però, che un'operazione di questo tipo generi interpretazioni soggettive dei contenuti, che spero possano contribuire a sviluppare un dibattito – serio, sereno e proficuo – tra coloro i quali si occupano di abbigliamento longobardo.
Alla luce del particolare caso di studio, è però necessario fare alcune precisazioni.
Questo studio ha utilizzato dati archeologici, fonti scritte e testimonianze iconografiche che hanno contribuito a creare una base informativa dai caratteri fortemente disomogenei: paradossalmente, per fare un esempio, si conoscono meglio le tipologie di armature dei tessuti utilizzati piuttosto che la forma dei vari modelli di scarpe in uso nel periodo.
Il continuo sviluppo di metodologie di indagine archeologica sempre più articolate permette di sviluppare approfondimenti mirati su determinati aspetti materiali della tematica, ma troppo spesso l'attuale stato della conoscenza non consente di rispondere a quesiti di ordine generale. Allo stesso modo, l'analisi di una testimonianza scritta può contribuire all'identificazione del nome di un capo di vestiario – pensiamo agli hosis ricordati da Paolo Diacono – di cui però spesso sfugge la forma o la funzione.
La differente natura delle fonti prese in esame è la causa dei limiti cronologici imposti alla ricerca: essi racchiudono un periodo che va dalla seconda metà del VI secolo d.C. - con la comparsa dei primi corredi funerari longobardi in Italia – agli anni attorno alla fine del Regnum Langobardorum, definitivamente conquistato da Carlo Magno nel 774.
Gli studi archeologici effettuati sui corredi funerari – di fatto, la parte fondamentale della conoscenza sulla moda longobarda – hanno ormai raggiunto un elevato grado di dettaglio; con una buona ricerca bibliografica è possibile datare con sicurezza un elemento di corredo con un margine di errore di circa 20-30 anni. Non si può invece ottenere tale precisione in materia di abbigliamento, inteso come insieme di capi di vestiario; tralasciando i modesti – ma preziosissimi – frammenti di tessuto sempre più spesso recuperati durante le indagini archeologiche, non è giunto fino a noi nessun indumento completo utile a delineare una moda longobarda.
Lo studio dell'abbigliamento del popolo longobardo è possibile, quindi, soltanto raggruppando informazioni eterogenee che abbracciano un arco cronologico di circa due secoli; tale situazione, frustrante per il ricercatore ma inevitabile allo stato attuale della conoscenza, non consente di tracciare una evoluzione della moda longobarda nel corso di questo arco di tempo, ma permette di descrivere un generico costume longobardo.
I Longobardi seppellivano abbigliati, probabilmente nel loro abbigliamento nazionale
[4]. Allo stato attuale della ricerca, però, salvo rare eccezioni[5], non è possibile stabilire se a differenti stati sociali appartenessero particolari indumenti[6]: una differenziazione è identificabile solo per il tipo di tessuto (materiale e armatura) ed è ipotizzabile per il colore delle stoffe.
Il tentativo di comprendere quali indumenti fossero in uso nel contesto culturale in oggetto ha preso in esame le fonti più strettamente longobarde
; esse, che possono essere definite fonti principali, sono state confrontate ed integrate, ove possibile, con le fonti secondarie, ovvero informazioni provenienti dal contemporaneo contesto europeo (in particolar modo, l'ambito merovingio e alamanno-bavaro, culture materiali molto affini a quella longobarda) e dal mondo romano-mediterraneo
. In questo senso, si è voluto cercare un confronto estero
con indumenti che comparivano nelle fonti longobarde
, mentre si è voluto evitare di effettuare il percorso inverso, ovvero quello di giustificare elementi stranieri nel costume longobardo. Nella parte dedicata ai materiali, invece, ho preso in considerazione anche fonti extra-longobarde, ma provenienti dal mondo germanico, poiché la scarsità di informazioni presenti non permetteva di sviluppare un discorso sui tessuti e sui colori.
Ritengo che queste precisazioni siano necessarie per spiegare il perché abbia voluto sviluppare una riflessione utilizzando esclusivamente fonti vicine alla cultura longobarda. Troppo spesso, nelle ricostruzioni di abiti altomedievali, si utilizzano fonti ricchissime di informazioni ma lontane, per cronologia o riferimento culturale, alla tematica qui presa in esame: i dati forniti da testimonianze quali la descrizione di Eginardo dell'abbigliamento di Carlo Magno, dal Pace del Duca Orso o dalle meravigliose figure dei Salteri di Stoccarda o di Utrecht possono essere fondamentali per la comprensione di alcune tematiche, quali i colori delle vesti o lo sviluppo di alcune tipologie decorative, ma si rischia di allargare a dismisura l'arco cronologico e perdere di vista l'obiettivo principale.
Figura 2. Il Pace del Duca Orso, IX secolo, Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli (UD).
Il rapporto fra la moda germanica e la cultura romana rimane argomento di difficile definizione. Nonostante le leggi di Liutprando obblighino i Romani a vestirsi da Longobardi[7], implicando quindi una differenziazione di moda tra le due culture, le analisi dei dati archeologici e delle fonti iconografiche delineano, fin dai primi anni della fase italiana, un quadro molto più complesso. Le fonti iconografiche generalmente utilizzate per la ricostruzione dell'abbigliamento longobardo – si pensi, ad esempio, al Piatto di Isola Rizza e all'Altare di Ratchis – sono prodotti di maestranze artigianali romane[8] e non è chiaro se gli indumenti raffigurati siano caratteristici dell'abbigliamento longobardo o romano del periodo: la tunica indossata dal barbaro
di Isola Rizza, ad esempio, trova numerosi punti in comune con abiti di chiara provenienza mediterranea, come si vedrà in seguito. Alla luce delle fonti storiche, la moda longobarda appare come il risultato dell'incontro di modelli, culture e idee eterogenee fra loro, in cui trovano posto elementi germanici, mediterranei e cristiani, caratteristica di tutta la cultura materiale dell'Italia di fine VI-VIII secolo: un caso significativo di questa circolazione di modelli ed elementi culturali eterogenei è rappresentato archeologicamente dal caso della Crypta Balbi a Roma, dove, in un ergasterion romano, venivano prodotti, tra gli altri, oggetti tipicamente longobardi[9].
L'abbigliamento nelle culture storiche ha rivestito un ruolo fondamentale, ovvero la necessità di coprirsi e vestirsi. La moda è però, prima di tutto, uno straordinario strumento di espressione di status sociale, in particolar modo nelle società germaniche, dove i corredi funerari dimostrano una continua ricerca di identità nel costume dell'inumato. Comprendere le differenti sfumature della moda longobarda potrebbe fornire interessanti informazioni sulla società altomedievale, permettendo la comprensione delle barriere sociali che delineavano le identità individuali e collettive. Parlare di abbigliamento significa affrontare numerose tematiche di ricerca, immergendosi in un complesso sistema culturale fatto di artigianato, commerci, messaggi antropologici, orizzonti culturali di riferimento e scelte personali; la moda è costituita da stratificazioni di informazioni tecnologiche, economiche, culturali e sociali, il cui studio permette di comprendere come l'uomo longobardo pensava e si comportava. È lo studio del linguaggio attraverso il quale un personaggio comunicava la propria posizione ai membri della sua comunità.
Durante lo scavo di una tomba longobarda, quello che emerge è il corredo costituito dagli elementi metallici, gli unici oggetti – salvo casi particolari – che si sono conservati nella loro interezza. Al momento della presentazione al grande pubblico, la maggior parte delle persone collega mentalmente la tomba al corredo metallico; inconsciamente, gli oggetti conservati diverranno l'80 o il 90% dell'abbigliamento dell'inumato. Se ci fermiamo a riflettere, però,